Introduzione
VI
nella gestione degli spazi offerti dalla struttura che permette la
mediazione nei confronti della domanda e dell’offerta.
E’ possibile asserire che gli spazi del centro aggregano, secondo
modalità differenti, due livelli: il livello razionale dello scambio e
quello emotivo della comunità.
Il secondo obiettivo è rappresentato dunque dalla comprensione di
questi due livelli, la cui gestione integrata con quella degli spazi, ha
decretato il successo del modello economico apportando vantaggi sia
all’offerta che alla domanda.
Questi vantaggi vengono identificati per l’offerta principalmente nella
razionalizzazione che porta ad un abbattimento dei costi di struttura
(ad esempio costi di parcheggio) e la gestione del cliente secondo
percorsi di acquisto; per la domanda, invece, oltre ai vantaggi che
derivano dalla concentrazione degli acquisti, la gestione dello spazio
produce processi di esperienza.
La gestione degli spazi, dei percorsi di acquisto, delle politiche di
servizio, delle attività e degli eventi, e quindi delle relazioni, permette
in ultima analisi l’aggregazione e l’identificazione della comunità di
riferimento.
Questa affermazione rappresenta la base per una proposta di
estensione del modello di marketing del centro commerciale verso un
metamarketing basato sull’aumento del dialogo, della fiducia e della
relazione.
Bisogna ricordare che la razionalizzazione del percorso di acquisto è il
primo metodo comunicativo a disposizione del management del
centro: l’architettura, i materiali, i complementi di arredo, la luce, la
musica comunicano.
Il cammino verso una maggiore comunicazione avviene sfruttando
la dimensione emotiva della comunità.
Il primo sforzo è ravvisabile nella ricerca di innovazione con la
volontà di comunicare e di differenziarsi rispetto agli altri centri
Introduzione
VII
commerciali. Questo è avvenuto e continua ad avvenire tramite
l’integrazione e l’offerta di servizi di tempo libero e di intrattenimento
che manifestano l’intenzione di proporsi alla comunità di riferimento
con una identità unitaria ed organica.
Ma al fine di implementare il dialogo e soddisfare nuove esigenze
esperienziali è necessario orientare le proprie strategie su servizi
integrati e personalizzati, in modo da accrescere il livello di
soddisfazione e fedeltà dei singoli. In questo modo i centri
commerciali hanno la possibilità di conoscere e dialogare nel modo
più approfondito possibile con i propri clienti per stringere un vero e
proprio rapporto di fiducia orientato verso il lungo periodo.
Questo è possibile mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie. L’utilizzo
della tecnologia riesce a creare nuovi servizi integrati che producono
nuovo valore aggiunto e che diventano al tempo stesso un utile
strumento verso l’implementazione di formule sempre più esclusive e
comunitarie.
Il terzo obiettivo è dunque quello di introdurre nuovi strumenti di
dialogo a disposizione del management ed in particolare la carta
“centro commerciale” nell’intento di differenziare la formula
imprenditoriale e creare una dimensione di fidelizzazione organica a
livello centro commerciale iniziando così un percorso di
personalizzazione del percorso di offerta che replica e razionalizza le
n-dimensioni di fidelizzazione (relative ai diversi operatori) in un'unica
dimensione unitaria.
Questo permette il passaggio da un dialogo few-to-few (alcuni
operatori ad alcune microsocietà appartenenti alla comunità di
riferimento) verso una comunicazione one-to-few, valorizzando così
la dimensione organica del centro.
L’ultimo obiettivo riguarda una potenziale applicazione della carta
“centro commerciale” come fattore abilitante una serie di servizi
Introduzione
VIII
relazionali con lo scopo di migliorare i processi di business del centro
impattando sull’aspetto relazionale della comunità di riferimento.
L’approccio relazionale proposto viene supportato dalla casistica
nazionale e internazionale, i cui servizi fidelizzanti, agevolanti ed
esperienziali vengono inseriti all’interno del percorso di acquisto.
In conclusione molteplici sono i servizi relazionali che si possono
implementare all’interno del percorso di acquisto al fine di
razionalizzare l’offerta e soddisfare in maniera sempre più puntuale i
bisogni funzionali e ricreativi della comunità di consumo.
L’approccio proposto rappresenta il primo passo verso un centro
commerciale che, tramite l’abilitazione consentita dall’ e-business e
dalla tecnologia delle carte di fidelizzazione, consenta un dialogo
sempre più personalizzato nei confronti dei suoi utenti permettendo in
un futuro non troppo prossimo il passaggio da semplice “club” ad una
vera e propria “comunità del consumo” sullo stile e secondo le
modalità aggreganti e comunicative di quelle presenti on-line.
Infatti, se con il marketing relazionale diveniva possibile la
costruzione di una relazione di scambio, oggi sulla stessa base
relazionale, grazie alla tecnologia intesa come fattore abilitante,
diviene possibile patrimonializzare l’esperienza di soddisfazione dei
bisogni emotivi del consumatore per generare esperienze di acquisto
integrate.
Mediante le abituali statistiche e gli altri metodi tradizionali di
monitoraggio il management aveva già a disposizione una notevole
quantità di informazioni: come il consumatore raggiunge il centro, il
numero di presenze giornaliere, il numero di presenze per negozio,
informazioni sulle vendite, ecc.
Questi dati rappresentano delle aree di knowledge e hanno permesso
l’implementazione delle politiche relazionali basate sull’identificazione
e sulla classificazione dei comportamenti del consumatore. Ma se a
questi fossero integrati, tramite l’utilizzo della carta “centro
Introduzione
IX
commerciale”, i dati riguardanti i singoli bisogni si otterrebbero tutte
le informazioni che in altri modelli di business vengono utilizzati per
fare one-to-one.
1
1. Il Centro Commerciale: origini, evoluzione, definizioni e
classificazioni
La seconda metà del XX secolo ha visto la nascita e la crescita esplosiva
di nuovi strumenti di consumo che hanno testimoniato il passaggio da
una società dominata dalla produzione ad una società dominata dal
consumo.
Il mutamento tecnologico è probabilmente il fattore più importante che
spiega i cambiamenti e l’estensione del consumo.
Si pensi banalmente come ad esempio la costruzione di strade e
superstrade abbiano consentito di raggiungere sempre più facilmente
centri commerciali, ipermagazzini, fast food, ecc.
L’evoluzione della società verso il consumo attraverso soluzioni abilitanti
ha portato anche in Italia alla creazione di forme di aggregazione
caratterizzate da una territorialità extra – urbana che ci hanno abituati a
nuovi spazi e che hanno creato nella comunità di riferimento nuove
esigenze.
La forma aggregante che viene presa come oggetto di studio è il centro
commerciale.
La dinamica dei centri commerciali rientra nell’evoluzione naturale della
struttura e dell’ambiente della società industriale e post – industriale.
Fin dai tempi di Adam Smith la città è stata tradizionalmente vista come
luogo di traffici e di commerci, in cui la produzione artigiana e le attività
di scambio trovavano nella campagna circostante il loro necessario
complemento, giustificate dai vantaggi della divisione del lavoro
1
.
1
Roncayolo, 1978; Governa, 1997
2
Prima della comparsa della grande impresa fordista la localizzazione delle
attività economiche viene letta esclusivamente in termini di costi di
trasporto e lo spazio come semplice distanza; quest’ultima diviene una
barriera verso l’esterno e difatti la massima parte delle transazioni
commerciali e degli scambi cognitivi avviene all’interno della città.
Il comportamento imprenditoriale viene interpretato secondo le logiche
della perfetta razionalità, in alcun modo influenzato dal contesto
territoriale circostante che risulta privo di qualsiasi connotazione
qualitativa (Rullani, 1997).
La città riveste il ruolo di centro di un circondario, ovvero di un soggetto
che attiva una mediazione tra il mondo esterno ed il commercio locale
(Christaller, 1933) e diventa parte di una vera e propria gerarchia di
centri urbani (quartieri), in cui gli insediamenti centrali vengono definiti
tali in base alla loro capacità di esercitare funzioni connesse con l’offerta e
lo scambio di beni e servizi principali
2
.
Con l’avvento della produzione di massa il ruolo della città storica
cambia decisamente. La città storica diventa semplice vetrina,
sviluppando un sistema comunicativo basato su massicci e ingombranti
trasferimenti quotidiani di persone dalla periferia verso il centro e
sull’estetica visiva dei prodotti esposti e dei materiali che colonizzano il
centro urbano e la fabbrica fordista deve allontanarsi dalla città e dal suo
centro in quanto luogo iniziale di produzione, alla ricerca degli spazi adatti
a soddisfare le proprie esigenze di forte crescita dimensionale
(integrazione verticale).
L’evoluzione commerciale ha portato dunque alla saturazione dei quartieri
centrali. Il forte richiamo al consumo ed allo stile di vita insito nel centro
storico crea problemi di accessibilità. Le arterie urbane sono sempre più
2
Le spiegazioni avanzati da Christaller in merito allo sviluppo delle città quale effetto delle attività economiche
vengono riprese e completate da Lorsh. Quest’ultimo adotta un processo di derivazione della gerarchia urbana
opposto al precedente, procedendo con una direzione bottom-up, anziché top-down (Drappi, Pompili, 1990).
3
intasate, i mezzi di superficie si rallentano e si perdono nel traffico ed i
parcheggi, per lo più a pagamento, scarseggiano.
La tendenza dell’ultimo decennio è stata quella di assecondare fenomeni
di suburbanizzazione e de-urbanizzazione; questo ha comportato il
decentramento dei consumi in aree periferiche più facilmente accessibili
che permettono una concentrazione di consumo e socialità per soddisfare
al meglio le esigenze più complesse del cittadino.
Il centro commerciale si inserisce all’interno di questo processo di
decentramento proponendosi come mediatore e aggregatore della rete di
relazioni e transazioni economiche del suo bacino di utenza.
La realtà di questa formula distributiva è stata esportata in tutto il
mondo acquisendo forme e posizionamenti competitivi differenti. Il punto
di partenza al fine di inquadrare il fenomeno, definirlo e classificarlo, è
rappresentato da una ricerca storiografica che parte dall’esperienza
americana.
Come in America anche in Europa il fenomeno trova nella valorizzazione
degli spazi periferici il luogo ideale per strutturare la sua particolare
offerta commerciale.
Nei paragrafi che seguono viene dato un quadro di riferimento che si
conclude con l’esperienza strutturale e quantitativa italiana al fine di
avere una piattaforma teorica di conoscenza per poter comprende e
analizzare l’offerta del centro commerciale.
4
1.1 I centri commerciali: l’esperienza americana
Iniziamo l’esperienza americana proponendo Market Square che
rappresenta il primo centro commerciale progettato negli Stati Uniti al di
fuori dei centri urbani a testimonianza dell’inizio di questo processo di
valorizzazione del tessuto extra-urbano. Viene costruito a Chicago nel
sobborgo di Lake Forest nel 1916.
La formula prende piede e negli anni ’30 inizia a diffondersi negli Stati
Uniti come risposta alla profonda crisi economica portando una
decentralizzazione dell’assetto commerciale lungo le maggiori arterie
stradali secondo una conformazione a “strip” per aumentare la visibilità
del centro. Questo viene reso possibile grazie alla crescente diffusione
dell’automobile che diventa una soluzione abilitante per l’accessibilità ai
quartieri periferici.
La formula inizia a riscuotere successo e l’Highland Park Shopping Villane
di Dallas realizzato nel 1931 rappresenta il primo esempio di negozi
spostati dalle strade urbane verso un’area organizzata.
Tale conformazione si presenta con le unità operative poste in rettilineo
parallelamente alla rete viaria, con il parcheggio proprio di fronte al
lineare delle vetrine. Questi centri permettono ai consumatori di operare
un confronto tra i differenti negozi favorendo la concorrenza.
Nel secondo dopoguerra si cercano soluzioni che permettano di
aumentare l’utilità ed il benessere dei consumatori.
Interessante il Southdale Center di Edina nel Minnesota inaugurato nel
1956: questo può essere considerato il primo centro moderno
interamente al coperto.
La copertura degli operatori rappresenta la scintilla verso il successo con
la creazione di luoghi e opportunità di consumo gestiti unitariamente.
5
Questo periodo è caratterizzato da una forte crescita urbana che porta
allo sviluppo di concentrazioni residenziali al di fuori delle aree urbane ed
una crescita economica che permette di aumentare il potere di acquisto
dei consumatori.
Si affermano così due tipologie di centri commerciali
3
:
1. Regional Shopping Centers, con dimensioni di circa 50.000 mq,
GLA
4
contenenti più di un department store ed ubicati in zone
extra-urbane.
2. Convenient Shopping Centers, con dimensioni di circa 10.000 mq.
GLA con un supermercato come unità trainante despecializzata,
ubicati all’interno delle nuove concentrazioni residenziali.
Lo sviluppo dei centri commerciali fuori città crea un degrado nelle
attrezzature commerciali delle aree urbane centrali.
Negli anni ’60 i centri commerciali rappresentano un tentativo di riscatto
di tali aree.
Negli anni ’70 vengono integrati con attività di ristorazione, tempo libero,
spettacolo ed intrattenimento aprendo le porte alla nuova generazioni di
“Shopping and Leisure Centers”.
Negli anni ’80 la competizione fra centri diventa molto accesa e diventa
urgente la necessità di ristrutturare e creare nuove tipologie commerciali
che puntino a nicchie di mercato e target specifici.
Nel contesto americano si sviluppano così due nuove categorie
5
:
1. Centri urbani specializzati, sviluppati in aree centrali ad alta densità
3
AA.VV. (1999), Entertainment in Shopping Center
4
glass leasable area: viene tradotto in Area Lorda Affittabile e rappresenta la superficie commerciale e
comprende la superficie di vendita e quella destinata alle riserve ed ai diversi servizi.
5
AA.VV. (1999), Entertainment in Shopping Center
6
di uffici con un ampio mix di negozi altamente specializzati nei beni
per la persona e nei servizi di ristorazione.
2. Centri suburbani a tema, localizzati lungo le grandi direttrici
extraurbane fortemente dipendenti dalla presenza di grandi catene
specializzate e dotati di una buona accessibilità automobilistica.
Principalmente specializzati in abbigliamento e moda, articoli per la
casa e beni banali a prezzi scontati.
Il panorama Nord Americano della fine degli anni ’90 è più che mai
sfaccettato ed i servizi commerciali sono sempre più personalizzati.
1.2 L’esperienza europea ed italiana
La formula distributiva del centro commerciale viene esportata in tutto il
mondo e viene applicata agli ambienti più disparati adattandosi alle
specifiche condizioni ed esigenze di contesto politico sociale e normativo
del Paese in cui andava sviluppandosi.
In Europa il processo di sviluppo dei centri può essere fatto iniziare ai
primi anni ’60, periodo in cui la crescita economica ha raggiunto il punto
critico per sostenere la massificazione dei consumi.
Una lettura globale di quanto accaduto nei diversi paesi europei permette
di distinguere due modelli di sviluppo:
1. il modello dei Paesi del Nord Europa (Germania, Gran Bretagna,
Francia), che sorge con la formula centrata inizialmente
sull’ipermercato che evolve dopo qualche anno nel centro
commerciale;
2. il modello che possiamo definire “in via di sviluppo” caratteristico di
7
Grecia, Italia, Spagna e Portogallo, attivato in ritardo rispetto a
quello delineato al Nord, dove le formule iper e centro commerciale
si sviluppano contemporaneamente fino quasi ad identificarsi.
I Paesi del Nord hanno le realizzazioni più vecchie e significative oltre al
più alto numero di centri commerciali extraurbani di elevate dimensioni
(superfici maggiori di mq. 30.000).
In Gran Bretagna lo sviluppo dei centri può essere collegato alla storia
dello sviluppo delle aree suburbane. La caratteristica più significativa di
tali centri consiste nel fatto che la maggior parte di questi si sono
sviluppati all’interno di strutture già esistenti. L’espansione dei grandi
centri è stata favorita dalla quasi totale mancanza di programmazione
commerciale e nessun vincolo che possa costituire barriera all’entrata nel
settore del commercio.
In Germania si privilegiano inizialmente grandi strutture periferiche per
poi progressivamente passare a più contenute realizzazioni nel tessuto
cittadino.
In Francia il massiccio sviluppo dei quartieri periferici delle grandi città
determinò la nascita dei centri di prossimità o vicinato, strutture costituite
da 10 – 20 negozi, di superficie di vendita molto contenuta, con adeguato
parcheggio e con un supermercato e una superette come magnete
d’attrazione. Sono strutture che soddisfano le esigenze di consumo
quotidiano da parte di coloro che vivono nelle vicinanze. Dopo la metà
degli anni ’60 si assiste ad una fase caratterizzata da formule commerciali
più elaborate. La formula del centro commerciale, con l’ipermercato con
funzioni di locomotiva, farà ufficialmente la sua comparsa nel 1973.
Questa tipologia diventerà modello leader dei centri commerciali francesi
e viene esportata in tutta Europa con particolare successo in Spagna,
8
Germania e ora anche in Italia. A questi primi modelli degli anni ’70 sono
seguiti i centri commerciali della medesima tipologia ma di media
dimensione ubicati nei centri storici e nel cuore della città in occasione di
interventi di ristrutturazione.
Vediamo ora i Paesi che rientrano nel secondo modello.
La Spagna presenta un intenso dinamismo nel riorganizzare e riconvertire
un’attività che è stata pesantemente condizionata dalle sue vicende
politiche passate. L’apparato commerciale è estremamente polverizzato e
sul piano territoriale la diffusione dei centri commerciali non è omogenea
anche per le caratteristiche insediative ed urbanistiche del Paese. I centri
spagnoli si sono sviluppati secondo il modello francese dell’ipermercato
sul finire degli anni ’70. Il periodo iniziale è caratterizzato da centri
commerciali di tipo regionale; in seguito la tendenza non poteva che
aderire alle caratteristiche del tessuto urbano, con realizzazioni che si
configurano nei nuovi quartieri residenziali in periferia di superficie entro i
10.000 mq. e l’ipermercato come locomotiva. La Spagna è presente nel
nuovo processo di sviluppo della integrazione della funzione commerciale
con quella del tempo libero. Il Parquesur costituisce uno dei primi esempi
di realizzazioni del tipo dove a fianco delle attività commerciali classiche ci
sono attività ludico – sportive come la piscina, il parco acquatico, la
discoteca ed il parco divertimenti.
In Portogallo, la fase sperimentale dei centri commerciali inizia negli anni
’60, sostenuta dal mercato immobiliare che trova in questa formula
notevoli opportunità.
Le strutture sono ubicate per lo più nelle piccole città di provincia di
superficie sui 3.000 mq. e nelle zone più densamente popolate.
Fra i Paesi europei ad economia avanzata l’Italia adotta la formula con
notevole ritardo e nel 1974 compare a Bologna il primo centro
9
commerciale con una superficie di 1540 mq.
Il modello di riferimento è quello francese e questo per l’affinità dei due
contesti territoriali, sociopolitici e dei costumi. Si sviluppa però
lentamente a causa dell’effetto deterrente della legge 426 del 1971 che
sottopone ad autorizzazione l’apertura dei punti vendita di grandi
dimensioni, e a causa della chiusura ideologica degli strumenti urbanistici
alle problematiche della distribuzione considerata un settore in declino.
Negli anni ’80 si assiste al boom dei grandi distretti ed in particolare alla
fioritura del Nord Est che pone in evidenza, dopo il successo del
conglomerato industriale, quello del modello a rete.
Il centro commerciale, essendo un aggregatore della rete di relazioni e
microtransizioni, inizia il suo percorso di successo presentandosi con
strutture dimensionali caratterizzate da spazi superiori a 15.000 mq. GLA
ed ubicate in prossimità delle grandi reti viarie.
Esaminando l’evoluzione dei centri commerciali negli anni che vanno dal
1971 ai giorni nostri è possibile distinguere tre momenti successivi di
sviluppo
6
.
1. La fase iniziale copre la prima metà degli anni ’70 e rappresenta il
periodo in cui la formula distributiva è stata introdotta in Italia.
In origine i centri commerciali appaiono solo in alcune regioni del Nord,
caratterizzandosi con un numero ridotto di centri di grandi dimensioni,
che seguono l’impostazione dei modelli stranieri ed in particolare quella
francese.
In questa fase la formula del centro si caratterizza con un’identità
fortemente commerciale: una struttura con un solo polo attrattivo
(anchor, locomotiva) solitamente un ipermercato intorno al quale sorge
una galleria di modeste dimensioni.
6
(Fonte: Cescom, 1998)
10
2. La seconda fase di evoluzione è identificabile nel periodo che parte
dalla metà degli anni ’70 fino alla fine degli anni ’80. La formula
distributiva è presente in molte altre regioni, ma con una riduzione delle
dimensioni rispetto a quelle precedenti. Nel 1987 la struttura raggiunge il
livello medio minimo di dimensione complessiva. Verso la metà degli anni
’80 comunque cambia l’obiettivo strategico e si punta allo sviluppo di
ipermercati e supermercati di grandi dimensioni, mentre diminuisce
l’attenzione inerente alla progettazione coordinato delle attività di vendita
e servizio presenti nel centro commerciale.
Questo ha spinto molto sulla differenziazione delle strutture in base al
posizionamento geografico, causando una progressiva mancanza di
attenzione all’attività di progettazione unitaria sia sul piano urbanistico
che commerciale.
3. La terza fase è iniziata alla fine degli anni ’80, ormai sul punto di
concludersi, si caratterizza per una progressiva razionalizzazione della
formula commerciale. Questa razionalizzazione si è avuta in seguito
all’aumento della concorrenza tra centri commerciali (intra type) e altre
formule distributive (inter type), che ha costretto anche i centri
commerciali a scelte di posizionamento più precise. In questo periodo
incominciano a delinearsi in modo più chiaro le differenti tipologie di
centri commerciali che si caratterizzano per dimensioni, ruoli e funzioni
specifiche in:
- piccoli centri commerciali di prossimità;
- grandi strutture polifunzionali extraurbane;
- centri di medie dimensioni, che ad oggi rappresenta la tipologia più
diffusa.