5
riproduzione si unisce alle nuove possibilità offerte ora all’uomo tali che, anche la
correlazione tra casualità e nascita, risulta totalmente ricombinata. L’uomo può oggi
decidere come riprodursi, autodeterminando le sue scelte ampliate in modo “innaturale”
(selezione genetica), superando l’ostacolo della sterilità e dell’infertilità, scavalcando la
selezione naturale e ponendosi (teoricamente) quale nuovo selezionatore.
E’ evidente come queste nuove prospettive modifichino, nelle materie che
toccano, l’impostazione giuridica data alla nostra società in tempi in cui esse non erano
prevedibili e, soprattutto, non appartenevano alla coscienza morale collettiva cui ora il
diritto deve guardare per uniformarsi ed orientare. Le possibilità offerte dalle NTR (nuove
tecniche riproduttive) consentono all’uomo delle scelte di cui deve rispondere: a fronte di
nuove facoltà si apre, per il diritto, un ventaglio di nuove responsabilità. Inoltre si pone
inevitabile il problema dei limiti entro cui queste potenzialità possano essere utilizzate
liberamente: la fusione in vitro dei gameti porta alla creazione di embrioni soprannumerari
di cui occorre definire lo “statuto” giuridico e morale; la responsabilità medica va
orientato secondo nuovi riferimenti alla luce delle scelte operate dagli individui (se, come,
quando procreare), delle consulenze geniche e delle diagnosi prenatali
3
; gli stessi genitori
possono essere oggetto di responsabilità verso il proprio figlio in modo precedentemente
inimmaginabile; ed infine il diritto non può certo trascurare il prodotto della riproduzione,
il nato e i suoi interessi, a cominciare dal suo status
4
e dal diritto ad avere una famiglia che
si prenda cura di se, all’eventuale diritto a conoscere le proprie origini genetiche come
quello speculare di non sapere, fino a giungere alla sua legittimazione ad agire in giudizio
per wrongful life.
3
Magliona B., Le nuove tecnologie riproduttive: aspetti giuridici, riflessioni etico-deontologiche e problemi
medico legali, in Trattato di Medicina Legale diretto da Giusti G., Cedam, 1998, I, 553 ss.
4
Per un’ampia panoramica: P. Zatti, Quale statuto per l’embrione, in Riv. crit. dir. priv., 1990, 437.
6
Accanto a quest’evoluzione, consegnataci direttamente dalla scienza medica, si
pone in stretta interdipendenza la nuova elaborazione giuridica di concetti ed istituti più
datati come il rapporto tra medico e paziente. Il superamento del paternalismo e
l’affermarsi dell’individualità del malato fanno emergere prepotentemente, da un lato la
necessità del consenso per impostare qualsiasi cura, dall’altro la valorizzazione delle
decisioni individuali in relazione all’inadempimento del sanitario. Il consenso può avere,
d’altra parte, un duplice aspetto: partecipazione terapeutica della persona nelle decisioni
che la riguardano e strumento difensivo di esonero delle responsabilità per il medico
5
.
Deve quindi porsi attenzione alla necessità che il consenso sia informato e funzioni come
condivisione delle scelte mediche, ciò in special modo in un campo, come quello della
riproduzione, dove le decisioni riguardano non soltanto la salute fisica del paziente, ma
anche lo sviluppo della personalità della donna e della coppia che dovrà prendersi cura del
nato. Le conseguenze dello sviluppo di questi nuovi principi, si colgono appieno nella
tematica delle nascite indesiderate, dove le problematiche del rapporto medico-paziente
(soprattutto sotto il profilo dell’obbligo di informazione), dell’autodeterminazione
individuale e della dignità della persona umana “fin dal suo inizio” vengono a configgere:
si vedrà come diverse soluzioni riflettano diverse condivisioni di scale di valori socio-
culturali.
La stessa famiglia, società naturale per la nostra Costituzione, centro dello
sviluppo della personalità, ha subito in questi anni un profondo mutamento. A cominciare
dalla riforma del 1975 il suo rinnovamento non si è arrestato e giunge ormai ad una
ridefinizione profonda. Non solo non esiste più la famiglia di Alfredo Rocco fondata sulla
figura paterna del capo, ma quella stessa delineata dalla riforma del 1975 appare
5
G. Ferrando, Libertà, responsabilità e procreazione, CEDAM, Padova, 1999, 3 ss.
7
significativamente cambiata
6
. La preferenza che ancora le si attribuiva se fondata sul
matrimonio sembra ormai sbiadire all’ombra di nuove considerazione morali di una
società più matura, pronta (nonostante le resistenze opposte da forze sempre influenti nel
nostro Paese) ad accettare più formazioni sociali che si configurino come famiglia (tutelate
non dall’art. 29 Cost., forse sul punto bisognevole di revisione, ma dal dettato più ampio
dell’art. 2 che protegge ogni formazione sociale in cui si svolge la personalità
dell’individuo)
7
.
Le implicazioni che queste riflessioni svolgono sul nostro tema sono di grande
importanza ed infatti, se pur appare superata la concezione della famiglia come luogo
esclusivo da destinarsi alla procreazione, non si può ignorare il fatto che normalmente è
nella famiglia che questo avviene. La nuova interpretazione dell’istituto porta a chiedersi
entro quale ambito sia possibile consentire le NTR che soddisfino ad un tempo il desiderio
riproduttivo della coppia, eventualmente anche omosessuale, o della donna sola e tutelino i
diritti e gli interessi del bambino. Le norme de iure condendo
8
dovranno salvaguardare la
libertà di procreare delle persone preoccupandosi di tutelarne i diritti, in particolare quelli
alla salute, alla riservatezza e allo sviluppo della personalità, garantendo il rispetto delle
responsabilità assunte con la procreazione e aiutando i vari modelli di famiglia,
agevolando “con misure economiche ed altre provvidenze la formazione della famiglia e
6
G. Alpa - M. Bessone - Ant. D’Angelo - G. Ferrando - M.R. Spallarossa, La famiglia nel nuovo diritto,
Zanchelli Bologna, 1995; C.M. Bianca, Diritto civile I e II, Giuffrè, Milano, 2000; G. Ferrando, La filiazione
naturale e la legittimazione, in Tratt. di dir. priv. diretto P. Rescigno, Torino, IV, 7 ss; AAVV, Istituzioni di
diritto privato (a cura di M. Bessone), Giappichelli, Torino, 1995, 129 ss.
7
M. Bessone, Rapporti etico sociali, in Commentario alla Costituzione diretto da Branca, sub art. 29,
Bologna – Roma, 1976.
8
Per le quali vedi tra specialmente: AAVV, Procreazione artificiale ed interventi nella genetica umana,
CEDAM, Padova, 1987; AAVV, La procreazione artificiale tra etica e diritto ( a cura di G. Ferrando),
CEDAM, Padova, 1987; AAVV, Una norma giuridica per la bioetica (a cura di C.M. Mazzoni), Il Mulino,
Bologna, 1998 (specialmente l’intervento di F.D. Busnelli, Quali regole per la procreazione assistita?, che
riproduce sostanzialmente quello in Riv. dir. civ., 1996, I, 571 ss); L. Lunari, Prossima la disciplina della
procreazione medicalmente assistita.In approvazione alla camera il testo definitivo della commissione affari
sociali, in Dir. fam. e pers., 1999, II, 934 ss; G. Ferrando, Libertà, responsabilità e procreazione, cit., 277 ss.
8
l’adempimento dei compiti relativi”, nonché proteggendo “la maternità… favorendo gli
istituti necessari a tale scopo” (art. 31 Cost).
La concezione di uno Stato laico porta a valutare queste problematiche come
appartenenti al patrimonio culturale e morale di ciascuno, ma non per questo il diritto può
o deve disinteressarsene. Ed infatti seppur lo Stato non deve avere nessuna etica o morale
da sovrapporre a quella individuale
9
, esso deve delineare e garantire gli spazi entro cui le
libertà possono esprimersi nel contemperamento dei valori in gioco e delle responsabilità
dei singoli
10
.
9
S. Rodotà, Tecnologia e diritti, Zanichelli, Bologna, 1995.
10
T. Martinez, Diritto costituzionale, Giuffrè, Milano, 1994, 631 ss.
9
CAPITOLO I
La nuova procreazione ed i nuovi diritti
1.1 Le nuove tecniche riproduttive: uno sguardo d’insieme
L’emergere della discussione attorno alla libertà, così come al diritto, alla
procreazione sono strettamente collegati con la scoperta delle nuove tecniche riproduttive.
Precedentemente, infatti, la procreazione era soltanto naturale e, pertanto, rientrava
pienamente in quella sfera personale in cui allo Stato non è dato entrare
11
. La discussione
intorno agli aspetti di questi nuovi diritti ruota quindi anche sulle varie tecniche di
riproduzione assistita che pongono, al giurista, problemi diversi a seconda della loro
natura.
Si dovrà allora preliminarmente porre attenzione, per completezza d’indagine,
alle varie tecniche oggi usate al fine di permettere il concepimento a chi è sterile. Si dirà
fin d’ora che l’esame che si compierà sarà sostanzialmente ricognitorio e si limiterà ad
accennare, di volta in volta, soltanto a quelle che sono le principali tematiche che
coinvolgono il giurista, ciò sia per non allargare eccessivamente la trattazione, sia perché
alcuni di questi concetti saranno approfonditi più avanti.
Sembra corretto definire l’ambito della procreazione artificiale come l’insieme
delle pratiche medico-scientifiche che permettono l’inseminazione artificiale,
l’inseminazione in vitro, il trasferimento dell’embrione e tutte le altre tecniche con le quali
11
Secondo la nota metafora della famiglia isola felice che il mare del diritto può solo lambire di C.A.
Jemolo.
10
si ottiene l’incontro tra il gamete maschile e l’ovulo o, comunque, il concepimento della
vita
12
.
1. L’inseminazione artificiale: è l’inseminazione della donna
attraverso “l’introduzione del seme maschile nelle (sue) vie genitali… allo scopo
di fecondarla usando mezzi diversi dal rapporto sessuale” (F.A.)
13
. Tale tipo di
tecnica si distingue, anzitutto, tra omologa ed eterologa.
Per inseminazione omologa (AIH) si intende l’introduzione del seme del
marito (o comunque di colui che per volontà o per legge sarà padre) nell’apparato
genitale della moglie grazie all’opera di un medico. Essa si pratica quando uno dei
soggetti, od entrambi, sono affetti da patologie che impediscono agli spermatozoi
di raggiungere l’ovulo: sarà quindi preceduta da opportuni trattamenti atti a
potenziare le capacità dei gameti
14
. Questa tecnica non pone particolari problemi
per il diritto né quando è effettuata da coppie sposate, né quando a ricorrervi
saranno coppie di fatto. Da segnalare come in base alla qualificazione di pratica
medica, grazie ad una circolare del Ministero della Sanità del 1/3/1985, ne è
consentita l’erogazione (ai soli coniugi) da parte del SSN
15
.
L’inseminazione eterologa (AID) si differenzia dalla precedente in quanto
lo sperma da introdurre nel corpo della donna non appartiene al marito (o
comunque a chi sarà padre) ma ad un terzo detto donatore. Ad essa si ricorre
quando l’uomo è sterile o portatore di malattie ereditarie trasmissibili, oppure nel
12
Così il code de la santè publique all’art. 152-1, dopo la legge francese del 29 luglio 1994 in materia.
13
F. Santosuosso, Riproduzione artificiale e diritto, in Iustitia, 1985, 345.
14
M. Carbone, Maternità, paternità e procreazione artificiale, in Dir. fam. e pers., 1993, 855 ss.
15
Si tratta della c.d. circolare Degan che, inoltre, vieta di effettuare pratiche eterologhe nei centri pubblichi.
Secondo la grande maggioranza dei commentatori questo divieto ha contribuito, chiaramente insieme alla
mancanza di una normativa specifica, a far si che si sviluppasse in Italia una sorta di mercato libero della
procreazione artificiale.
11
caso in cui la donna voglia essere l’unico genitore legale del bambino
16
. Tale tipo
di inseminazione solleva molti più problemi rispetto all’omologa dalla pretesa
della donna sola al concepimento, ai problemi inerenti al disconoscimento di
paternità ed ai rapporti tra figlio e donatore, cui si rimanda oltre per una più
approfondita trattazione.
Si accennerà invece ora alla compatibilità della donazione dei gameti con
gli atti di disposizione del proprio corpo. Un’autorevole dottrina si è subito
mostrata contraria a tale pratica
17
sulla base della contrarietà alla legge (con
riferimento al codice civile dove si disciplina l’attribuzione della maternità e
paternità; alla legge penale che punisce all’art. 567 c.p. l’attribuzione di genitori
diversi da quelli di sangue; nonché per analogia alla normativa sui trapianti che
all’art. 1 vieta il trapianto di organi genitali posta la natura personalissima dei
gameti) e al buon costume (perché alterano l’ordine naturale della famiglia fondato
sulla derivazione biologica). Tuttavia, le posizioni più moderne sono favorevoli
alla disposizione dei gameti in quanto non comportano una diminuzione permanete
dell’integrità fisica e sembrano superabili le obiezioni sopra esposte
18
. Un ultimo
problema legato a questa tecnica potrebbe verificarsi nel caso in cui la donna
coniugata si sottoponesse ad essa senza l’assenso del marito: in questo caso si
ritiene che, oltre al disconoscimento di paternità (mancando totalmente la volontà
dell’uomo), questi potrà chiedere la separazione giudiziale per colpa.
Si ha poi inseminazione mista quando il liquido seminale iniettato
proviene da più di un uomo. A ciò si ricorre per aumentare la capacità di
16
Ciò presuppone che la legge impedisca la ricerca del donatore per attribuirgli la paternità: ciò per esempio
non avviene nella legge svedese.
17
Vedi tra gli altri: T. Auletta, Fecondazione artificiale: problemi e prospettive, cit.; A. Trabucchi,
Procreazione artificiale e genetica umana nella prospettiva del giurista, cit.
18
Per una disamina completa sulla disponibilità dei gameti si rimanda a L. Lenti, La procreazione artificiale.
Genoma della persona e attribuzione della paternità, CEDAM, Padova, 1993.
12
fecondazione. Infine viene chiamata inseminazione extramatrimoniale (AIE) quella
alla quale ricorrono donne non sposate
19
. La natura di questi due ultimi tipi sembra
far rientrare tali tecniche nella più ampia inseminazione eterologa: di essa
condivideranno anche le problematiche giuridiche.
2. La fecondazione artificiale: è la fusione dei gameti ottenuta in
modi differenti rispetto al naturale accoppiamento sessuale. La prima distinzione
da farsi fra queste tecniche è quella tra fecondazione artificiale corporea e
extracorporea
20
. Quella corporea si realizza in seguito alle tecniche di
inseminazione sopra descritte, quindi l’unione tra l’ovulo e lo sperma si realizzerà
con modalità naturali. Quella extracorporea, invece, avviene per mezzo della
creazione in vitro dell’embrione umano: è la FIV (in vitro fertilization). Qui la
fusione si ottiene all’interno di una provetta, l’embrione così formato, dopo un
intervallo di tempo che oscilla da uno a tre giorni, verrà trasferito nell’utero (ET:
embrio transfert). Queste sono le due fasi in cui si articola la tecnica della FIVET,
esse necessitano di essere scisse affinché siano chiare le implicazioni giuridiche
che ciascuna comporta. Analizziamo più da vicino la prima fase: dopo aver
somministrato sul corpo della donna un’iperstimolazione ovarica, con
ganodotropina (hCG), si induce un’ovulazione multipla
21
. Quindi si procede alla
raccolta degli ovuli tramite laparoscopia o puntura ecoguidata, dopodiché si è
pronti alla fecondazione in vitro
22
. La necessità del prelievo di più ovociti è data
dalla bassa percentuale di successo della tecnica e dal trauma che comporterebbe,
19
M. Carbone, op. ult. cit.
20
M. Carbone, Maternità, paternità e procreazione artificiale, cit., 856.
21
Informazioni dal sito internet del Comitato Nazionale di Bioetica: www.palazzochigi.it/bioetica/.
22
La cura della sterilità attraverso le tecniche di procreazione assistita, intervista di M. Mengarelli a C.
Flaminghi, in S. Vegetti Finzi, Volere un figlio, cit., 255.
13
per la donna, il sottoporsi ad ogni tentativo ad un nuovo prelievo: è opportuno
crearsi una “scorta”. Ma non è possibile farlo con gli ovuli, la medicina, infatti,
non è ancora in grado di conservare gli ovociti (troppo ricchi d’acqua) così come fa
con gli spermatozoi e gli embrioni. Per questo motivo tutti gli ovuli prelevati
saranno fecondati e trasformati in embrioni
23
. E’ con la FIV, quindi, che si creano
embrioni soprannumerari
24
. Nella seconda fase alcuni embrioni (oggi fino a un
massimo di tre) saranno trasferiti nell’utero materno. E’ nell’ordine delle
possibilità (seppur basse) che più di un embrione si impianti e che la madre non sia
in grado di portare avanti gravidanze gemellari o plurigemellari: in questi casi si
ricorre alla riduzione selettiva
25
degli embrioni. I problemi che nascono da queste
tecniche si incentrano sostanzialmente sui diritti del nascituro e dello statuto
giuridico dell’embrione
26
. Anche la fecondazione artificiale, come già
l’inseminazione, può essere omologa, eterologa, mista o extramatrimoniale in
relazione alla provenienza delle cellule germinali utilizzate.
23
La cura della sterilità attraverso le tecniche di procreazione assistita, cit., 268 ss, dove C. Flaminghi
riferisce di esperimenti di crioconservazione di ovociti riusciti dalla sua collaboratrice E. Porcu.
24
La problematica degli embrioni è di grande importanza ed attualità e consente qui solo un breve richiamo.
Il nostro ordinamento, come anche molti altri (ma vedi anche lo Stato della Luisiano che dispone che
sull’embrione non possano accamparsi diritti di proprietà, e debba essere considerato esso stesso un soggetto
giuridico), non offre alcuna specifica indicazione sulla disponibilità di e su questi embrioni crioconservati. Il
Rapporto Warnock lo considera un “semplice raggruppamento di cellule” sul quale la scienza ha la
possibilità di sperimentare, ma questa soluzione sembra esclusa dalla pressoché totale dottrina italiana.
L’orientamento prevalente sembra essere quello di assegnare ai genitori la disponibilità degli embrioni
ottenuti in vitro, ma non nel senso che quelli vantino un diritto di proprietà su un’entità che non è comunque
soggetta ad essere qualificata come oggetto di un tale diritto. Essi in concreto conservano il potere di
controllarne la destinazione (es. consentendone l’impianto su un’altra donna). Ma si può riconoscere loro
anche un diritto alla soppressione degli stessi o l’ordinamento deve intervenire per tutelare la loro aspettativa
a nascere? Possono, inoltre, le ragioni della scienza (ad una sperimentazione che promette enormi benefici in
campo medico) essere contrapposte e prevalere sugli interessi di questi embrioni che forse non saranno mai
esseri umani (la crioconservazione sembra limitare le sue capacità conservative per circa cinque anni)? A tal
proposito vedi anche art. 13 del disegno di legge n. 4048, approvato dalla Camera il 26 maggio 1999.
25
C. Flaminghi, op.ult. cit., 264 ss.
26
Per il quale vedi specialmente P Zatti, Quale statuto per l’embrione, in Riv. crit. dir. priv., 1990, 437; A.
Tarantino, Il diritto del nascituro e la procreazione artificiale, in Iustitia, 1996, 76; M. Comporti, Ingegneria
genetica e diritto: profili costituzionalistici e civilistici, in Iustitia, 1985, 312.
14
3. G.I.F.T. (Gamete Introfallopion Transfert): con tale tecnica viene
inserito nell’utero della donna non l’embrione, ma gameti maschili e femminili
nella speranza che la fecondazione avvenga nell’utero, dunque in vivo, anziché in
vitro (non vi sarà produzione di embrioni soprannumerari). Essa sarà perlopiù
omologa (ma è possibile anche eterologa): i problemi giuridici saranno
rispettivamente i medesimi della fecondazione eterologa ed omologa.
27
.
4. La Microiniezione (I.C.S.I. – Introcytoplasmatic
sperminyection): si usa nel caso in cui la vitalità del seme maschile è scarsa: lo
spermatozoo viene iniettato direttamente nel citoplasma dell’ovulo
28
. Ad essa si
ricorrerà quindi per fecondazioni omologhe.
Queste sono le tecniche più usate, ma l’evoluzione della scienza ne sviluppa
sempre di nuove in una quantità ben maggiore delle riflessioni che induce. Si enumerano
ora alcune tecniche futuristiche la prima delle quali già utilizzata per far nascere trenta
bambini
29
, le altre due minacciosamente prossime.
5. Trasferimento ovoplasmatico (ooplasmatic transfert): nella
cellula uovo di una donna con problemi di fertilità viene iniettata una piccola
quantità di citoplasma prelevato dall’ovulo di una donatrice. Si suppone che la
27
Riferisce C. Flaminghi, op. ult. cit., 257 ss, che “la GIFT è stata proposta soprattutto per cercare di far
accettare almeno una tecnica di fecondazione assistita al Magistero cattolico. La cosa è in effetti riuscita,
visto che la GIFT non è stata rimossa né censurata né condannata (purché siano rispettate alcune regole
veramente buffe: raccolta di seme in un preservativo forato usato in un normale rapporto sessuale;
inserimento delle uova e degli spermatozoi nello stesso catetere, ma virginalmente separato da una bolla
d’aria che funge da chaperon). Si tratta comunque di una tecnica che ha indicazioni precise e ristrette (…) e
che sta via via perdendo il favore dei medici sia per la sua maggiore invasività (…), sia perché non è più
evidente la sua maggiore efficacia (…) nei confronti della FIVET.
28
M. Barbieri – P. Carinci, Embriologia, Casa Editrice Ambrosiana, 1997, 118 ss.
29
Lo si legge su “La Repubblica” del 6/5/2001 a pg. 13.
15
sterilità sia dovuta alla scarsa vitalità dell’ovocita provocata dal malfunzionamento
del citoplasma. L’inserimento di citoplasma eterologo ne riattiva le normali
funzioni. Il problema è che nel citoplasma vi sono anche i mitocondri che
contengono un numero, seppur molto ridotto, di geni. Pertanto nell’ovulo sarà
presente una piccola quantità di DNA della donna donatrice. Il bambino nato avrà
quindi il DNA di due donne e di un uomo, Dna che entrerà nella linea germinale e
sarà trasmesso alle generazioni future
30
.
6. La clonazione: si preleva il nucleo da un ovocita e si inserisce in
esso il nucleo di un’apposita cellula somatica di un donatore; dopo l’attivazione la
cellula con DNA completo (46 cromosomi) inizierà il suo sviluppo, il risultato sarà
un uomo esattamente uguale al donatore
31
.
7. Il metodo no-sperm: da una cellula somatica, contenete 23 coppie
di cromosomi, si ottiene, per mezzo di un processo chimico, una cellula con soli 23
cromosomi. L’unione di questa con un ovulo ne provocherà la fecondazione. A
differenza della clonazione, dove pur non v’è bisogno dell’uso di seme maschile, il
patrimonio genetico del nuovo nato non sarà identico a quello di un solo individuo.
In questa tecnica c’e la fusione di due patrimoni genetici, c’è generazione di figli
30
J.A. Barrit, S. Willadsen, C. Brenner, J. Cohen, Cytoplasmatic transfer in assisted reproduction, in Human
reproduction Update, 2001, 7, n.4, 428 ss, i quali concludendo avvertono che “ooplasmatic transfer… is still
considered experimental. We cannot at this point in time recommed its widespread application” in quanto
“anomalies… may be expressed later during development in unexpected ways.”. Secondo il Prof. Di
Gregorio, che ha messo in pratica a Torino, primo in Europa, questa tecnica, in genere i mitocondri vengono
bruciati per fornire l’energia necessaria… all’embrione”, “…il Dna dei mitocondri tende a scomparire”.
Questo solleverebbe dal problema giuridico dell’attribuzione della maternità genetica altrimenti ridotto ad
una sorta di “conta dei geni”, ma, come nota il presidente del CNB G. Berlinguer, è posta in pericolo la vita
e i diritti del bambino (anzitutto a nascere sano, come spiega tecnicamente C. Flaminghi), nonché l’interesse
comune a non “ipotecare o predeterminare (le) generazioni che seguiranno alla nostra”, il tutto su “L’Unità”
del 6/5/2001 a pg 5. Nel mare magnum del dubbio sembra saggio ascoltare le parole del nobel R. Dulbecco:
“La validità di tale trasferimento andrebbe però discussa e, qualora venisse considerata accettabile,
sottoposta a regole precise”, su “La Repubblica” del 6/5/2001 a pg 13.)
31
L’annuncio del primo embrione umano così formato giunge il 25 novembre 2001 tra un vortice di critiche.
16
provenienti da due DNA diversi: potranno contribuire alla procreazione sia uomini
sterili, sia due donne (in questo caso nascerà sicuramente una bambina)
32
.
Infine si accennerà brevemente al problema della maternità surrogata, tecnica di
fecondazione artificiale utilizzata in molti paesi (specie negli Stati Uniti) ed anche in
Italia, dove l’assenza di normative al riguardo non ne impedisce l’applicazione, ma dove
la giurisprudenza ha assunto posizione decisamente contraria
33
. Anche il codice di
deontologia medico la vieta e così tutti i progetti di legge presentati al Parlamento. Le due
tecniche in cui si sviluppa sono quelle della cessione di ovulo (da impiantarsi nella donna
che genererà il figlio) e dell’utero in affitto (inserimento dell’ovocita fecondato nell’utero
di altra donna che porterà a termine la gravidanza per la madre genetica). In questi casi
(cui si potrebbe aggiungere quello fantascientifico di una madre gestante che cresce, per
una donna sterile, un embrione il cui ovulo proviene da una terza donna) si verifica un
problema di attribuzione di maternità. Semplificando al massimo il discorso possiamo
schematizzare tre “qualità” presenti nei soggetti in discussione: avremo la “madre
genetica”, la “madre gestante” e la “madre sociale”
34
, a quale attribuire il figlio? Le
posizioni in dottrina sono varie e spaziano intorno a tutte le possibilità. Una larga parte
sostiene che, sulla base dell’art. 269 c.c., la prova della maternità si debba basare sul
parto
35
. Pur condividendo questa soluzione, da alcuno si pone in subordine la possibilità
dell’adozione da parte della madre genetica quando la gestante non voglia far valere il suo
32
Dall’annuncio di Orly Lacham-Kaplan dell’avvenuta sperimentazione sui topi presso la Monash
University di Melburne, riportato da “La Repubblica” dell’11/7/2001 a pg. 10.
33
Trib. di Monza 27 ottobre 1989, in Dir. fam. e pers., 1990, 173.
34
F Santosuosso, Riproduzione artificiale e diritto, cit, 353.
35
M. Calogero, La procreazione artificiale, cit, 158, per il quale è nel comportamento della madre portatrice
che va ravvisato l’elemento di autoresponsabilità necessario alla costituzione del concetto giuridico di
maternità; A. Trabucchi, procreazione artificiale e genetica umana nella prospettiva del giurista, cit., 13,
sostiene che “madre è colei che all’ovulo altrui ha dato l’incremento che lo ha portato alla nascita di un
uomo nuovo. Incremento essenziale (…) per costruire il figlio”; F. Santosuosso, op. ult. cit., 353; M.
Comporti, Ingegneria genetica e diritto: profili costituzionalistici e civilistici, cit., 336.
17
titolo
36
. V’è poi chi considera madre prevalente quella genetica
37
e assegna quella sorta di
“prelazione all’adozione” alla gestante. Interessante, infine, la posizione di Santosuosso
38
che pone le “qualità” tutte sul medesimo piano, sul presupposto della loro difficile
comparazione, e ne ricava un metodo di scelta empirico basato sulla convergenza su una
donna di più titoli (nel caso di parità tra le tre propone il riferimento ad altri parametri ed
indica, ad esempio, l’assunzione della paternità da parte del marito di una).
39
A monte di questa problematica v’è, poi, quella che riguarda la liceità stessa dei
contratti di surrogazione di maternità. Mentre la giurisprudenza è, come anticipato,
orientata negativamente
40
, la dottrina sostiene due diverse tesi. Da una parte c’è chi ritiene
tali accordi leciti e ammissibili
41
(non riscontrando, per i figli così nati, differenze con
quelli adottati), ritenendoli quindi meritevoli di tutela, ex 1322, 2° comma c.c. (dato il fine
36
C.M. Bianca, Stato delle persone, in Procreazione artificiale e interventi nella genetica umana, cit., 112,
sostiene “lasciare decidere il tribunale dei minori se consentire alla madre genetica di adottare il figlio (…)
rappresenterebbe una deviazione rispetto ai principi dell’ordinamento, perché questo muove in un’altra
prospettiva, e cioè quella di privilegiare il legame di sangue salvo che ciò comporti pregiudizio per il
minore. La soluzione del conflitto madre genetica – madre uterina nel senso della prevalenza della seconda
non può comunque far dimenticare la realtà della partecipazione della prima alla procreazione del figlio e
non può quindi parificarla ai terzi estranei aspiranti genitori”. In questo senso anche T. Auletta,
Fecondazione artificiale: problemi e prospettive, cit., 56 ss, per il quale “l’intensità del rapporto che si
costituisce fra la donna ed il bambino, nel periodo della gestazione, durante il quale quest’ultimo riceve un
rilevante apporto dalla madre, fa propendere per la soluzione più favorevole alla gestante”, in riferimento poi
all’ipotesi di gestazione eterologa aveva già sostenuto che “se quest’ultima [la madre di sangue, che qui è
genetica e portatrice] però non intende provvedere al bambino, la madre sociale può adottarlo in quanto
figlio naturale del marito (non anche del partner) ai sensi dell’art. 44 lett. b) della legge sull’adozione”.
37
P. Vercellone, La filiazione legittima, naturale, adottiva e la procreazione artificiale, in tratt. Vassalli,
UTET, 1987, 326 ss, sostiene che “solo apparentemente la legge italiana ritiene sufficiente il fatto di aver
partorito per l’attribuzione della maternità. La ulteriore circostanza che il bambino partorito provenga da un
embrione alla cui creazione abbia contribuito l’ovocita della donna che partorisce non è stata mai richiesta
espressamente solo perché era impensabile una situazione diversa. Sì che il principio che sta alla base della
disciplina attuale della maternità va letto non riduttivamente ma nel suo senso vero, rendendo esplicito ciò
che primo appariva implicito: è madre colei che partorisce il frutto della fecondazione di un suo ovulo”. Da
ciò l’A. ricava che nel caso di cessione d’ovulo sarà certamente madre colei che partorisce, mentre nel caso
di affitto d’utero con materiale genetico della madre sociale sarà madre quest’ultima: “seguendo il principio
della volontarietà e dunque della maternità responsabile, parrebbe logica, per questa situazione, la soluzione
che attribuisce la maternità alla madre genetica cui soltanto, oltre che un contributo fisico, uno dei due
necessari, è attribuibile la volontà di fare un figlio per sé”. Conformemente G. Baldini, Volontà e
procreazione: ricognizione delle principali questioni in tema di surrogazione di maternità, in Dir. fam. e
pers., 1998, II, 763 ss.
38
F Santosuosso, Riproduzione artificiale e diritto, in Iustitia, 1985, 355.
39
Per una ricognizione completa si rimanda a G.Balbini, Volontà e procreazione: ricognizione delle
principali questioni in tema di surrogazione di maternità, in Dir. fam. e pers., 1998, II, 754.
40
Vedi Trib. Monza 27 ottobre 1989, in Dir. fam. e pers., 1990, 173; ora anche Trib Roma 17 febbraio 2000.
41
A. Lojacono, Inseminazione artificiale, in Enc. dir. XXI, Milano, 1971, 756 ss.
18
lodevole), e con causa lecita ex 1343 c.c. (in quanto non contrari all’ordine pubblico per
essere ormai accettato dalla società l’intervento dei terzi nella procreazione). Inoltre,
sempre in riferimento all’art. 1343 c.c., se ne esclude la contrarietà al buon costume
(sostenendo che la dignità umana rappresenta un valore fintantoché è misurata sul piano
della libertà individuale e dell’autodeterminazione) e ci si spinge fino a ritenere possibile
obbligarsi a cedere i propri gameti, rimanendo esposti al risarcimento dei danni in caso di
inadempimento
42
.
Di altro avviso, però, la maggioranza
43
che ritiene tali contratti nulli sui
presupposti dell’indisponibilità del proprio corpo ex art. 5 c.c. (non essendo la gravidanza
priva di rischi e di conseguenze); sull’incommerciabilità dei beni che ne formano oggetto
o prestazione ex art. 1346 e 1418 2°comma c.c.; sull’illiceità della causa contraria sia alla
legge (che determina gli status), sia all’ordine pubblico (togliendo al nascituro il diritto
alla propria famiglia e alla conoscenza delle sue origine biologiche), sia al buon costume
(violando i principi della morale comune). In tal modo si riscontra nullità ex artt. 1343,
1346 e 1418, 2°comma c.c.
44
Infine, sulla base dell’art. 2035 c.c., si esclude la possibilità
di agire per la ripetizione di quanto eventualmente già pagato, data l’offesa al buon
costume anche da parte del committente
45
.
42
A. Lojacono, op. ult. cit.
43
Si veda in particolare: A. Trabucchi, op. ult. cit.; C.M. Bianca, op. ult. cit.; M. Calogero, op.ult. cit.
44
G. Baldini, Volontà e procreazione: ricognizione delle principali questioni in tema di surrogazione di
maternità, cit., 775 ss, sostiene invece la liceità della causa del contratto: “non sembra azzardato ritenere che,
se il fine perseguito è di carattere altruistico, (…) il contratto in esame presenta evidenti affinità con la
donazione di organi fra vivi”, ma la illiceità del suo oggetto in accordo con la dottrina maggioritaria. P.
Vercellone, La filiazione, cit., 328, sostiene invece che “non si tratta (…) di attribuire la qualità di madre in
forza del riconoscimento di efficacia di negozio giuridico per cui tale qualità, così poco disponibile, si è
trasferita da chi è madre a chi non lo è. Si tratta di stabilire qual è per legge la fattispecie costitutiva del
rapporto di maternità quando la madre da gravidanza e parto non è tale geneticamente e, non lei, ma la
madre genetica ha voluto e determinato l’intero procedimento che si è poi concluso con la nascita di un
nuovo essere umano”.
45
F. Santosuosso, op. ult. cit., 356.