Lo sviluppo legislativo del lavoro interinale italiano confrontato con l’esperienza europea
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necessario, permette un costante adeguamento dell’organico ai continui e
repentini mutamenti delle esigenze del mercato, evitando le rigidità ed i
conseguenti maggiori costi cui si andrebbe incontro qualora si
procedesse ad assunzioni a tempo pieno ed indeterminato.
La presenza di agenzie private per l’impiego può inoltre consentire
alle imprese, in particolar modo a quelle di dimensioni medio-piccole, di
decentrare talune funzioni di gestione del personale quali la ricerca, la
selezione e la formazione, che non sarebbero altrimenti in grado di
soddisfare.
Inoltre il lavoro interinale consente ai datori di lavoro di sottoporre
il dipendente ad una prova anche per periodi piuttosto lunghi, nella
prospettiva di una eventuale assunzione a tempo indeterminato.
Il ricorso al lavoro temporaneo, consentendo la creazione di nuovi
posti, può rivelarsi, soprattutto per i giovani in cerca di prima
occupazione, un utile strumento per inserirsi nel mercato del lavoro. Una
occupazione temporanea può infatti costituire il primo passo verso un
lavoro stabile ed in ogni caso accresce la possibilità di impiego
attenuando almeno in parte gli inconvenienti di una situazione lavorativa
precaria. Il giovane può comunque svolgere lavori in vari settori e con
diverse mansioni così da arricchire il proprio bagaglio di esperienze
lavorative e migliorare le proprie conoscenze.
Le agenzie possono inoltre svolgere un importante ruolo di
formazione e di selezione di personale specializzato, da cui traggono
vantaggio sia le agenzie stesse, sia il lavoratore, sia infine l’azienda
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utilizzatrice: le agenzie infatti, per soddisfare le esigenze dei propri
clienti, devono disporre di personale già adeguatamente formato; le
imprese utilizzatrici, per soddisfare le proprie esigenze necessitano che il
lavoratore temporaneo, avviato dall’agenzia, sia in grado di svolgere
immediatamente i compiti per i quali è destinato, salvo ricevere poche e
semplici istruzioni; il lavoratore infine può sfruttare la professionalità
acquisita nei corsi di formazione per il conseguimento di una
occupazione stabile.
Da tempo quindi si sentiva in Italia la necessità di poter ricorrere al
lavoro interinale, e, quindi, di una legislazione chiara ed inequivocabile
che lo permettesse e lo regolarizzasse. Per realizzare un rapporto di
lavoro valido e costruttivo, è fondamentale tuttavia che venga garantita
la massima trasparenza tra agenzia, lavoratore ed impresa utilizzatrice;
che venga valorizzata la ricerca, la selezione e la formazione del
personale da parte delle agenzie, in modo che il loro ruolo non si limiti a
quello di semplice intermediario tra lavoratore e ditta utilizzatrice; che le
agenzie siano sottoposte a vincoli e autorizzazioni amministrative a
garanzia della loro serietà; e che, infine, siano predisposti alcuni vincoli
che tutelino la situazione di particolare debolezza in cui versa il
lavoratore temporaneo.
Allo stesso tempo, tuttavia, non si può dimenticare che la
regolamentazione del lavoro temporaneo deve soddisfare gli obiettivi di
tale istituzione e, cioè, principalmente l’incremento dei livelli
occupazionali ed un più facile e proficuo incontro tra domanda e offerta
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di lavoro ed essere strumento di flessibilità. A tal fine è opportuno
evitare rigidità eccessive del rapporto tra lavoratore ed agenzia, affinché
i costi del ricorso al lavoro interinale non raggiungano un livello tale da
scoraggiarne l’utilizzo da parte delle imprese, impedendo di fatto il suo
decollo.
Proprio per facilitarne l’utilizzo e renderlo più flessibile ed idoneo
alle varie situazioni la legge Treu
1
prevede due forme diverse di lavoro
interinale: l’una con il contratto a tempo determinato, l’altra con quello
a tempo indeterminato. Nel primo caso, il rapporto tra agenzia e
prestatore ha carattere temporaneo e, dando al lavoratore la possibilità di
fornire la propria disponibilità a più imprese fornitrici, affida a
quest’ultime principalmente una funzione di mediazione. La fisiologica
alternanza di periodi di lavoro e di disoccupazione, e la conseguente
incertezza del reddito, pongono in evidenza l’elevato grado di precarietà
di tale rapporto.
Nel secondo caso, quando cioè si pervenga alla stipulazione di un
contratto per prestazioni di lavoro temporaneo a tempo indeterminato, la
continuità della relazione con l’agenzia si accompagna ad una certa
stabilità sotto il profilo retributivo, in quanto viene garantita una
indennità di disponibilità per i periodi nei quali il lavoratore rimane privo
di occupazione.
Il giudizio critico sul lavoro interinale è comunque variabile e si
pone su due opposte valutazioni. Da un lato c’è chi ne fornisce un
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Legge Treu, meglio noto come “Pacchetto Treu”, legge n.196 del 24 giugno 1997.
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giudizio positivo sottolineando come migliori la flessibilità del mercato
del lavoro, aumenti l’occupazione e soddisfi le esigenze di particolari tipi
di lavoro; dall’altra c’è chi, al contrario, ne da una valutazione assai
critica considerandolo una causa di indebolimento della posizione di
alcune categorie di lavoratori, in quanto favorisce la precarietà del lavoro
con tutti i risvolti sul piano sociale.
In Italia la regolamentazione del lavoro interinale inizia con la
legge n.196/1997 del 24 giugno 1997, nota come “pacchetto Treu”, che
ha in primo luogo permesso un tipo di prestazione di lavoro che fino ad
allora era considerato del tutto illecito, non solo sul piano civilistico ma
anche penale
2
.
Il lavoro interinale era infatti vietato dalla legge n. 1369 del
23/10/60, che escludeva in termini rigorosi che potesse venir considerato
datore di lavoro chi si fosse limitato a procacciare manodopera
all’impresa. In altri termini, l’ordinamento imponeva una coincidenza
della figura del datore di lavoro con quella del soggetto che avesse
“effettivamente” utilizzato la prestazione lavorativa, vietando in generale
l’utilizzo di manodopera da parte di soggetti diversi da chi ha assunto il
lavoratore, indipendentemente dall’intento fraudolento delle parti.
Bisogna tuttavia sottolineare come tali disposizioni legislative
fossero state attuate sotto la spinta di realtà di fatti molto frequenti a
quell’epoca. Una delle situazioni più diffuse era quella del contadino
meridionale che, in cerca di lavoro giungeva alla stazione ferroviaria di
2
Vedi leggi contro il caporalato, diffuso soprattutto nell’agricoltura e nell’edilizia in particolar modo
nel Meridione.
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una delle grandi città industriali del Nord quali Milano o Torino, dove
veniva avvicinato da un suo conterraneo, il quale, approfittando del suo
disorientamento, gli offriva aiuto. Il povero contadino, rassicurato anche
dal sentire il suo dialetto, accettava l’aiuto come una manna dal cielo. Si
trovava quindi in un cantiere edile o in un’industria: finalmente
cominciava a guadagnare anche se parte del suo guadagno finiva nelle
tasche di chi l’aveva avvicinato, che possiamo chiamare con il ben
tristemente noto nome di “caporale”. Se poi capitava che il contadino,
improvvisato manovale edile od operaio, subisse un infortunio sul
lavoro, al sopraggiungere della polizia, il titolare del cantiere dichiarava
di non essere lui il datore di lavoro dell’infortunato. Era chiaro che, nel
frattempo, il procacciatore di lavoro aveva provveduto a dileguarsi
facendo perdere le sue tracce.
Ora, considerando che questa storia tipica od una similare si
ripeteva frequentemente negli anni ’60 nelle grandi città industriali del
Nord d’Italia (triangolo Milano-Genova-Torino), si possono
comprendere le radici della diffidenza nei confronti del lavoro interinale,
anche se tale diffidenza risulta ingiustificata di fronte a proposte
normative contenenti un alto grado di garanzie per il lavoratore, sia sul
piano retributivo che sociale.
In altri termini, l’ideologia e l’emotività hanno fatto velo,
determinando ritardi e comunque condizionando spesso il risultato
complessivo: infatti per introdurre in Italia un istituto già presente in
molti paesi dell’Unione Europea, si sono dovuti fare molti compromessi
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fin dall’inizio, oltre che dover attendere che fossero modificate le
ideologie sull’economia del lavoro.
Si è dovuto passare da una stagione in cui si voleva sottoporre
l’imprenditore, visto come potenziale sfruttatore di manodopera, a rigidi
vincoli in difesa del lavoratore (anni ‘60 e prima metà dei ‘70), ad una
seconda stagione (seconda metà anni ‘70 ed anni ‘80), in cui
l’imprenditore cominciava a venir considerato come un fornitore di un
bene primario quale l’occupazione; infine si giunge ad una terza stagione
(anni ‘90), in cui si inizia a preoccuparsi di servizi che abbiano come
fine ultimo l’avvicinamento tra la domanda e l’offerta di lavoro
(collocamento, formazione professionale, orientamento). In questo
ultimo periodo nasce la consapevolezza che la flessibilità del lavoro, e
quindi, anche una sua accentuata mobilità, divengono un elemento
fondamentale per soddisfare le esigenze sia del lavoratore che del datore
di lavoro.
Ci si rende quindi conto che la politica di protezione del
lavoratore non può che cambiare: nella nuova realtà economica non sono
più sufficienti i vecchi meccanismi statici di difesa del lavoratore ad ogni
costo, ma occorrono meccanismi nuovi, idonei sia a rendere più
tecnicamente preparato il lavoratore, sia a soddisfare l’occupazione più
che i privilegi del singolo.
Tuttavia è lungo il cammino per giungere all’attuale
regolamentazione del lavoro interinale che costituisce l’ultima tappa di
un percorso di avvicinamento iniziato ormai dieci anni fa, snodatosi con
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difficoltà all’interno di più legislature ed osteggiato dalle forze sindacali
timorose di un regresso a forme mascherate di caporalato. Essendo poi
la legge n. 1369/1960 ancora in vigore, ne deriva che la disciplina sul
lavoro interinale si configura come una deroga ai principi generali del
nostro ordinamento legislativo.
Del resto, il legislatore ha in altre occasioni introdotto delle
eccezioni alla legge sopraindicata, ammettendo in alcuni casi particolari,
la legittimità di una fornitura temporanea di manodopera. Infatti è, ad
esempio, possibile “al fine di evitare le riduzioni di personale…il
distacco di uno o più lavoratori da un’impresa ad altra per una durata
temporanea”
3
.
Bisogna inoltre non dimenticare tutte quelle forme di
intermediazione di fatto, già da tempo presenti nella realtà socio-
economica italiana e collocate, in assenza di regolamentazione, ai limiti
della legalità: si pensi alle imprese che noleggiano personale per
congressi, lavori di dattilografia, di baby sitter, oltre alle tradizionali
compagnie di facchinaggio e pulizie, dove la fornitura di personale
veniva mascherato sotto l’aspetto di attività libero professionista. Sotto
tale profilo, l’introduzione del lavoro interinale dovrebbe aiutare a
disciplinare e portare alla luce tutti quei casi più o meno mascherati o
sottaciuti di affitto di manodopera esistenti nel nostro paese.
Spesso infatti prima dell’entrata in vigore della legge sul lavoro
interinale la prestazione di lavoro intermittente veniva in genere inserita
3
Legge n.236 del 17 luglio 1993.
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in uno schema contrattuale di lavoro autonomo: tra lavoratore e agenzia
intercorreva un rapporto senza vincoli apparenti di subordinazione, ed il
lavoratore si impegnava esclusivamente a prestare la propria opera a
favore di un’altra impresa. Si configurava così un contratto atipico
riconducibile per molti aspetti ad un contratto d’opera: d’altra parte
occorre precisare che il divieto di lavoro temporaneo si riferiva solo al
lavoro subordinato, per cui erano sottratte al divieto il lavoro autonomo,
o la collaborazione continuata e coordinata. Inoltre il rapporto tra
prestatore e agenzia veniva di norma ricondotto ad una collaborazione in
regime di autonomia.
In mancanza quindi di una legislazione ad hoc i lavoratori
temporanei, che comunque esistevano sotto varie forme mascherate, non
avendo né una legislazione né un accordo collettivo nazionale di lavoro,
non erano tutelati nei loro diritti come tutti i lavoratori dipendenti.
Storicamente l’inizio del processo legislativo che ha portato alla
legge sul lavoro temporaneo, può essere indicato con il Protocollo
tripartito del 23 luglio 1993 (Ciampi–Giugni) che prevede l’introduzione
del lavoro temporaneo, voluta dal allora presidente della Confindustria
Abete, il quale, pur di introdurre tale possibilità, contro la forte
resistenza dei sindacati, accettò alcuni compromessi che finirono per
configurare il lavoro temporaneo in termini oltremodo restrittivi.
Il primo disegno di legge fu quello del Ministro Giungila la cui
impostazione era orientata verso il modello tedesco, con un rapporto a
tempo indeterminato tra lavoratore ed azienda fornitrice. Il parlamento
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non ebbe il tempo di esaminare la proposta di legge, che comunque era
stata fortemente criticata in quanto poco realistica per il notevole carico
economico per la ditta fornitrice.
Un secondo disegno di legge del Ministro Treu si ebbe durante il
Governo Dini, orientato verso il modello francese, fondato su un
rapporto a tempo determinato tra lavoratore ed impresa fornitrice, per
tutta la durata della missione. Criticato per l’eccessiva precarietà nella
quale si sarebbe trovato il lavoratore temporaneo, il disegno di legge si
arenò durante il suo esame da parte della Commissione lavoro della
camera.
Il terzo disegno di legge del ministro Treu durante il governo
Prodi ha finalmente avuto successo. Realizzando una fusione tra
modello tedesco e modello francese riuscì a sfociare nella legge sulle
“Norme in materia di promozione dell’occupazione”
4
.
Bisogna tuttavia sottolineare che se da un lato la legge Treu
dava delle disposizioni legislative riguardo alla fornitura di lavoro
temporaneo, dall’altra bisogna aspettare ancora un anno per la sua reale
applicazione, che si ebbe con gli accordi interconfederali della
Confindustria del 16 aprile 1998, con il contratto collettivo nazionale
del lavoro per la categoria delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo
del 28 maggio 1998 e con gli altri accordi confederali per le altre
categorie di lavoratori che si susseguirono nell’arco del 1998.
4
Legge Treu n.196 del 24 giugno 1997.
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CAPITOLO SECONDO
VANTAGGI DEL LAVORO INTERINALE
Il lavoro temporaneo vede tre soggetti partecipi alla sua
realizzazione: il lavoratore, l’azienda fornitrice e l’impresa utilizzatrice;
ovviamente tutti i soggetti devono trarre dei benefici da tale tipo di
contratto.
2.1 Le aziende
Per le aziende il lavoro interinale rappresenta uno strumento di
flessibilità in più che va ad aggiungersi a quelli già esistenti e che copre
situazioni di emergenza: un picco di lavoro non previsto, la stagionalità
produttiva, l’esigenza di sostituire in tempi brevi un lavoratore.
Durante il periodo di prova l’azienda potrà verificare se il
lavoratore è in possesso del requisito professionale per cui è stato
chiamato e, in caso contrario, potrà chiedere all’agenzia la sostituzione
con un altro lavoratore, evitando così quelle pratiche burocratiche
necessarie per l’assunzione di personale, in quanto saranno a carico
dell’impresa fornitrice. Inoltre allo scadere del contratto a termine e, se
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riterrà opportuno, l’azienda potrà proporre al lavoratore di instaurare un
rapporto di lavoro direttamente con la stessa.
Diversi sono i vantaggi per l’ azienda utilizzatrice: essa ha infatti
la possibilità di valutare il dipendente preso in affitto senza dover
instaurare un contratto diretto, e solo in un secondo tempo, se è di suo
gradimento, assumerlo alle proprie dipendenze; può utilizzarlo per
periodi di tempo più o meno lunghi rapportati alle sue reali necessità,
stabilendo in precedenza con esattezza i tempi di utilizzo e
programmando la flessibilità della forza lavoro. L’impresa inoltre ha il
vantaggio di risparmiare tempo: è infatti l’agenzia fornitrice che si
accolla tutte le attività che riguardano la ricerca, la selezione e la
gestione burocratico-amministrativa del personale e consente di disporre
dei lavoratori necessari con tempestività. In caso poi di introduzione di
novità nella produzione o nella gestione, con il ricorso al lavoro
interinale l’azienda affronta meno rischi: l’imprenditore quando decide
di lanciare un nuovo prodotto o vuol potenziare una linea già esistente,
può iniziare il nuovo business con personale a tempo, senza aumentare
l’organico fisso. Solo in una seconda fase quando passerà a una
produzione stabile, e sarà ben sicuro che l’attività funziona, potrà
trasformare il lavoratore temporaneo in un dipendente fisso.
Il lavoro temporaneo aumenta inoltre la flessibilità operativa delle
aziende con il vantaggio di migliorare la controllabilità dei costi di
gestione del personale: infatti costa meno far gestire tutto dall’azienda
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fornitrice piuttosto che fare tutto da soli con contratti a tempo
determinato.
Esso poi si caratterizza per assicurare più efficacia ed efficienza
all’impresa che lo utilizza: è infatti una forma di lavoro che ottimizza la
capacità produttiva, aumenta la possibilità di rispettare i tempi di
consegna ai clienti e consente di concentrarsi meglio sulle proprie
attività principali (la produzione piuttosto che l’amministrazione del
personale).
Non dimentichiamo inoltre che i lavoratori interinali non vengono
conteggiati nell’organico dei dipendenti dell’azienda, offrendo vantaggi
sul piano fiscale, sebbene il costo del lavoro interinale sia
completamente deducibile dalle tasse.
Il lavoro in affitto quindi costa di più ma conviene: in media
l’azienda che utilizza lavoratori temporanei spende, per le loro
retribuzioni, circa il 30% in più di quanto dovrebbe pagare per un
lavoratore fisso con le stesse mansioni. Questo aggravio di costi
dovrebbe però essere compensato dai risparmi realizzabili sulle spese
fisse di gestione del personale. Il lavoro interinale, tuttavia, conviene
solo se non si snatura la sua definizione: da ricerche effettuate si calcola
infatti che conviene solo se viene utilizzato per un massimo di tre mesi.
Oltre questo tetto il lavoro interinale diventa svantaggioso rispetto ad un
lavoro a tempo determinato.
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2.2 Il lavoratore
Per il lavoratore é interinale rappresenta un’occasione in più di
lavoro, ma soprattutto un modo per entrare in contatto con le aziende ed
acquisire diverse esperienze professionali.
Per chi è in cerca di una prima occupazione, ma anche per chi è
senza impiego, diventare lavoratore temporaneo significa aver trovato
una occupazione temporalmente limitata, ma perfettamente legale e
trasparente che dà gli stessi diritti del lavoratore assunto a tempo
indeterminato.
I vantaggi per il lavoratori possono essere così riassunti:
• Fa tutto l’agenzia: l’unica mossa del lavoratore è
l’invio del proprio curriculum vitae all’agenzia di lavoro temporaneo.
Tutte le altre mosse spettano all’agenzia: è lei che raccoglie in banche
dati i profili dei lavoratori, è lei che procura i contatti con le aziende che
vogliono affittare personale, è lei che individua i lavoratori più adatti alle
richieste di utilizzo delle imprese, è lei, infine, che abbina i curricula più
adatti alla singola azienda e invia la persona individuata sul luogo di
lavoro;
• Tante esperienze sul campo: grazie alla possibilità di
compiere un certo numero di esperienze diverse, si può conseguire un
addestramento versatile sul campo dalla grande multinazionale alla
piccola impresa a conduzione familiare;
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• Formazione gratuita: la legge impone alle imprese
fornitrici di versare un contributo, pari al 5% delle retribuzioni
corrisposte ai lavoratori affittati, a un fondo che deve essere istituito dal
ministero del Lavoro. Questo denaro serve proprio a finanziare le
iniziative di formazione rivolte ai lavoratori interinali;
• Possibilità di lavoro a tempo indeterminato: in vari casi
succede che al termine del contratto di lavoro temporaneo l’impresa
utilizzatrice offre al lavoratore la trasformazione del proprio contratto in
un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Non dimentichiamo inoltre che spesso il lavoro a termine
offre opportunità di occupazione a categorie di lavoratori che non
desiderano una occupazione stabile quali studenti, donne sposate con
bambini piccoli, pensionati i quali preferiscono accettare di volta in volta
un’occupazione per breve tempo in rapporto alle loro disponibilità di
tempo legate a situazioni diverse: nei mesi estivi per gli studenti delle
superiori, nei periodi liberi dagli esami per gli universitari, solo nei
periodi di funzionamento delle scuole per le donne con bambini,
saltuario per non stancarsi troppo per i pensionati.
Proprio per le sue caratteristiche e per gli specifici vantaggi offerti
dal lavoro interinale, il “ tipo” di lavoratore temporaneo, sebbene muti da
paese a paese, tuttavia, da un’analisi comparativa, presenta alcune
caratteristiche comuni.