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1° Capitolo
Il corpo: un protagonista dell'immaginario collettivo
Non esiste un corpo naturale, neutro e indifferente alla cultura. Il corpo in realtà
viene percepito e modificato in accordo con regole collettive.
L'abbigliamento, gli oggetti che ornano e con cui copriamo il nostro corpo e i
segni che l'incidono e lo decorano sono le forme con cui il corpo entra in
relazione con il mondo in una comunicazione non verbale. Non è facile
distinguere la superficie significante del corpo e l'abbigliamento o ornamento,
poiché il corpo viene modellato dai segni tramite il tatuaggio, il piercing, gli
oggetti, i profumi, le diete, il make up, la pulizia, ecc. Inoltre viene significato
con abiti che rispondono anch'essi a diverse istanze o bisogni sociali.
L'abbigliamento e l'ornamento si comportano come un linguaggio, sono strumenti
di modellizzazione del mondo, di progettazione, di simulazione, di
interfacciamento, che mutano nelle diverse società e nel tempo. C'è quindi una
sorta di sintassi socio-culturale che articola l'abbigliamento e l'ornamento
costituita dal costume nelle società tradizionali e dalla moda nella modernità.
Nell'immaginario e nelle credenze delle culture tradizionali esiste una logica che
collega l'abbigliamento e l'ornamento con il mondo e il corpo. Nelle sue analisi
antropologiche degli anni sessanta, Claude Lévi-Strauss parla di "bricolage"
intendendo l'arte "selvaggia" di collegare tra loro oggetti privi di connessione,
attribuendo senso come se fosse un pezzo di società materializzata in oggetti e
modi dell'apparire corporeo.
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Il corpo, che costituisce il nostro grande immaginario, è il luogo primario del
simbolico: mai nudo, è sempre corpo fantasmatico, simbolico e simbolizzato. Il
corpo è un sistema di segni e di comunicazione. Rivestito è un soggetto "in
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processo", è una costruzione sempre aperta e fluttuante dell'identità materiale, è
la dimensione mondana della soggettività. In esso assumono profondo valore le
aperture, le confusioni dei segni, le intersezioni tra discorsi. Pertanto può
diventare oggetto e strumento di manipolazione e di conoscenza, ma può
sottrarsi alle gerarchie e ai discorsi sociali che lo riducono a oggetto e strumento,
mettendosi in scena con l'ironia, la parodia e il grottesco attraverso
l'abbigliamento e l'ornamento e la manipolazione di se stesso.
Il corpo umano è in rapporto di significazione con l'indumento permettendo il
passaggio dal sensibile al senso. L'abbigliamento e l'ornamento fanno tutt'uno col
corpo e con la costruzione della soggettività. Linguaggi e forme di
comunicazione, essi fanno tutt'uno anche con le gerarchie sociali esprimendo
l'identità individuale e del gruppo etnico.
1. Abbigliamento
Il vestiario può essere considerato un'estensione della pelle, un meccanismo per
il controllo della temperatura, ma al contempo un mezzo per definire socialmente
la persona.
L'abbigliamento, elemento comunicativo che fa parte della comunicazione non
verbale, varia a seconda delle culture e copre un vasto insieme di bisogni di cui
Pierson
2
ci offre un elenco a partire da un noto inventario generale di «bisogni
sociali» formulato da Maslow:
3
1. Bisogni primari
Funzione pratica, aver caldo o freddo.
2. Bisogni di sicurezza
1
Lévi-Strauss C., Antropologia Strutturale, Il Saggiatore, Milano, 1966 (1958)
2
Pierson M.L., Come costruire la propria immagine, Franco Angeli, Milano, 1993
3
Maslow A., Motivation and Personality, Harper & Row, New York, 1954
9
Funzione di sicurezza, proteggersi.
3. Bisogni di appartenenza
Funzione sociale: prestigio, convenienza.
4. Bisogni di riconoscimento
Funzione di affermazione: differenziazione, distinzione.
5. Bisogni di realizzazione
Funzione di espressione: creatività, autoaffermazione.
Tutto questo implica che l'abbigliamento ha carattere comunicativo ancor prima
della moda stessa, fenomeno molto complesso che ha una forte influenza
sull'intera società. La moda è, infatti, un meccanismo di regolazione dei
cambiamenti culturali, in parte organizzato e sfruttato razionalmente, ma per lo
più inconscio, incontrollato e almeno apparentemente irrazionale.
Le società, che conoscono il valore significante del corpo, usano questo spazio
simbolico come strumento di differenziazione sociale. Se molte società tendono a
conservare più o meno immobili i loro codici, la moda comporta invece una forte
accelerazione del mutamento e la possibilità di una sua manipolazione in termini
di differenziazione.
Abbigliamento-moda può essere considerato un codice le cui caratteristiche sono
l'ambiguità (lo stesso abbigliamento "dice" oggi una cosa diversa da quella
"detta" lo scorso anno), la dipendenza dal contesto, il diverso apprezzamento dei
vari strati sociali o gruppi di preferenze e l'inclinazione alla
"sottocategorizzazione".
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2. Abbronzatura
L'abbronzatura è ormai un obbligo estivo ineludibile, una moda che solo negli
anni trenta fece brezza. Basti pensare che fino al secolo scorso le signore
cercavano di proteggersi con l'ombrellino per mantenere il loro candido
incarnato. Essere pallidi andava di moda quando la massa della popolazione
lavorava nei campi, abbronzandosi involontariamente. La carnagione lattea
significava allora che non si era "villani". Con la progressiva urbanizzazione e il
pallore che ne conseguì, la pelle bruna divenne sinonimo di tempo libero,
vacanze, mentre il pallore di "malaticcio".
3. Monili
Gioielli e bijoux sono permessi solo alle donne e, in pochi casi, come ad esempio
fermacravatta e gemelli, anche agli uomini. Il diritto di portare oggetti, talvolta
anche vistosi, sancisce una diversa condizione tipicamente femminile che fa
prevalere la funzione estetica a quella pratica.
Adornarsi con monili di vario genere presuppone la conoscenza di regole implicite
che obbligano a scelte che vincolano il proprio apparire: luoghi del corpo che
devono essere occupati, significati stabiliti (come la fede all'anulare per gli
sposi).
Se i gioielli rimandano al valore, allo status symbol, i monili in senso generale
manifestano il privilegio dell'artificio sulla natura, della superficie sul contenuto.
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4. Make-up
Il viso esprime la vita interiore con infinite sfumature. Questa inquietante nudità
ci spinge ad usare il make-up per crearci un personaggio, una maschera da
presentare agli altri per proteggere la nostra fragilità. Il trucco è, prima di tutto,
una pratica sociale. Esso non copre, ma svela, trasmette informazioni a chi
guarda. Ad esempio, il desiderio di piacere. Pratica antichissima tipicamente
femminile, il trucco è una variante culturale di messaggi che esistono anche in
natura, un codice più evoluto che si basa sul rapporto sessuale, sull'attrazione
reciproca.
"...bisogna che stupisca, che affascini; idolo, ella (la donna ndr.) deve dorarsi per
essere adorata". Così Baudelaire spiega l'uso del trucco nel saggio "Del
dipingersi”.
4
In trucco in sé allude a zone indecifrabili, confina con la maschera, con il mistero.
Un uso improprio o esagerato modifica il messaggio trasmesso dal viso truccato:
il bello diventa caricatura, l'uomo clown e la donna per bene prostituta.
Col trucco si innesca un rapporto tra l'uomo e l'immaginazione, tra realtà e
apparenza, tra arte e natura.
4
Berbohm M., Elogio dei cosmetici, Novecento, Palermo, 1985. Racchiude il saggio di Baudelaire C. Del
dipingersi.
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5. Profumi
Il nostro corpo non termina con la pelle, ma si estende di qualche decina di
centimetri. Un raggio di "azione" percepibile solo attraverso l'olfatto. In questo
"corpo esteso", che è l'area del nostro odore, noi dichiariamo sesso, educazione,
desideri, passioni, fatica, pulizia, cioè "identità".
Gli odori influenzano i sentimenti. Per esempio certi componenti del nostro
"profumo naturale" influiscono nelle scelte e nei comportamenti sessuali. Per
questo l'uomo ha sempre cercato di manipolare la sua identità pubblica, ma
personale, profumandosi. Usare un profumo significa costruirsi un'identità fittizia
e proiettarla all'esterno. Tutto questo può ottenere diversi risultati, non sempre
positivi come si vorrebbe.
6. Igiene e prodotti di bellezza
Nella civiltà greca la pulizia della persona aveva una tale importanza che le
donne non curate potevano venire multate. La donna greca, infatti, al trucco
preferiva l’igiene e la cura del corpo, dando molta importanza al massaggio, ai
relativi unguenti e ai prodotti da toeletta, come le polveri per assorbire il sudore
o quelle per tenere puliti i denti. Chi non poteva fare spesso il bagno si spalmava
di olio che veniva poi tolto per mezzo di strisce vegetali.
Nel XVIII sec. le usanze riguardo all’igiene personale appaiono oggi alquanto
discutibili. La pratica frequente del bagno veniva sconsigliata alle ragazze e
ritenuta responsabile di pinguedine e sterilità. I capelli venivano puliti
strofinandoli con un asciugamano asciutto o pettinandoli con un pettine fitto,
seguendo i precetti della scuola medica di Salerno che imponeva di lavare spesso
le mani, raramente i piedi e mai la testa. Acquistarono importanza quindi le
acque profumate, come l’acqua di Colonia, usate anche come detergenti.
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Solo nel XIX sec. la bellezza e la cura del corpo vengono associate al concetto di
igiene. Lavarsi e usare prodotti di bellezza diventa poco a poco una pratica
diffusa.
Il sapone fu il primo prodotto connesso alle pratiche igieniche. I primi fabbricanti
furono gli spagnoli, seguiti dai francesi che ne organizzarono la fabbricazione a
seguito degli studi di M.E. Chevrène sul carattere della saponificazione.
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7. Tatuaggi e piercing
La ricerca etnografica e la storia dell'arte mostrano entrambe che non esiste un
corpo umano naturale. Gli uomini e le donne hanno, infatti, sempre manipolato il
proprio corpo per renderlo conforme ai precetti sociali e, al contempo,
personalizzarlo facendolo sentire più proprio a chi lo "indossa".
Questa dialettica di imitazione e differenziazione definisce da sempre i rapporti
con i nostri abiti e con il nostro corpo. In questo contesto si inseriscono le
pratiche che modificano il corpo in uso nella nostra società tra cui il piercing e il
tatuaggio.
Fino ad alcuni anni fa solo a donne e zingari era concesso di bucarsi i lobi per
infilarci anelle o altri tipi di orecchini. Successivamente arrivarono gli omosessuali
seguiti dai giovani sotto la spinta prima di gruppi punk, che si bucavano con
spille da balia, poi di persone di spettacolo che hanno reso alla moda il piercing di
naso, ombelico e sopracciglia.
Il tatuaggio era tipico degli emarginati come ladri, prostitute, marinai e soldati.
Per questo suo carattere "dannato" e la caratteristica di segno permanente sul
corpo è stato oggetto di mode ricorrenti da parte dei giovani. L'obiettivo, come
per il piercing, è differenziarsi, scandalizzare, mostrarsi diversi dai genitori e
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dalla società degli adulti. Il tatuaggio diventa così una modalità per segnare
definitivamente sul proprio corpo una scelta, un momento importante della
propria vita. Il piccolo dolore diventa un'iniziazione, una prova che segna il
passaggio ad una diversa condizione.
Alla base di queste pratiche ci sono quindi motivazioni forti, difficili da sradicare.
E a livello incosciente rimane il fatto che tutto questo si basa sulle stesse ragioni
per cui il mondo degli adulti tanto disprezzato si circonda di abiti firmati, gioielli e
auto di lusso.
8. Genere
Negli ultimi anni Sessanta il concetto di genere si fece strada entrando
inizialmente nella categoria “nuovo termine” e, nonostante sia stato soggetto a
forti oscillazioni teoriche e di contenuto, esso ha portato ad una consapevolezza
individuale e collettiva di una nuova tematica, civile prima ancora che politica,
fino ad allora largamente sottovalutata. Nella seconda metà degli anni Settanta,
con lo svilupparsi degli women studies e col diffondersi della letteratura anglo-
americana nel vecchio continente, fece la sua prima apparizione la parola
gender, termine che permise di ampliare gradualmente concetti teorici
consolidati da tempo e di comprendere che il sesso cominciava ad identificarsi a
pieno titolo come categoria culturale oltre che biologica.
6
5
Datano il 1823. Costarelli G., I cosmetici, Editori Riuniti, Roma, 1984, pag.105
6
Piccone Stella S. e Saraceno C., Genere, la costruzione sociale del femminile e del maschile, Il Mulino,
Bologna, 1996
15
9. Uomo/donna
Il pensiero della differenza sessuale si colloca nella filosofia occidentale, dove il
pensiero maschile si è imposto come soggetto universale e neutro, come
soggetto che definisce il mondo a partire da sé, dal quale però discendono
conseguenze che sembrano riguardare tutte le donne di tutti i tempi. Il pensiero
maschile, fondandosi come soggetto unico, ha sottratto all’essere sessuato
femminile la capacità di “autosignificarsi”, facendo nascere la necessità per le
donne di colmare tale mancanza. La nozione di genere come differenza sessuale
rischiò quindi di divenire una limitazione al pensiero femminile stesso e di cadere
in quello stesso modo di pensare dicotomico a cui il femminismo si era fin dal
principio ribellato, dando inizio con il loro contributo, a quel fenomeno di più
vasta portata, che verrà definito post-modernità.
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Si è sviluppata così una nozione di genere che configura le identità sociali
maschili e femminili come «costrutti storico-sociali, sistemi codificati di norme,
significati, ruoli e relazioni tra ruoli; genere dunque, oltre che un codice binario, è
anche un codice che implica reciprocità, dialettica costante fra le sue componenti
di base».
8
Non è un caso che si continui a parlare di due concetti distinti e
separati come sesso (sex) e genere (gender) - mantenuti tali nella lingua inglese
e, al contrario, assai poco utilizzati in Italia - attraverso i quali è possibile riferirsi
in maniera distinta alle caratteristiche biologiche del “sesso” e ai fenomeni socio-
culturali del “genere”, laddove sesso è universale, mentre genere è creazione
culturale particolare, ovvero costrutto sociale.
A differenza dell’identità femminile, che ha dato inizio alla sua trasformazione
qualche decennio fa, quella maschile è una problematica relativamente nuova,
7
Furlotti R., Per una sociologia della differenza, in E. Minardi, (a cura di), Apprendere la sociologia oggi, Franco
Angeli, Milano, 1996
8
Grandi R., I mass media tra testo e contesto, Lupetti, Milano, 1994
16
sottovalutata per certi versi, ma, nonostante le differenze culturali fra i due sessi
si siano relativamente ridotte, ne permangono tuttavia abbastanza perché il
doppio codice sussista.
9
10. “Nuovi” generi
I mutamenti, a cui i differenti generi hanno fatto fronte, hanno portato ad un
tentativo di mediazione tra i due poli, facendo nascere una figura maschile
“femminilizzata”, per molti versi contraddittoria e, viceversa, un’immagine
femminile “mascolinizzata”. Esempio particolarmente calzante può essere quello
della moda, dove l’unisex e l’ambiguo hanno caratterizzato le tendenze fashion di
questi ultimi anni. A questo si deve aggiungere un cambio generazionale e un
new generation trend che manifesta una maggior propensione alla
diversificazione, all’apertura nei confronti dei cambiamenti nell’utilizzo dello
spazio e del tempo, nelle modalità di rapporto, e quindi nella definizione del
proprio sé. L’uomo comincia, in ritardo rispetto alla donna, a parlare con se
stesso e col proprio corpo cercando - nonostante la rottura operata dalla donna
nel rapporto di coppia, allontanandosi così dalla memoria della propria tradizione
- di assumere la propria sessualità, ad esempio, come fonte di conoscenza e di
piacere.
10
9
Gherardi S., Il genere e le organizzazioni, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1998
10
Ventimiglia C., Di padre in padre. Essere, sentirsi, diventare padri, Franco Angeli, Milano, 1993
17
11. Sessualità manifesta e strumentalizzazione del genere
Liberare la sessualità dai tabù delle epoche precedenti era un passo necessario,
anche perché il tabù è sempre la patologia del senso equilibrato del pudore. Ma
ciò che sta avvenendo nella società contemporanea attraverso i media va oltre e
purtroppo in senso negativo. Il consumismo ha portato a sfruttare l’uomo come
prodotto arrivando alla mercificazione dell’eros. Per il profitto si sacrifica anche
l’essere corporeo. Edgar Morin afferma che il denaro sempre insaziabile si rivolge
all’eros sempre insaziato al fine di stimolare il piacere, il desiderio, il godimento,
a cui fanno appello i prodotti immessi sul mercato. Attribuisce inoltre al sistema
neocapitalista, con la sua dialettica offerta-domanda stimolata attraverso i
bisogni indotti, l’addomesticamento dell’eros ai livelli delle profondità
dell’onirismo e della libido.
11
Per Galimberti «la stessa nudità del corpo che pretende di essere progressista e
razionale, lungi dal ritrovarne la “verità”, la ragione “naturale”, al di là degli abiti,
dei tabù, della moda, passa accanto al corpo, ormai privato della sua
ambivalenza, perché utilizzato come equivalente universale dello spettacolo delle
merci. La verità del corpo, infatti non è certo nell’evidenza ingenua del nudo, ma
se mai, come dice Bataille
12
“nella messa a nudo che è l’equivalente simbolico di
una messa a morte”, dove l’amore e la morte sono composte nell’ambivalenza
che percorre l’itinerario del desiderio. La nudità moderna, invece, è funzionale,
ha abolito questa ambivalenza, per un corpo reso interamente positivo dal sesso
che ha bandito da sé ogni fantasma di morte. Riducendo l’ambivalenza simbolica
e instaurando l’equivalenza semiologica, il potere iscrive nel corpo i suoi segni
11
Morin E., L’ésprit du temps, Editions Bernard Grasset, Parigi, 1962, tr. Ii. L’industria culturale, Il Mulino,
Bologna, 1963, pag. 118
12
Bataille G. L’érotisme, Ed. de Minuit, Paris, 1957, tr. it. L’erotismo, Mondadori, Milano, 1972
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univoci che si evidenziano nel linguaggio dei bisogni indotti e dei desideri
manipolati».
13
12. Performance
L’aumentato isolamento degli individui che caratterizza la nostra società, il
consumismo e la scarsa attrattiva di tutto ciò che è “pubblico” lasciano l’individuo
solo di fronte a se stesso, un sé che diviene termine di paragone e che sfocia
conseguentemente in ciò che Pascale Weil definisce «una specie di vertigine
narcisitica»
14
. Questo narcisismo porta ad avere come oggetto privilegiato se
stesso, da curare e modellare, «in una schizofrenia in cui l’identità sfugge ad ogni
definizione e si presta quindi a tutte le manipolazioni e automanipolazioni».
15
L’individuo modella il proprio corpo come si tracciano i contorni in un prodotto
finito. Un corpo performante diventa quindi l’obiettivo principale. Muscoli definiti,
talvolta fino all’estremo, come nel caso del culturismo dove si raggiunge
l’ipertrofia muscolare, diventano il sogno di ogni individuo. Ne deriva la diffusione
delle attività sportive e dei centri ad esse dedicate, con una maggior incidenza
delle discipline individuali come il jogging.
Un passo ulteriore che si sta verificando oggi è l’attenzione per lo spirito che non
trova più una “sana” collocazione in questo corpo perfetto. Da qui il crescente
interesse per le discipline olistiche che nutrono lo spirito e ne aiutano la sintonia
con il corpo per ottenere una sola funzionante entità.
13
Galimberti U., Il corpo, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 1987
14
Weil P., Il nuovo Narciso, Franco Angeli, Milano, 1990
15
Ibidem
19
13. Estetica
In questa società che sotto l’aspetto demografico invecchia sempre più, la forma
plastica dei corpi e l’aspetto giovane per un’eterna giovinezza diventano i modelli
da perseguire. La perdita del “controllo” del proprio corpo dovuta al naturale
invecchiamento produce la perdita di quella identità che ci si è creata. Questo
conduce alla ricerca sfrenata di metodi per “ingannare” il tempo che, dai prodotti
di bellezza e make up, porta alla chirurgia plastica. Tecniche sempre più
sofisticate permettono così di eliminare gli anni dal proprio corpo, creando fisici
perfetti e pelli levigate esenti dai segni del tempo, ma anche dal fascino
dell’espressività.
Se tutto questo un tempo era appannaggio solo dei divi, oggi il ringiovanimento
si democratizza, diffondendosi in tutti gli strati della società. L’arte dell’estetica è
la nuova fonte di giovinezza che saprà trasformare tutti in veri divi.
14. Fascino e seduzione
Il corpo ha appeal, un richiamo che viene dal sesso (sex appeal). Prima ancora di
comprendere e decifrare i corpi, noi li amiamo o ne proviamo ripugnanza. Ciò
non è legato solo alla dimensione biologica per cui un corpo bello è funzionale,
agile, forte, giovane e fertile. Il fascino, infatti, è diverso dalla bellezza. Non è
una qualità, ma una relazione. Chi esercita fascino lo fa su certe persone, in una
data società e in un tempo preciso. E' un fenomeno soggetto quindi alla moda. E
mentre si è una bellezza, si esercita o si subisce il fascino. Ciò che attrae è la
superficie, la stessa che è istoriata dei segni sociali e che addomestica il nostro
corpo. Il fascino si radica sulla doppia comunicazione, fisica e simbolica, del
corpo che agisce in quanto scrittura.
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Il pericolo insito nel fascino si evince anche dall'etimologia di parole come
malocchio e maliarda, entrambe forme che derivano dal desiderio, che
sottolineano il "male" da compiere.
A causa della dimensione pubblica e della relazione con il fascino non può esserci
possesso, ma solo un gioco seduttivo. Sedurre (da se-ducere: condurre in
disparte) presuppone attrazione e separazione al contempo, la possibilità quindi
di agire a distanza per mezzo di sguardi, parole e desiderio.
Ogni seduzione è promessa di assimilazione: dato che ti piaccio, seguimi e
diventerai simile a me. «I'll be your mirror!» afferma Baudrillard.
16
Il discorso
seduttivo trasforma la scrittura del corpo in linguaggio d'amore. In questo gesto
interpretativo il fascino si civilizza e perde pericolo o almeno la sua
immediatezza.
La seduzione secondo Baudrillard non è dell'ordine della natura, ma
dell'artificio.
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Non è spontanea, ma rituale. E' una congiura dei segni, è lo spazio
privilegiato delle tecniche di simulazione e di dissimulazione dove si manipolano
le apparenze. La seduzione è una logica agonistica che opera sull'affinità con la
struttura dell'altro, si serve della complicità dell'altro e cerca di accattivarsela
attraverso una strategia fatta di segni vacui, di indizi impercettibili, di tracce di
quelle apparenze che non possiedono un senso immediatamente traducibile. La
seduzione si attua attraverso determinate strategie enunciative: crea zone
d'ombra, di segreto, traccia regioni di silenzio sul corpo, di non detto. Un
esempio di questo linguaggio enigmatico è costituito dallo sguardo.
16
Baudrillard J., Della seduzione, Editions Galilée, 1979 – trad. SE, Milano, 1997
17
Ibidem