Premessa
2
Oggetto di questa ricerca è lo studio del mercato internazionale ed italiano
dei mezzi tecnici per l’agricoltura i quali, all’interno del contesto dinamico appena
richiamato, rappresentano una componente fondamentale per completare il quadro
del sistema agroindustriale e determinarne le tendenze evolutive in atto.
Naturalmente i mezzi tecnici impiegati in agricoltura si differenziano per
molteplici fattori quali l'origine – che può essere industriale, naturale o agricola
(nel caso dei reimpieghi) –, la destinazione economica (tra consumi intermedi e
beni di investimento) ed infine i comparti produttivi di impiego (che possono essere
coltivazioni, allevamenti, o entrambi).
In questa sede verranno presi in considerazione solamente i mezzi tecnici,
siano essi beni di consumo intermedio o di investimento, che provengono da
processi di lavorazione industriale e che hanno nella produzione agricola la loro
destinazione finale, sia esclusiva che prevalente, ma comunque identificabile.
In particolare si farà riferimento ai prodotti fitosanitari, ai fertilizzanti ed alle
sementi. Tali settori, oltre che dall’origine industriale sono accomunati dalla
destinazione prevalentemente agricola dei propri prodotti. Si riscontra comunque
una notevole segmentazione interna che comporta un elevato grado di complessità
dell’analisi. Così i fertilizzanti vengono suddivisi nelle categorie principali tra
azotati, fosfatici e potassici; i fitofarmaci in erbicidi, fungicidi ed insetticidi; le
sementi in cerealicole, orticole, barbabietola, ecc.
Dei fattori produttivi considerati occorre rilevare in primo luogo
l’importanza assunta in termini economici assoluti: il valore del mercato a livello
mondiale sfiora i 34 miliardi di euro per i prodotti agrochimici ed i 27 miliardi di
euro per le sementi, mentre in Italia gli agricoltori spendono per l’acquisto di
sementi, fitofarmaci e fertilizzanti in media 2 miliardi di euro all’anno, pari a circa
1/6 del totale dei consumi intermedi agricoli nazionali.
Tuttavia il ruolo principale svolto dalle produzioni agro-bio-chimiche non
riguarda tanto il loro ammontare, quanto la loro natura di beni intermedi
essenziali per la produzione agricola. In quest’ottica le caratteristiche dei mercati
presi in esame rivestono un’importanza strategica in merito alla allocazione delle
risorse nel settore primario.
In particolare dal lato dell’offerta industriale si riscontrano marcati
fenomeni di concentrazione e di ricerca di posizioni di dominio su mercati sempre
più ampi, mentre il rapido progresso tecnologico e la conseguente crescita di
produttività inducono la tendenza alla discesa dei prezzi reali dei prodotti agricoli.
Allo stesso tempo l’ampio ricorso ai mezzi chimici osservato in passato e la
recente massiccia commercializzazione di prodotti modificati geneticamente hanno
avuto un forte impatto sull’interesse dell’opinione pubblica e dei governi in
Premessa
3
relazione a problematiche rilevanti, quali la salvaguardia dell’ambiente e la tutela
della salute dei consumatori. Per questo si assiste ad una importante attività di
regolamentazione da parte delle istituzioni internazionali che condiziona
significativamente entrambi i lati dei settori in esame.
In considerazione di questi fattori, la presente ricerca ha inteso analizzare le
dinamiche strutturali e le condizioni operative del mercato dei mezzi tecnici per
l’agricoltura, cercando di evidenziare le complesse relazioni esistenti tra i vari
soggetti coinvolti – istituzioni, venditori e acquirenti – sia a livello internazionale
che in Italia.
Nel primo capitolo vengono presentati i principali riferimenti teorici inerenti
lo studio dei mercati e le condizioni di concorrenza, insieme ad una rassegna dei
più importanti modelli sulla struttura del mercato, l’esercizio del potere
monopolistico e dei conseguenti effetti in termini di efficienza produttiva ed
allocativa delle risorse. Tra i vari strumenti di analisi presi in esame, particolare
attenzione viene rivolta all’approccio “Struttura–Comportamento–Performance”
caratteristico dell’economia industriale tradizionale, che pare offrire lo schema
teorico di riferimento più utile per lo studio del mercato oggetto di indagine.
Traendo quindi spunto dalla chiave di lettura offerta dal paradigma S-C-P la
trattazione che segue si propone di evidenziare gli elementi strutturali del settore,
gli orientamenti strategici delle industrie e le tendenze in atto nella domanda, così
da fornire una valutazione complessiva della performance del mercato in termini di
efficienza ed equità nella distribuzione delle risorse.
In merito alle caratteristiche strutturali del settore è ritenuto essenziale
delineare dapprima il quadro istituzionale e normativo che regolamenta la
produzione e l’utilizzo dei prodotti agrochimici. Tale argomento viene dunque
affrontato nel secondo capitolo. La trattazione si svolge essenzialmente su tre
livelli, considerando sia il sistema di regole proposto a livello internazionale
nell’ambito di istituzioni quali la FAO, l’OCSE e il WTO, sia le differenti politiche
attuate a livello regionale dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, per concludere
infine con un cenno alla regolamentazione di aspetti più specifici e rilevanti ai fini
della presente ricerca quali la qualità e la certificazione delle sementi e la tutela
della proprietà intellettuale.
Lo studio delle condizioni strutturali del mercato, prosegue analizzando
separatamente il lato dell’offerta e quello della domanda, rispettivamente nel terzo
e nel quarto capitolo.
Per quanto attiene l’offerta, l’esame della configurazione industriale si
focalizza in particolare sulle condizioni operative, il processo di concentrazione e
le strategie di mercato delle principali imprese, evidenziando le peculiarità dei
Premessa
4
singoli comparti dei prodotti fitosanitari, fertilizzanti e sementi, sia a livello
internazionale che italiano.
Il quarto capitolo si propone di determinare la struttura e le condizioni
operative del mercato dal lato della domanda ed è pertanto introdotto da una
discussione dei principali elementi ritenuti rilevanti della teoria economica in
relazione all’impiego dei fattori di produzione variabili ed al ruolo del progresso
tecnologico in agricoltura. In seguito si passa a considerare la differente struttura
dei principali modelli di produzione a livello internazionale e l’evoluzione e la
distribuzione regionale di alcune delle più importanti colture estensive e l’utilizzo
degli input nei differenti sistemi agricoli. Il quadro del settore è completato
dall’analisi dei flussi commerciali per prodotto ed area di riferimento.
Infine nel quinto capitolo viene condotta una analisi comparata di tre mercati
italiani (sementi di barbabietola, mais e frumento duro) con l’intento di
evidenziarne le differenti caratteristiche strutturali e le condizioni operative, sia in
merito alle forme organizzative del mercato, sia in riferimento alla composizione
dell’offerta industriale da un lato e della domanda agricola dall’altro e sia, infine,
per quanto attiene l’importanza dell’attività di ricerca e selezione varietale,
attraverso un’elaborazione dei dati relativi alle iscrizioni al Registro Nazionale
delle Varietà delle Specie Agrarie del Ministero delle Politiche Agricole e
Forestali.
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
5
CAP. 1 - IMPRESA E MERCATO NELLA TEORIA
ECONOMICA
«La teoria dell'oligopolio fornisce uno dei più
chiari esempi di disagio in microeconomia.
È qui che il contrasto tra
un approccio che prescinde dalle istituzioni
e un approccio ricco di dettagli è più evidente.
Non esiste la teoria dell'oligopolio.
Vi sono pezzi di modelli: alcuni ben analizzati,
altri scarsamente indagati.»
M. Shubik
1
INTRODUZIONE
L’affermazione dell’economia come disciplina scientifica autonoma è
avvenuta parallelamente allo sviluppo del sistema di mercato nelle economie
occidentali, con l’accumulazione del capitale in mani private e la crescita massiccia
del sistema industriale di fabbrica. Il primo trattato organico sull’economia di
mercato è senza dubbio la Ricchezza delle nazioni di A. Smith e dal 1776, data
della prima pubblicazione di quest’opera, fino ai giorni nostri la maggior parte degli
studi economici, sia teorici che empirici, si sono concentrati sulle caratteristiche del
mercato: ora focalizzandosi sul lato della produzione, ora su quello del consumo,
ma soprattutto tentando di identificare i rapporti di interazione tra domanda ed
offerta, le caratteristiche di tale equilibrio (o “disequilibrio”) ed i relativi effetti per
gli agenti economici in termini di efficienza nell’allocazione delle risorse.
Nonostante ciò, non è affatto compito agevole pervenire ad una definizione
accurata ed univoca di “mercato”, sia a causa della varietà delle teorie economiche
sviluppate nel corso degli anni, sia per la eterogeneità e la dinamicità osservata nei
mercati reali nel tempo e nello spazio.
1
Shubik M. (1970) A Curmondgen’s Guide to Microeconomics, Journal of Economic Literature
(pag. 415).
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
6
Un primo approccio formale è quello proposto da Hibbard
2
il quale negli anni
trenta, in seguito a lunghe e contese discussioni dottrinali, giunse alla conclusione
che: «il mercato è l’ambiente entro il quale operano le forze che determinano il
prezzo di un prodotto» («a market is the sphere within which price-making forces
act»).
Qualche tempo dopo Converse e Huegy
3
, pur accettando tale definizione
hanno ritenuto opportuno includere in essa anche il ruolo del tempo. Negli anni
successivi molti altri autori hanno cercato di perfezionare ulteriormente questa
formulazione, tuttavia ai fini del presente lavoro pare importante evidenziare solo i
fattori principali che caratterizzano il “mercato” nell’ambito di questa prima
concezione formale. In estrema sintesi è infatti possibile ricondurre gran parte delle
definizioni a tre elementi fondamentali:
1. numerosità e condotta degli agenti economici coinvolti nell’atto dello scambio:
produttori, venditori, intermediari e acquirenti;
2. le caratteristiche del bene o servizio che viene negoziato, in relazione sia alla sua
qualità che alla quantità scambiata;
3. le modalità dello scambio con cui avviene il trasferimento del bene o servizio,
che fanno riferimento soprattutto ai meccanismi di determinazione del prezzo,
ma anche alle operazioni di commercializzazione del prodotto, alla dimensione
geografica e temporale dello scambio.
E’ tuttavia evidente che tale orientamento, pur offrendo riferimenti utili alla
definizione teorica dei mercati in termini generali, poco si presta a classificare e
delimitare il campo di indagine delle ricerche di carattere più empirico. Per questo
motivo un secondo approccio frequentemente utilizzato negli studi economici è
quello che identifica il mercato con l’idea di “settore produttivo”, così che i diversi
mercati vengono individuati sulla base della tassonomia adottata per descrivere i
settori industriali. A loro volta i settori sono distinti principalmente sulla base di
due criteri che hanno per elemento caratterizzante la merce prodotta (il cosiddetto
criterio del prodotto) e i metodi di produzione utilizzati (il criterio tecnologico).
2
Hibbard B.H. (1948) Agricultural economics, McGraw-Hill, New York, pag. 158.
3
Converse P., Huegy H.W. (1950) The elements of marketing, 6
a
Ed. Prentice-Hall, inc. New York.
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
7
Sulla base del criterio del prodotto si includono in un determinato settore – e
dunque in un dato mercato – tutte quelle imprese i cui prodotti sono abbastanza
simili da risultare sostituti in senso stretto agli occhi dei consumatori. Generalmente
il grado di sostituibilità viene espresso in termini dell’elasticità incrociata della
domanda rispetto al prezzo
4
. Se però questo criterio è applicabile senza difficoltà in
presenza di prodotti sostanzialmente omogenei (mercati vicini all’ipotesi di
concorrenza perfetta), sorgono numerosi problemi nel caso di prodotti che siano
differenziati agli occhi dei consumatori (concorrenza monopolistica). In
quest’ultimo caso, infatti, è estremamente difficile determinare con precisione in
quale misura le merci di imprese diverse debbano essere tra loro sostituibili per
potere essere raggruppate nello stesso settore.
Secondo il criterio tecnologico, invece, un settore – e dunque un mercato –
include tutte le attività produttive che impiegano processi di produzione simili
rispetto alle tecniche adottate oppure alle materie prime utilizzate. Anche questo
criterio come il precedente, tuttavia, presenta difficoltà di applicazione e soprattutto
risulta problematico determinare il grado di similarità dei processi produttivi. In
particolare in presenza di imprese dotate di più impianti con accesso a diversi
mercati, o nel caso di un medesimo impianto che produce più beni destinati a
mercati diversi, il criterio in oggetto può dare luogo a classificazioni ambigue.
In concreto, dunque, i mercati possono subire classificazioni sensibilmente
differenti a seconda che venga applicato un criterio piuttosto che l’altro. Inoltre
anche nell’ambito della stessa metodologia di definizione è possibile pervenire a
ripartizioni differenti in conseguenza dell’utilizzo di parametri più o meno rigidi ai
fini dell’individuazione della sostituibilità dei prodotti o della similarità delle
tecnologie. Pertanto nella maggior parte dei casi la determinazione del mercato di
riferimento avviene in considerazione delle caratteristiche dell’oggetto dello studio
ed in funzione delle finalità della ricerca stessa, oltre che del contesto istituzionale e
normativo in cui il mercato è inserito.
Una volta definito il mercato, grande importanza è assunta dalle forme che
esso può assumere in relazione alle caratteristiche dei tre elementi fondamentali
sopra descritti: numero e comportamento degli operatori, tipi di prodotti e modalità
dello scambio. Si individuano così i modelli teorici di concorrenza perfetta,
concorrenza monopolistica, oligopolio e monopolio (monopsonio). In virtù delle
4
L’elasticità incrociata della domanda del bene i rispetto al prezzo del bene j è definita come
e
i,j
= (dq
i
/dp
j
)*(p
j
/q
i
).
Per e
i,j
> 0 i beni sono detti succedanei;
per e
i,j
= 0 i beni sono detti indipendenti;
per e
i,j
< 0 i beni sono detti complementari.
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
8
diverse ipotesi sulla struttura del mercato e sul comportamento degli operatori, tali
modelli hanno lo scopo di descrivere il funzionamento dei mercati reali e le
corrispondenti proprietà in termini di efficienza nella allocazione delle risorse
all’interno del sistema economico.
Con il progredire della scienza economica e la parallela evoluzione dei
mercati reali in conseguenza dello sviluppo industriale e tecnologico, le diverse
scuole di pensiero hanno elaborato negli anni teorie differenti in merito alle varie
forme di mercato. Al contempo, anche nell’ambito di una medesima scuola autori
diversi attribuiscono significati e ruoli teorici diversi alle tipologie ed agli elementi
costitutivi dei mercati.
L’obiettivo di questo capitolo è dunque quello di richiamare i tratti salienti
della visione del mercato nell’ambito delle principali correnti dottrinali finora
sviluppate seguendo la loro evoluzione storica: dai fondamenti posti dagli autori
classici (Smith, Ricardo,…), attraverso i contributi delle teorie marginaliste
(Cournot, Edgeworth, Marshall,…) per arrivare all’approccio dell’economia
industriale (anticipato dagli studi di Chamberlin, poi introdotto formalmente da
Mason e Bain, con le varianti proposte dalla scuola di Chicago) ed infine a quello
più recente della cosiddetta “nuova economia industriale empirica” (Spence,
Stiglitz, Dixit, Bresnahan, Schmalensee,…). Alla luce di questa rassegna sarà
quindi possibile scegliere criticamente gli strumenti teorici da applicare nello studio
del mercato dei mezzi tecnici per l’agricoltura che verrà svolto nei capitoli
successivi.
1.1 CONCORRENZA E MERCATO NELLA VISIONE DEI CLASSICI E
DEI MARGINALISTI
L’economia politica è senza dubbio una scienza “giovane” la cui nascita,
come accennato in precedenza, può essere ricondotta a poco più di due secoli fa con
la pubblicazione della Ricchezza delle nazioni di A. Smith (1776). In questo
periodo di tempo relativamente breve lo studio dell’economia si è comunque
arricchito di una grande varietà di contributi e sono stati elaborati molteplici
indirizzi di ricerca.
Il processo evolutivo della scienza economica non è però di tipo
“darwiniano”, cioè un processo in cui l’ultimo anello della catena contiene in sé
tutti gli sviluppi precedenti. Piuttosto essa può essere vista come il risultato dello
scorrere di due filoni di pensiero originari, che a volte si contrappongono
nettamente tra loro, altre volte si sovrappongono e altre ancora si diramano dando
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
9
vita a nuove elaborazioni; questi filoni sono costituiti dal pensiero “classico” e da
quello “marginalista”.
La linea classica raccoglie contributi anche lontani tra loro che pongono il
processo di produzione e l’interdipendenza dei diversi processi al centro del sistema
economico. La linea marginalista riunisce invece quei contributi che si concentrano
sulla relazione diretta esistente tra fattori originari di produzione e fattori finali.
Dunque mentre nella linea classica il momento centrale del discorso economico è la
produzione, il centro del sistema marginalista è lo scambio.
1.1.1 Principio di concorrenza e struttura del mercato
Tra tutti concetti su cui si basa la teoria economica, probabilmente non ve ne
è uno altrettanto diffuso e pervasivo, ma al contempo ambiguo e non
adeguatamente sviluppato quale quello di “concorrenza”. Pur trattandosi di un
punto di riferimento spesso considerato ideale nelle scelte di politica economica e
nonostante il rigoroso impianto analitico che la contraddistingue, infatti, la nozione
di concorrenza può assumere varie accezioni ed è difficile fornirne una definizione
univoca e compiuta.
L’idea di concorrenza è entrata nella scienza economica attraverso l’uso
intuitivo del termine nel linguaggio comune per indicare semplicemente la rivalità
esistente tra due o più soggetti
5
. Già a partire dal XVII secolo vari autori quali
Cantillon (della scuola mercantilista), Turgot (per i fisiocratici) e Hume avevano
fatto riferimento alla competizione tra i venditori di una data merce individuando in
essa uno degli elementi fondamentali nel meccanismo di fissazione dei prezzi ad un
livello appena superiore a quello dei costi e dunque al livello più basso sostenibile
nel lungo periodo
6
.
Solo più tardi però tale intuizione venne sistematizzata ad opera di Smith
all’interno della concezione classica fondata sulla dicotomia tra i prezzi “naturali”
(il livello medio basato sul costo di produzione del bene) ed i prezzi “di mercato”
(ottenuti dall’incontro tra domanda e offerta e fluttuanti attorno ai prezzi naturali).
Smith infatti si riferiva alla concorrenza come alla competizione che si crea tra i
5
Stigler G.J. (1957) Perfect competition historically contemplated, Journal of Political Economy 65,
parte 1.
6
Mc Nulty P.J. (1967) A note on the history of perfect competition, Quarterly Journal of Economics
75, parte 1.
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
10
venditori in corsa per collocare sulla piazza la propria merce in presenza di un
eccesso di offerta e che si concretizza nell’abbassamento del prezzo di mercato
7
.
La concorrenza è pertanto una lotta condotta individualmente
8
dai vari
venditori presenti sul mercato per assicurarsi la supremazia nel mercato stesso. Si
tratta cioè di una reazione alle mutate condizioni di mercato e quindi di un processo
che porta ad un nuovo equilibrio. Un processo benefico per la società nel suo
complesso, a condizione che i soggetti abbiano piena libertà di portarlo a
compimento. Se infatti non vi sono ostacoli al trasferimento delle risorse (capitale e
lavoro), esse si sposteranno verso i settori a più alta redditività inducendo la
tendenza all’uguaglianza di tutti i saggi di profitto. In ultima analisi ciò provoca
l’annullamento degli iniziali vantaggi attraverso la convergenza dei prezzi di
mercato delle merci prodotte (guidati da una “mano invisibile”) verso i loro prezzi
naturali.
In sostanza la visione dei classici si sviluppa intorno all’idea di concorrenza
intesa come rivalità espressa da Smith e si caratterizza per alcuni elementi
fondamentali
9
:
ξ i soggetti economici devono operare in modo indipendente tra loro, non in modo
collusivo;
ξ il numero degli operatori deve essere tale da non consentire guadagni più che
normali;
ξ gli agenti devono possedere un livello di informazione sufficientemente
completo riguardo all’impiego delle risorse ed alle opportunità del mercato;
ξ non vi devono essere ostacoli per gli operatori ad agire in base alle informazioni
di cui dispongono;
ξ occorre un certo periodo di tempo affinché si realizzi l’allocazione delle risorse
desiderata
10
.
Pare opportuno sottolineare a questo punto come “libera concorrenza”
significhi dunque in primo luogo libertà di movimento delle risorse e libertà per
ciascun operatore di agire in base ai propri interessi. Le condizioni di concorrenza
7
All’opposto ci si può riferire ad una corsa tra gli acquirenti per assicurarsi il bene nel caso di una
scarsa produzione, con il conseguente aumento del prezzo.
8
Smith A. (1937) An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations, New York,
Modern Library (trad. italiana, Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni,
Milano, 1973 ISEDI).
9
Stigler G.J. (1957) Perfect competition historically contemplated, Journal of Political Economy 65,
parte 1.
10
Riconoscendo che normalmente nel breve periodo le risorse hanno mobilità nulla e ipotizzando la
tendenza ad uguagliare i saggi di profitto in tutti i settori sotto la condizione di assenza di ostacoli
al trasferimento delle risorse, Smith ammette che i processi dei mercati concorrenziali danno pieni
frutti solo nel lungo periodo.
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
11
non sono quindi date tanto dalla numerosità delle imprese presenti sul mercato,
quanto dalla assenza di restrizioni ai meccanismi di mercato ed alla tendenza
all’uguagliamento dei tassi di profitto tra i vari settori. Come vedremo nei paragrafi
successivi, in questo stesso contesto si inseriscono elementi più recentemente
sviluppati dall’economia industriale quali il ruolo delle barriere all’entrata e la
concorrenza potenziale (teoria dei mercati contendibili di Baumol
11
).
Come già si è osservato, dunque, l’opera di Smith non è tanto da apprezzare
per i nuovi contenuti apportati alla concezione di concorrenza, quanto per la sua
capacità di formalizzarla ed inserirla stabilmente nell’apparato concettuale classico,
tanto da fare coincidere il principio di concorrenza con il principio organizzatore
del sistema economico e farlo quindi divenire il fondamento della stessa analisi
economica. Così Ricardo dichiarerà di volere limitare la propria analisi solo a
quelle situazioni in cui la concorrenza opera senza restrizioni
12
(«those situations in
which competition operates without restraints») e Mill
13
sosterrà che solo attraverso
il principio di concorrenza l’economia politica può vantare la pretesa di assumere il
carattere di scienza(«only through the principle of competition has political
economy any pretension to the character of a science»).
Lo schema teorico classico della concorrenza appena descritto non venne
sostanzialmente modificato né seriamente criticato per molti anni dalla
formulazione data da Smith. Fu solo con l’inizio dell’applicazione del metodo
matematico all’economia nel XIX secolo che iniziò ad emergere un nuovo concetto
di concorrenza, di tipo fondamentalmente strutturale.
Con l’avvento della teoria neoclassica infatti viene respinta l’idea che le
merci abbiano un valore dato a priori e scompare l’idea di ordine naturale
dell’economia realizzato dalle forze impersonali della concorrenza. Si ritiene
invece che il livello dei prezzi e la conseguente allocazione delle risorse sia il
risultato dei comportamenti individuali e delle loro interazioni.
Così, se da un lato per i classici l’analisi della concorrenza ha l’obiettivo di
spiegare non il livello dei prezzi di mercato, bensì come essi (sotto le condizioni
sopra descritte) tendono ai prezzi naturali, dall’altro lato per i neoclassici si tratta di
spiegare invece la formazione dei prezzi di mercato attraverso lo studio delle
diverse forme in cui le azioni individuali possono interagire sul mercato.
11
Baumol W. (1948) Contestable markets: an uprising in the theory of industry structure, American
Economic Review 72, pagg. 1-15;
Baumol W., Panzar J., Willing R.D. (1982) Contestable markets and the theory of industry
structure, Harcourt Brace Jovanovich, New York.
12
Ricardo D. (1955) Principles of political economy and taxation, J.M. Dent & Sons, London.
13
Mill J.S. (1864) Principles of political economy, D. Appleton, New York.
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
12
In questa visione la teoria neoclassica individua varie forme di situazioni
concorrenziali in corrispondenza delle diverse strutture di mercato ed emerge così
la distinzione tra concorrenza “perfetta” e concorrenza “imperfetta”, intendendo
inizialmente riferire quest’ultima categoria alle condizioni di oligopolio e
monopolio.
Storicamente la teoria della concorrenza perfetta è stata il nucleo attorno al
quale si è poi sviluppata l’analisi delle altre forme di concorrenza ed il primo
economista neoclassico ad occuparsene fu Cournot
14
. Questi, seguendo l’approccio
matematico ed assumendo che gli agenti economici adottino un comportamento
ottimizzante, muove il suo ragionamento a partire dal problema della
massimizzazione dei profitti dell’impresa i-esima:
])*[(][ iii cqpMaxMax Σ
La corrispondente condizione di ottimo richiede l’uguaglianza a zero della
derivata dei profitti ( Σ
i
) rispetto alla quantità prodotta (q
i
):
0
])*[(
i
ii
i
i
dq
cqpd
dq
d Σ
Per potere calcolare questa equazione è necessario stabilire la relazione
esistente tra il prezzo di vendita (p) e le quantità prodotte (q
i
). Cournot definisce
quindi la concorrenza perfetta come la situazione di mercato in cui la quantità
prodotta dalla singola impresa non influenza il prezzo di mercato (ciascuna impresa
fronteggia una curva di domanda orizzontale):
0
i
dq
dp
Pertanto la condizione di ottimo impone l’uguaglianza del prezzo al costo
marginale:
'
0
i
i
i
i
i
i
i
c
dq
dc
p
dq
dc
p
dq
d
Σ
E’ possibile notare come tale definizione sia di gran lunga più precisa ed
elegante di quella elaborata dagli autori classici. Se infatti l’obiettivo di Cournot era
quello di descrivere nella maniera più rigorosa possibile gli effetti della
14
Cournot A. (1929) Researches into the mathematical principles of the theory of wealth, Translated
by Bacon, Macmillan Co., New York.
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
13
concorrenza, il suo impianto analitico ha successo, riuscendo inoltre a definire le
forme di concorrenza imperfetta come deviazioni dall’ideale di concorrenza
perfetta.
In particolare, secondo Cournot, un mercato devia dalle condizioni di
“perfezione” nella misura in cui il prezzo è al di sopra del costo marginale
dell’impresa
15
. Al contrario tale differenza tende ad azzerarsi all’aumentare del
numero di imprese presenti sul mercato. Ipotizzando infatti che tutte le imprese
abbiano gli stessi costi marginali, la condizione di ottimo della singola impresa può
essere riscritta come:
0'*
i
i
c
dq
dp
qp
dq
d
i
Σ
(1) '* c
dq
dp
qp i
Passando a considerare l’intera industria, supponendo che sia formata da n
imprese e che la quantità di output complessivamente prodotta sia q=n*q
i
, la
condizione aggregata diviene:
'** * cn
dq
dp
qpn
Che può essere riscritta in termini di elasticità della domanda di mercato
rispetto al prezzo ( Η) come segue, evidenziando la relazione inversa esistente tra
numero di imprese ed il differenziale tra il prezzo ed il costo marginale:
(2)
Η*
'
n
p
cp
In sostanza, anche se occorreranno numerosi ulteriori contributi per
completare e raffinare questo impianto teorico (in particolare quelli di Jevons,
Edgeworth, Clark e Knight), con Cournot prende forma la concezione “moderna”
della concorrenza fondata su di uno schema analitico rigoroso. Tuttavia, prima di
procedere ad evidenziarne i tratti principali pare opportuno soffermarsi ancora sulla
novità concettuale introdotta rispetto alla trattazione dei classici.
Come detto in precedenza, per Smith la concorrenza è un processo
attraverso il quale viene raggiunto un risultato noto, costituito dalla convergenza
dei prezzi di mercato ai prezzi naturali e, quindi, ai costi di produzione. Si tratta
quindi della condotta seguita dagli agenti economici in competizione tra loro: è un
concetto di disequilibrio dove il prezzo è una delle variabili di azione dal punto di
15
Per una trattazione più completa si veda il paragrafo 1.2.5.
Cap. 1 - Impresa e mercato nella teoria economica
14
vista della singola impresa. Con Cournot invece la concorrenza non è più un
processo, piuttosto uno stato: essa si lega alla struttura stessa del mercato e viene a
coincidere con una situazione di equilibrio in cui il prezzo è semplicemente un
parametro per la singola impresa. Le due concezioni sono dunque profondamente
differenti, rispecchiando esattamente la differenza esistente tra una situazione di
equilibrio ed il percorso, la forza che vi conduce.
Il tema della relazione tra struttura del mercato e concorrenza introdotto da
Cournot venne successivamente ripreso e sviluppato da diversi altri autori a partire
dalla fine del XIX secolo, divenendo uno degli elementi centrali nella analisi
neoclassica.
In particolare si deve a Jevons
16
l’esame del ruolo svolto dall’informazione
all’interno dei mercati («un mercato è teoricamente perfetto solo quando tutti gli
operatori hanno perfetta informazione riguardo alle condizioni di domanda ed
offerta e del prezzo che ne consegue») mentre Edgeworth
17
fu il primo a fornire una
trattazione sistematica e rigorosa in termini analitici della concorrenza.
La maggior parte degli altri economisti del periodo che si avvalevano del
metodo matematico non furono in grado di sviluppare ulteriormente l’analisi di
Edgeworth. In effetti solo due requisiti dovevano essere aggiunti alle condizioni
formalizzate da Edgeworth per arrivare alla moderna concezione di concorrenza
perfetta: la completa mobilità delle risorse ed il riferimento ad un modello di
economia stazionaria. Entrambi gli elementi furono presentati autorevolmente da
Clark alla fine del secolo
18
.
Due decenni più tardi, fu F. Knight
19
che - intendendo definire la natura di
una economia in presenza di completa informazione come condizione preliminare
della sua analisi sugli effetti dell’incertezza - fornì la trattazione più completa sulla
concorrenza perfetta, riunendo in essa i requisiti di perfetta informazione e mobilità
delle risorse, divisibilità e omogeneità dell’output e assenza di comportamenti
collusivi.
Tuttavia lo stesso Knight non fornì un elenco di condizioni minime volte a
definire un mercato perfettamente concorrenziale. Le assunzioni minime di un
modello teorico possono infatti essere elencate con precisione solo quando la teoria
relativa a quel modello è completamente nota, mentre la teoria della concorrenza
perfetta è aperta ad una vasta gamma di problemi e richiede adattamenti ed
elaborazioni in funzione dei casi a cui viene applicata.
16
Jevons W.S. (1882) The state in relation to labour, Macmillan Co., London.
17
Edgeworth F.Y. (1881) Mathematical physics, E. Kegan Paul, London.
18
Clark J.M. (1899) The distribution of wealth, Macmillan, New York.
19
Knigth F. (1921) Risk uncertainty and profit, Harper & Bros., New York.