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fornendo però delle stime che, per forza di cose, non offrono un grado di
precisione molto elevato.
A tale lacuna tenta, ambiziosamente, di porre parziale rimedio questa tesi,
finalizzata alla realizzazione di un sistema di acquisizione dati del carico
aerodinamico agente sull’ala anteriore della Dallara F301, monoposto di
fabbricazione italiana realizzata dalla Dallara Automobili per il Campionato
Nazionale di Formula 3 dei vari Paesi in cui tale competizione ha luogo. La scelta
di una vettura di Formula 3, peraltro, non è casuale: come vedremo, alla base del
sistema proposto si pone la lettura (mediante estensimetri) delle microdeformazioni
indotte, sui supporti dell’ala anteriore, dal carico agente sull’ala stessa. Sulla F301,
il supporto con cui l’ala è “appesa” al musetto della vettura, è realizzato in ERGAL
7075, poi ricoperto da un’opportuna carenatura aerodinamica in fibra di carbonio.
In Formula 1 e Formula 3000, invece, tutte le vetture adottano dei supporti
realizzati in materiali compositi, molto più rigidi (cioè meno deformabili e che
quindi si prestano poco a dei rilievi estensimetrici) e poco adatti all’applicazione
delle “sonde” estensimetriche, dei cavi e dei relativi ancoraggi poiché tale
applicazione, effettuata sulla superficie del supporto, ne modificherebbe
sensibilmente la geometria, portando ad un “disturbo” (aumento della resistenza)
dell’aerodinamica del pezzo e, conseguentemente, dell’intera vettura. Nei supporti
della F301, invece, il sistema viene “nascosto” dalla carenatura e non induce alcuna
variazione delle caratteristiche aerodinamiche del pezzo.
Vale peraltro la pena osservare che uno studio di tale natura non può essere
eseguito senza un’adeguata analisi preventiva del pezzo in questione, analisi
effettuata secondo i procedimenti sviluppati nell’ambito della Teoria degli Elementi
Finiti, a monte delle imprescindibili prove sperimentali di laboratorio. Tale analisi,
eseguita preliminarmente presso il Centro di Calcolo del Dipartimento d’Ingegneria
Aerospaziale del Politecnico di Milano, ha ottenuto così due importanti risultati. In
primo luogo, l’analisi dello stato di deformazione del supporto ha permesso di
identificare la zona “ideale” in cui applicare le due griglie estensimetriche
impiegate nelle prove. I criteri privilegiati ai fini di tale ricerca sono stati derivati da
considerazioni pratiche, relative alla sensibilità della rosetta estensimetrica: si è
cercato di individuare la zona caratterizzata dal massimo grado di deformazione e
dallo stato tensionale più uniforme possibile. Inoltre, la valutazione delle
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microdeformazioni, fornite dalla simulazione, ha consentito la formulazione di un
“modello” teorico essenziale per l’elaborazione di un’adeguata funzione di
trasduzione, funzione la cui ricerca, in buona sostanza, rappresenta il motivo
ispiratore di questa tesi. La “bontà” di tale modello, rappresentato da una semplice
funzione matriciale razionale di secondo ordine, è stata poi certificata coi dati
sperimentali ricavati nelle prove di laboratorio, consentendone la definitiva
adozione quale funzione di trasformazione che, dalle microdeformazioni rilevate
dagli estensimetri, consente la determinazione, istante per istante, della deportanza
totale agente sull’ala anteriore e del posizionamento della sua risultante sulla corda
media aerodinamica. Per effetto delle irregolarità della pista e di altri fattori
perturbanti, infatti, l’assetto istantaneo della vettura può subire, nel corso di ogni
giro, delle escursioni significative, provocando delle variazioni dell’angolo
d’incidenza e il conseguente spostamento del centro di pressione dell’ala.
L’effettiva funzionalità e affidabilità del sistema è stata infine collaudata in
pista, dopo aver montato il supporto estensimetrato, le centraline di acquisizione e i
relativi cablaggi su una vettura da competizione appartenente al team “Del Gallo”,
nel corso di una gara, valevole per l’ultimo Campionato Italiano di Formula 3,
disputata nell’autodromo internazionale “Santa Monica” di Misano Adriatico il 29
luglio 2001.
Questa tesi, lungi dal presentarsi quale studio esaustivo del problema in
esame, si propone piuttosto come spunto per altri e più completi approfondimenti,
nella speranza di offrirsi, quale modesto contributo, alla ricerca applicata al fertile
campo dell’automobilismo sportivo.
L’AUTORE
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CAPITOLO 1: ACQUISIZIONE DATI
1.1 DEFINIZIONE
Con il termine “acquisizione dati” s’indica, in pratica, qualsiasi attività o
strumentazione di controllo e monitoraggio del funzionamento di un apparecchio o
di un macchinario. Se tale misurazione avviene a distanza di sicurezza si preferisce
usare il termine “telemetria”. Questo tipo di tecnica, per esempio, si utilizza per
tenere sotto controllo le funzioni di un missile, oppure per misurare quanto distano
due oggetti tra di loro (telemetro), oltre, naturalmente, per controllare il
funzionamento di prototipi, confrontando i dati ottenuti con i dati previsti in sede di
progetto. Più generalmente, e per quanto concerne questa tesi, l’acquisizione dati (o
la telemetria) è quella tecnica che permette di conoscere cosa sta accadendo a bordo
dei mezzi sportivi (automobili, motocicli, imbarcazioni).
1.2 PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO
Semplificando molto, in campo automobilistico, un sistema d’acquisizione
dati è costituito da tre elementi: una rete di sensori, una centralina con uno o più
computer per raccogliere i dati a bordo dell'automobile, un sistema informatico per
elaborare e gestire tutti i dati e per presentarli ai tecnici che dovranno poi
interpretarli.
I sensori usati possono comprendere, oltre ai consueti rilevatori di
temperatura, pressione e numero di giri, dispositivi sofisticati come piattaforme
inerziali e rilevatori di deformazione di geometria; questi dispositivi sono
interfacciati ad una centralina computerizzata, che immagazzina i dati e li
comprime. Nel caso si utilizzi un sistema di telemetria, viene inoltre applicato un
algoritmo di cifratura (durante le prove o la gara, è di vitale importanza non far
sapere ai team avversari i dati delle proprie monoposto); a questo punto, i dati sono
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pronti per essere trasmessi ai box. Normalmente però, una vettura di un team di
Formula 3 non trasmette i dati in tempo reale, perché una nota specifica del
regolamento tecnico FIA (art.5.7) vieta esplicitamente l’impiego della telemetria in
gara e durante le prove ufficiali, ma si limita a comprimerli e registrarli in un
apposito computer di bordo, per poi scaricarli, mediante un apposito sistema di
cablaggio, in un computer posto nei box al termine della gara o della sessione di
prove.
Su ogni vettura sono installate decine di sensori che trasmettono parametri
significativi. I dati della telemetria vengono scaricati dalla monoposto e poi, grazie
all’impiego di un particolare software dedicato, vengono elaborati e rappresentati ai
box tramite dei diagrammi di andamento delle varie funzioni vitali della macchina.
Questo consente di determinare, per esempio, le regolazioni dalla monoposto su un
determinato circuito, basandosi sui dati raccolti durante tutte le passate sessioni di
prove e gran premi. Tutti i dati raccolti sono poi utilizzati per creare un modello di
comportamento della monoposto, in modo da provare diverse combinazioni ancora
prima di accendere il motore sulla pista.
1.3 I SENSORI IMPIEGATI IN UN SISTEMA DI ACQUISIZIONE DATI
PER UNA VETTURA DI FORMULA 3
Una grande varietà di sensori di diversa natura è normalmente impiegata in un
sistema di rilevazione telemetrica: oltre ai sensori termici, si usano dei rilevatori di
velocità, quali ad esempio dei tubi di Pitot. Altri sensori sono impiegati per la
misurazione del numero di giri (delle ruote, ad esempio): normalmente ci si affida a
rilevatori ottici, ma questo tipo di applicazione tuttavia non viene impiegata per la
rilevazione di parametri relativi al motore poiché una nota specifica del
regolamento della Formula 3 (art. 3, Regola 5) impedisce, infatti, qualunque
rilevazione telemetrica connessa all’impianto propulsivo. Questi componenti hanno
costi elevatissimi, in quanto progettati generalmente per usi aeronautici; inoltre, per
motivi d’ingombro e pesi, aumentano sensibilmente i costi.
. Diverso è il discorso relativo alla geometria del telaio: è possibile misurarne
la deformazione in vari modi, utilizzando sensori d’allineamento ottici oppure degli
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estensimetri: placchette resistive che variano la loro resistenza in base alle
deformazioni della struttura sulle quali sono applicate; con questo sistema è anche
possibile misurare gli sforzi nei materiali, oltre che la deformazione di oggetti come
le pareti dei cilindri o le testate dei motori. Per lo schiacciamento delle sospensioni
si può far uso di metodi differenti: ottici, resistivi o magnetici.
Figura 1-1: Una rosetta estensimetrica applicata ad un supporto
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1.4 IL SISTEMA DI RILEVAMENTO DEL CARICO AERODINAMICO
AGENTE SULL’ALA ANTERIORE
1.4.1 Il Carico Aerodinamico
Il peso complessivo, in ordine di marcia, di una vettura di Formula 3 è fissato,
per regolamento, sui 540 Kg. Data la grande leggerezza della monoposto, si rende
necessario, al fine di garantire una sufficiente aderenza alla vettura, l’applicazione
di un carico “supplementare” che, senza appesantire la vettura (senza cioè
aumentarne la massa inerziale), garantisca uno schiacciamento di quest’ultima
verso il suolo. Tale forza, di origine aerodinamica, è fornita, oltre che dal fondo
piatto della vettura, da due superfici deportanti, una anteriore e una posteriore
rispetto al telaio.
Nonostante l’importanza cruciale rivestita dal carico aerodinamico, un
sistema di valutazione “diretta” del carico agente su ogni superficie deportante non
è mai stato realizzato, neppure per i sofisticati sistemi di rilevazione telemetrica
adottati dai più prestigiosi team di Formula 1. La stima delle forze aerodinamiche
agenti su ogni monoposto, infatti, viene normalmente dedotta e calcolata valutando
parametri diversi, quali la velocità istantanea della vettura e lo schiacciamento delle
sospensioni, note a priori le caratteristiche geometriche (e i coefficienti
aerodinamici) delle superfici interessate. Tale stima, pur offrendo con un buon
grado di approssimazione la deportanza, non fornisce però indicazioni
sufficientemente precise sulla reale distribuzione di tale forza: non è esattamente
nota, ad esempio, quale sia la percentuale di deportanza esercitata da ognuno dei
due alettoni. Una stima di massima di tale distribuzione può essere effettuata a
partire dalle caratteristiche geometriche di ogni singolo ala ma non può fornire, per
forza di cose, una valutazione sufficientemente accurata del reale andamento delle
forze in gioco.
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1.4.2 Il Carico Aerodinamico agente sull’ala anteriore
La superficie anteriore di una vettura di Formula 3 è, a tutti gli effetti, un’ala. A
differenza di quella impiegata in un comune aeromobile, tuttavia, la componente
verticale della forza aerodinamica agente (deportanza) è diretta verso il basso, per
aumentare l’aderenza della vettura. La risultante del carico aerodinamico che
sollecita l’ala è applicata in un punto detto “Centro di Pressione” ed è
completamente definita da tre parametri (vedi figura 1-2): la deportanza (L), ossia
la componente verticale; la resistenza (R) cioè la componente orizzontale e la
distanza da un riferimento fisso (per esempio il bordo d’attacco) del Centro di
Pressione. In questa ricerca, per semplicità, il contributo dato dalla resistenza sarà, a
tutti gli effetti, trascurato. Per inciso, l’errore che si commette trascurando la
presenza della resistenza aerodinamica è stato valutato a posteriori, nel corso della
prova in pista, inferiore al 10%.
DEPORTANZARESISTENZA
Figura 1-2: Il carico aerodinamico agente sull’ala anteriore.
VELOCITÀ
DELL’ARIA
9
Deformazioni
1.4.3 Il Rilevamento Estensimetrico
Il carico aerodinamico sopra visto si trasmette alla vettura mediante due supporti
realizzati in lega d’alluminio (precisamente ERGAL 7075). Per effetto di tale
carico, i supporti stessi si deformano in funzione della forza applicata. Misurando
perciò queste deformazioni, mediante l’impiego di un’apposita sonda non intrusiva
a variazione resistiva (detta “estensimetro”), è possibile risalire, a “ritroso”, ai
carichi originali, dopo un’apposita taratura diretta.
1.5 LA FUNZIONE DI TRASDUZIONE
Volendo determinare i parametri che definiscono la risultante del carico
aerodinamico, a partire dalle deformazioni rilevate dagli estensimetri, è necessario
determinare il legame o la relazione algebrica che intercorre tra i dati d’ingresso (le
deformazioni) e quelli d’uscita (i parametri del carico). L’insieme di tali relazioni
prende il nome convenzionale di “Funzione di Trasduzione” (vedi figura 1-3). La
ricerca di tale funzione rappresenta, appunto, il fine ultimo di questa tesi.
INGRESSO USCITA
Figura 1-3: La Funzione di Trasduzione
FUNZIONE DI
TRASDUZIONE
Carico aerodinamico
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CAPITOLO 2: LA DALLARA F301
Figura 2-1: Una Dallara F301 e, dietro, una Dallara F300. Entrambe
adottano lo stesso tipo di musetto.
2.1 LA VETTURA
La Dallara F301 è una monoposto da competizione realizzata dall’omonima casa
automobilistica italiana su commissione dei team partecipanti ai vari campionati
organizzati, ogni anno, dalla Federazione Internazionale dell’Automobilismo. Gran
parte dei requisiti fisici della vettura vengono rigidamente definiti da precise norme
del Regolamento Tecnico che stabiliscono, ad esempio, che le ruote debbano essere
obbligatoriamente scoperte, con il treno anteriore differente, per dimensioni e
diametro, da quello posteriore. Il telaio della F301 è realizzato in materiale
composito (fibra di carbonio), in grado di conferire alla vettura una grande
rigidezza strutturale senza appesantirla in modo eccessivo. Il regolamento, infatti,
pur stabilendo un limite minimo per il peso complessivo in ordine di marcia (540
Kg) della vettura, non definisce delle norme precise in merito alla ripartizione del
peso stesso, consentendo ai progettisti di distribuire i pesi secondo le rispettive
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esigenze. Per questa ragione, il peso dell’intera struttura portante (telaio, musetto)
non supera i 50 Kg.
Il musetto della vettura, come avviene da un po’ di tempo anche in Formula
1, è rialzato rispetto al piano dell’asfalto, per aumentare la quantità l’aria da
convogliare sotto al suo fondo piatto. Quest’ultimo ha una forma ad imbuto, con la
sezione anteriore più grande di quella posteriore, perciò la velocità dell’aria in
uscita, per il Teorema di Bernoulli, è nettamente superiore che in entrata. La
depressione che si viene a generare determina una forza che schiaccia la monoposto
verso il suolo, forza che si va ad aggiungere alle deportanze dei due alettoni. La
risultante complessiva è talmente elevata da superare la forza di gravità,
permettendo, per assurdo, di viaggiare su di un’immaginaria pista capovolta senza
staccarsi da essa.
Il motore situato posteriormente (subito dietro al sedile del pilota), non deve
superare per regolamento i 2000 cc, non può essere sovralimentato e deve avere al
massimo 4 cilindri. Genera mediamente una potenza di 210HP a 6200 giri al
minuto mentre la coppia max è di 24-26 Kgm a 5700-5900 giri/minuto, con una
velocità massima che s’aggira intorno ai 270 Km/h. Si tratta, ovviamente, di puri
valori di riferimento giacché ogni team è libero di scegliere il motore che
preferisce, pur nel rispetto dei limiti imposti.
La F.I.A. impone norme molto severe per l’omologazione delle vetture che
partecipano ai vari campionati nazionali di Formula 3. Tali norme, oltre a definire
(come abbiamo visto) lo standard di riferimento per i principali parametri che
definiscono i margini di competitività d’ogni singolo team, sono soprattutto dettate
da imprescindibili requisiti di sicurezza atti a tutelare l’incolumità fisica dei piloti.
A questo fine, i prototipi delle vetture vengono preliminarmente sottoposti a una
nutrita serie di test, atti a verificarne l’idoneità strutturale a seguito di urti frontali,
laterali o connessi a un ipotetico ribaltamento delle monoposto.
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Figura 2-2: Dati essenziali della Dallara F301
Peso minimo in ordine di marcia=540kg
Passo=2678 mm
Carr.Ant.=1500mm
Carr.Post.=1430mm
Potenza=210HP a 6200 rpm
Coppia Max=24-26 kgm a 5700-5900rpm
Vmax=270 km/h
Apertura alare ant.=1280mm
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2.2 IL SUPPORTO DELL’ALA ANTERIORE
Figura 2-3: Particolare del musetto di una Dallara F301
Nel corso degli ultimi anni i musetti si sono notevolmente modificati, in parte per
motivi aerodinamici, in parte per motivi strutturali. La prima vettura a modificarlo
sostanzialmente nei primi anni ‘90 fu la Benetton in Formula 1, che ne introdusse
uno parzialmente rialzato definito “a becco d’anatra” per la sua forma insolita.
Poiché il resto del telaio derivava completamente da quello della stagione
precedente, l’attacco tra quest’ultimo e il musetto era posto molto in basso,
costringendo così i progettisti ad incurvarlo in modo notevole.
L’ala era ancora calettata direttamente al musetto perciò, per sfruttare
pienamente l’effetto suolo che si generava tra il profilo e il terreno, gli si diede la
forma ad “ali di gabbiano rovesciate”. Tutto ciò, a parità d’apertura alare, creava
però una deportanza totale inferiore a quella generata dall’ala precedente, poiché la
risultante aerodinamica per ogni semiala, a causa della presenza di una componente
orizzontale, non era più verticale, ma obliqua.
In seguito, nel corso degli anni, i musetti vennero prima completamente
rialzati, riprogettando il resto del telaio in funzione di questa modifica,
posizionando così la parte anteriore dell’abitacolo più in alto, costringendo così i
piloti ad una posizione maggiormente “sdraiata”. Successivamente però, i
progettisti ritennero di dover modificare ancora la forma dell’ala, abbandonando la
forma ad ali di gabbiano e riproponendo, in sostanza, la vecchia soluzione ad ala
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“dritta”, orizzontale e posizionato in prossimità dell’asfalto, per sfruttare
maggiormente “l’effetto suolo”. Si rese così necessario separare l’ala dal corpo
della vettura, introducendo dei supporti verticali che colleghino l’ala stessa, posta in
basso, con il musetto più in alto.
Nella Dallara F301, come si vede dalla fotografia, si fa uso di quest’ultima
soluzione, con due supporti in lega d'alluminio (Ergal 7075) “nascosti”, per
questioni aerodinamiche, da due carenature in fibra di carbonio. I supporti sono
fissati alla parte inferiore del musetto e al dorso dell’ala mediante giunzioni
filettate, e non rappresentano un blocco unico come avviene nelle vetture della
Formula 1. Si tratta di una scelta dettata da più motivi quali la semplicità e la
rapidità di montaggio. Inoltre, in caso di rottura o incidente, è sufficiente cambiare
solo la parte danneggiata (es. l’ala), e non l’intero “blocco”.
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2.3 I MATERIALI
A differenza del resto della struttura portante che, come abbiamo visto, è costruito
in fibra di carbonio, i supporti dell’ala anteriore sono realizzati con una lega
particolare di alluminio: l’ERGAL 7075, le cui caratteristiche sono riportate nella
pagina seguente. Tra tutte le leghe d’alluminio è quella con le caratteristiche
meccaniche fra le più elevate e viene impiegata principalmente nell'industria
aeronautica e in quella automobilistica.
La scelta di utilizzare un supporto in lega d’alluminio è tutt’altro che scontata: in
molte altre applicazioni automobilistiche (come in Formula 3000, ad esempio) si
preferisce impiegare altri materiali (per lo più compositi). Uno dei vantaggi di tale
scelta sta nella facilità di realizzazione del pezzo in questione: a differenza dei
supporti in materiale composito, quello della Dallara F300 è stato ottenuto con una
fresatura a controllo numerico, procedura che semplifica ulteriormente la
lavorazione poiché caratterizzata da un elevato livello d’automazione. Per di più,
l’Ergal 7075 si presta bene alla lavorazione con macchine automatiche, a dispetto
delle altre leghe che tendono a formare un truciolo continuo che s'avvolge
facilmente attorno all'utensile, obbligando l’operatore ad interrompere il lavoro per
asportarlo. Si tratta di una caratteristica di non poco conto che rende l’ERGAL una
lega d’alluminio decisamente superiore rispetto alle altre.