Introduzione
Il mercato del cinema italiano 2
che sintetizzano il panorama dell’industria del cinema in Italia, in Europa
e in USA, attraverso un collegamento organico di più fonti che, essendo
spesso separate, non consentivano un’adeguata visione di insieme.
Il mercato del cinema italiano rappresenta, in ultima analisi, la risposta
più obiettiva e documentata possibile che abbiamo cercato di dare alla
domanda: il cinema italiano è in crisi?
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 3
Capitolo I
La filiera produttiva
1. Evoluzione storica
L’industria cinematografica si può dividere, fondamentalmente, in tre
fasi: produzione, distribuzione ed esercizio.
La produzione sovrintende, a grandi linee, a tutte le attività di gestione
finanziaria, artistica e tecnica di un progetto cinematografico, nell’arco
della sua realizzazione e, successivamente, alla vendita dei diritti di
distribuzione. In questa fase il produttore cinematografico, essendo
responsabile e sostenitore, diretto o indiretto, dei costi di realizzazione,
diventa proprietario del prodotto filmico, il cui sfruttamento successivo
viene gestito dagli altri comparti della filiera solo dietro acquisizione dei
diritti.
La distribuzione si occupa, infatti, di tutta la fase necessaria a
garantire una programmazione nel tempo e nello spazio al prodotto
filmico, curandone l’adeguata circolazione attraverso la stampa delle
copie, gli accordi con gli esercenti, la tenitura del magazzino. Oltre a
questa fase di gestione materiale della pellicola, alla distribuzione spetta
anche il lancio pubblicitario del film, attraverso delicate operazioni di
marketing (trailer, manifesti e flani, proiezioni anticipate per la stampa).
In più, quando il film distribuito è straniero, essa si occupa dell’edizione,
ovvero del doppiaggio o sottotitolatura e dell’eventuale ricerca di un titolo
diverso da quello originale.
L’esercizio rappresenta la fase di presentazione del prodotto filmico
all’utente finale, che ne fruisce in una sala cinematografica dietro
pagamento di un biglietto di ingresso.
Il biglietto di ingresso costituisce, in riferimento alle dinamiche di
circolazione del film nella sala, l’introito principale per i tre comparti della
filiera, cui spettano percentuali più o meno fisse dello stesso.
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 4
1.1 – Il biglietto di ingresso
Prezzo medio del biglietto L. 10.000
IVA 10% L. 1.000
PDM (Piccoli Diritti Musicali) 2,10% al netto dell’IVA L. 189
Incasso netto L. 8.810
Quota esercizio 60% L. 5.286
Canone di noleggio 40% L. 3.524
Commissione del distributore 30% del canone L. 1.057
Quota produttore L. 2.467
Nota: dal 31 dicembre 1999 non si applica più l’Imposta Spettacolo (il 9% degli incassi netti). Ciò ha
naturalmente fatto aumentare i margini di profitto per ogni comparto della filiera. Le percentuali sono
indicative e non vincolanti; esse inoltre possono variare a seconda degli accordi di programmazione
tra distributori ed esercenti, come vedremo più avanti.
Nel corso del tempo, la classica distinzione della filiera produttiva ha
subito più o meno importanti variazioni. L’evoluzione tecnologica ha
infatti determinato forme alternative di consumo cinematografico oltre
alla sala. Nel caso del mercato italiano, fino alla metà degli anni ’50 il
ciclo di vita di un film si esauriva nella proiezione in sala. La tenitura
media (ossia il tempo di programmazione) era molto più lunga rispetto ai
tempi attuali. Inoltre il film veniva programmato in sale di prima, seconda
o terza visione che praticavano una politica dei prezzi differenziata a
seconda del tipo di prodotto.
1.2 - Fino alla metà degli anni ‘50
Esercente
Produttore
Distributore
I visione II visione III visione
1 anno
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 5
In tal modo il film poteva rimanere in programmazione anche un anno,
generando la quasi totalità dei suoi ricavi nella sala cinematografica.
Con l’avvento della televisione pubblica, la trasmissione di film divenne
una prassi consolidata. Il film costituì anzi un genere di palinsesto
pregiato, poiché fin da subito venne destinato alla fascia del prime time,
ottenendo un gradimento immediato. Intorno alla metà degli anni ’70, le
televisioni commerciali fecero anzi della programmazione di cinema la
loro arma di battaglia per acquisire posizioni di mercato, approfittando di
un vuoto legislativo che consentiva ampi margini di manovra. La
situazione della filiera si modificò in questo modo:
1.3 - Dalla metà degli anni ‘50 agli anni ‘80
Nel settore dell’elettronica di consumo, intanto, alcune industrie
giapponesi elaborarono degli standard di registrazione videomagnetica
destinati, per i costi contenuti dell’apparecchiatura necessaria, ad
inaugurare un nuovo canale di fruizione a livello consumer. Nel 1975 la
Sony introdusse sul mercato i primi videoregistratori Betamax, mentre
nel 1977 la JVC inventò il VHS (Video Home System) che, come è noto,
diventò lo standard predominante nel mercato dell’Home video. Sebbene
la tecnologia fosse già nota, il settore dell’Home video (sia nella forma del
noleggio che della vendita delle videocassette), almeno in Italia, fece
sentire la sua presenza solo alla fine degli anni ’80, quando vi fu un parco
di videoregistratori sufficientemente elevato.
Esercente
Produttore
Televisione
(pubblica e commerciale)
Distributore
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 6
Come vedremo, la fruizione del film tramite videoregistratore si
avvicina a quella della sala in quanto è il consumatore che,
consapevolmente, decide di noleggiare o acquistare un determinato film,
a differenza della TV free nella quale lo spettatore non può intervenire
(salvo che nella forma indiretta delle rilevazioni Auditel) in merito alla
scelta della tipologia del prodotto.
Comunque, prima che il canale dell’Home video facesse sentire i suoi
effetti, a fare le spese dell’avvento della televisione, fu soprattutto, come
è facile intuire, il consumo in sala, che subì, a partire dal 1954, un
drastico ridimensionamento.
1.4 - Biglietti venduti e Abbonamenti TV (in milioni)
Anni 1954 - 1998
Fonte: nostra elaborazione su dati SIAE
0,0
100,0
200,0
300,0
400,0
500,0
600,0
700,0
800,0
900,0
1
9
5
4
1
9
5
6
1
9
5
8
1
9
6
0
1
9
6
2
1
9
6
4
1
9
6
6
1
9
6
8
1
9
7
0
1
9
7
2
1
9
7
4
1
9
7
6
1
9
7
8
1
9
8
0
1
9
8
2
1
9
8
4
1
9
8
6
1
9
8
8
1
9
9
0
1
9
9
2
1
9
9
4
1
9
9
6
1
9
9
8
0,000
2,000
4,000
6,000
8,000
10,000
12,000
14,000
16,000
18,000
Biglietti Abbonamenti TV
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 7
Come si vede dal grafico, il numero di biglietti venduti è andato
costantemente diminuendo fino al 1992, dopo di che ha subito una timida
ripresa, sempre, però, secondo valori di gran lunga inferiori rispetto agli
anni ’60. La discesa più repentina si è avuta tra il 1974 e il 1988, proprio
gli anni del consolidamento della TV commerciale in Italia.
Al contrario, gli abbonamenti TV hanno conosciuto una crescita
costante, fino ad arrivare a valori di vera e propria saturazione del
mercato (raggiungendo in pratica la totalità delle famiglie italiane).
Sarebbe troppo semplicistico spiegare il calo della vendita dei biglietti con
il diffondersi della televisione, ma il dato è comunque interessante, in
quanto fornisce tra l’altro anche una valutazione della diffusione della
televisione commerciale (essendo il canone applicato al possesso
dell’apparecchio e non alla ricezione dei canali). La curva degli
abbonamenti TV mostra una crescita a picco soprattutto per i primi 10
anni. A nostro avviso è proprio in questo intervallo di tempo che la
televisione pubblica fa la sua maggiore concorrenza al cinema, spiegando
maggiormente i suoi effetti sulla diminuzione dei biglietti.
Questa diminuzione, del resto, si è accompagnata, prevedibilmente, ad
un ridimensionamento del parco sale sul territorio nazionale. La
scomparsa dei cinema si è verificata in modo massiccio negli anni ’80, ed
ha interessato in particolar modo le sale di provincia.
I dati del grafico sottostante sono inequivocabili: dal 1980 al 1998
sono scomparsi il 45,5% dei locali aperti al pubblico, nonostante dal 1992
si ravvisi una tendenza al loro aumento.
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 8
1.5 - Locali aperti al pubblico
Anni 1980 - 1998
Fonte: dal 1980 al 1990, M. Gyory e G. Glas, “Statistics of the Film Industry in Europe”, CERICA; dal
1990 al 1993, “Cinemagoing Europe 2”, Dodona Research; dal 1994 al 1998, “Lo spettacolo in Italia”,
SIAE
E’ bene precisare che per locali aperti al pubblico si intendono tutti “i
locali che nel corso dell’anno hanno offerto almeno una giornata di
spettacolo cinematografico”
1
, comprendendo nel computo anche quelle
realtà che svolgono attività marginali. Osservando i dati relativi alle sale
cinematografiche in senso stretto (ovvero i locali che svolgono almeno
120 giorni di programmazione all’anno) i risultati sono ancora più
sconfortanti, come vedremo più avanti nel capitolo dedicato all’esercizio.
Nel frattempo la televisione pubblica e i network privati diffondevano
un numero elevato di film, che ormai costituiva la programmazione
preponderante rispetto alle altre tipologie di prodotto. Alla fine degli anni
’80, il fenomeno si presentava così:
1
Definizione SIAE.
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
9000
Sale
8453 7726 7014 6361 5628 4885 4431 4143 3871 3586 3293 3338 3522 3567 3617 3816 4004 4206 4603
1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 9
1.6 - Emissione di film in TV
Rai e Fininvest/Mediaset
Anni 1988 – 1999
Fonte: dal 1988 al 1993, Fania Petrocchi, Il cinema della televisione italiana, Rai-Eri, Roma 1996;
dal 1994 al 1999, European Audiovisual Observatory, “European films on TV screens”, Strasburgo,
1999.
Senza contare TMC, che dal 1996, acquisita dal Gruppo Cecchi Gori, ha
cominciato a trasmettere un numero di film passato da una media di 500
titoli a più di 1000 l’anno successivo, Rai e Mediaset, come si vede,
hanno totalizzato una media, rispettivamente, di 2300 e 2000 emissioni
l’anno. In particolare la RAI, tra il 1992 e il 1994 ha concentrato un
numero di film superiore alle 2500 unità. Tale affollamento si può
spiegare con le difficoltà finanziarie in cui versava la TV pubblica in quegli
anni, difficoltà che portarono ad una drastica diminuzione delle produzioni
interne e ad un’acquisizione elevata di film.
Bisognerebbe interrogarsi (lo faremo nel paragrafo 3, dedicato alla
modificazione della domanda di cinema in relazione ai nuovi canali
distributivi) sull’impatto che tale massa di film in TV ha avuto sulle
abitudini di consumo della popolazione italiana. Sicuramente, nei primi
anni della sua presenza, la televisione (in particolare quella commerciale)
ha adottato un atteggiamento di vero e proprio vampirismo nei confronti
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
1
9
8
8
1
9
8
9
1
9
9
0
1
9
9
1
1
9
9
2
1
9
9
3
1
9
9
4
1
9
9
5
1
9
9
6
1
9
9
7
1
9
9
8
1
9
9
9
Rai Fininvest/Mediaset
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 10
del cinema, facendone lo strumento principe della sua programmazione.
Con l’evoluzione dei mercati, però, si deve parlare più di integrazione che
di concorrenza tra cinema e TV, in quanto le fonti di finanziamento della
produzione cinematografica hanno usufruito sempre di più della presenza
dei network televisivi, sia sotto forma del preacquisto dei diritti di
antenna, che in attività di compartecipazione finanziaria alla realizzazione
del film.
Come vedremo nel capitolo dedicato alla produzione, RAI e Mediaset
rappresentano oggi i maggiori produttori di cinema, insieme allo Stato.
Ricapitolando, dalla metà degli anni ‘50 a tutti gli anni ‘80, il nuovo
canale di diffusione rappresentato dalle televisioni aveva profondamente
mutato la topologia della filiera produttiva. A farne le spese era stato
soprattutto il consumo di film in sala, sia sotto forma di biglietti venduti
che di numero di sale cinematografiche diffuse sul territorio nazionale.
Tale tendenza, come abbiamo visto nei grafici precedenti, non ha
subito variazioni di rilievo negli anni ’90, sebbene dal 1994 il consumo in
sala di cinema pare recuperare terreno.
Alla fine degli anni ’80, come abbiamo già anticipato, il settore
dell’Home Video rappresentava ormai un canale di diffusione maturo e di
grande peso nella filiera produttiva, tanto da diventare un segmento
privilegiato per quanto riguarda l’uscita dei film (prima che in TV). Nel
capitolo dedicato alla distribuzione approfondiremo questo argomento.
Intanto basti dire che, ancora una volta, la filiera ha dovuto tener conto
di un nuovo canale.
Non solo, ma nel panorama televisivo gli anni ’90 hanno conosciuto
nuove forme di diffusione del prodotto filmico, sempre in relazione
all’evoluzione tecnologica. L’avvento della pay TV
2
anche in Italia (con un
ritardo consistente rispetto agli altri paesi europei e agli USA) ha
significato, ancora una volta, trasmissione prioritaria e preponderante di
cinema. Nel 1993, a titolo di esempio, Tele+ ha trasmesso ben 4.532
film, con una media di 12 film al giorno.
2
Tele+ ha cominciato ad operare nel 1991, trasmettendo via etere.
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 11
Home video e pay tv hanno rappresentato dunque nuovi mercati che
integrano il ciclo di vita di un film. A tale scopo, e per evitare che la
contemporanea presenza dei diversi canali causasse una reciproca
erosione dei guadagni, il governo ha tenuto conto di queste nuove forme
di sfruttamento cinematografico, attraverso una serie di provvedimenti
legislativi che regolano l’intervallo temporale intercorrente tra una release
e un'altra, determinando la nascita delle cosiddette window
3
. La filiera
produttiva derivante da questi nuovi mercati può considerarsi valida fino
ai giorni nostri, con opportune considerazioni relative a nuove tecnologie
televisive (TV via satellite, Pay per view) e a nuovi supporti (DVD) che si
stanno imponendo negli ultimi anni.
1.7 - Dalla fine degli anni ’80 ai giorni nostri
3
L’Art. 55 della legge 153/94 stabilisce le seguenti finestre per lo sfruttamento delle
opere cinematografiche italiane e straniere: per le televisioni via etere, due anni dalla
prima uscita nelle sale italiane; un anno nel caso il film sia coprodotto con emittenti
televisive che partecipano con una quota non inferiore al 20%; per le videocassette, otto
mesi dalla prima uscita; per le pay tv, un anno. Al comma 4 lo stesso articolo precisa che
ambito e modalità di applicazione di quanto detto sopra nonché deroghe ai termini
previsti possono essere concordati tra i titolari dei diritti, le associazioni maggiormente
rappresentative delle categorie interessate e i rappresentanti delle imprese audiovisive.
In pratica la legge fornisce indicazioni ma le window sono virtualmente liberalizzate e
dipendenti dall’accordo delle associazioni di categoria.
Esercente
Produttore
Home video
(Vhs e DVD, vendita e
noleggio)
Distributore
Pay Tv
(Pay per view, canali satellitari
digitali ed analogici, canali via
etere)
Televisione
broadcast
(pubblica e commerciale)
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 12
2. Un confronto sovranazionale
La filiera produttiva, così come si è configurata attualmente, ha
determinato due tendenze fondamentali:
1. L’allungamento del ciclo di vita di un film (che può generare ricavi
anche a distanza di molti anni dalla sua prima programmazione);
2. La perdita di centralità della sala cinematografica, in merito agli
incassi e alla presenza temporale.
Volendo focalizzare la nostra attenzione sul consumo in sala, che
rappresenta l’indicatore che ha subito i maggiori cambiamenti, e’ bene
precisare che la nuova configurazione della filiera non è avvenuta senza
danno per gli operatori del mercato audiovisivo. Anzi, si deve parlare di
un vero e proprio sviluppo traumatico e senza controllo degli eventi,
soprattutto nel caso italiano. A questo proposito risulta utile un confronto
con i paesi europei che, insieme al nostro, vengono denominati big five,
ovvero i mercati più consistenti in termini di giro d’affari dello spettacolo.
Sebbene tale confronto debba essere fatto con le necessarie precauzioni,
in merito alle diverse caratteristiche culturali ed industriali delle singole
nazioni, Francia, Regno Unito, Germania e Spagna presentano dimensioni
strutturali analoghe a quelle del nostro paese, almeno per quanto
riguarda indicatori come il numero di biglietti venduti (presenze), gli
incassi lordi e il prezzo dei singoli ingressi.
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 13
1.8 - I Big five a confronto
Popolazione totale e presenze in milioni
Italia Francia Regno Unito Germania Spagna
Popolazione
(1998)
57,563 58,726 59,089 82,057 39,347
Presenze
1980 241,9 174,8 101,0 143,8 176,0
1981 215,2 189,8 86,0 141,3 173,7
1982 195,4 201,9 64,0 124,5 156,0
1983 162,0 199,0 65,7 125,0 141,0
1984 132,0 191,0 53,8 112,0 119,0
1985 123,0 175,0 72,0 104,0 101,0
1986 125,0 168,0 75,7 105,0 87,3
1987 109,0 137,0 78,4 108,0 85,7
1988 93,1 124,0 84,2 108,9 69,6
1989 94,8 120,9 93,6 101,6 78,1
1990 90,7 121,8 96,4 102,5 78,5
1991 88,6 117,5 100,3 119,9 79,1
1992 83,6 115,4 103,6 105,8 83,3
1993 92,2 132,7 114,4 130,5 87,7
1994 98,3 126,0 125,0 132,8 89,1
1995 90,7 130,1 114,6 124,5 94,6
1996 96,0 136,3 123,5 132,9 104,0
1997 102,7 148,9 138,9 143,1 105,0
1998 118,5 170,1 135,2 148,8 112,1
Fonte: popolazione, Eurostat; presenze, dal 1980 al 1996, “The Exhibition Market in Five European
Countries”, London Economics, prepared for EMAMI/Scuola RAI, The Cinema-Goer in Europe, Rome,
17 - 18 February 1999; 1997 e 1998, “Annuario Statistico del cinema europeo”, Mediasalles, 1999.
La popolazione, che rappresenta la dimensione potenziale del mercato,
è abbastanza omogenea tra i paesi in oggetto. Il dato della Germania,
infatti, nonostante raggiunga gli 82 milioni di abitanti, risulta comunque
confrontabile in quanto più del 25% della popolazione risiede nella
Germania est, che dopo la riunificazione ha dato un modesto contributo
agli indicatori di nostro interesse, data la situazione disastrata della sua
industria cinematografica
4
.
Le presenze, ovvero il numero totale di biglietti venduti, sono dati
interessanti in quanto il confronto del loro andamento temporale può
essere fatto senza problemi connessi alle diverse economie valutarie. Le
4
Nel 1989 la Repubblica federale di Germania contava 61,7 milioni di abitanti.
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 14
presenze risultano influenzate, come vedremo, da caratteristiche come il
numero degli schermi o la frequenza pro capite di ingresso.
Considerati secondo i macro-parametri della popolazione totale e delle
presenze, i mercati audiovisivi di questi cinque paesi dell’Europa
Occidentale risultano dunque sostanzialmente analoghi. Eppure, se
andiamo ad analizzare l’andamento temporale di altri parametri, oltre a
quelli citati, come gli incassi totali lordi dei film distribuiti in sala (GBO:
Gross Box Office) a prezzi costanti (valore 1997) in modo da poter
confrontare i dati tra i diversi anni, o il prezzo reale del biglietto di
ingresso (Real ticket price, deflazionato considerando i prezzi in valori
costanti 1997), si evidenziano differenze notevoli tra l’Italia e il resto dei
mercati considerati.
1.9 - Italia
Fonte: London Economics, vedi note a fig.8.
Ponendo come indice la situazione dei vari parametri di riferimento così
come si presentavano nel 1980, la tendenza del mercato cinematografico
italiano si presenta secondo le seguenti direttrici:
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996
i
n
d
e
x
(
1
9
8
0
=
1
0
0
)
Admissions
Real GBO
Number of screens
Real ticket price
Capitolo I – La filiera produttiva
Il mercato del cinema italiano 15
1. Una forte contrazione della presenze (Admissions), come abbiamo
già avuto modo di sottolineare più su (cfr. 1.4);
2. Una consistente diminuzione del numero di schermi (cfr. anche
1.5);
3. Una contrazione degli incassi, solo in parte compensata dal forte
aumento del prezzo del biglietto, assai superiore all’aumento medio
dell’indice dei prezzi dovuto all’inflazione.
Il risultato è una vera e propria forbice tra il dato del prezzo e gli altri
parametri. Tra il 1980 e il 1996 il prezzo reale del biglietto è cresciuto del
63%. Questo dato riflette una strategia da parte degli esercenti, che, alla
lunga, si è rivelata controproducente. Cercare di arginare il crollo delle
presenze mediante l’aumento del prezzo del biglietto, se sul breve
periodo poteva non far sentire gli effetti della contrazione del mercato,
creava però un vero e proprio circolo vizioso, determinando un
cambiamento radicale nelle abitudini di consumo cinematografico in sala.
Il cinema fruito nella sala, da spettacolo autenticamente popolare ed
economico, assumeva sempre di più le caratteristiche di un consumo
d’élite. Come vedremo nel capitolo dedicato all’esercizio, infatti,
l’allontanamento del pubblico, oltre che per effetto di un biglietto di
ingresso sempre meno economico, fu dovuto anche alla scomparsa delle
sale di periferia e allo scarso indice di modernizzazione di quelle
rimanenti, che creò una disaffezione più o meno consistente nella
percezione del consumatore.
Cercare di stabilire quali sono state le cause e quali gli effetti di questa
situazione non è facile, ma sicuramente le scelte degli esercenti sono
state, come abbiamo già detto, abbastanza miopi in termini di strategie
di lungo periodo.
Ritornando al confronto europeo, l’andamento degli stessi parametri
nei paesi in oggetto farà emergere ancora di più l’unicità della situazione
italiana.