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2. Le diverse concezioni del processo decisionale
Cinque sono i filoni di pensiero che hanno studiato il processo decisionale,
enfatizzandone aspetti particolari e diversi. Ai fini di completezza del discorso si
descriveranno ora in maniera schematica queste differenti concezioni.
La decisione vista come scelta della soluzione ottimale ed economicamente più
valida per un problema (razionalità assoluta).
Secondo questa concezione, il decisore è in grado di conoscere tutte le informazioni
rilevanti per il problema, di formulare tutte le alternative di soluzione possibili e di
valutarle comparativamente, pervenendo alla soluzione ottimale o migliore.
La decisione come processo di ricerca di una soluzione sufficientemente valida per
il problema in esame (razionalità limitata).
Questo approccio tiene nella dovuta considerazione il fatto che spesso sì lavora in
condizioni di incertezza e che quindi non è possibile reperire e acquisire tutti i dati
necessari per istruire perfettamente il problema. Inoltre il decisore stesso è dotato di una
capacità limitata di elaborazione delle alternative, per cui egli può accettare una
soluzione soddisfacente, e non ottimale, considerando che l'acquisizione di ulteriori
elementi informativi implica un investimento ulteriore di tempo e di risorse finanziarie.
La decisione intesa come risultato del sistema organizzativo (rilevanza dell'assetto
organizzativo). Questo filone di pensiero osserva e valuta le interrelazioni che si
instaurano tra i diversi componenti di un'organizzazione (le strutture organizzative, i
meccanismi operativi di coordinamento, di comunicazione e di controllo e così via) e
che influenzano in maniera positiva o negativa i processi decisionali. A volte la
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difficoltà di una decisione deriva da un inadeguato assetto organizzativo, per cui essa
può essere ridotta riprogettando l'assetto in maniera migliore.La decisione come scelta
politica (rilevanza della negoziazione e della mediazione tra interessi contrapposti). Le
conseguenze delle decisioni spesso rimettono in discussione gli equilibri di potere
raggiunti in un'organizzazione. Gli attori coinvolti in un processo decisionale
rappresentano le parti in gioco in un processo di negoziazione, di gestione del consenso
e di convergenza degli interessi personali o di gruppo, che porta alla scelta finale di una
soluzione. La conseguenza di questo intrecciarsi di interessi spesso conduce a decisioni
che difficilmente si discostano dallo status quo instaurato generando una forte resistenza
al cambiamento.
La decisione come prodotto di una scelta personale e soggettiva (rilevanza del
comportamento individuale). Questa concezione del processo decisionale pone un'enfasi
particolare sul ruolo che la personalità, la cultura individuale e il comportamento
soggettivo giocano nel determinare le scelte e soprattutto nell'assegnare i pesi e le
priorità alle diverse alternative emerse.
La corrente di pensiero che maggiormente ha avuto influsso sullo studio e sulla
realizzazione dei sistemi informativi direzionali è quella della cosiddetta "razionalità
limitata", il cui maggiore esponente è sicuramente Herbert Simon.
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3. Il Modello decisionale di H. Simon
Questo autore nel 1960 ha proposto un modello ritenuto ormai "classico", in cui il
processo decisionale è scomposto nelle seguenti tre fasi:
1- intelligence;
2- design;
3- choice.
Dopo l'attuazione della decisione (implementation) esiste una quarta fase di
controllo dei risultati effettivi, la review, che viene spesso considerata a sé stante, come
fase che innesca un ulteriore processo decisionale.
1. Intelligence: consiste nell'individuazione dei problemi che necessitano di
una decisione e nella determinazione di tutte le informazioni ritenute utili per prendere
una decisione al riguardo.
2. Design: consiste nell'identificazione delle possibili linee d'azione alternative
che possono correggere la situazione che ha generato il problema e nella definizione dei
pesi corrispondenti.
3. Choice: consiste nella scelta fra le alternative già formulate e già analizzate nelle
loro possibili conseguenze.
4. Implementation/Review: consiste nell'attuazione delle decisioni prese e
successivamente nel controllo delle conseguenze e dei risultati effettivi di quelle scelte.
Quest'ultima fase può innescare un nuovo processo decisionale, nel caso in cui le
conseguenze e i risultati non corrispondano alle aspettative o non siano ritenute
soddisfacenti.
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La fase propedeutica dell’implementation, cioè l'attuazione delle decisioni prese,
non sempre viene considerata parte del processo decisionale. Simon stesso considera
questa fase come un'ulteriore decisione a sé stante, nella quale possono intervenire
fattori politici o di opportunità che impongono ai manager di prospettare e scegliere
un'ulteriore azione alternativa (ritorno alla fase 2., di design).
Simon affronta inoltre il tema degli ambiti nei quali il decisore può trovarsi a
impostare un processo decisionale e sviluppa un'approfondita analisi della "razionalità
limitata" dell'uomo.
Egli sostiene che ognuna delle alternative individuate nella fase 3., se attuata,
implica una serie di conseguenze che si possono presentare con differenti
caratteristiche: caratteristiche di certezza, di rischio (per cui si associa una distribuzione
di probabilità) e di incertezza. Simon afferma che la maggior parte delle decisioni
aziendali vengono tipicamente effettuate scegliendo l'alternativa che presenta le
conseguenze "preferite", applicando quindi un criterio soggettivo di preferenza e
utilizzando un limitato, approssimato e semplificato modello personale della situazione
reale. Questo criterio secondo Simon è un criterio di scelta "soddisfacente", non
"ottimale". Egli confuta infatti l'idea della "razionalità assoluta", ambito nel quale si può
pervenire alla scelta ottimale, affermando che:
• solo nelle condizioni di "certezza", connesse a decisioni strutturate, il criterio
della razionalità assoluta e dell'ottimizzazione è totalmente adottabile;
• le alternative di scelta non sono quasi mai del tutto libere, ma derivano da
processi psicologici e sociologici che hanno poco in comune con i requisiti della
razionalità assoluta;
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• le conseguenze della decisione, in due dei tre ambiti citati, "rischio" e
"incertezza", non sono sempre definibili o chiare, e la bassa prevedibilità di queste
conseguenze caratterizza le decisioni come decisioni poco strutturate.
4. Il modello decisionale allargato
(H. Mintzberg e altri, L. Methlie)
II modello di Simon non mostra eccessiva attenzione agli aspetti organizzativi di
cooperazione, di negoziazione e di conflitto che diventano rilevanti quando una
decisione scaturisce dall'interazione di più decisori con obiettivi diversi. Esso non
riconosce inoltre l'importanza dei meccanismi di accrescimento della conoscenza, o di
apprendimento, come momenti distinti nel processo decisionale.
Mintzberg et al. (1976), sviluppando e integrando diversi contributi precedenti,
elaborano un modello decisionale più articolato, in cui si tiene nella dovuta
considerazione sia l'aspetto di negoziazione, sia quello di apprendimento.
Successivamente anche Keen (1980) distingue, da un lato, l'attività di decision-
making, cioè la presa di decisione vera e propria, e, dall'altro, l'attività di decision-
managing, che riassume in sé tutti gli aspetti politici e negoziali coinvolti nella presa
delle decisioni.
La sintesi dei diversi contributi (Mintzberg, Keen e Methlie) converge nel
cosiddetto "modello decisionale allargato", costituito dalle seguenti fasi:
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1. Problem recognition: è la fase iniziale che innesca il processo decisionale con
l'identificazione e la rilevazione di un problema che richiede un intervento. Le situazioni
che possono generare un problema aziendale sul quale dover decidere possono essere
molteplici: prestazioni inadeguate, situazioni fuori norma, obiettivi non più rispondenti
al nuovo contesto e così via.
2. Problem setting: consiste nella corretta formulazione del problema tramite
l'identificazione e l'impostazione delle variabili rilevanti e significative del problema,
onde evitare di ragionare e di intervenire su aspetti ingannevoli o falsi.
3. Knowledge inventory: è una fase complessa nella quale il decisore ricerca le
soluzioni possibili, già pronte o adattabili, nella sua esperienza o in quella aziendale, per
semplificare, e velocizzare la fase di formulazione delle alternative.
4. Generation of alternatives: è una fase strettamente connessa alla fase precedente,
in cui il decisore impiega le sue capacità creative e intuitive per formulare alternative di
soluzione originali e opportune.
5. Communication/negotiation: questa fase può essere considerata come momento
propedeutico alla presa della decisione finale nel quale tutti gli eventuali soggetti
coinvolti direttamente o indirettamente nella decisione, intervengono nel processo,
comunicano e negoziano le alternative migliori dal loro punto di vista soggettivo. Di
fatto in questa fase avviene una "scrematura" delle possibili linee d'azione, al fine di far
convergere tutti gli interessi conflittuali, che insistono sulla decisione originaria, su un
numero minore di alternative.
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6. Evaluation and choice: le alternative di azione emerse nella fase precedente
vengono valutate nei loro possibili risultati attesi, o probabili, e l'alternativa con il
ritorno più soddisfacente viene scelta.
7. Implementation; consiste nell'attuazione pratica della decisione presa,
considerando anche tutti gli aspetti di fattibilità concreta (tempi e costi dell'azione).
8. Monitor results: è la fase di controllo dei risultati effettivi derivati
dall'attuazione della decisione scelta.
9. Learning: si valuta la corrispondenza o meno dei risultati effettivi a quelli attesi,
o desiderati, e ciò costituisce un input informativo prezioso per l'apprendimento
personale e organizzativo, in termini di accrescimento dell'esperienza e della knowledge
inventory (fase 3).
Spesso le ultime due fasi portano all'osservazione che una situazione fuori norma, o
non desiderata, persiste; questo può innescare un nuovo processo decisionale,
riportando alla fase iniziale della problem recognition.
A questo punto è necessario individuare le relazioni possibili tra le fasi decisionali e
le opportunità di supporto di un sistema informativo direzionale.
I sistemi di Reporting direzionale si propongono come validi ausili nelle prime tre
fasi del modello decisionale allargato. Essi possono offrire supporto al decisore nella
fase iniziale di rilevazione del problema, nella sua corretta identificazione (fase 2.),
risalendo la catena causale degli eventi che hanno portato a certi risultati e nella
formalizzazione, codifica, archiviazione e interrogazione della "conoscenza" (fase 3).
Viceversa i sistemi di supporto alle decisioni sono preziosi soprattutto nella fase 4.
di formulazione delle alternative e nella fase 6. di valutazione delle stesse. Methlie
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(1984) osserva che nella pratica aziendale spesso accade che l'utilizzo del sistema
informativo direzionale implichi una divisione di compiti tra i partecipanti alla
decisione o, più frequentemente, tra lo staff, che utilizza il sistema, e il decisore, che è
responsabile della decisione. Questo può portare al verificarsi di alcune situazioni
organizzative problematiche dal punto di vista dell'efficienza e dell'efficacia del
processo decisionale.
Ad esempio, non esistendo coincidenza tra chi costruisce o interroga il sistema e chi
utilizza l'output informativo del sistema, esistono due tipi di "memoria", da cui si
attingono i parametri e i dati di input per lo svolgimento delle due fasi critiche di
"generazione delle alternative" e di "valutazione delle alternative". L'autore sostiene che
sarebbe necessario ricomporre a unità l'esecuzione di queste due attività tramite
meccanismi di interscambio (tra decisore e staff) che spesso, purtroppo, risultano
complessi e difficili da gestire.
Inoltre la dimensione conflittuale e negoziale del processo decisionale è di notevole
interesse per la progettazione e lo sviluppo di un sistema informativo direzionale. Nelle
attività di progettazione è infatti indispensabile includere lo studio di questi processi di
negoziazione e di contrattazione tra le diverse unità organizzative e i diversi decisori,
identificando e codificando i vari ruoli organizzativi, i canali di comunicazione, le
relazioni (verticali e orizzontali), gli interessi e i vincoli dei differenti attori.
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5. Conclusioni
Con riferimento ai modelli dei processi decisionali illustrati, appare evidente il
ruolo che l'informatica aziendale può svolgere.
Anzitutto va osservato che i sistemi di reporting risultano particolarmente utili nel
supporto delle attività di problem recognition, di problem setting e di knowledge
inventory; mentre i Sistemi di supporto alle decisioni sono rilevanti al fine di agevolare
le attività di knowledge inventory, di generation of alternatives e di evaluation.
In secondo luogo l'informatica può fornire un prezioso contributo alla
formalizzazione e alla "oggettivazione" delle conoscenze: i dati, le informazioni e
l'esperienza non rimangono più prerogative individuali, ma possono diventare un
patrimonio collettivo, una risorsa a disposizione di tutta l'azienda, grazie alla
costituzione di basi di dati (BASE DI DATI), di basi di conoscenza e di banche dati.
Infine gli strumenti tecnologici studiati per il supporto delle decisioni di gruppo
(GROUPWARE; GROUP DSS) sono fondamentali per migliorare l'interscambio
informativo e favorire l'integrazione organizzativa necessaria in questa particolare
tipologia di processi decisionali.
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Capitolo II
I Sistemi informativi aziendali
1. La necessità di organizzare le informazioni in un sistema
informativo
Da quanto finora detto emerge chiaramente che l'informazione costituisce una
risorsa indispensabile per il funzionamento dell'impresa. Essa rappresenta non soltanto
la materia prima necessaria per attivare i vari processi sviluppati nell'organismo
imprenditoriale, bensì anche l'elemento unificatore del sistema
1
, assolvendo all'esigenza
di porre in contatto tra loro i diversi organi aziendali, di aggiornare le conoscenze da
questi possedute sui fenomeni interni ed esterni al sistema d'impresa, di comunicare le
direttive, i piani e le istruzioni risultanti dall'attività decisoria, consentendo - nel
contempo - il confronto dei risultati via via conseguiti con le previsioni effettuate per i
vari tipi di azione posti in essere.
Poiché l'elemento informativo è presente in qualsiasi azione realizzata nell'ambito
aziendale, in condizioni sempre d'importanza, se non addirittura di esclusività, rispetto
alle altre risorse impiegate, appare quanto mai opportuno - e spesse volte indispensabile
- provvedere ad un suo razionale utilizzo, al fine di evitare diseconomie ed inefficienze
nel suo materiale impiego. Quest'ultima affermazione è ancor più evidente se si
considera che la presenza di alcuni fenomeni, quali l'incremento realizzatesi nelle
1
(cfr. Bozzola G.B. , Il sistema aziendale, Etas Kompass , Milano, pag. 180).
- 15 -
dimensioni medie aziendali
2
, la caratterizzazione del sistema ambientale secondo
condizioni di maggiore dinamicità, la concorrenzialità sempre più spinta esistente sia
nell'ambito nazionale che internazionale, le difficoltà in cui si dibattono le economie di
molti paesi industrializzati e non, rende vieppiù importante tutto l'insieme di attività
che, all'interno dell'impresa, fanno riferimento alle operazioni di acquisizione,
conservazione, trattamento e comunicazione di dati e informazioni.
Similmente, cioè, a quanto accade per le altre aree gestionali - produzione,
marketing, finanza, personale, etc. - per le quali si è ormai da tempo ravvisata la
necessità di organizzare le procedure, i mezzi e le risorse relative in sistemi capaci di
regolare, in condizioni di equilibrio, l'insieme delle operazioni di programmazione,
esecuzione e controllo facenti capo a ciascuna di esse, così anche per le attività
informative occorre predisporre un sistema che sia in grado di gestire organicamente le
operazioni cui prima si faceva riferimento, perseguendo finalità che più da vicino
interessano i processi decisionali dell'impresa. Un sistema di tal genere deve occuparsi
della "manipolazione" della crescente massa di dati che si rende disponibile nell'ambito
dell'azienda in tempi, forme e modalità differenti, apportando un contributo positivo in
termini di efficienza al sistema organizzativo nel suo complesso, a sua volta
traducentesi in un migliore funzionamento dei centri di decisione e dei centri d'azione
3
.
2
(cfr. Golinelli G.M. , L’impresa minore tra forme artigiane e istituzioni manageriali, Giuffrè , Milano, 1974, pag.
66).
3
(cfr. Aron J.D. , “Information systems in perspective”, in Computing Surveys , December 1969, pag. 213).
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Perché possa parlarsi di sistema, tuttavia, occorre che l’insieme cosi’ considerato
presenti una pluralità di elementi, delle relazioni tra questi e l’ambiente esterno, una
finalizzazione dei comportamenti a degli obiettivi prefissati
4
.
Si tratta di condizioni tutte presenti nel sistema informativo aziendale, infatti, gli
elementi componenti sono costituiti da dati e informazioni, metodi e procedure,
persone, mezzi ed attrezzature. Sul primo tipo di elemento non occorre fermarsi
ulteriormente. Per quanto concerne i metodi e le procedure, s'intendono qui i criteri
seguiti per la raccolta e l'elaborazione dei dati, nonché quelli inerenti la comunicazione
delle informazioni; in altri termini, tutto il complesso delle norme che regolano lo
svolgimento dei processi informativi. Esiste nell'impresa una molteplicità dì criteri che
possono essere seguiti, essendo svariate le soluzioni cui può giungersi in relazione alle
varie esigenze informative. Bisogna allora precisare quali sono queste esigenze e come
esse vanno soddisfatte tenendo presenti i vincoli derivanti da fattori interni ed esterni
all'azienda.
Relativamente, invece, al personale occorre considerare non soltanto quello
impegnato nelle operazioni classiche di raccolta, elaborazione e comunicazione delle
informazioni, bensì anche gli utilizzatori dei sistema. In altri termini, tutte le persone
operanti nell'impresa, essendo bene o male ogni soggetto coinvolto in attività di
produzione o di utilizzo di dati o di informazioni
5
.
4
(cfr. Beer S. , Cibernetica e direzione aziendale, Bompiani , Milano, 1969, pag. 27 e segg. ; Maggioni V. ,
L’impresa come sistema socio-tecnico di tipo aperto, Napoli, 1981, pag. 4 e segg.)
5
( cfr. Camussone P. , Il sistema informativo, Etas Kompass, Milano, 1981, pag. 193 e segg. ; Aliberti G. ,
Santoni M. , “Linee metodologiche per la valutazione dei packages di DBMS”, in Sistemi e Automazione,
Novembre 1981).
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Infine, coi termini mezzi ed attrezzature s'intendono tutti quei macchinari e quegli
strumenti su cui vengono supportate ed elaborate le informazioni, i quali rendono
possibili le operazioni fondamentali del sistema. Attualmente, data l'evoluzione
realizzatasi nelle tecnologie elettroniche, quasi sempre al centro del complesso di
attrezzature si ritrova un elaboratore elettronico; ciò nonostante, è possibile ipotizzare
un sistema informativo senza computer, soprattutto se si fa riferimento ad aziende di
piccola dimensione. Quest'ultima, però, non si presenta come una via perseguibile
qualora si abbia necessità di "trattare" rilevanti masse di dati, si intenda gestire in via
integrata il patrimonio informativo disponibile nell'impresa, si vogliano ottenere
informazioni più significative per le attività decisionali, rispettando dei principi di
economicità e di tempestività, evitando allo stesso tempo al sistema una ridondanza di
errori ed un'eccessiva personalizzazione delle notizie.
Tutti gli elementi appena descritti sono collegati tra loro da relazioni, da rapporti
variamente configurantesi in dipendenza degli obiettivi che s'intendono perseguire. I
dati, le procedure, le informazioni, gli strumenti, il personale, gli utenti formeranno un
tutt'uno, un complesso unitario di risorse, la cui azione congiunta produrrà i risultati
attesi dal sistema informativo, i quali andranno ad alimentare le varie aree gestionali del
sistema aziendale al fine di consentire la realizzazione dei processi decisionali, operativi
e di controllo che in ciascuna di queste aree dovranno essere realizzati.
Il modo con cui queste relazioni interverranno tra gli elementi di cui sopra dipende
dagli obiettivi che sono stati assegnati al sistema informativo. Essi costituiscono il
fattore di agglomerazione del sistema stesso, provvedendo ad armonizzare componenti
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tra loro notevolmente eterogenee e, nel contempo, a "caratterizzare" l'insieme così
delineato rispetto ai sistemi di altre imprese più o meno similari operanti nel mercato.
2. Concetto e definizione di sistema informativo
Ciò premesso, verificata cioè la presenza delle condizioni di base per l'applicazione
del concetto di sistema alle attività informative dell'impresa. si può cercare ora di
precisare cosa s'intende per sistema informativo.
In una prima ipotesi, esso può essere considerato come un insieme di elementi
organizzati per trasformare i dati e le informazioni in una forma più significativa per le
decisioni aziendali. In altri termini, ogni organismo aziendale dispone e manipola un
rilevante quantitativo di informazioni variamente memorizzato all'interno dell'impresa.
Perché, però, possa parlarsi di sistema informativo è necessario che questi dati siano
organizzati in modo tale da essere adatti a risolvere i problemi che man mano si
presentano; cioè devono essere rilevati, registrati, conservati, richiamati ed esposti
secondo quanto richiesto da coloro i quali pongono in essere i processi decisionali
nell'ambito aziendale. In tal senso, il sistema deve essere in grado di rilevare - per
ciascuna attività avente un qualche interesse per l'impresa - le informazioni ed i dati
quanto più vicino possibile al tempo e al luogo in cui è sorto il fenomeno che le ha
originate, e di seguire e controllare successivamente le varie trasformazioni cui essi
saranno assoggettati, fino al raggiungimento dei centri di destinazione delle
informazioni, da attuarsi seguendo canali e flussi predeterminati.