3
Colombo selvatico (Columba livia) (Goodwin, 1970; Baldaccini,
1986).
La distribuzione originaria del colombo selvatico ricoprirebbe una
area molto vasta; essa racchiuderebbe buona parte dell'Europa
mediterranea, dell'Africa centro-settentrionale, fino a lambire poi
la penisola indiana, dopo aver coinvolto le regioni balcanica ed
arabica. Per quanto riguarda L'Italia, la sua presenza è ormai
sporadica e limitata a tratti di costa rocciosa e a determinate zone
dell'Appennino centro-meridionale (Ballarini et al., 1989).
Opinioni divergenti (Whitman, 1919; Ghigi, 1950), basate
sull'origine polifiletica delle razze conosciute, insistono sul
fondamentale apporto fornito alla definizione dell'attuale colombo
domestico da parte di altre specie di colombi, quali il Colombaccio
(Columba palumbus), la Colombella (Columba oenas) ed altre
ancora quali le Columba leuconota, rupestris e guinea.
Il colombo, animale prevalentemente granivoro, originariamente
occupava zone a costituzione quasi esclusivamente rocciosa.
Presso tali nicchie ecologiche esso aveva la possibilità di reperire
4
anfratti e pertugi, i quali gli offrivano una buona protezione dalle
intemperie e da eventuali ospiti indesiderati.
Lo sviluppo delle grandi attività umane, quali la messa a coltura
dei terreni, i disboscamenti selvaggi ed il progressivo forte
inurbamento dei centri rurali, hanno sicuramente favorito
l'avvicinarsi di questo animale ai centri abitati. Le prime
costruzioni in pietra rappresentavano ottimi succedanei degli
originari rifugi rocciosi e l'approvvigionamento alimentare non
costituiva più un problema, vista la enorme disponibilità di
granaglie e sementi (Baldaccini, 1985).
Logica conseguenza di questo iniziale contatto, è stato quasi
ovunque il consolidarsi del rapporto con l'ambiente urbano e con
l'uomo stesso.
A cavallo dei secoli XVII e XVIII era addirittura motivo di
privilegio per i nobili allevare e mantenere popolazioni di colombi
nei pressi dei propri manieri. I palazzi nobiliari e le imponenti
costruzioni fortificate erano traforati da centinaia di nicchie,
all'uopo pensate e realizzate (Toschi, 1939).
5
Ancora oggi è possibile, visitando le cosiddette “Torri colombaie”
tuttora esistenti, riconoscere distintamente tali anfratti artificiali,
spesso densamente abitati da colombi e da altri uccelli
sinantropici. Si può ragionevolmente supporre che il termine
"colombi torraioli" discenda proprio dall'iniziale insediamento di
tali animali, fortemente voluto e guidato dalla classe dominante
dell'epoca (Ghigi, 1950).
Si evince, dunque, che gli attuali gruppi di colombi, definiti come
"colombi di città", hanno una origine che non è totalmente
discendente dall'inurbamento del Colombo selvatico, ma piuttosto
essa deriva dall'incrocio di quest'ultimo con colombi di varia
provenienza, in via preferenziale di origine domestica (Savi, 1827;
Baldaccini, 1985).
Il colombo domestico in particolare, nelle sue varie razze, dipende
totalmente dall'uomo, il quale ne cura l'alimentazione e la
riproduzione. Un tipico esempio di colombo domestico è il
colombo viaggiatore (Ballarini et al., 1989).
Approfonditi studi (Ghigi, 1950), compiuti in zone caratterizzate
6
da una importante presenza di colombi e non aventi fra loro alcun
tipo di connessione geografica (Van der Linden, 1950),
dimostrano la uniformità ed univocità di tali vedute. Importanti
città europee come Milano, Firenze (Ghigi, 1950), Venezia
(Piccoli et al., 1992) e Parigi (Brion et al., 1970) hanno subito una
iniziale colonizzazione da parte del colombo selvatico, alla quale
ha fatto seguito il descritto meticciamento.
I dati a supporto di questa affermazione sono diversi e facilmente
verificabili anche attraverso analisi sommarie. Le popolazioni dei
colombi urbani sono infatti caratterizzate da una marcata
variabilità morfologica, di gran lunga superiore a quella
riscontrabile in una qualunque popolazione naturale (Baldaccini,
1985). È poi possibile evidenziare tale differenza morfologica in
gruppi di colombi abitanti città diverse (Goodwin, 1970; Simms,
1979). Tutto ciò può essere sicuramente ascritto al fatto che il
colombo di città, al contrario delle specie selvatiche, non è il
risultato dello sviluppo di un nucleo originario, ma piuttosto il
risultato di episodi di formazione ben distinti fra loro (Ghigi,
7
1950; Toschi, 1939).
Si può dunque concludere che non esiste sovrapposizione tra
Colombo selvatico e colombo di città; quest'ultimo, come detto,
discenderebbe dal primo non direttamente, ma attraverso un
determinante contributo da parte di razze domestiche (Baldaccini,
1985).
Il Colombo selvatico (Columba livia livia), rappresenta una entità
ben definita in seno alla fauna, quale sottospecie del più vasto
gruppo Columba livia. Esso predilige ambienti rocciosi
dell'entroterra, molto raramente si avvicina ai centri abitati e
scende a terra per familiarizzare con i colombi di città. Dal punto
di vista morfologico è sempre ben riconoscibile, essendo
caratterizzato da un mantello bigio barrato uniforme, con due
barre alari nerastre; groppone bianco; coda corta con timoniere
attraversate nella porzione terminale da una barra con tonalità
simili a quelle alari; occhio rosso aranciato; tarsi non piumati e di
colore rosso come le zampe; becco fine, con cere poco sviluppate;
profilo anteriore della testa che cade verticalmente sulla base della
8
branca superiore del becco (Ballarini et al., 1989).
Il colombo di città è universalmente considerato quale elemento
del tutto distinto, sia dal punto di vista tassonomico che ecologico.
Esso è dunque riconducibile tassonomicamente ad una forma
domestica di colombo (Columba livia forma domestica); può
essere considerato, al pari dei tanti animali sfuggiti al loro stato
domestico, "animale randagio" (Ballarini, 1985), con tutte le
conseguenze che da questo stato gli derivano.
b) Morfologia
Nel colombo di città è possibile evidenziare una pronunciata
variabilità dei caratteri morfologici, dovuta alla origine composita
e mutevole nelle sue linee fondamentali, a seconda del luogo
considerato e delle razze ivi presenti (Brussino, 1999).
Rispetto al Colombo selvatico esso ha una taglia corporea più
robusta, muscolatura pettorale con sagoma più arrotondata, forme
più tozze e pesanti. Il becco è più potente, le cere nasali più
9
sviluppate ed anche la testa è spesso più grande ed allungata, con
un profilo che si protende meno bruscamente in avanti
(Baldaccini, 1984).
Non è eccezionale il riscontro di differenze morfologiche, anche
molto accentuate, fra gruppi di animali abitanti in città vicine ed a
volte addirittura fra sottogruppi insistenti nell'ambito del
medesimo comprensorio.
E' spesso possibile osservare animali con tratti morfologici ben
differenziati rispetto agli esemplari selvatici, sicuro indice di
popolazioni di recente formazione.
Elementi morfologici di immediata evidenziazione e di estrema
variabilità sono la tonalità e la disposizione dei colori del
mantello. Rispetto al Colombo selvatico nel quale, come in
precedenza sottolineato, il mantello è esclusivamente bigio
barrato, nel colombo di città esso è riscontrabile in ogni possibile
combinazione di colore (bigio, bianco, nero, munaro o rosso) e di
livrea (barrata, uniforme, zarzana, a mosaico, scagliola o trigana)
(Ballarini et al., 1989).
10
Dal punto di vista percentuale le livree più comuni sono quella
barrata e quella scagliola o trigana, dato facilmente verificabile
soprattutto nel continente europeo.
Il mantello trigano, in particolare, rappresenta sicuro segno di
atavismo; quest'ultimo è infatti considerato come abito di base per
i colombi, prodromico a tutte le successive manifestazioni
cromatiche (Whitman, 1919).
La prevalenza di un mantello rispetto ad un altro è spesso
influenzata profondamente da motivi di natura comportamentale. I
giovani nell'approssimarsi alla loro fisiologica attività sessuale
risentiranno fortemente dell'imprinting esercitato dalla livrea dei
genitori, indirizzando le proprie preferenze verso partner aventi il
medesimo abito cromatico. Inoltre anche fattori di ordine
predatorio ed ecologico rivestono un certo ruolo; ad esempio le
colorazioni bianche e rosse sono di più difficile riscontro nei centri
rurali, essendo maggiormente esposte ad una eventuale predazione
(Ballarini et al., 1989; Simms, 1979).
11
c) Comportamento
Il colombo di città rappresenta un esempio emblematico di quanto
profonda possa essere l'influenza esercitata dall'ambiente sulle
manifestazioni comportamentali di una specie. In tale volatile è
infatti possibile riscontrare sia alcuni elementi etologici propri
della specie di appartenenza, che nel corso del tempo non hanno
subito alcuna modifica, sia altri che sono stati fortemente
influenzati e plasmati dal nuovo ambiente urbano in cui esso si è
insediato (Baldaccini, 1985).
Al primo gruppo è sicuramente possibile ascrivere importanti
elementi di socializzazione del volatile, come il corteggiamento,
l'allevamento dei piccoli e la difesa del territorio.
Dove l'influenza dell'ambiente urbano più ha inciso è senza dubbio
nella regolazione dei quotidiani ritmi di attività, creando una
profonda frattura sotto tale aspetto fra colombo di città e Colombo
selvatico (Goodwin, 1965).
L'approvvigionamento alimentare è ormai totalmente derivante da
quanto il centro abitato può offrire; il regolare spostarsi in volo
12
verso le campagne alla ricerca del cibo non appartiene più
all'indole di questo animale. Esso ha ottimizzato il proprio
comportamento gregario ed ha affinato l'apprendimento al fine di
ottenere il massimo del risultato profondendo il minimo sforzo. E'
capace di memorizzare luoghi, orari e la presenza di individui
zoofili disposti a conferirgli alimento, trasformando alcuni siti
urbani in vere e proprie aree di foraggiamento. Tali zone sono
solitamente frequentate sempre dai medesimi colombi, riuniti in
coppie od al massimo in gruppi poco numerosi, i quali stabiliscono
fra loro profondi e duraturi rapporti sociali.
L'attività quotidiana è, dunque, scandita da appuntamenti fissi,
caratterizzata da lunghi periodi di riposo diurno e notturno presso
piazze, sottotetti, campanili dell'abitato cittadino, interrotti da
regolari sortite alla ricerca del cibo (Ballarini, 1998).
L'attività di volo è di conseguenza fortemente limitata e
caratterizzata al più da brevi evoluzioni in prossimità dei siti di
ricovero (Goodwin, 1970).
Altra manifestazione comportamentale, che definisce il colombo
13
di città, è la cosiddetta "distanza di fuga"; nel tessuto urbano esso
resta del tutto indifferente all'avvicinamento degli individui, anzi è
esso stesso che si approssima all'uomo, quando ne coglie
l'intenzione di foraggiarlo.
Quest'ultimo parametro, unito alla breve autonomia di volo,
caratterizza e distingue profondamente il colombo di città dal
Colombo selvatico (Ballarini et al., 1989).
Il ciclo riproduttivo del colombo di città risente in maniera
determinante delle agevolazioni e delle possibili facilitazioni che
l'ambiente urbano può conferire al volatile. A differenza di quanto
accade nel Colombo selvatico, nel quale è possibile mettere in
evidenza due soli cicli riproduttivi annui, uno primaverile e l'altro
estivo, il colombo di città usufruisce di un periodo riproduttivo
sostanzialmente continuo. In qualunque periodo dell'anno solare è
dunque possibile il riscontro di un certo numero di colombi in
piena attività riproduttiva. Esistono comunque anche nel colombo
urbanizzato dei picchi nelle nascite, variabili a seconda delle
latitudini e dei parametri microclimatici. In Italia tali punte
14
nell'attività riproduttiva sono evidenziabili all'inizio della
Primavera, in Giugno ed in Autunno, con minime oscillazioni a
seconda che venga presa in considerazione la parte meridionale o
settentrionale del Paese (Johnston, 1984).
d) Ecologia
Il possibile insediamento di una qualunque specie di volatile nei
centri urbani è subordinato alla presenza di tutta una serie di
fattori, senza i quali il tentativo di adattamento è sicuramente
destinato a fallire. Fra questi è possibile ricordare la indispensabile
presenza di acqua, di vegetazione adeguata e le caratteristiche
architettoniche delle costruzioni destinate ad ospitare le colonie di
uccelli. Inoltre il volatile stesso deve possedere una serie di
preadattamenti, quali uno spiccato comportamento sociale e un
forte spirito esplorativo, uniti ad una buona adattabilità alimentare.
Se ad essi si aggiunge l'instaurazione di un buon rapporto con
l'uomo, basato quanto meno sulla accettazione e sulla tolleranza
15
delle colonie cittadine da parte di quest'ultimo, le probabilità di
giungere ad un successo adattativo sono molto elevate (Baldaccini,
1984; Simms, 1979).
Il colombo di città coniuga in sé tutte le caratteristiche citate; esso
ha saputo sfruttare al meglio i preadattamenti di cui per natura
disponeva, unendoli con quanto di più favorevole ha trovato nei
nuovi ambienti urbani.
Si è col tempo giunti ad una straordinaria espansione delle
popolazioni di colombi, riprodottisi fino a divenire cosmopoliti
(Ballarini et al., 1989).
Va ricordato che il successo e l'impressionante aumento numerico
delle popolazioni di colombi di città sono stati sicuramente
agevolati dalla sostanziale inesistenza di competizione
interspecifica (D’Errico, 1984).
I possibili predatori del colombo di città sono raramente avvistati
nei centri abitati; fra essi vanno annoverati il Falco pellegrino, lo
Sparviero e l'Allocco. Qualche preoccupazione in più suscitano
roditori, Taccole, Gabbiani e Cornacchie. Essi rappresentano un
16
pericolo per uova e piccoli e contribuiscono a limitarne il successo
riproduttivo.
Il colombo di città predilige siti ben riparati e di difficile accesso
per la nidificazione ed il ricovero. Le vecchie costruzioni
monumentali e gli edifici in stato di abbandono sono perfettamente
adatti allo scopo. In tali luoghi vengono a formarsi colonie, anche
molto numerose, esenti da problemi di competizione intraspecifica
(Ferraresi et al., 2000).