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ricombinante e abbiamo controllato se poteva essere quella di nostro
interesse.
I risultati sono stati conformi all’attesa: infatti abbiamo clonato ed
espresso il gene della PN1.
Riteniamo che questi risultati possano essere di notevole interesse sia
per una conoscenza più approfondita della proteina, ma anche, dal
momento che la sua carenza determina una patologia genetica, per
l’individuazione di mutazioni del gene che possono essere responsabili del
fenotipo patologico.
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INTRODUZIONE
Gli studi sulle nucleotidasi pirimidiniche sono iniziate nei primi anni
70. Dapprima si pensava che esistesse un’unica PN che è stata isolata e
parzialmente purificata da Torrance e altri nel 1977. La deficienza di
questo enzima, chiamato fino ad allora pirimidina 5’-nucleotidasi (PN), è
associata ad un’anemia emolitica non sferocitica ereditaria con modalità di
trasmissione di tipo autosomico recessivo. La patologia è caratterizzata da
anisocitosi, reticulocitosi, punteggiatura basofila degli eritrociti, aumento
del livello di bilirubina, perdita di ferro nelle urine e un accumulo di
nucleotidi pirimidinici all’interno del globulo rosso. (Torrance et al.,
1977a, 1977b, 1977c).
Successivamente è stato dimostrato (Swallow et al., 1983; Paglia et al.,
1983,1984) che i pazienti affetti, nonostante fossero difettivi negli eritrociti
per l’attività PN verso UMP, CMP e dCMP, conservavano una normale
attività verso dUMP e dTMP. Ciò portò alla scoperta di due distinte attività
pirimidino nucleotidasiche che furono parzialmente separate da Hirono e
altri (1985, 1987) e indicate come PN di tipo 1 e PN di tipo 2.
Le attività delle due PN mostrano una differente termostabilità e
diverse proprietà enzimatiche e molecolari. I due enzimi vengono codificati
8
da due geni distinti (Hirono et al., 1985) che mappano su due cromosomi
diversi, ancora sconosciuti.
La pirimidina 5’-nucleotidasi (PN1), che viene presa in esame in
questa tesi, è un enzima che catalizza la rimozione del gruppo fosfato dai
mononucleotidi pirimidinici. Questa proteina svolge un ruolo molto
importante nella via di recupero dei nucleotidi. Il suo ruolo fisiologico è
probabilmente quello di regolare la concentrazione intracellulare dei
nucleotidi pirimidinici e di permettere quindi il trasporto dei nucleotidi, che
si sono formati a seguito della reazione di defosforilazione, attraverso la
membrana dell’eritrocita. I nucleosidi rilasciati servirebbero per la
proliferazione delle cellule eritroidi durante i primi stadi del loro
differenziamento.
Presso il laboratorio del professore Magni la proteina è stata
purificata fino ad omogeneità e, più recentemente, è stata determinata la
sequenza aminoacidica della maggior parte di essa. Da tali informazioni
prende avvio il lavoro che è alla base di questa tesi e cioè il clonaggio e
quindi l’espressione del gene della PN1.
Abbiamo ritenuto che questo potesse essere di strumentale
importanza ad una conoscenza più approfondita della proteina, ma anche,
dal momento che la sua carenza determina una patologia genetica,
alll’individuazione di mutazioni del gene che possono essere responsabili
del fenotipo patologico.
9
1.1 Pirimidine nucleotidasi
1.1.1 Le nucleotidasi
Gli enzimi che catalizzano l’idrolisi dei nucleotidi monofosfato sono
largamente distribuiti in tutti gli organismi. La competenza fisiologica delle
nucleotidasi è presumibilmente quella di regolare la concentrazione di
nucleotidi intracellulari o il trasporto di membrana dei nucleotidi in
collaborazione con una nucleoside chinasi (Pesi et al., 1994).
Nelle cellule di mammifero sono stati trovati diversi generi di
nucleotidasi solubili che sono state classificate in quattro gruppi;
nucleotidasi con elevata Km (Spychala et al., 1988) che catalizzano in
maniera preferenziale i nucleotidi purinici; nucleotidasi con bassa Km
(Madrid-Marina e Fox, 1988); 5’(3’)- nucleotidasi (Fritzon e Smith, 1971)
che idrolizzano i nucleotidi pirimidinici e in ultimo le pirimidine 5’-
nucleotidasi (PN). Le PN si trovano negli eritrociti ed includono due
sottoclassi: PN1 e PN2 (Hirono et al., 1985).
10
1.1.2 Caratteristiche enzimatiche e molecolari delle PN
Due nucleotidasi pirimidino specifiche (PN1; PN2) sono state isolate
nella frazione solubile degli eritrociti umani. Gli studi sulla specificità del
substrato, indicano che la PN1 è maggiormente coinvolta nella
degradazione ed eliminazione delle pirimidine 5’-monofosfato negli
eritrociti, mentre la PN2 idrolizza preferenzialmente le pirimidine 3’-
monofosfato, con l’esclusione dei monofosfati delle citidine e delle
adenosine (Amici et al., 1991, 1994) (Vedi tabella 1.1).
Tabella 1.1 Specificità della PN1 e della PN2
Substrat
o
(1mM)
PN 1
Attività
%
PN 2
Attività
%
Substrat
o
(1mM)
PN 1
Attività
%
PN 2
Attività
%
UMP 100 2 U3’MP 2 64
CMP 95 0 C3’MP 0 0
GMP 0 0 G3’MP 0 30
AMP 0 0 A3’MP 0 0
IMP 4 2
dUMP 14 13 dU3’MP 3 72
dCMP 52 0 dC3’MP 0 0
dTMP 43 7 dT3’MP 0 100
dGMP 0 0 dG3’MP 0 4
dAMP 0 0 dA3’MP 0 0
dIMP 0 20
cU2’3’MP 0 0 cU3’5’MP 0 0
cC2’3’MP 0 0 cC3’5’MP 0 0
cG2’3’MP 0 0 cG3’5’MP 0 0
cA2’3’MP 0 0 cA3’5’MP 0 0
cT3’5’MP 0 0
U2’MP 4 36 G2’MP 0 1
C2’MP 3 0 A2’MP 0 0
11
Il peso molecolare della PN1 è di 34.000 daltons, sia in SDS-PAGE
che in gel filtrazione, mentre la PN2 ha un peso molecolare di 23.000
daltons se analizzato in SDS-PAGE e di 45.000 daltons se si analizza lo
stesso campione attraverso una gel filtrazione, suggerendoci quindi una
struttura dimerica per la PN2. Questi enzimi richiedono Mg
2+
per la loro
attività, mentre i cationi dei metalli pesanti sono inibitori molto forti.
L’attività degli enzimi è inibita da agenti che chelano i metalli ed è
sensibile ai reagenti tioreattivi. Il punto isoelettrico è di 5.4 e l’attività
ottimale si ha ad un pH di 7.5 per la PN1 e di 6.5 per la PN2 (Amici et al.,
1991, 1994).
1.1.3 Dove vengono espresse
Le 5’-Nucleotidasi sono largamente diffuse in natura ed esiste
un’esauriente letteratura sull’enzima dai tessuti dei vertebrati, dal veleno
dei serpenti, dal lievito e dai batteri. Sono state identificate tre 5’-
Nucleotidasi nel fegato dei mammiferi: una lisosomiale, una citoplasmatica
e una legata alla membrana (Arsenis e Touster, 1968). Unico è l’enzima
lisosomiale per il fatto che idrolizza ugualmente bene i mononucleotidi 2’-
,3’- e 5’-. Le 5’-nucleotidasi sono state trovate anche nella mucosa
intestinale, nella ghiandola pituitaria, nel cervello, nel tessuto cardiaco e nel
muscolo scheletrico (Drummonds e Yamamoto, 1971).
12
1.2 Patologia associata alla mancanza di PN1
I globuli rossi sopravvivono in circolo per un periodo compreso fra
90 e 120 giorni. La durata di vita dei globuli rossi può accorciarsi in un
notevole numero di disordini; qualora il midollo osseo non sia in grado di
rimpiazzare adeguatamente gli eritrociti prematuramente distrutti, si
sviluppa un’anemia.
Le anemie emolitiche vengono generalmente distinte in base alla
anomalia che causa la prematura distruzione dei globuli rossi. Dal punto di
vista eziologico la distruzione dei globuli rossi può essere legata a:
a) Un difetto molecolare (emoglobinopatia o enzimopatia).
b) Un’anomalia nella struttura e nella funzione della membrana.
c) Un fattore ambientale come un trauma meccanico o la presenza di
autoanticorpi (Wendel Ross, H. Franklin Bunn).
Un particolare tipo di enzimopatia che prendiamo in esame e quella dovuta
ad un’anomalia di uno degli enzimi del metabolismo nucleotidico. Questo
enzima, chiamato pirimidina nucleotidasi (PN), interviene nel catabolismo
degli acidi nucleici.
13
1.2.1 Fenotipo dei pazienti con mancanza della P5N di tipo I (PN1)
In pazienti affetti da anemia emolitica non sferocitica si è potuto
documentare sia un aumento del livello di nucleotidi pirimidinici
all’interno degli eritrociti, riscontrabile in campioni deproteinizzati con la
spettrofotometria (Valentine et al., 1974), e con l’analisi in h.p.l.c.
(Simmonds et al., 1988), sia un decremento dell’attività della PN1. Sembra
quindi appropriata come diagnosi la mancanza dell’attività della PN1. Le
emazie di tali soggetti sono riconoscibili per la presenza di una
punteggiatura basofila dovuta ad un accumulo di nucleotidi pirimidinici e
materiale ribonucleico, riscontrabile con la colorazione delle strisciate di
sangue attraverso la tecnica di Wright.
Attraverso i casi pubblicati, sono mostrate le caratteristiche di questa
condizione patologica: moderata anemia (70-100 g/l), anisocitosi,
reticulocitosi, punteggiatura basofila degli eritrociti, aumento del livello di
bilirubina, uno spostamento del massimo di assorbimento dell’UV di
campioni deproteinizzati di eritrociti da 260 mm a 265-270 mm. Sempre
negli eritrociti abbiamo: un aumento del livello di glutatione ridotto
(GSH), una riduzione dell’attività del ribosio fosfato pirofosfochinasi
(RPK), un aumento del livello di nucleotidi pirimidinici e una riduzione
dell’attività della PN1.
Il fatto che molti altri stessi casi siano stati trovati dal 1974 in poi,
vorrebbe dimostrare che la mancanza della PN1 non è una malattia
14
estremamente rara. Infatti, Beutler stabilì che la deficienza di PN1 è la
quarta anemia emolitica più comune causata dalla mancanza di un enzima
specifico, dopo altre patologie enzimatiche quali la mancanza del G-6-PD,
del piruvato chinasi e del glucosio fosfato isomerasi (Beutler et al., 1980).
Studiando geneticamente alcune famiglie di pazienti con la
deficienza della PN1 sembra emergere che ci sia un’eredità autosomica
recessiva per ciò che riguarda la trasmissione degli alleli coinvolti. Inoltre,
in circa metà dei casi pubblicati, ci sono elementi di consanguineità.
Sembra probabile l’esistenza di un polimorfismo genetico, considerando la
distribuzione dell’attività dell’enzima tra omozigoti ed eterozigoti obbligati
(Beutler et al., 1980).
In un eritrocita normale i nucleotidi adeninici, costituiscono la più
importante riserva energetica (circa il 97% dei nucleotidi totali) (Valentine
et al., 1974), mentre i nucleotidi pirimidinici rappresentano una piccola
frazione del totale. I nucleotidi pirimidinici derivano dal catabolismo degli
RNA ribosomiali. Essi vengono defosforilati dalla PN1 e presumibilmente
diffondono fuori dalla cellula una volta rilasciati i loro gruppi fosfato.
Normalmente, la concentrazione dei nucleotidi pirimidinici all’interno
degli eritrociti è molto bassa. Al contrario, negli eritrociti con la deficienza
di PN1, presentano solo un 32% di nucleotidi adeninici, mentre le citidine e
uridine costituiscono rispettivamente il 50% e 16% del pool nucleotidico.
15
La non funzionalità della PN1, che è un enzima citosolico, determina
presumibilmente un accumulo di prodotti di degradazione ribosomale
all’interno dell’eritrocita.
1.3 Studi recenti sulla PN1
Gli eritrociti durante la differenziazione terminale presentano
un’elevata degradazione del loro RNA con il conseguente rilascio dei
mononucleotidi (Rapoport, 1986). I mononucleotidi pirimidinici vengono
degradati in maniera preferenziale da una PN1 specifica degli eritrociti; la
mancanza di questo enzima causa un’anemia emolitica negli esseri umani. I
globuli rossi che ne derivano mostrano un significante accumulo dei
nucleotidi pirimidinici dovuto all’incompleta degradazione dell’RNA e
dell’RNA ribosomiale; questo ci mostra l’importanza dell’attività svolta
dall’enzima per la maturazione dei globuli rossi dal momento che l’enzima
permette il rilascio dei nucleosidi che sono permeabili alla cellula.
Particolari sulla regolazione dell’attività della PN1 e la sua influenza sul
pool nucleotidico durante lo sviluppo eritroide sono sconosciuti.
I dati sperimentali ci suggeriscono che l’attività della PN1 negli
eritrociti immaturi aumenta in maniera rilevante. Infatti, tra la 17
a
e 23
a
settimana di gestazione, l’attività della PN1 nei globuli rossi dei feti umani
risulta essere tre volte maggiore rispetto a quella riscontrata nei globuli
rossi degli adulti (Lestas et al., 1986).
16
Dallo studio del metabolismo eritrocitico embrionale in un altro
organismo eucariota come il pulcino, si è dimostrato che l’adenosina 3’:5’-
ciclica monofosfato (cAMP) controlla molti aspetti di questo metabolismo
durante la seconda metà dell’incubazione dell’uovo. Negli embrioni di
pollo un aumento della concentrazione di cAMP negli eritrociti è dovuta ad
un rapido incremento della norefinefrina (NE) nel plasma, attivando così
l’adenilato ciclasi attraverso i recettori -adrenergici (Dragon et al., 1995,
1996). Lo stimolo fisiologico per il rilascio di NE è dato dall’ipossia.
Questi eventi avvengono quando la concentrazione di UTP negli eritrociti
dell’embrione diminuisce. Diversamente dal recettore -adrenergico, si è
trovato un recettore adenosinico A2R accoppiato con l’adenilato ciclasi. In
vitro l’attivazione del recettore adenosina A2R induce lo stesso processo
metabolico che si osserva con l’attivazione del recettore -adrenergico
(Glombitza et al., 1996). Inoltre si è analizzata l’attività dei due enzimi
chiave del metabolismo pirimidinico, la pirimidina nucleoside fosforilasi
(PNP) e la PN1 per vedere se i cambiamenti della loro attività enzimatica è
correlata con il decrescere della concentrazione di UTP negli eritociti
durante la differenziazione terminale e se le attività degli enzimi sono sotto
controllo ormonale attraverso le catecolamine e le adenosine. I risultati
mostrano che, durante la seconda settimana di incubazione l’UTP è la
seconda più abbondante fonte di fosfato organico degli eritrociti
dell’embrione. Questi ultimi presentano solo una minima attività della
17
PNP, escludendo quindi l’utilizzo di uridina da parte degli eritrociti. Al
contrario, l’attività della PN1 aumenta significativamente tra il 13° e 15°
giorno di sviluppo. L’incubazione per undici giorni degli eritrociti con un
recettore -adrenergico o adenosinico determinano la sintesi de novo
dell’enzima (PN1), che a sua volta aumenta all’aumentare del rilascio di
uridina nel mezzo d’incubazione. L’aumento dell’attività della PN1 alla
fine della seconda settimana di incubazione è dovuta all’aumentare nel
plasma del livello di catecolamine e alla conseguente attivazione dei
recettori -adrenergici. Inoltre, l’adenosina esterna potrebbe anch’essa
contribuire all’attivazione della sintesi di PN1 attraverso il legame con i
recettori A2R. I risultati ci mostrano che la sintesi della PN1 è
particolarmente controllata dal cAMP durante la differenziazione terminale
degli eritrociti e che l’enzima risulta essere un fattore limitante per il
rilascio di uridina durante la maturazione eritrocitaria.
18
Figura. 1.1 Ruolo del cAMP e PN1 nel metabolismo eritrocitico durante
la differenziazione terminale. NT, trasportatore nucleosidico; AC, adenilato
ciclasi; β -R, recettore adrenergico; A, adenosina; A2R, recettore adenosinico;
NE, norefrinefrina; G, proteina G.
Queste conclusioni sono state fatte anche in un recente studio sugli
eritrociti umani nucleati dell’embrione umano. I risultati possono essere
applicati all’eritropoiesi nell’adulto. Nell’organismo adulto, le cellule
eritroidi immature si sviluppano nel midollo osseo. La regolazione della
PN1 durante le ultime fasi della differenziazione eritroide associato con la
degradazione dell’RNA e un conseguente rilascio dei nucleosidi
pirimidinici provvederebbe a determinare una effettiva via di recupero
energetico che permette il trasferimento dei precursori dei nucleotidi
pirimidinici alle cellule eritroidi in proliferazione durante i primi passaggi
della differenziazione.