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1. Premessa
La presenza straniera in Italia è molto varia e differenziata e non si realizza la situazione comune ai
paesi europei di antica immigrazione, in cui poche comunità concentrano la maggior parte della
presenza straniera. In Italia ci sono molte comunità straniere provenienti da zone diverse del mondo,
presenti in luoghi diversi, arrivate in tempi diversi e con una consistenza diversa. La conseguenza è
la messa in atto di tentativi diversi di interazione e convivenza con gli italiani. E' quindi necessario
studiare le caratteristiche e gli eventuali processi d'integrazione delle comunità straniere, con
riferimento naturalmente alla componente regolare, ponendo come condizione un preciso ambito
territoriale. Roma ha alcune caratteristiche assolutamente peculiari: è la provincia con più immigrati
di tutta Italia, raccoglie una presenza estremamente elevata di permessi di soggiorno rilasciati per
motivi religiosi, la presenza femminile è superiore a quella maschile, c'è una forte presenza asiatica,
e la presenza di comunità che, al di fuori di Roma, sono molto poco rappresentate. Tali
caratteristiche la rendono un'interessante laboratorio.
Prima di procedere allo studio e all'analisi della presenza straniera nell'area romana è bene definire
le unità che saranno studiate e in particolare quali stranieri e con quali caratteristiche, saranno presi
in considerazione. Prendendo spunto da una definizione di Nora Federici, secondo la quale "la
migrazione fisiologica è il frutto di una decisione individuale e liberamente presa", saranno indicati
come immigrati gli individui che prendono individualmente e senza costrizioni esterne la decisione
di spostarsi dal paese di origine in un altro paese per motivi di natura famigliare e individuale,
sempre che abbiano la possibilità, giuridica o di fatto, di lasciare il paese e abbiano quella giuridica
o di fatto, di entrare nel paese di destinazione. La causa di fondo di uno spostamento, in termini
generali, può essere ricondotta alla ricerca di un migliore equilibrio fra l'individuo e il suo spazio
personale, famigliare, economico, politico e culturale. Per questa analisi la definizione diventerà più
restrittiva e non riguarderà tutte le ragioni alla base del cambio di luogo di dimora, ma solo quelle
riconducibili al lavoro, alla famiglia, alla residenza elettiva, alla scuola e ai motivi religiosi.
Non saranno considerati, nel dettaglio, coloro che hanno un permesso di soggiorno perché rifugiati
politici, perché richiedenti asilo, per motivazioni umanitarie e per motivi affini. Al contrario
saranno considerati in generale, in quanto cittadini stranieri presenti o residenti in Italia.
2. La presenza straniera regolare nella Capitale
Per studiare il fenomeno, si è scelto di partire dalla situazione nazionale per arrivare, passando per
le regioni, al dettaglio territorialmente più piccolo per cui sono disponibili i dati, quindi, la
provincia di Roma per i permessi di soggiorno, il comune di Roma per i residenti. In seguito, si
studierà l'insediamento all'interno del comune di Roma, analizzando i residenti stranieri per
circoscrizione, per capire le modalità d'insediamento territoriale e individuare somiglianze e
differenze rispetto alla comunità romana. Infine, si eseguirà un'analisi multivariata per indagare i
processi d'integrazione in atto nelle diverse comunità straniere.
La provincia di Roma raccoglie quasi la totalità della presenza straniera nella regione e quasi un
quinto di quella in Italia. La provincia determina la situazione regionale al punto che, a parte il
Marocco e l'Albania, tutte le comunità considerate vi sono presenti con percentuali elevatissime. Il
confronto tra provincia e Italia è più interessante e differenziato: Bangladesh, Spagna e Polonia
sono presenti in provincia con percentuali vicine alla metà dell'ammontare nazionale, seguite da
Filippine, Perù, Egitto e Romania. Chiudono Albania e Marocco, le prime due in assoluto in Italia,
con percentuali veramente esigue ed è chiaro che non devono il loro primato alla presenza nella
provincia di Roma.
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Il dato complessivo indica che quasi due terzi degli immigrati non hanno mai contratto matrimonio,
né qui, né altrove, e ciò significa che si tratta di individui che ancora non hanno messo radici e non
hanno formato una famiglia, forse perché l'intenzione di costituirsi in nucleo famigliare non è un
progetto da realizzare nell'area romana; il terzo restante di stranieri è attualmente coniugato, anche
se non è detto che abbia il partner al seguito. Le percentuali più alte di coniugati si trovano nelle
comunità cinese, cingalese, romena, filippina, bengalese, albanese, egiziana, marocchina, jugoslava
e tunisina. Fra chi arriva a vario titolo con prole al seguito, si trova nuovamente la comunità cinese
al primo posto, quelle dei paesi a sviluppo avanzato, quella tunisina, albanese, egiziana, jugoslava e
marocchina. Curiosamente, mentre i cinesi si confermano ai primissimi posti per presenze di
coniugati e di persone con prole al seguito, i bengalesi e i filippini, appena citati fra coloro che
vantano più persone che hanno contratto matrimonio, hanno pochissima prole al seguito.
La durata di permanenza consente di ricostruire le ondate successive che hanno caratterizzato la
storia della presenza straniera nell'area romana. Il soggiorno, che si protrae da 5 a 9 anni, costituisce
la classe modale e raccoglie quasi un terzo dei soggiornanti, cui segue la durata compresa tra 1 e 4
anni. Si può osservare che in queste due classi cadono la sanatorie del 1990 (Legge Martelli) e la
successiva del biennio 1995/96 (sanatoria Dini). La presenza straniera nell'area romana è cambiata
profondamente nel corso degli anni; Roma, caratterizzata da immigrati provenienti da paesi a
sviluppo avanzato come Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna, ha sperimentato,
negli ultimi quindici anni, arrivi dai paesi nord africani e dai paesi dell'Asia orientale, Filippine e
Cina in prevalenza, sostituiti nell'ultimo decennio da peruviani, bengalesi e polacchi e, infine,
nell'ultimo quinquennio, da altre comunità dell'Europa orientale, (albanesi e romeni).
La quota più alta di permessi di soggiorno viene rilasciata per motivi di lavoro e di famiglia, i primi
superano la metà, mentre quelli di famiglia si attestano sul 15 %. I motivi religiosi coprono un
quarto del totale dei permessi e quelli per residenza elettiva una percentuale molto esigua. Filippine,
Sri Lanka, Perù, Egitto e Marocco sono caratterizzati da quote più alte di motivi di lavoro
dipendente. La ricerca di lavoro appare più spesso nei permessi di soggiorno dei bengalesi,
marocchini, albanesi, rumeni, egiziani, polacchi e peruviani. Nel lavoro autonomo primeggiano i
cinesi, seguiti con uno scarto molto forte dai paesi a sviluppo avanzato e da egiziani e marocchini.
Va anche detto che Roma non è ai primi posti in Italia per tassi di imprenditorialità, inoltre i settori
economici in cui oggi si registrano i tassi più elevati di apertura di nuove aziende caratterizzano
altre regioni e altre provincie.
I permessi rilasciati per ricongiungimento famigliare vedono primeggiare nuovamente i cinesi,
anche qui con la percentuale più alta e con un netto divario verso gli altri paesi, con un permesso
ogni tre rilasciati alla comunità. La somma dei motivi di lavoro e famiglia individua senza ombre di
dubbio i paesi che migrano in Italia per altri motivi, così per francesi, britannici e tedeschi
sussistono altri forti motivi per risiedere a Roma. Il lavoro dipendente è il primo motivo di
soggiorno per quasi tutti i paesi, ad eccezione del Bangladesh per cui lo è la ricerca di lavoro, e
Spagna, Stati Uniti, India, Brasile e Messico, aventi i motivi religiosi come motivazione prevalente.
I residenti stranieri sono stati studiati in due anni di calendario, il 1998 ed il 2000; un periodo
limitato, ma di notevoli trasformazioni. Nel biennio 1998/00 hanno subito l'incremento più alto i
rumeni, praticamente raddoppiati, gli albanesi, i peruviani, i polacchi e i bengalesi. Forti ribassi si
colgono per la comunità jugoslava ed etiope.
Roma raccoglie una quota superiore all'80 % di tutti gli stranieri residenti in provincia e una
percentuale inferiore al 15 % di tutti gli stranieri residenti in Italia. Le comunità bengalese,
filippina, polacca, spagnola, peruviana ed egiziana risultano più presenti a Roma che nel resto
d'Italia. Marocchini, albanesi e tunisini, a mano a mano che ci si avvicina al comune di Roma,
partendo dall'Italia, perdono gradualmente importanza e vengono preceduti da altre comunità,
specifiche e concentrate nel territorio di Roma, come cinesi, cingalesi, spagnoli, peruviani e
bengalesi. La comunità cinese, molto concentrata nel comune se messa a confronto con la provincia
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e la regione, rispetto all'Italia ha una percentuale inferiore al dato medio, indice che esistono uno o
più poli di attrazione forte per i cinesi al di fuori del Lazio al punto da soppiantare anche Roma
come città preferita. Per la comunità polacca, vale, invece, il discorso opposto, a dimostrare che al
di fuori del Lazio questa comunità non ha grossi insediamenti. Malgrado il raddoppio della
comunità romena avvenuto nel territorio comunale in un biennio, il suo peso a Roma rispetto
all'Italia è cresciuto di un solo punto: la crescita della comunità rumena dunque è stato un evento
che ha caratterizzato tutta la penisola. Cingalesi, cinesi e romeni hanno quote di coniugati superiori
a quelle dei non sposati e ciò non è intuitivo perché dallo studio della durata di permanenza cinesi e
romeni erano definite comunità recenti. La maggior parte degli stranieri residenti si è iscritta in
anagrafe nell'ultimo quinquennio e si può osservare che da vent'anni a questa parte le iscrizioni sono
sempre andate aumentando.
La maggior parte dei matrimoni sono misti e avvengono tra cittadini italiani e stranieri; pochi i
matrimoni celebrati con entrambi i coniugi stranieri, spesso connazionali, probabilmente perché
rientrano nel paese d'origine per celebrare le nozze. La maggior parte dei nati riguarda sia le coppie
in cui un genitore è italiano che le coppie in cui entrambi i genitori sono stranieri. Pochi i decessi
registrati, perché gli stranieri presentano una giovane struttura per età e quindi sono anche bassi i
quozienti di mortalità in queste fasce.
Le circoscrizioni più abitate dagli stranieri sono la I, la XX, la II, la XVIII e la XIII, quelle meno la
XII, la V, la X, la XVII e la III. Per gli italiani il quadro muta radicalmente e così tra le prime
cinque figurano la IV, la VIII, la XIII, la V e la X, mentre fra le ultime cinque la VII, la II, la I, la
XVII e la III. Si ha l'impressione che gli stranieri rifuggano le circoscrizioni dove i romani sono
molto numerosi, forse perché trovano più facilmente alloggio dove i romani abbandonano, per
andare a vivere in zone meno degradate e giudicate migliori. La I circoscrizione mostra
un'incidenza pari quasi al 20 %, seguita dalla XX e dalla II, entrambe con valori superiori al 10 %.
Per gli stranieri rispetto agli italiani, la percentuale di ragazzi sotto i quattordici anni è leggermente
più bassa, quella degli individui dai quattordici ai sessantaquattro anni più alta, mentre per gli
ultrasessantacinquenni è meno della metà: l'indice di dipendenza è dunque più ridotto, l'età media
inferiore. L'incidenza degli stranieri, nella classe da 0 a 2 anni è tuttavia più elevata e questo lascia
intendere che, in futuro, la quota di studenti stranieri nelle scuole dell’obbligo e nelle scuole
superiori, al momento molto più bassa di quella delle medie e ancora di più di quella delle
elementari, potrebbe aumentare in maniera considerevole. Le circoscrizioni con più minori stranieri
sono la XX, la I, la VI e la XV, invece registrano un minor peso la X, la IV, la XII e la V.
Per quanto riguarda lo stato civile, la I ha una posizione di spicco, poiché per tutte le categorie di
stato civile, coniugati, mai coniugati, non più coniugati, ha sempre l'incidenza più alta fra tutte le
circoscrizioni; si tratta di un comportamento anomalo perché i valori sono così alti e così distanti
dalle altre circoscrizioni da costituire un caso a sé.
Negli ultimi dieci anni, la forte crescita degli stranieri in quasi tutte le circoscrizioni, una crescita
superiore alla media cittadina, è stata modesta nelle circoscrizioni con una già consolidata presenza
di stranieri e notevole in zone nuove, fino a quel momento scarsamente considerate dagli immigrati.
Le circoscrizioni con percentuali elevate di iscritti da più tempo sono la III, la I, la XIII e la XVIII,
mentre quelle che solo recentemente possono vantare iscrizioni di stranieri sono la VII, la VI, la X e
la XV.
I filippini e gli egiziani, in misura maggiore, hanno una distribuzione più concentrata di quella del
totale degli stranieri residenti. I polacchi, al contrario, non sono una comunità particolarmente
concentrata, la cosa che più colpisce è il loro modello insediativo che segue logiche particolari,
diverse dall'insieme degli stranieri residenti: d'altronde questa è una comunità che risulta molto
presente anche fuori Roma, come mostravano i rapporti tra comune, provincia e regione. I bengalesi
sono caratterizzati da una concentrazione estremamente elevata: tre sole circoscrizioni raccolgono
più di metà della presenza e addirittura la percentuale in VI è cinque volte quella del totale dei
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residenti stranieri. I bengalesi prediligono le zone meno abitate in percentuale da altre comunità
straniere ed evitano quelle più abitate. I cinesi, benché presenti da più tempo e con altri indici molto
diversi dai bengalesi, mostrano somiglianze nell'insediamento sul territorio, prediligono le stesse
circoscrizioni e sono molto concentrati, anche se con valori meno elevati e senza lo stesso sistema
di preferenze territoriali. I romeni hanno la graduatoria più mobile tra i paesi fin qui studiati con ben
tre circoscrizioni che cambiano fra le prime cinque nei due anni di calendario. Le prime comunità a
Roma esercitano forte attrazione verso i rispettivi paesi e mostrano incrementi nel biennio
considerato compresi fra lo 0 e il 10 %. Fa eccezione solamente la comunità romena, autrice di una
crescita strepitosa, avvenuta nel corso dell'anno 2000.
3. Il processo d’integrazione: un’analisi multivariata
Per capire quali comunità abbiano già consolidato la loro presenza a Roma e quali invece mostrino
ancora segni di disagio e di precarietà, si è cercato di collocarle all’interno di un modello
d’integrazione ideato dal Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, modello apparso sul II rapporto della Commissione Nazionale sull'integrazione.
L'integrazione degli stranieri nella società italiana viene definita come rispetto dell’integrità della
persona e come costruzione di un’interazione non troppo conflittuale tra italiani e minoranze
immigrate. Il modello si articola in quattro dimensioni principali, a loro volta divise in ambiti
specifici, espresse da misure e indicatori e infine formalizzate da indicatori elementari. Gli
indicatori elementari esprimono mondo del lavoro, insediamento territoriale, tipologia dei consumi,
comportamenti famigliari, interazione con gli italiani, criminalità e altre variabili legate alla
presenza straniera.
La tecnica scelta è una combinazione fra due tecniche di statistica multivariata: un'analisi fattoriale
in componenti principali e di seguito una cluster analysis. L'analisi fattoriale in componenti
principali, viene eseguita su indicatori elementari ispirati al modello e su trenta nazionalità.
Ventidue a rappresentare comunità a forte pressione migratoria e otto scelte fra i paesi a sviluppo
avanzato, queste ultime impiegate solo come unità supplementari e proiettate nei piani fattoriali. La
cluster analysis successiva è stata realizzata assegnando alle trenta unità studiate i punteggi
fattoriali.
L'applicazione dell'analisi fattoriale ha determinato l'estrazione di tre componenti principali, in
grado di riassumere più della metà della varianza complessiva.
La prima componente principale dipende dagli indicatori elementari legati all'insediamento nel
territorio, da quelli legati alla famiglia, al mondo del lavoro, ai consumi e alla criminalità, a
segnalare la contrapposizione dinamicità / staticità, perché indica le comunità che contraggono più
matrimoni misti, chiedono più frequentemente la cittadinanza italiana, mettono al mondo più figli,
sono meno concentrate, hanno una situazione di equilibrio fra maschi e femmine, hanno una bassa
autocorrelazione spaziale e più residenti in provincia che nel comune di Roma.
La seconda componente principale è legata agli indicatori elementari che esprimono l'insediamento
sul territorio, il lavoro e la durata di permanenza. Il secondo fattore, dunque, indica stabilità, una
presenza che si è consolidata nel tempo, anche con l'iscrizione in anagrafe, il possesso di un lavoro
sicuro, in regola e un flusso di arrivi per cercare lavoro dal paese di origine sempre più debole
magari perché chi arriva si ricongiunge.
Sulla terza componente insistono gli indicatori elementari legati al lavoro, alla famiglia e alla durata
di permanenza. La terza componente indica le caratteristiche delle comunità più recenti, perché
caratterizzate da disoccupazione, iscrizioni al collocamento notevoli, basse percentuali di
soggiornanti da più di 10 anni, poche richieste di ricongiungimento famigliare e di cittadinanza
italiana.
Albania, Romania, Tunisia, Polonia e Brasile si presentano come comunità più dinamiche,
Marocco, Cina Egitto e Sri Lanka ad un livello intermedio e Capo Verde Filippine, Bangladesh e
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Pakistan al livello che identifica la minore dinamicità. L'interpretazione degli assi successivi
mostrano nettamente differenziate le comunità presenti da molto tempo nell'area romana come la
Jugoslavia, l'Iran, l'Etiopia la Tunisia e la Somalia contrapposte a comunità molto più recenti come
il Bangladesh, l'Albania, la Romania, il Perù, la Croazia e la Macedonia. In realtà, emergono anche
singole considerazioni su alcune comunità, che ne illustrano un percorso particolare di interazione
con gli italiani e con le altre comunità straniere.
Le Filippine sono una comunità presente da molto tempo, localizzata più nel comune che in
provincia, con molti regolarizzati nella sanatoria del 1995/96 e, grazie al loro numero elevato, una
buona diffusione in tutti i municipi di Roma, che ne rende bassa la concentrazione; le coppie e gli
eventuali figli non si riuniscono con i ricongiungimenti famigliari, ma con permessi di lavoro
dipendente rilasciati ad individui coniugati e / o con prole al seguito. Una conseguenza immediata è
che i comportamenti famigliari vengono mascherati.
La Cina merita un discorso a parte: sono quattro i requisiti che rendono questa comunità unica nel
panorama romano e si tratta dell'elevata vocazione al lavoro autonomo, del continuo flusso di arrivi
superiori alla media che si protrae da un quindicennio, dell'elevata percentuale di coniugati e della
massiccia presenza di prole al seguito. Per la Cina, sono bassissimi i tassi di naturalizzazione, le
coppie miste e i nati con almeno un genitore italiano, e va segnalato che questa diversità è ben
visibile anche nei confronti delle altre comunità straniere, preso atto della forte dissomiglianza
rispetto alla distribuzione del complesso degli stranieri e della forte concentrazione che li
caratterizza.
Alcune comunità mostrano percorsi molto differenziati dalle altre, il Bangladesh si presenta con la
percentuale di maschi più elevata, una forte concentrazione nel territorio comunale, con un livello
elevatissimo di permessi di soggiorno concessi per la ricerca di un lavoro e trasmette l'idea di una
comunità in uno stato ancora precario e in situazione di disagio. Si è ancora lontani da una
situazione in cui almeno il lavoro sia una certezza, al contrario, il lavoro è ancora la prima
preoccupazione o il primo obiettivo. La famiglia è ancora un obiettivo lontano da perseguire, ci
sono, infatti, elevatissimi tassi di mascolinità e pochissimi, recentissimi arrivi femminili per
ricongiungimenti famigliari, il che lascia dedurre che siano pochi i nuclei famigliari già riunitisi a
Roma.
Per le comunità provenienti dal nord Africa il modello prevalente di processo migratorio prevede
l'arrivo di maschi, giovani e spesso celibi, la ricerca e la conquista di un posto di lavoro e dopo
qualche anno di sacrifici e di risparmi, il matrimonio, perlopiù celebrato in patria e l'arrivo dei
famigliari, coniuge e prole, in sintesi si cerca prima di avere abbastanza sicurezza e mezzi e poi di
farsi raggiungere dal resto del nucleo famigliare. Un’ulteriore conferma di questa teoria, sempre per
queste comunità, è che la ricerca di un lavoro per i mai coniugati è un fenomeno rilevante, mentre
non lo è per i coniugati e gli aventi prole; forse l'unica spiegazione è che un lavoro qui a Roma è il
viatico al matrimonio e in seguito alla formazione di una famiglia.
Una situazione diametralmente opposta si registra per le comunità dell'Europa orientale. Albania e
Romania sono state protagoniste di forti arrivi molto recenti, di individui giovani, spesso già
coniugati, di elevate regolarizzazioni concesse grazie al governo Dini e di una presenza più forte in
provincia che nel comune di Roma. Il tipo di immigrazione, che le ha caratterizzate, è molto
originale: inizialmente c'è stata una presenza maschile molto forte, seguita in tempi brevissimi dalle
femmine, non è da escludere che siano partiti anziché individui singoli, coppie coniugate, forse
perché si preferisce affrontare in due la migrazione e questo senza avere già certezze consolidate di
un alloggio e di un lavoro, anzi spesso con la sola certezza, da poco raggiunta, di un soggiorno
regolare.