CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 2
1.1 Il mercato dell’energia elettrica
1.1.1 L’evoluzione normativa e le conseguenze econo-
miche
Il nostro paese, a seguito del recepimento della direttiva comunitaria 96/92
tramite il decreto lgs. 79 del 1999, ha radicalmente modificato l’impostazione
del mercato dell’energia elettrica, passando da un sistema di monopolio ad
uno di libero mercato1. Le caratteristiche salienti della riforma sono:
• obbligo di separazione tra le attivita` di generazione, transizione e
distribuzione (cd. ”unbundling”);
• liberalizzazione della produzione;
• designazione di un gestore responsabile del trasporto dell’energia, della
manutenzione e dello sviluppo della rete;
• creazione di un doppio mercato, libero per i clienti all’ingrosso e
regolamentato per la piccola utenza;
• diverse procedure d’accesso alla rete: regolamentato, negoziato o
mediante acquirente unico.
1Dezi, L. “Il mercato dell’energia elettrica tra profitto e pubblica utilita`: l’impresa
elettrica verso privatizzazione, liberalizzazione e diversificazione.” Cedam 1998
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 3
Nonostante il processo in questione sia ancora lontano dalla sua conclusio-
ne, e` evidente come le caratteristiche sopra citate determineranno un mercato
concorrenziale, nel quale i diversi operatori si affronteranno cercando di im-
porsi utilizzando logiche del tutto nuove per questo settore. Si dovranno
sostenere enormi investimenti iniziali e grosse spese per materie prime, le
quali difficilmente potranno poi essere scaricate sul prodotto finale, di per se`
fortemente soggetto ad oscillazioni di mercato che non rispettano gli equilibri
finanziari dei vari operatori.
1.1.2 Hedging - una scelta obbligata
In questo contesto appare di tutta evidenza come una accorta gestione fi-
nanziaria dei flussi di cassa sia un aspetto fondamentale per sopravvivere e
competere in un mercato dove si sperimentano volatilita` ben piu` elevate di
molti altri mercati, imponendo di fatto l’utilizzo di tutti quegli strumenti
derivati, quotati o meno, che soddisfano esigenze di questo tipo. A riprova
di quanto detto e` sufficiente analizzare altri mercati dell’ energia elettrica, in
Europa e nel Nord America: parallelamente alla loro nascita si sono imposti
una serie di strumenti derivati, quotati o meno, i quali vengono fortemente
utilizzati dai vari soggetti che producono o semplicemente rivendono energia.
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 4
Del resto sono oramai noti i vantaggi nell’utilizzo di tali strumenti2:
• benefici dal punto di vista fiscale;
• minor costi finanziari: un’impresa che riesce in qualche modo a fis-
sare o comunque controllare le spese future per approvvigionamenti
necessitera` di un minor impiego di capitale proprio e/o di credito;
• maggior facilita` e minor costo nel reperimento di capitale di credito:
una banca sara` piu` propensa a prestare il proprio denaro, o comun-
que ad un costo piu` basso, a quelle imprese che mediante l’utilizzo di
derivati riescono a ”stabilizzare” i propri flussi finanziari;
• anche secondo un’ottica macroeconomica possiamo evidenziare aspet-
ti positivi: minor rischio significa maggiore propensione a produrre,
con benefici effetti sull’occupazione, sul reddito e quindi sul benessere
generale.
Possiamo considerare l’attivita` di hedging simile ad un’assicurazione con-
tro la volatilita` del mercato, consentendo cos`ı al management di un’impresa
di potersi concentrare sul proprio core business3; la scelta sulla dimensione
2Clifford, W.S., Smithson, C.W. “Five reasons why companions should manage risk”
Clifford editors, 1990;
Mian, L.S., “Evidence on corporate hedging policy”, Journal of financial and
quantitative analysis, vol.31 n◦3 sept. 1996
3McFall, L.M., “Strategic Commodity risk management - why and when to use deriva-
tives” in Klein, R.A., “Derivative risk and responsability - The complete guide to effective
derivatives management an decision making”, chapter 10, Jess Ledermann ed., 1998
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 5
della copertura rispetto alla propria attivita` produttiva dipende dall’impre-
sa, dalle capacita` manageriali e dal contesto economico nel quale ci si trova,
ma sopratutto per le commodities l’attivita` di hedging e` un fatto oramai
assodato (del resto, gli strumenti derivati sono nati nel secolo scorso proprio
per coprirsi dalle oscillazioni di prezzo delle commodities agricole).
Recentemente e` stato proposta una lettura alternativa alle necessita` di
hedging, complementare a quanto gia` detto4, mettendo in luce come tale
attivita`, oltre a portare i benefici sopra esposti, consenta una interazione
ed un maggior contatto tra le imprese, permettendo un maggior numero di
scambi proficui per l’economia in generale.
4Pennings, J.M.E., Leuthold R.M., “The motivation of hedging revisited”, Journal of
futures markets, vol. 20, n◦9, pp. 865-885 (2000)
Capitolo 2
Pricing del future
Svilupperemo in questa parte il pricing del future riferito al crude oil. Paral-
lelamente alla spiegazione dei modelli riferiti a tale derivato, presenteremo
tutti quei concetti necessari per una corretta esposizione dell’argomento: le
peculiarita` delle commodities e del crude oil in particolare rispetto ad una
qualsiasi attivita` finanziaria, il modo nel quale vengono incluse nei modelli
queste caratteristiche, e in linea generale l’approccio al pricing del future che,
come vedremo, puo` essere utilizzato per una vasta gamma di derivati.
6
CAPITOLO 2. PRICING DEL FUTURE 7
2.1 Pricing del future - approccio determini-
stico
2.1.1 Definizione
Il future e` un contratto che consente ad un soggetto di scambiare qualsia-
si tipo di bene con una controparte, fissando al momento della stipula del
contratto gli aspetti piu’ importanti: prezzo, tipologia e quantita` del bene,
data futura e luogo nel quale avverra` lo scambio. Colui il quale si obbliga a
comprare assume una posizione “lunga”, mentre chi vende assume una posi-
zione “corta”. Cos`ı definito potrebbe essere confuso con un altro contratto
molto usato, il forward: entrambi danno infatti la possibilita` di fissare oggi
il prezzo di una certa quantita` di bene che poi verra` scambiata ad una certa
data. Le differenze tra i due sono di tipo tecnico e sopratutto regolamentare,
come sintetizzato nella tabella 2.11:
Tabella 2.1: Confronto tra contratti Forward e futures
Forwards Futures
Contratti privati tra due controparti Trattati in borsa
Contratti non standardizzati Contratti standardizzati
Una sola data di consegna Piu` date di consegna
Regolati alla fine del contratto Regolati giornalmente
Chiusura del contratto alla scadenza Chiusura anticipata a scadenza
1Hull, J.C. “Opzioni, futures e altri derivati” pp.40 Prentice-hall Int. 1997
CAPITOLO 2. PRICING DEL FUTURE 8
La caratteristica piu` importante del future e` senza dubbio il meccanismo
del marking to market2, con il quale vengono contabilizzati giornalmente gli
eventuali profitti e perdite piuttosto che alla scadenza del contratto, come
avviene per il forward. In generale, si puo` dimostrare che prezzo future e
prezzo forward di uno stesso contratto sono uguali in caso di evoluzione de-
terministica dei tassi di interesse e molto vicini tra loro in caso di evoluzione
stocastica dei tassi di interesse3. Possiamo quindi tranquillamente estende-
re al futures quanto stabiliremo per il forward, evidenziando, quando sara`
necessario, le eventuali differenze.
2.2 Prezzo future
L’ipotesi di assenza di arbitraggio4 e` il punto cardine nella determinazione del
prezzo future; poiche` gli operatori avranno tutto l’interesse ad effettuare gli
arbitraggi che il mercato consente, si determinera` quel punto di equilibrio tra
i vari prezzi al livello dei quali non conviene effettuare piu` alcuna operazione
2Per una disamina piu` completa su tale meccanismo, e in generale sulla clearing house,
Fink R., Feduniak R. “Futures trading, concept and strategies”, New York institute of
finance 1988 pg. 134-161
3Cox, J.C., J. E. Ingersoll, S.A. Ross, “The Relation Between Forward Prices and
Futures Prices”, Journal of financial Economics, n◦9, dicembre 1981, pg 321-346;
Park H., Chen A. “Differences between futures and forward prices: a further investigation
of marking to market effects” Journal of futures markets n◦5, 1985 pg. 77-88
4Cootner, P.H. “Speculation, Hedging and arbitrage”, International Encyclopedia of
Social Science, 1968
CAPITOLO 2. PRICING DEL FUTURE 9
di arbitraggio. I meccanismi che conducono a questo punto di equilibrio si
verificano in contesto molto semplicistico, che implica ipotesi poco realistiche:
• Il sottostante puo` essere venduto o comprato senza alcun costo
aggiuntivo;
• non ci sono costi di mantenimento (stoccaggio, assicurazione, ecc.);
• non ci sono impedimenti nella vendita allo scoperto;
• non vengono considerati dividendi o cedole da staccare;
• Il tasso al quale si puo` prendere o dare a prestito e` identico.
In queste ipotesi l’equilibrio si avra` quando5:
FT,t = Pt(1 +RT,t) (2.1)
dove F (T, t) esprime il prezzo del future al tempo t con scadenza in T , Pt il
prezzo del sottostante al tempo t e RT,t un tasso di rendimeto nel periodo
T − t considerato.
La stessa relazione puo` essere espressa in termini di intensita` istantanea
r piuttosto che di tasso periodico RT,t 6:
FT,t = Pter(T − t) (2.2)
5Per un’approfondimento sulle strategie di arbitraggio adottabili, e su come si arriva ad
un punto di equilibrio, vedi Siegel D. R., Siegel D.F. “The futures market” McGraw-Hill
1991 pg. 44-48
6Jarrow, R.A., Oldfield, G.S., “Forward contracts and futures contracts”, Journal of
Financial Economics, december 1981 pag. 373-382
CAPITOLO 2. PRICING DEL FUTURE 10
ma la sostanza del discorso e` sempre la stessa: ogni disallineamento
tra i due membri e` destinato a durare poco, poiche` si metteranno in mo-
to quei meccanismi di arbitraggio7, e quindi di automatico riequilibrio, che
riporteranno il mercato alla condizione espressa dalla (2.1) oppure dalla (2.2).
Tali relazioni di equilibrio rappresentano le prime formulazioni per il
pricing di un future.
2.3 Prezzo future con payout
Ampliamo ora cio` che abbiamo detto considerando il caso in cui il bene in
questione comporti costi di stoccaggio, mantenimento, ecc: cioe` quando il
sottostante e` un bene reale. In questo caso basta considerare tali costi come
un reddito negativo da sostenere durante il periodo di vita dell’arbitraggio e
reimpostare le equazioni di equilibrio sopra espresse.
Consideriamo dapprima tali costi C come proporzionali al costo del bene
reale, ad esempio C = Pt ·UT,t, dove con UT,t indichiamo un tasso di costo di
stoccaggio di tale commodity:
FT,t = Pt[1 + (RT,t + UT,t)] (2.3)
oppure, considerando un’intensita` istantanea υ di tali costi possiamo
7Per un’analisi su tali aggiustamenti, vedi Hull, po. cit., pg 51 per la (2.2), mentre per
la (2.1) vedi Siegel op. cit., pg 51-53
CAPITOLO 2. PRICING DEL FUTURE 11
riscrivere la(2.2) nel seguente modo:
FT,t = Pte[(r + υ)(T − t)] (2.4)
Se considerassimo i costi di stoccaggio SC in termini assoluti avremo:
FT,t = Pt(1 +RT,t) + SC. (2.5)
.
2.4 Prezzo future e il convenience value
A questo punto e` importante sottolineare una caratteristica fondamentale
per le commodities: e cioe` il fatto che molti soggetti sono restii a dare a
prestito i loro beni per delle vendite allo scoperto, rinunciando agli eventuali
guadagni, poiche` preferiscono godere dei vantaggi derivanti dal possedere il
bene stesso. Ma quali sono questi vantaggi? Nel momento in cui si da` a
prestito un bene, si ha diritto ad una remunerazione anche per i mancati
guadagni derivanti dal temporaneo spossesso dello stesso: dividendi, cedole,
e quant’altro si otterebbe dal bene. Purtuttavia bisogna considerare un altro
aspetto molto importante, e cioe` il vantaggio di possedere un bene e averlo a
disposizione in ogni momento. Dividiamo in tal senso i beni in due categorie:
Pure asset e Convenience asset.
Con il termine pure asset indichiamo quei beni che vengono detenuti per Pure
Asset
CAPITOLO 2. PRICING DEL FUTURE 12
puri fini di investimento, per cui detenere il bene e godere delle remunerazioni
che offre e` equivalente a darlo a prestito e farsi pagare per tale servizio.
Rientrano in questa categoria i beni finanziari e alcune commodities (oro,
argento, metalli preziosi).
Con il termine convenience asset indichiamo quei beni che vengono dete- Convenience
assetnuti non tanto per obiettivi di investimento, quanto per i vantaggi derivanti
dal possesso : vantaggi che sono dati dalla possibilita` di immettere sul mer-
cato questi beni in ogni momento, qualora si presentino improvvise scarsita`
(e lucrare i notevoli profitti che ne deriverebbero), oppure dalla possibilita`
di utilizzare queste scorte per necessita` industriali (per mantenere intatta
la propria capacita` produttiva)8. E’ evidente che ci stiamo riferendo a tutte
quelle commodities utilizzate per produrre beni e servizi (materie prime di va-
rio tipo, tra cui il petrolio) o agroalimentari, le quali sono sovente sottoposte
ad improvvise e periodiche scarsita` e aumenti repentini di prezzo.
Il potenziale vantaggio derivante dal possesso di una unita` aggiuntiva di
bene, in termini monetari, si definisce marginal convenience value: nel
momento in cui un soggetto da` a prestito parte delle sue riserve, richiedera`
una compensazione per essersi privato di una cosa che potra` essergli utile in
futuro, per cui chi prende a prestito dovra` compensare la controparte per le
8Turnovsky, S.J., “The determination of spot and futures prices with storage
commodities”, econometrica, n◦51, 1983 pag. 1363-1387
CAPITOLO 2. PRICING DEL FUTURE 13
potenziali “shortage losses”. Possiamo considerare il marginal convenience
value9 come una sorta di dividendo, con due importanti differenze:
• il dividendo e` noto, mentre il convenience value puo` essere solo una
stima,
• e` una misura soggettiva, diversa da soggetto a soggetto.
In un contesto di equilibrio, colui il quale dara` a prestito un certo bene
(il lender), sara` quello che avra` il convenience value piu` basso, per cui il
compenso globale che ricevera` per il servizio reso includera` il convenience
value meno i costi di immagazzinamento.
Introduciamo nella (2.3) e nella (2.4) questa sorta di dividendi impliciti,
di cui si gode nel momento in cui si possiede un bene. Poniamo tali dividen-
di impliciti Y proporzionali al prezzo del bene mediante un convenience
yield10 pari a ∆T,t, cioe` Y = Pt · ∆T,t, e riscriviamo le due equazioni nel
seguente modo11:
FT,t = Pt(1 +RT,t + UT,t −∆T,t) (2.6)
9Formalmente si dovrebbe sempre parlare di convenience value “marginale”: purtutta-
via per semplicita` espositiva si omette tale qualificazione marginalistica, e noi nel prosieguo
della trattazione faremo altrettanto. Per approfondimenti, Pindyck, R.S. “The dynamics
of commodity spot and futures markets: a primer”, The energy journal, vol.22 n◦3 2001
10Anche qui per correttezza avremmo dovuto parlare di marginal convenience yield.
11Hirshleifer, D., “Futures market equilibrium and the structure of production in
commodity markets”, Journal of Political Economy, n◦96 1988, pag. 1206-1220
CAPITOLO 2. PRICING DEL FUTURE 14
Oppure in termini di intensita` istantanea:
FT,t = Pte(r + ν − δ)(T − t) (2.7)
dove con δ si definisce un’intensita` istantanea di convenienza. Molte volte si
considera il convenience yield netto, che esprime il vantaggio di possedere
un bene al netto dei costi necessari per possederlo, espresso come z = δ − ν,
(con il significato dei simboli gia` noto), per cui possiamo scrivere:
FT,t = Pte(r − z)(T − t) (2.8)
Altra notazione spesso utilizzata e` quella di cost of carry (costo di
trasferimento), cioe` il costo di stoccaggio piu` il tasso di interesse pagato per
finanziarne l’acquisto: in simboli c = r + ν. Per cui possiamo scrivere:
FT,t = Pte(r + ν − δ)(T − t) ≡ FT,t = Pte(r − z)(T − t)
≡ FT,t = Pte(c− δ)(T − t)
(2.9)
Si definisce Full carry market un mercato nel quale i beni vengono
detenuti per soli fini di investimento, per cui il convenience value e` pari a
zero e valgono le (2.3) e (2.4) ; si definisce Non full carry market un
mercato dove i beni vengono detenuti per la loro convenienza intrinseca, per
cui il convenience value e` positivo e valgono le (2.6), (2.7) e (2.8).