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tratta di inserire questo corpo in un contesto, un ambiente, un mondo in cui possano
agire altri corpi, altre forze, quindi territorializzarlo e codificarlo inevitabilmente ma
tentando di non devitalizzarlo del tutto, destratificarlo senza distruggerlo e
lasciandogli sempre aperta la possibilità di reagire, fuggire, connettersi con l’altro e
con l’altrove, mutare. Per fare ciò ho usato paradossalmente sia prudenza che
arbitrarietà, arbitrarietà nell’inserirlo in un campo di forze estranee (filosofiche,
letterarie, pittoriche…), prudenza nello schematizzarlo e cartografarlo in funzione di
questi altri corpi (che potrebbero assorbirlo del tutto), prudenza nell’inserirlo in una
stanza della tortura o in un terreno di lotta e arbitrarietà nel lasciarlo reagire. Il
divenire tesi del corpo filmico non dovrebbe significare trasformarsi in essa, ma
immettersi con essa nell’accelerazione e nel tipo di movimento che scaturisce dalla
loro interazione. Così si sviluppa un movimento discorsivo che diventa una linea di
fuga che ritorna su se stessa mentre continua a fuggire. Una linea a spirale che da una
parte curvandosi produce il senso che territorializza e codifica, dall’altra evitando di
chiudersi proietta il corpo filmico verso nuovi territori di senso. Sin qui la tesi e il
corpo filmico. Ma questa è anche una mise en abime dei vari sistemi con i quali il
corpo è interconnesso ed interagisce e all’interno dei quali trova sempre nuove
attualizzazioni, mantenendo però la caratteristica dell’essere in sé sempre fuori di sé,
la sua capacità di essere limite ed oltrepassamento del limite, essere cioè da una parte
uno straordinario ricettore di segni e significati e dall’altra proprio ciò che sfugge a
questi codici, e niente meglio del cinema può farci vedere questo movimento. Nel
cinema tutto si fa corpo, corpo inorganico, e al suo interno trova facilmente terreno
5
fertile la dialettica con l’ombra, con l’immaginario, col mondo, etc. sino a quella
strutturale tra il corpo del visibile (il piano di consistenza del visibile) sempre
instabile, in movimento e l’invisibile che lo sottende, sempre relativo, sempre pronto
a mostrarsi (il corpo pulviscolare e micromolecolare del cinema), e infine all’esterno
come corpo-film o immagine-corpo che interagisce con lo spettatore, il mondo, la
realtà. Naturalmente i modi e le forme di queste inter-relazioni sono i più diversi e
possono anche funzionare come materiale inconscio da occultare o reprimere, essere
mascherati, orientati o addomesticati in qualche modo. A me sembra che Cronenberg,
coscientemente o meno, le metta tutte sempre in primo piano e lo faccia all’interno
delle dinamiche della stessa diegesi filmica. La messa a fuoco è sul corpo, nelle sue
varianti specifiche, ma l’immagine sfoca comunque (metaforicamente, non
letteralmente) perché è un’immagine guardata, un’immagine che ha già in sé questo
virus, l’occhio (che è sempre occhio della mente) guarda il corpo che muta e il corpo
muta l’occhio che lo guarda. Così in ogni suo film al movimento del corpo è sempre
legato lo sguardo che giudica, interpreta, che è costretto a mutare, a riflettere su se
stesso mettendosi necessariamente in gioco. Cronenberg sembra aver fatto suoi i
concetti di ‘futuro annesso al presente’ e di ‘spazio interno’ formulati da J.B.Ballard;
egli interpreta così (o meglio sperimenta) la contemporaneità come attualità
interconnessa al virtuale, facendo vacillare i concetti dominanti di realtà e di verità e
proiettandoci nello stesso tempo all’interno di un punto di vista, con un’effetto
destabilizzante perché corporeizza, oggettivizza dif-formemente o mostruosamente
una realtà soggettiva di tipo allucinatorio. In tal modo emergono da una parte le
6
contraddizioni e le pericolosità insite nel farsi un’immagine del corpo che funzioni
come modello sganciato dal corpo vissuto-vivente (l’organismo, il corpo-cosa, il
corpo-cavia, e in genere il suo risolversi esclusivo in un calco) e dall’altra tutte le
ambiguità connesse al farsi corpo dell’immagine.
7
Corpo-cosa : il corpo in un suo strato, modalità reificante ed oggettivante, corpo spazializzato.
Corpo come totalità olistica e virtuale, aperta al mondo: corpo vissuto e vivente, corpo proprio,
CsO. Corpo oggetto di manipolazione e strumentalizzazione e soggetto mutante. Virus, elemento
differenziale o sfuggente. Equivalente generale e dualismo disgiuntivo. La ‘cosa che sente’ e il sex-
appeal dell’inorganico. ‘Sguardo clinico’, distacco critico e distillazione lenta (o ‘politica del
meno’)
Il corpo-cosa è una modalità del corpo o, come direbbe Deleuze
1
, il corpo in un suo
strato , che non dovrebbe in alcun modo rappresentarne la totalità (reductio ad
unum), ma che può estendersi ‘come un tessuto canceroso’. Si tratta in questo caso
della modalità reificante ed oggettivante che fa del corpo-cosa un corpo spazializzato,
ma non nel senso del corpo senza organi che è-nello-spazio, che si modifica e muta
nell’interazione spaziale, quanto piuttosto di un corpo divenuto interamente spazio,
partes extra partes, res extensa. Il corpo-cosa rappresenta il pericolo che sempre
incombe sul corpo ‘carniere di segni’
2
, attraversato dai discorsi che lo definiscono
universalizzando ed assolutizzando il proprio modello come oggettivo; è un corpo su
cui operano e agiscono i poteri che lo funzionalizzano ai propri fini, è un organismo
1
“Si prenda l’organismo come strato: c’è, è vero, un CsO che si oppone all’organizzazione degli
organi che si chiama organismo, ma c’è anche un CsO dell’organismo che appartiene a quello
strato. Tessuto canceroso: a ogni istante, a ogni secondo, una cellula diviene cancerosa, folle,
prolifera e perde la sua figura, si impadronisce di tutto…” (G.Deleuze e F.Guattari, Come farsi un
corpo senza organi?, Roma, Castelvecchi, 1996, pp.25-26 )
2
“Il corpo è un carniere di segni, il segno è un corpo disincarnato” ( J.Baudrillard, Lo scambio
simbolico e la morte, Milano, Feltrinelli, 1979, p.155 )
Corpo-cosa e ‘la cosa che sente’
8
ovvero un corpo organicamente organizzato e gerarchizzato, è un corpo spazializzato
che vive fuori dal divenire e dalla durata in un tempo anch’esso spazializzato, fatto,
come dice Bergson
3
, di momenti distinti ( e non compenetrati come per il tempo
dell’esistenza vissuta) e differenti tra loro solo quantitativamente (e non, come tutti
verifichiamo con l’esperienza, anche qualitativamente). Il corpo non è una meccanica
aggregazione di parti, per quanto funzionante possa essere e rifiuta il rapporto
sineddotico della ‘parte per il tutto’, quindi rispetto ai saperi che così lo definiscono
si qualifica sempre come altro da sé. Il corpo va visto come totalità olistica (quindi
non somma delle parti) e virtuale, nel senso che le sue parti attuali non si lasciano
totalizzare
4
, si tratta inoltre di una totalità aperta al mondo a livello originario, pre-
categoriale, pre-logico. È il corpo che noi siamo nell’attuale mondo che abitiamo
nella prospettiva della nostra apertura originaria ad esso, è un corpo vissuto e vivente
nel mondo con cui intrattiene una dialettica di tipo ambivalente
5
, è il corpo proprio
merleau-pontyano, terzo genere d’essere tra il puro soggetto e l’oggetto
6
, o il corpo
3
P. A. Rovatti (a cura di), H.Bergson. Opere 1889-1896, Milano, Arnoldo Mondadori Editore,
1986
4
“Il piano di consistenza è il corpo senza organi. I puri rapporti di velocità e di lentezza tra
particelle, quali appaiono sul piano di consistenza, implicano movimenti di deterritorializzazione,
come i puri affetti implicano un’impresa di desoggettivazione (…) Il piano di organizzazione non
cessa di lavorare sul piano di consistenza, tentando sempre di bloccare le linee di fuga, di fermare o
interrompere i movimenti di deterritorializzazione, di zavorrarli, di ristratificarli, di ricostruire
forme e soggetti in profondità. E, inversamente, il piano di consistenza continua a estrarsi dal piano
di organizzazione, a far filare delle particelle fuori dagli strati, ad aggrovigliare le forme a colpi di
velocità o di lentezze, a rompere le funzioni a forza di concatenamenti, di micro-concatenamenti”.
(G. Deleuze- F. Guattari, op. cit., pp. 197-198)
5
“A e non-A, questo è il gioco dell’ambivalenza simbolica, e insieme la strada con cui il corpo può
recuperarsi dalle divisioni disgiuntive”, “l’ambivalenza… spacca in due l’identità, non per
ricomporla, ma per lasciar vivere al suo interno quel rapporto tensionale: A e non-A, che in un
punto raccoglie la totalità. Prossimità del massimamente distante, questa è l’ambivalenza; non
senso, ma con-senso...” (U.Galimberti, Il corpo, Milano, Feltrinelli, 1983, pp.14, 239 )
6
F. Fergnani (a cura di ), Maurice Merleau-Ponty. Il corpo vissuto, Milano, Il Saggiatore, 1979
9
senza organi deleuziano, CsO, ‘limite irraggiungibile cui non si finisce mai di
accedere’
7
. Noi siamo il nostro corpo e questo vuol dire, come sostiene la
fenomenologia: essere-nel-mondo, o meglio ‘essere e non-essere’ (ambivalenza
simbolica a dispetto del principio di non-contraddizione che fonda l’identità), infatti
il corpo tende sempre ad essere ‘altro da sé’, nel senso che la sua è una totalità in
espansione proprio perché originariamente interconnessa, aperta al mondo, il corpo
dunque è ‘altro da sé’ perché ‘fuori di sé’, nel mondo
8
. In questo modo il corpo
intrattiene col mondo un duplice (ed ambivalente) rapporto: originario, per la sua
immediata apertura ad esso ed artificiale, perché lo virtualizza riattualizzandolo, un
mondo che abita e da cui è abitato (nel senso che riceve da esso le sue
determinazioni), in cui agisce e da cui è agito (ovvero verso cui re-agisce
artificializzandosi)… ma i due momenti, originale ed artificiale, coesistono
indiscernibilmente (sono integrati) nell’essere-nel-mondo. Parafrasando Nietzsche,
“come si diventa ciò che si è”
9
, si potrebbe dire che il corpo deve ancora e sempre
‘diventare ciò che è’ ma che non è mai stato, cioè soggetto, e questo forza il soggetto
a pensarsi, fondarsi in un certo senso in maniera nuova, in una dimensione di
originaria apertura al mondo: il corpo senza organi è sempre ‘da farsi’. Il soggetto
esce dalla pretesa soggettività così come il mondo dall’immobilizzante oggettività,
entrando in comunicazione proprio a partire dal corpo. Ma per riappropriarsi di sé il
7
“Il Corpo senza Organi non lo si raggiunge, non si può raggiungere, non si finisce mai di
accedervi, è un limite.” (G.Deleuze-F.Guattari, op. cit., p. 5)
8
“Come apertura originaria sul mondo, il corpo è trascendenza. Non è un oggetto raccolto
nell’immanenza della sua inseità, ma è un immediato sbocco sulle cose (…) A differenza del
cadavere raccolto nel suo in sé, il corpo è subito fuori di sé, aperto al mondo, proteso sulle cose.”
(U.Galimberti, op. cit., pp. 66-67)
9
F.Nietzsche, Ecce homo, Roma, Tascabili Economici Newton, 1993, p.27
10
corpo deve anche disfarsi di sé, disorganizzare quell’organizzazione degli organi
chiamata organismo, evitare di cadaverizzarsi all’interno dei modelli ad esso imposti,
cristallizandosi in una presunta inseità funzionale a quegli ambiti che gli
attribuiscono i significati dall’alto e dall’esterno, deve imparare a ‘danzare alla
rovescia, facendo di questo rovescio il suo vero dritto’
10
…
Nel cinema di Cronenberg il corpo è sempre al centro, oggetto di manipolazione e
strumentalizzazione da parte di organizzazioni o singoli
11
che lo funzionalizzano ai
propri fini, soggetto mutante, ribelle, che reagisce alla manipolazione, in fuga da se
stesso, dal suo ‘vecchio corpo’ o dal corpo impostogli, e sempre in ogni modo (anche
autodistruttivamente) alla ricerca di se stesso. Un corpo che i poteri vogliono fissare
in un punto ( di soggettivizzazione, di significazione, di identità) per esercitare
meglio il controllo sul soggetto, inquadrandolo all’interno delle proprie ottiche
particolari che mettendo fuori campo il vedente snaturano il visibile
12
, riducendolo
alla piattezza vuota delle proprie superfici, cioè riducendo il corpo come totalità
aperta (olistica e virtuale) e in divenire al corpo come identità finita ed identificabile
in base alla sua statica visibilità, farne una mappa per meglio controllarne il territorio.
“Il CsO urla: mi hanno fatto un organismo! mi hanno piegato senza averne il diritto!
10
“ Non c’è niente di più inutile di un organo. Quando gli avrete fatto un corpo senza organi allora
l’avrete liberato da tutti i suoi automatismi e reso alla vera libertà. Allora gli insegnerete a danzare
alla rovescia…e questo rovescio sarà il suo vero dritto.” ( M.De Marinis, La danza alla rovescia di
Artaud, Bologna, I Quaderni del Battello Ebbro, 1999, p. 79)
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Tra i tanti ci sono l’Arca di Noè gestita dalla General Structures Incorporeted e il dottor Hobbes
ne Il demone sotto la pelle (1975), in Scanners (1980) la ConSec e il dottor Ruth, in Videodrome
(1982) la Spectacular Optical e la Chiesa Catodica, la Interzone Incorporated e il dottor Benway in
Il pasto nudo (1991), in Existenz (1999) Antenna Research e il Movimento Realista Clandestino…
12
F.Fergnani (a cura di), op. cit.