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“mal del piede” può essere anche una conseguenza dell’utilizzo di fungicidi che
possono sopprimere la microflora antagonista residente nel terreno.
Precedenti prove hanno rilevato le potenzialità di contenimento biologico delle infezioni
seminali da Fusarium culmorum, mediante trattamento di semi di frumento con
antagonisti fungini appartenenti al genere Trichoderma e Gliocladium, in condizioni di
serra e di campo. In particolare, gli interessanti risultati ottenuti con T. atroviride 312,
T. harzianum 144, T. longibrachiatum 9 e G. roseum 47 hanno stimolato ulteriori
ricerche, oggetto della presente tesi, allo scopo di individuare alcuni meccanismi di
azione di tali antagonisti nei confronti di F. culmorum, considerando sia quelli diretti sul
patogeno sia quelli indiretti che possono coinvolgere una reazione della pianta.
Relativamente ai meccanismi diretti si è inteso studiare determinate attività enzimatiche
degli antagonisti implicate nel processo di degradazione della parete cellulare del
patogeno, nonché la produzione di eventuali metaboliti tossici, di natura volatile e non
volatile, in grado di limitare la crescita della colonia del patogeno stesso.
Per quanto riguarda i meccanismi indiretti si è voluto verificare la possibilità di indurre
fenomeni di resistenza nei confronti di F. culmorum, in piantine di frumento
artificialmente inoculate con il patogeno, a seguito del trattamento dei semi con gli
antagonisti.
La comprensione dei meccanismi d’azione degli antagonisti, infatti, costituisce un
importante aspetto nella scelta dei mezzi con cui attuare la lotta biologica al fine di
sfruttare al massimo le capacità intrinseche degli agenti biologici per l’azione diretta che
esercitano nei confronti dei patogeni e per gli effetti indiretti sulla stimolazione dei
processi di resistenza nell’ospite, con riscontri anche a livello della qualità delle
produzioni.
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2. INTRODUZIONE
Il “mal del piede”, costituisce una delle principali avversità fungine del frumento, in
particolare di quello duro, nella maggior parte delle aree cerealicole, comprese quelle
italiane (Cook, 1968; Wiese, 1987; Pancaldi,.1990). La fitopatia è infatti ascrivibile ad
un complesso alquanto eterogeneo di microrganismi (Tab. 1) che si adattano facilmente
a condizioni ambientali diversificate e che appartengono soprattutto al genere Fusarium,
anche se numerosi sono stati i reperimenti di Bipolaris sorokiniana (Innocenti e
Branzanti, 1986; Balmas e Corazza, 1992; Roberti et al., 1992; Casulli et al., 1995
Cariddi et al., 1995; Innocenti, 1996).
Queste specie sono spesso presenti sulla stessa pianta, a carico della quale determinano
l’insorgenza di sintomi molto simili tra loro.
Attacchi precoci nei seminati e in particolare se il patogeno ha origine da seme infetto,
possono determinare una mancata emergenza delle piantine e la marcescenza delle
plantule oppure, a carico delle piante sopravvissute, lo sviluppo di necrosi diffuse della
parte basale del culmo e dell’apparato radicale, anche se più raramente. Le piante
ammalate, inoltre, possono andare incontro facilmente ad allettamento durante la fase di
levata, a causa della compromessa resistenza meccanica del culmo.
I sintomi più caratteristici del “mal del piede” da Fusarium sono comunque quelli
derivanti da infezione del terreno e sono rappresentati da imbrunimenti più o meno
estesi a livello della zona del colletto e dei primi due internodi basali. Tali aree
necrotiche compaiono inizialmente sulle guaine fogliari per poi procedere verso i tessuti
più interni, fino a compromettere il sistema conduttore della pianta la quale darà così
origine alle cosiddette “spighe bianche o sbiancate” con fiori in gran parte abortiti e che,
nelle fasi fenologiche più avanzate, si presentano vuote o con cariossidi striminzite,
facilmente distinguibili per il loro aspetto anticipatamente maturo (Balmas, 1992).
L’attacco delle varie specie di Fusarium alle piante può essere favorito da fattori
ambientali ed agronomici. Tra le pratiche agronomiche, si ricordano le semine troppo
anticipate che, prolungando il periodo di contatto fra l’ospite ed il patogeno,
favoriscono l’attacco da parte di alcuni specie di Fusarium (ad esempio F. culmorum)
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che hanno la possibilità di svilupparsi quando le temperature ambientali sono ancora
relativamente favorevoli (Cariddi e Piglionica, 1985). Analogamente le semine
effettuate troppo in profondità aumentano il periodo di contatto tra ospite e patogeni e le
piantine si trovano ancora in una fase, durante e subito dopo l’emergenza, che è
particolarmente sensibile all’attacco di tali patogeni e ciò soprattutto se la varietà è
suscettibile (Tinline, 1986). Anche la concimazione può influenzare la gravità
dell’infezione: in particolare quella azotata agisce sensibilizzando la pianta favorendo
un rapido sviluppo dei tessuti vegetali, l’accestimento, con un conseguente aumento
della densità delle piante, la quantità di acqua nei tessuti, che diventano pertanto meno
consistenti e forniscono un substrato favorevole all’insediamento e al conseguente
sviluppo dei patogeni. La disponibilità di azoto, poi, ha anche un effetto diretto sui
patogeni, poiché favorisce la loro fase saprofitaria e quindi la loro sopravvivenza tra
colture successive di frumento e di cereali in generale.
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Tab. 1-F. culmorum ed altri agenti del "mal del piede" del frumento.
Forma asessuata Forma sessuata
-Fusarium culmorum (W.G.Smith) Sacc.
[sin.F.roseum Lk. emend Snyd. et Hans. f.sp.cerealis
(Cke) Snyd. et Hans.cv.culmorum]
-non nota
-Fusarium graminearum Schwabe
[sin.F.roseum Lk.emend Snyd. et Hans f.sp. cerealis
(Cke.) Snyd. et Hans. cv. Graminearum]
-Gibberella zeae (Schw.) Petch
-Fusarium avenaceum (Corda ex Fr.) Sacc
[sin F.roseum Lk.emend Snyd. et Hans. f.sp. cerealis
(Cke.) Snyd. et Hans. cv. avenaceum]
-Gibberella avenacea Cook
-Fusarium nivale (Fr.) Ces.
[sin. Microdochium nivale (Fries) var. nivale Samuels
et Hallet;
sin Gerlachia nivalis (Ces.ex Sacc.) Gams et Müller
var. nivalis]
-Calonectria nivalis Schaffn.
[sin. Monographella nivalis (Schaffn.) Müller
var. nivalis;
sin. Micronectriella nivalis (Schaffn.) Booth]
-non nota
-Gaeumannomyces graminis (Sacc.) Arx et
Olivier var. tritici Walker
-Pseudocercosporella herpotrichoides (Fron) Deighton
[sin. Cercosporella herpotrichoides Fron]
-non nota
-Bipolaris sorokiniana (Sacc.) Shoem.
[sin. Helminthosporium sativum Pamm.,King et Bakke;
sin Helminthosporium sorokinianum Sacc.;
sin. Drechslera sorokiniana (Sacc.) Subram. et Jain]
-Cochliobolus sativus (Ito et Kurib.) Drechs.
ex Dastur.
-Rhizoctonia cerealis Van der Hoeven -Ceratobasidium cereale Murray et Burpee
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3. IL PATOGENO: FUSARIUM CULMORUM
Fusarium culmorum (W. G. Smith) Sacc, è classificato tra i funghi mitosporici
(Hawksworth et al., 1995). Caratteristiche peculiari per la sua identificazione, sono la
presenza di molti macroconidi (falciformi e appuntiti agli apici) raggruppati in
sporodochi e l’assenza di microconidi (Figg. 1 e 2). I macroconidi sono larghi 4-7 µ m e
lunghi 25-50 µ m, possiedono una cellula pedale promittente e sono settati (3-5 setti).
Dal micelio e dai conidi si differenziano abbondanti e globose clamidospore, elementi
di diffusione e perpetuazione del fungo. Oltre che come clamidospora, F. culmorum si
conserva anche su molte graminacee spontanee e sotto forma di micelio sui residui
colturali rimasti nel terreno, adattandosi a vita saprofitaria (Wiese, 1987), tuttavia,
essendo sprovvisto di ascospore, non si diffonde per mezzo dell’aria.
La malattia causata da F. culmorum può essere trasmessa dal seme, dal suolo e dall’aria.
L’inoculo presente sul seme, dove si localizza più o meno profondamente nel pericarpo
interessando superficialmente l’embrione, determina marciume del seme, infezione del
germinello (Fig. 3) e conseguente stentata crescita della pianta (Neergaard, 1979). La
via principale d’infezione è rappresentata dalle aperture stomatiche presenti sul
coleoptile della pianta ospite, da dove poi il patogeno si sviluppa verso le radici ed il
fusticino (Malakasekera et al., 1973).
L’infezione delle radici da parte del patogeno causa il loro marciume, coinvolgendo
anche la zona della corona. La presenza del patogeno nel terreno può essere
responsabile dei classici sintomi di “mal del piede” del frumento, costituiti da
imbrunimenti basali dei tessuti verdi della pianta fino al secondo internodo e delle radici
(Fig. 4). Meno frequente è l’attacco alla spiga che deriva da un inoculo aereo (Wiese,
1987).
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Fig. 1 - Colonia di F. culmorum su substrato agarizzato (PDA 4%).
Fig. 2 - Conidi di F. culmorum visti al microscopio ottico (× 300).
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Fig. 3 – Sintomi su piantine di frumento infettate artificialmente con F. culmorum. Sono
visibili i marciumi del coleoptile e delle radici.
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Fig. 4 – Tipico sintomo del “mal del piede” su culmo di frumento. E’ visibile
l’imbrunimento dei tessuti a livello del secondo internodo, dove è stata asportata la
foglia.
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4. LOTTA ALLE FUSARIOSI
La lotta contro il “mal del piede”, si fonda essenzialmente su criteri preventivi e
secondariamente, là dove si rende necessario, su metodi curativi.
I primi sono basati soprattutto sull’impiego di varietà resistenti o almeno
moderatamente resistenti, o scarsamente suscettibili, ai patogeni responsabili della
fitopatia. Va sottolineato, comunque, che non è facile individuare varietà di frumento
resistenti a Fusarium, anche in conseguenza di risposte spesso eterogenee che si hanno
in areali diversi, in quanto le condizioni pedoclimatiche influenzano lo sviluppo e la
virulenza delle varie specie di Fusarium (Corazza, 1990). I criteri preventivi
comprendono anche determinate tecniche colturali, quali semine, arature e rotazioni
idonee che, annullando o riducendo la contemporaneità della presenza di patogeno e
ospite suscettibile, consentono anche di ridurre, a lungo termine, la carica patogena nel
terreno.
Un altro importante fattore di prevenzione della malattia è l’utilizzo di semi sani,
adeguatamente selezionati e, se necessario, trattati con sostanze chimiche efficaci contro
le varie specie patogene responsabili del “mal del piede”. La disinfezione del seme o
“concia”, infatti, è uno dei mezzi più utilizzati per la difesa del frumento e non solo a
scopo preventivo contro probabili infezioni di origine tellurica, ma anche con intenti
curativi contro i patogeni portati dal seme stesso. E’ per questi motivi che la concia,
oggi, è spesso effettuata prima del confezionamento e quindi della
commercializzazione, essendo tra l’altro stato dimostrato che non interferisce
negativamente con la vitalità del seme, almeno nel breve periodo (Montanari e Lovato,
1980), né esclude la possibilità di effettuare interventi con regolatori di crescita del
seme. Infatti, il trattamento con brachizzanti non produce interazioni negative con i
prodotti concianti e può avere, inoltre, un effetto sinergico con essi sul controllo del
“mal del piede” rendendo le piante meno recettive all’infezione (Mallegni et al., 1981;
Roberti et al., 1986).
La disinfezione della semente, come anzi detto, viene effettuata utilizzando
principalmente prodotti chimici che esercitano sia effetti curativi, nei confronti di
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patogeni contaminanti o insediati più o meno profondamente nei tessuti seminali, sia
preventivi rispetto ai patogeni presenti nel terreno. L’effetto di un fitofarmaco,
soprattutto se esso è dotato di un comportamento sistemico nella pianta, può protrarsi
anche per una fase più o meno lunga del ciclo vitale della stessa, assicurando una
protezione abbastanza duratura (Cariddi e Piglionica, 1981; Cariddi, 1988). I prodotti
chimici somministrati al seme, consentendo di contenere efficacemente i vari agenti
patogeni del “mal del piede”, garantiscono anche l’ottenimento di una buona produzione
dal punto di vista quali-quantitativo, e ciò soprattutto se vengono associati ad altri tipi
d’interventi colturali. La lotta chimica nel suo complesso, però, può essere causa dei ben
noti problemi di ordine igienico-ambientale quali: inquinamento delle acque e del
terreno, danneggiamento della microflora e della microfauna edafica, e insorgenza di
ceppi di patogeni resistenti a fitofarmaci, soprattutto se questi hanno a meccanismo
d’azione specifico e vengono usati ripetutamente.
Da alcuni anni, comunque, l’industria chimica, seguendo le richieste del consumatore,
sta acquisendo una nuova sensibilità ed una grande attenzione per il rispetto
dell’ambiente e sta promovendo nuove ricerche e sperimentazioni per la messa a punto
di nuove strategie di difesa. Queste ultime hanno l’obiettivo di ridurre l’uso dei prodotti
chimici, pur conciliando, al tempo stesso, le esigenze di mercato con il rispetto
dell’ambiente e la tutela della salute dell’uomo. Tra le varie strategie, l’impiego di
mezzi biologici di lotta, è oggetto di intensi studi in tutti i Paesi che hanno già prodotto
la messa a punto di formulati a base di microrganismi antagonisti di patogeni, molti dei
quali sono già disponibili sul mercato internazionale, soprattutto nel continente
americano, australiano e nel Nord Europa.
I microrganismi antagonisti, costituiti principalmente da funghi e batteri, vengono
reperiti nell’ambiente in quanto fanno parte della microflora residente di terreno,
rizosfera, foglie, frutti, semi e legno e costituiscono normalmente, in cosmi naturali
dove gli equilibri microbiologici non sono stati alterati, dei fattori naturali di
contenimento delle fitopatie. La letteratura internazionale è particolarmente ricca di
buoni risultati di contenimento di svariate malattie fungine, soprattutto causate da
patogeni terricoli, della fillosfera e della carposfera, per effetto di antagonisti sia fungini
che batterici. Tra gli antagonisti fungini, diverse specie di Trichoderma e di
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Gliocladium, hanno suscitato grande interesse da parte dei ricercatori e recenti
documenti testimoniano la loro attività nei confronti di diversi patogeni responsabili del
“mal del piede”; in particolare è stata studiata l’attività di G. roseum nei confronti di F.
culmorum su frumento (Knudsen et al., 1995; Jensen et al., 1995) e di G. roseum e varie
specie di Trichoderma contro Fusarium culmorum, F. graminearum e F. nivale. su
frumento (Roberti et al., 1997, 2000) sia nel caso di infezione seminale che del terreno.
Gli antagonisti fungini, che trovano impiego contro patogeni terricoli o seminali,
possono essere applicati nel terreno o sul seme.
La somministrazione al terreno consente di ottenere buoni risultati in quanto questi
microrganismi, per lo più di origine tellurica, vengono reintrodotti in un habitat a loro
congeniale, e quindi possono facilmente colonizzarlo. Il terreno, per le sue
caratteristiche chimico-fisiche, per le escursioni termiche moderate e per le abbondanti
quantità di nutrienti, risulta, infatti, favorevole al mantenimento degli inoculi. Tuttavia
l’applicazione al terreno, richiede quantità notevoli di antagonisti e quindi è realizzabile
soprattutto in ambienti controllati e protetti come le serre oppure in vivai realizzati in
campo.
L’impiego di antagonisti direttamente sul seme consente, invece, di ridurre
notevolmente le quantità di biomassa da distribuire e permette di creare attorno ad esso
una “nicchia” di protezione efficace nella quale la piantina può svilupparsi al riparo
dagli attacchi di patogeni terricoli. Molti antagonisti, infatti, hanno la caratteristica non
solo di accrescersi dopo la loro applicazione sul seme e di seguire lo sviluppo
dell’apparato radicale, ma anche di costituire una popolazione stabile a livello della
rizosfera: in questo caso si parla di antagonisti “rhizoshere competent”, cioè dotati di
competenza rizosferica (Ahmad e Baker, 1987).