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Vi è infine una domanda in aggiunta a quella per l’abitazione principale che, a
differenza dei due casi precedenti, è mossa da finalità di investimento. Ciò
avviene quando i proprietari ricercano la remunerazione delle spese sostenute per
l’acquisto immobiliare, cedendo in affitto ad altre famiglie le abitazioni
“supplementari”. Il fenomeno delle “seconde case”, che tanto sviluppo ha avuto
durante gli anni ’80, si deve invece far rientrare nella domanda per il consumo di
servizi abitativi, poiché questi immobili, spesso destinati a rimanere vuoti per
lunghi periodi dell’anno, vengono solitamente impiegati come soggiorni per le
vacanze.
D’altronde i proprietari di immobili residenziali rappresentano potenzialmente
una buona parte dell’offerta. La vendita dell’abitazione di proprietà può essere
motivata sia dalla necessità di cambiare l’alloggio occupato, sia dall’esigenza di
disinvestire il capitale immobilizzato. Tuttavia queste abitazioni in vendita sono
di “seconda mano”, cioè usate. Il ruolo dell’offerta di nuove abitazioni è invece
ricoperto dalle imprese di costruzione.
In realtà, è difficile separare il mercato delle abitazioni di nuova edificazione
dal mercato delle abitazioni di seconda mano. Non esiste infatti una netta
distinzione tra una domanda del prodotto nuovo ed una domanda dell’usato.
Spesso un’abitazione ristrutturata è del tutto paragonabile, nelle
caratteristiche fisiche ed anche nel prezzo, ad un immobile appena completato e
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situato nella medesima zona. E’ inoltre agevole constatare una forte correlazione
nell’andamento dei prezzi delle abitazioni nuove e di quelle di seconda mano.
Scopo della tesi è quello di costruire un modello di tipo macroeconomico in
grado di spiegare a livello nazionale la variazione dei prezzi reali riscontratisi nel
mercato di tutte le abitazioni (nuove ed usate) durante gli anni ’80 e ’90.
Nel primo capitolo il mercato italiano delle abitazioni è posto a confronto con
quello della Gran Bretagna, degli Stati Uniti e della Germania. Dopo una breve
descrizione dell’andamento dei prezzi, l’attenzione viene concentrata sul sistema
del credito e sull’imposizione fiscale gravante sugli immobili nei paesi
esaminati.
Successivamente (secondo capitolo) è illustrata l’evoluzione dei modelli
teorici, sia di tipo microeconomico, sia di tipo macroeconomico, che sono stati
elaborati nella letteratura economica per la domanda e/o per l’offerta delle
abitazioni.
I dati disponibili sui prezzi e sulle compravendite immobiliari per l’Italia e per
le principali città italiane hanno costituito l’oggetto di un’analisi descrittiva nel
terzo capitolo. E’ bene precisare che le compravendite, a causa della brevità della
loro serie storica, non sono state poi inserite nel modello applicativo.
La serie dei prezzi nazionali delle abitazioni utilizzata nel modello è quella
costruita da Nucci (1996) sulla base di un procedimento di aggregazione delle
quotazioni locali di mercato pubblicate dalle riviste di settore. I prezzi, espressi
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per metro quadrato, sono relativi alle abitazioni nuove/ristrutturate e la cadenza
temporale della serie è di tipo semestrale.
La forma econometrica impiegata nel quarto capitolo per spiegare la
variazione dei prezzi immobiliari è quella di un modello di correzione dell’errore
(ECM: Error Correction Model). Ciò significa che le variabili esplicative
considerate nei livelli consentono di individuare la relazione di lungo periodo
che guida i prezzi reali. Le variabili espresse nelle differenze prime
contribuiscono invece a determinare gli aggiustamenti di breve periodo che
caratterizzano la dinamica dei prezzi.
La relazione di lungo periodo può essere interpretata come una funzione di
eccesso di domanda, la quale, con il valore verificatosi al tempo t-1, contribuisce
a spiegare la variazione dei prezzi al tempo t. Se da una parte un eccesso di
domanda positivo rappresenta la causa di un incremento, dall’altra parte un
eccesso di domanda negativo (ossia un eccesso di offerta) determina una
riduzione dei prezzi di mercato.
L’eccesso di domanda è quindi definito come una combinazione lineare delle
variabili che condizionano la domanda e l’offerta delle abitazioni. Chiaramente
ci si attende un segno positivo (negativo) per le stime dei parametri associati alle
variabili che favoriscono la domanda (l’offerta) e/o deprimono l’offerta (la
domanda).
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Dal lato della domanda un ruolo di primo piano va assegnato alle disponibilità
economiche e finanziarie degli acquirenti. Una variabile sufficientemente adatta
per esprimere questo fattore può essere costituita da una misura del reddito
permanente. Questa è stata calcolata come una media dei termini ritardati del
reddito disponibile netto del settore privato, aggiustato secondo la correzione
hicksiana.
Lo stock delle abitazioni è indicato dalla letteratura economica come la
variabile in grado di rappresentare l’offerta. Poiché i dati ufficiali sugli alloggi
esistenti (per unità e per superficie) sono desumibili soltanto dai censimenti
demografici, i valori intercensuari sono stati stimati con un procedimento
fondato sulla trasformazione degli investimenti residenziali in nuove abitazioni
(Banca d’Italia, (1986)).
Sono presentate due versioni del modello di eccesso di domanda. Nella prima
versione si è cercata una relazione tra i prezzi al metro quadrato, il reddito
privato procapite e la superficie delle abitazioni.
Nella seconda versione si è considerata la serie dei prezzi reali delle
abitazioni di dimensione media (prezzi al mq. per superficie media degli
immobili residenziali). Ad essa sono state affiancate le serie storiche del reddito
per unità familiare e del numero di abitazioni.
I risultati ottenuti nelle due versioni sono del tutto analoghi sia per quanto
riguarda la stima effettuata sul periodo che va dal secondo semestre del 1979 al
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secondo semestre del 1995, sia per quanto riguarda la capacità previsiva
verificata sul triennio 1993-1995.
Il programma econometrico utilizzato è Microfit 286 nella versione 3.0.
Il modello di eccesso di domanda, stimato con il metodo dei minimi quadrati,
spiega abbastanza bene la variazione dei prezzi reali (R
2
corretto pari a 0,87).
Inoltre, gli usuali test diagnostici di correlazione seriale, di normalità e di
eteroschedasticità dei residui, nonché quelli sulla forma funzionale della
relazione scelta, vengono tutti superati. Il test di Chow sulla capacità previsiva
del modello risulta infine non significativo fino al primo semestre del 1995.
Emerge tuttavia un peggioramento dei risultati sia di stima che di previsione
del modello allorché viene considerata l’ultima osservazione disponibile.
Si tratta dell’osservazione relativa al secondo semestre del 1995, in
corrispondenza della quale viene riscontrata una sensibile alterazione delle stime
dei coefficienti, soprattutto per le variabili nei livelli del reddito e dello stock
immobiliare.
Per verificare se le quotazioni immobiliari abbiano subito in quel periodo
soltanto uno shock del tutto temporaneo oppure se il dato anomalo rappresenti
invece il sintomo di una radicale trasformazione della struttura del mercato delle
abitazioni, è necessario attendere che siano disponibili altri dati.
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I. Il mercato delle abitazioni nei paesi ad economia avanzata
1. Introduzione
L’acquisto dell’abitazione rappresenta in molti casi l’evento finanziario più
rilevante nella vita della maggior parte delle famiglie. Si può allora giustificare
che un impegno così oneroso venga generalmente assunto con massima
ponderazione e senso di responsabilità.
Uno degli aspetti che distinguono di più l’acquisto della casa rispetto ad altre
tipologie di spesa è dovuto al fatto che il prezzo di un immobile rappresenta un
multiplo del reddito annuo mediamente a disposizione di una famiglia. Di
conseguenza, a patto di non possedere già cospicue dotazioni in altri beni reali
oppure in attività finanziarie
1
, non si è di solito in grado di sopportare
interamente un onere di tali dimensioni nell’immediato.
Può risultare indispensabile rivolgersi ad un istituto di credito che sia
favorevole a concedere un prestito tramite l’accensione di un mutuo ipotecario:
la somma messa a disposizione dalla banca rappresenta spesso quella entrata
1
Guiso e Jappelli (1996) osservano che gli aiuti finanziari direttamente forniti dai parenti e/o dagli amici
più anziani, anche se soltanto temporanei, oppure i lasciti di natura ereditaria, sono spesso determinanti
nel permettere alle famiglie di diventare proprietarie di un’abitazione, in età ancora relativamente
giovane. I due autori stimano in particolar modo che i trasferimenti tra generazioni successive abbreviano
di uno o due anni il cosiddetto saving time. Questo indica il periodo utilizzato dalle famiglie non
proprietarie per il risparmio di quella somma minima che permette di accedere, dal lato della domanda,
al mercato delle abitazioni.
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supplementare che consente alla famiglia indebitatasi di completare l’operazione
di acquisto dell’abitazione.
Le condizioni di accesso al credito e le modalità di rimborso rappresentano in
alcuni casi un viatico, in altri un ostacolo all’investimento in immobili
residenziali: ciò può avvenire, ad esempio, a seconda che siano previste
agevolazioni sugli interessi da corrispondere per il mutuo relativo alla prima casa
oppure che siano viceversa fissati tetti massimi sulle somme date in prestito.
Allo stesso modo anche le scelte di politica economica del Governo possono
comportare rilevanti effetti sul mercato immobiliare, influenzando tanto la
domanda quanto l’offerta. Il trattamento fiscale di chi è proprietario è, infatti,
una componente essenziale nella determinazione sia del costo da sostenere per
l’utilizzo dell’abitazione, sia della redditività degli investimenti in immobili.
Nei paragrafi che seguono si concentrerà l’attenzione sulla struttura del
mercato immobiliare di quattro dei principali paesi che hanno raggiunto livelli di
sviluppo economico tra i più elevati: Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania e
Italia.
L’obiettivo che ci si pone è quello di soffermarsi, dopo aver brevemente
descritto la dinamica dei prezzi delineatasi durante gli ultimi 25 anni, sulle regole
che stabiliscono le condizioni di accesso al credito presso il sistema finanziario e
sull’assetto della fiscalità che grava sulle abitazioni.
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Pare opportuno rimarcare sin dall’inizio il largo anticipo con il quale ha avuto
luogo nei paesi di matrice anglosassone presi in considerazione (Gran Bretagna e
Stati Uniti) un profondo processo di liberalizzazione dei mercati finanziari
durante gli anni ’80. Cambiamenti della stessa natura, sia pure con una minore
intensità, sono stati compiuti in seguito nei paesi dell’Europa occidentale,
sebbene alcune trasformazioni debbano ancora essere realizzate, innanzitutto in
Italia.
Wheeler e Chowdhury (1993), in una ricerca realizzata sugli USA ed estesa
al periodo 1959-91, sottolineano che le innovazioni apportate sui mercati
finanziari hanno modificato anche il modo con il quale la politica monetaria è in
grado di condizionare il costo e l’accessibilità del credito ed indirettamente
anche le spese sostenute per l’acquisto di un’abitazione.
E’ noto che una norma tradizionale di politica monetaria, che viene attuata
allorché si intenda imporre una “stretta” al sistema creditizio, consiste nel rialzo
del tasso di sconto applicato sulle anticipazioni bancarie. Questo tipo di
provvedimento induce senz’altro ripercussioni negative sulla dinamica delle
transazioni immobiliari dal momento che esso, trascinando verso l’alto i tassi
attivi praticati dagli istituti di credito, finisce per rendere più oneroso il rimborso
dei mutui ipotecari richiesti dai futuri acquirenti.
L’introduzione dei tassi di interesse variabili (ARMs, Adjustable Rate
Mortgages), in alternativa a quelli fissi (FRMs, Fixed Rate Mortgages), e la
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diffusione di una crescente personalizzazione degli strumenti finanziari rispetto
alle esigenze dei clienti (quando ad esempio si ricorre ad una maggiore
flessibilità sulla definizione dei tempi di rimborso), sono alcune delle più
importanti novità che hanno interessato il sistema del credito.
Tali trasformazioni hanno potuto determinare un graduale ridimensionamento
del ruolo delle variazioni dei tassi di interesse, decise dall’autorità monetaria,
sulla distribuzione dei crediti al mercato immobiliare. Questo perché il costo del
denaro in tal modo diventa solo una delle componenti delle quali si tiene conto
quando si richiede un prestito.
Se si riduce l’impatto di fattori come il tasso di interesse, appare allora chiaro
il motivo per cui la domanda di abitazioni si renda sempre meno sensibile agli
interventi adottati nella politica monetaria.
Quando il Governo decide di apporre modifiche nella materia fiscale in
relazione agli immobili, ripercussioni di una certa entità possono riversarsi sulla
dinamica del mercato delle abitazioni. Infatti, un aggravio di imposte e tasse
sulla casa chiaramente fa sì che, a parità di condizioni, l’investimento
immobiliare divenga meno conveniente.
Del resto, effetti indiretti sul mercato delle abitazioni possono sorgere anche
quando si definiscono provvedimenti come quello, di recente adozione, sulla
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“rottamazione” delle automobili in circolazione da più tempo sulle strade
italiane.
Pur essendo di durata temporalmente limitata, tale intervento determina una
riduzione delle spese per acquistare una nuova vettura in sostituzione della
vecchia e favorisce la crescita del mercato delle auto. Tuttavia esso potrebbe
deprimere indirettamente il mercato immobiliare, nonostante che l’automobile
non sia tecnicamente un bene sostitutivo dell’abitazione.
Ad esempio, non è da escludere che una parte di quei clienti dei concessionari
di automobili, che si sono aggiunti solo per via degli incentivi fiscali, fosse più
interessata inizialmente all’acquisto di una nuova casa. Si deve allora desumere
che questa loro domanda sia stata per lo meno posticipata.
E’ noto che il settore edilizio può svolgere una funzione non trascurabile nella
determinazione dello stato di salute delle economie locali: gli investimenti
residenziali non provocano ripercussioni soltanto sulla manodopera impiegata
nella fase della costruzione, ma, in via indiretta, anche sulla creazione di ulteriori
opportunità di lavoro.
Il sorgere di uno o più edifici immobiliari sul medesimo ambiente territoriale
può sancire l’avvento di un processo di popolamento e contemporaneamente la
nascita di nuove attività commerciali od il rafforzamento di quelle già esistenti,
purché siano in grado di servire la neonata zona residenziale.
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Si cercherà allora di dare una valutazione della situazione del mercato
immobiliare anche dal lato dell’offerta, andando ad osservare l’andamento degli
investimenti in edilizia residenziale durante gli anni ’70 e ’80 e soffermandosi
soprattutto sulla realtà del nostro Paese.
2. GRAN BRETAGNA
2.1 La dinamica dei prezzi immobiliari
Nel corso degli anni ’70 e ’80 la Gran Bretagna ha sperimentato un’intensa
dinamica nei prezzi delle abitazioni che si è alquanto discostata dall’andamento
medio generale dell’inflazione
2
.
Una crescita dei prezzi immobiliari ha caratterizzato i primi anni ’70, ma in
seguito si è verificata una caduta che è durata fino al 1980, quando le quotazioni
sono tornate a salire
3
.
In virtù dell’incremento sia dei prezzi delle abitazioni, sia del numero di
proprietari, nel corso del decennio passato la ricchezza netta procapite del settore
2
Lomax (1994) osserva come la variazione media dei prezzi in termini reali sia risultata pari al -1,2% nel
periodo 1975-80 ed al 6,9% durante gli anni 1981-89.
3
Tra i fattori esplicativi che hanno causato la volatilità dei prezzi degli anni ’70, Buckley ed Ermisch
(1982) ricordano:
1) le condizioni del credito per i mutui;
2) il tasso di costruzione delle abitazioni realizzate dai comuni;
3) le variazioni dei canoni d’affitto regolamentati dalle autorità locali;
4) il volume di sussidi governativi erogati per la proprietà immobiliare;
5) gli effetti delle variazioni del tasso di inflazione sul rendimento reale delle abitazioni.
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privato (la quale include il valore delle case di proprietà) è così cresciuta da 3,25
volte a circa 5 volte il reddito disponibile (Pain-Westaway, (1994)).
L’aumento dei prezzi delle nuove abitazioni è stato più accentuato rispetto a
quanto è accaduto per quelle già esistenti o di “seconda mano”. Ciò lo si può
accertare dalla lettura delle informazioni contenute nella tabella 1.1.
Mediante il confronto dei rapporti prezzi/PIL procapite (si vedano le ultime
due righe della tabella) per gli anni 1984 e 1989, può essere evidenziato un
incremento dell’onere economico-finanziario relativo all’acquisto di una casa,
sia se nuova, sia se di “seconda mano”. Si osservi tuttavia che per le abitazioni
nuove tale incremento è apparso più accentuato.
Tabella 1.1
1984 1989
PIL procapite (1) £5700 £8950
prezzo nuove abitazioni (2) £34200 £76400
prezzo abitazioni di 2
a
mano (3) £30300 £59100
(2) come multiplo di (1) 6,0 8,5
(3) come multiplo di (1) 5,3 6,6
Fonte: Holmans (1994)
Tra le cause principali sottostanti alla dinamica accelerata dei prezzi
immobiliari durante gli anni ’80, è stato ritenuto (Holmans, (1994)) che un ruolo
di primo piano fosse assegnabile alla mancanza di un sufficiente aumento di
nuove abitazioni da collocare sul mercato. Infatti è stato possibile verificare un
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calo degli investimenti in edilizia residenziale rispetto al decennio precedente
4
e
quindi una parallela riduzione dell’offerta degli alloggi di nuova costruzione.
Si è, così, registrato, tra gli immobili oggetto di compravendita, un
incremento della proporzione di quelli provenienti dallo stock esistente, fino a
raggiungere una quota dell’88% nel 1985.
Tutto questo trova giustificazione osservando che in quel periodo ha
cominciato a prevalere una domanda immobiliare trainata dal desiderio di
sostituire l’abitazione principale piuttosto che dall’esigenza di divenire
proprietari per la prima volta.
Verso la fine degli anni ’80 ed i primi anni ’90 è stata attuata una politica
monetaria restrittiva con lo scopo di contrastare la pressione inflazionistica
generale. Si consideri che semplicemente tra il 1988 e la fine del 1989 i tassi di
interesse a breve sono passati dall’8% al 15% (Lomax, (1994)).
Il calo dei consumi, indotto dalla recessione a cui è stata condotta l’economia
britannica, è andato a colpire innanzitutto i beni durevoli. Il mercato degli
immobili è stato interessato dalla crisi al punto da far registrare una diminuzione
dei prezzi nominali, fatto che non avveniva da oltre 40 anni.
4
L’incidenza degli investimenti in edilizia residenziale sul PIL (assumendo tali grandezze a prezzi
costanti) è invero passata dal 4,3% medio del periodo 1970-80 al 3,5% medio degli anni 1981-89
(Carnazza-Fortuna, (1992)).
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2.1.1 La situazione del mercato nelle regioni britanniche
Nella Gran Bretagna degli anni ’80 si è avuta una differenziata crescita
economico-produttiva a livello territoriale e tale fatto ha rappresentato una
particolare fonte di disparità anche nella dinamica dei prezzi immobiliari. Nel
Sud dell’Inghilterra i prezzi sono ad esempio saliti molto di più che nel resto del
Paese, per via di un maggiore sviluppo economico che lì si è registrato.
Nonostante sia persistita una graduale tendenza all’aumento della percentuale
di famiglie residenti in abitazioni di proprietà (si è passati dal 56% al 65% tra il
1981 e il 1988), con un conseguente calo di coloro che sceglievano di abitare
presso gli appartamenti ceduti in locazione dalle locali istituzioni (dal 31% al
25%) oppure da altri privati (dal 13% al 10%), le differenze interregionali sono
rimaste, anche se in alcuni casi sono divenute meno pronunciate che nel passato
(cfr. Mac Lennan et al., (1994)).
Ad esempio si è leggermente ridotto il divario tra la Scozia ed il SudOvest
dell’Inghilterra, le due regioni con rispettivamente la minore e la maggiore
percentuale di proprietari: si è infatti verificato un incremento dal 35% al 45%
per la Scozia e dal 63% al 71% per il SudOvest (Mac Lennan et al., (1994)).
D’altro canto, le politiche sociali di sovvenzioni e di detrazioni fiscali nel
settore immobiliare hanno anche privilegiato in numerosi casi le regioni che
mostravano un maggiore dinamismo nella crescita economica.