VI
la qualificazione della categoria negoziale di appartenenza del sottoscrittore (professionista
ovvero consumatore).
In secondo luogo si osserva la sostanziale tenuta della struttura contrattuale codicistica, con
l’applicabilità del principio di autonomia contrattuale posto dal legislatore. L’accordo
telematico dovrà prendere in prestito gli elementi dalle altre fattispecie tipiche e, ove
queste non trovino compatibilità con il negozio di nuovo tipo, sarà necessario ricorrere alla
disciplina generale valida per la contrattualistica nel suo complesso. Gli elementi
caratterizzanti sono dunque da ricercarsi all’interno delle applicazioni informatiche con cui
ha luogo la stipulazione, le quali contraddistinguono tali negozi nelle componenti che sono
loro proprie, quali la forma, la manifestazione della volontà ecc. In altre parole questi
profili della cyberlaw si possono facilmente adattare alle regole esistenti.
La particolarità più rilevante dei negozi relativi alle nuove tecnologie, di cui non si trova
traccia nella modellistica abituale, la quale non è stata condizionata dagli sviluppi
tecnologici, consiste nella predisposizione di un complesso di clausole contrattuali
concernenti le specifiche tecniche dei beni o servizi che si intende proporre e che vanno ad
integrare il contenuto contrattuale.
Tutto ciò si riflette naturalmente sulle responsabilità contrattuali e l’approccio più corretto
per affrontarne le rispettive problematiche non può non tener conto dei cambiamenti
intervenuti.
In relazione al commercio elettronico la specialità consiste nel fatto che la valutazione
delle circostanze, determinanti l’impossibilità o la difficoltà ad adempiere, coinvolgerà
nella maggior parte dei casi proprio le questioni tecniche.
La finalità del presente volume non è quella di esaurire l’analisi del fenomeno relativo alle
questioni contrattuali nell’e-commerce, soprattutto se si considera che quest’ultimo è in
continua evoluzione, ma è piuttosto quella di fornire al lettore interessanti ed utili spunti al
fine di una sostanziale analisi delle principali problematiche che si possono manifestare
all’interno delle più importanti relazioni negoziali concernenti le operazioni di commercio
elettronico sulla rete telematica di Internet, consapevoli dei limiti che Internet pone “ut
nunc res se habent”.
1
CAPITOLO 1
2
1 La responsabilità contrattuale: un quadro generale.
La responsabilità per inadempimento è quella che sorge in capo al debitore in conseguenza
della sua mancata, inesatta o tardiva esecuzione della prestazione dovuta; essa concerne
tutte le fonti delle obbligazioni: contratto, fatto illecito, o ogni altro atto o fatto idoneo a
produrle in conformità dell’ ordinamento giuridico (ex art. 1173 c.c.); il suo obiettivo è di
individuare cosa il debitore inadempiente debba provare per sottrarsi all’obbligo del
risarcimento del danno che dovrebbe conseguire alla non corretta esecuzione della
prestazione. Se l’impegno assunto dall’oblato deriva da contratto, la responsabilità è detta
“contrattuale”
1
.
La questione può essere posta in termini di rischio contrattuale; per il creditore, che può
non veder compiuta correttamente la prestazione a cui ha diritto e per il debitore, che può
vedersi costretto a risarcire il danno da lui causato.
L’inadempimento del contratto può condurre anche alla risoluzione dello stesso (ex art.
1453-1462), così come avviene nei casi di impossibilità sopravvenuta e di eccessiva
onerosità sopravvenuta (ex art. 1463-1469 c.c.), ma, mentre questa disciplina prevede
l’alternativa tra mantenere o perdere il diritto alla controprestazione, quella della
responsabilità da contratto cerca di comprendere se i danni economici subiti da una parte
debbano essere sopportati da questa o se invece dall’altra cui viene imputata la
responsabilità e perciò l’obbligo di risarcimento.
1
VISINTINI G., Inadempimento e mora del debitore, in Il codice civile, commentario, art. 1218-1222,
Giuffrè, Milano, 1987; TRIMARCHI P., Istituzioni di diritto privato, Giuffrè, Milano, 2000, da p. 309 a p.
330; ALPA G., Istituzioni di diritto privato, Utet, Torino, 1997, p.894; SANTORO G., L’ inadempimento, in
CENDON P. (a cura di), Il diritto privato della giurisprudenza, la responsabilità civile, vol. terzo, la
responsabilità contrattuale, Utet, Torino, 1998; SANTORO G., La responsabilità contrattuale, Cedam,
Padova, 1992; BESSONE M., Adempimento e rischio contrattuale, Giuffrè, Milano, 1975; OSTI in Scritti
giuridici, Giuffrè, Milano, 1973, GALGANO F., Diritto privato, Cedam, Padova, 1988; FRANZONI M., La
responsabilità contrattuale, in Riv. trimestrale di diritto e procedura civile, 1981, p. 1266 e ss.; BIANCA
M.C., Il contratto, Giuffrè, Milano, 1999; SACCO R., Il contratto, Utet, Torino 1993; GIORGIANNI M., L’
inadempimento, Giuffrè, Milano, 1975; VISINTINI G., La responsabilità contrattuale, Jovene, Napoli, 1979;
Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, vol. diciottesimo, Utet, Torino 1998; MENGONI L.,
Responsabilità contrattuale, in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, 1988; MONATERI P.G., La
responsabilità contrattuale e precontrattuale, Utet, Torino, 1998; RODOTÀ S., Diligenza (dir. civ.), in
Enciclopedia del diritto, XII, Giuffrè, Milano, 1964.
3
In particolare, se il contratto è a prestazioni corrispettive, nel caso in cui uno dei contraenti
non adempia le sue obbligazioni, l’altra parte può domandare a sua scelta l’adempimento o
la risoluzione, ma dovrà in ogni caso risarcire il danno (ex art. 1453 c.1 c.c.)
2
. Se invece la
parte è liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta, questi non può
chiedere la controprestazione e deve restituire quanto ha ricevuto (ex art. 1463 c.c.); può
però accadere che la prestazione sia divenuta soltanto parzialmente impossibile: l’altra
parte, in questo caso, ha diritto ad una corrispondente riduzione della propria prestazione e
può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile ad un
adempimento solo parziale (ex art. 1464 c.c.)
3
.
Nei contratti sinallagmatici ad esecuzione continuata o periodica, ovvero ad esecuzione
differita, si può verificare l’ipotesi che la prestazione di una delle parti sia divenuta
eccessivamente onerosa a causa di eventi straordinari ed imprevedibili; per questo motivo
il codice civile gli da la possibilità di domandare la risoluzione del contratto, a meno che la
controparte non si offra di modificare equamente le condizioni contrattuali (ex art.1467
c.c.).
In tutti i casi in cui si abbia la risoluzione, il codice prevede che questa abbia, tranne nel
caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, effetto retroattivo tra le parti (ex art.
1458 c.1 c.c.).
Nell’affrontare il “problema” della responsabilità da contratto, devono essere tenute in
considerazione le discipline normative di riferimento.
Innanzitutto le controparti devono comportarsi secondo le regole di correttezza; in altre
parole devono fare riferimento al principio di buona fede (ex art. 1175 c.c.).
Il debitore ha poi il dovere di usare la diligenza del buon padre di famiglia nell’adempiere
l’obbligazione (ex art. 1176 c.1 c.c.).
La diligenza non è altro che un concetto volto ad individuare un metro di valutazione della
condotta, molto elastico, che è spesso accompagnato da altre nozioni (buona fede,
diligenza ordinaria ecc.). Il contenuto della diligenza va determinato secondo quello che
2
Richiama l’art. 1256 c.c. il quale cita: “l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al
debitore, la prestazione diventa impossibile.
Se l’ impossibilità è solo temporanea, il debitore finchè essa perdura, non è responsabile del ritardo
nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’ impossibilità perdura fino a quando, in relazione
al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a
eseguire la prestazione o il creditore non ha più interesse a conseguirla”.
3
Richiama l’art. 1258 c.1 c.c. che enuncia: “se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore
si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile”.
4
sarebbe il giudizio di persone oneste e coscienziose operanti nel campo al quale il rapporto
contrattuale si riferisce.
Il modello di comportamento che il legislatore ha voluto designare col termine tradizionale
di “buon padre di famiglia” si specifica perciò volta a volta nel modello del “buon
amministratore”, del “buon ingegnere” e così via (ex art. 1176 c.2 c.c.).
Le relazioni della diligenza con la correttezza e con la buona fede
4
servono per determinare
qual’è il limite oltre il quale il comportamento del debitore diventa illegittimo, mentre
quelle con il criterio in base al quale il debitore è liberato per impossibilità sopravvenuta
sono problematiche. Secondo questo criterio infatti, il debitore che non esegue in modo
esatto la prestazione dovuta, è obbligato a risarcire il danno provocato alla controparte, a
meno che non riesca a provare una impossibilità della prestazione derivante da causa a lui
non imputabile, quale causa dell’inadempimento o del ritardo (ex art. 1218 c.c.)
5
. Una
semplice difficoltà sopravvenuta quindi, non è riconosciuta come valida causa di
liberazione.
Il risarcimento del danno sofferto dal creditore deve comprendere la perdita subita (danno
emergente) come il mancato guadagno (lucro cessante), sempre che questi ne siano
conseguenza immediata e diretta (ex art. 1223 c.c.).
In realtà la varietà dei contratti e delle forme di inadempimento non consente una
disciplina uniforme. Perciò il legislatore ha dovuto aggiungere numerose altre disposizioni
particolari che talvolta confermano la responsabilità di cui all’art. 1218 c.c., talvolta la
integrano o vi apportano delle modifiche.
La problematica che dottrina e giurisprudenza ancora oggi si pongono è quella di
individuare se il debitore inadempiente possa esonerarsi da responsabilità provando
l’ordinaria diligenza. Come sostiene Giovanna Visintini
6
, questa è la questione più
complessa del diritto.
In generale, esistono due principi di valutazione della responsabilità da contratto.
Se non si ritiene sufficiente ad esimere da responsabilità la prova dell’assenza di colpa
(cioè il rispetto della diligenza) si applica il principio di responsabilità oggettiva (cioè
indipendente da colpa). Se invece questa prova è ritenuta sufficiente si assegna il principio
di responsabilità per colpa (cioè derivante da negligenza, imprudenza, imperizia).
4
Art. 1337/1375/1366/1415/1416/1445, libro IV, titolo 2, codice civile.
5
L’art 1218 c.c. richiama però l’ art. 1176.
6
Inadempimento e mora del debitore, op. cit., p. 2.
5
I compilatori del codice civile del 1942, inserendo l’art. 1218, hanno introdotto un rigoroso
criterio di responsabilità oggettiva
7
. Tale criterio ultimo criterio è avvalorato da buona
parte della dottrina
8
.
Quest’ultimo richiede che l’impossibilità sia oggettiva ed assoluta: oggettiva perché non
deve dipendere in alcun modo dalla persona del debitore e dalla sua economia, ma solo ed
unicamente dalla prestazione; assoluta poiché si deve trattare di un inadempimento che non
può essere vinto con alcuna forza umana.
L’assolutezza dell’impossibilità deve poi derivare da causa non imputabile al debitore; con
il problema della imputabilità non imputabilità della causa che ha prodotto l’impedimento
si è nel secondo momento di giudizio di responsabilità così come configurato dall’art 1218
c.2 c.c.. Il codice vigente ha abbandonato, in sede di disciplina generale della
responsabilità per inadempimento, i concetti di caso fortuito e forza maggiore; il primo
opera come limite della responsabilità per inadempimento solamente con riferimento a
determinate obbligazioni (responsabilità del vettore per perdita od avaria delle cose
trasportate, di cui all’art. 1693 c.c., responsabilità dei magazzini generali, ex art. 1787 c.c,
responsabilità per il servizio bancario delle cassette di sicurezza, ex art. 1839 c.c.), mentre
il secondo opera come limite alla sola responsabilità dell’albergatore (ex art. 1785 c.c.).
Santoro
9
riporta che in dottrina prevale l’opinione secondo la quale la causa non imputabile
è da individuarsi nell’evento che il debitore non poteva evitare impiegando la diligenza di
cui all’art. 1176 c.c., mentre in giurisprudenza prevale l’affermazione secondo cui è
necessaria la prova della specifica causa della sopravvenuta impossibilità per la
valutazione della causa non imputabile, subordinando cioè l’esonero da responsabilità alla
7
La relazione al codice n. 571 rafforza il criterio oggettivo poiché riporta: “l’art. 1218, subordinando l’
esonero da responsabilità alla condizione che l’inadempimento o il ritardo siano stati determinati da
impossibilità della prestazione, ha voluto mettere in evidenza che deve trattarsi di impossibilità della
prestazione in sé e per sé considerata: di guisa che non può, agli effetti liberatori, essere presa in
considerazione l’ impossibilità di adempiere originata da cause inerenti al debitore o alla sua economia, che
non siano obiettivamente collegate alla prestazione dovuta”.
8
OSTI G., Rerevisione critica della teoria sulla impossibilità della prestazione, in Riv. di diritto civile, 1918,
oppure in Scritti giuridici, II, Giuffrè, Milano, 1973; FRANZONI M., op. cit., p. 1266 e ss. civile; COTTINO
G., L’impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore, Giuffrè, Milano, 1955, p.
29; VISINTINI G., Inadempimento e mora del debitore, op. cit., p. 102; TRIMARCHI P., op. cit., p. 309;
SANTORO G., L’inadempimento, op. cit., p. 7 (riassume le diverse opinioni); GALGANO F., op. cit., p.
198; DE LORENZI V., Classificazioni dogmatiche e regole operazionali in tema di responsabilità
contrattuale, in Memorie dell’Istituto giuridico dell’Università di Torino, serie III, IX, Milano, 1981 (la
rassegna di queste memorie è reperibile sul sito: http://hal9000.cisi.unito.it/wf/DIPARTIMEN/Scienze-
Gi/ATTIVITA--/EMEROTECA/memorie.htm_cvt.htm ).
9
SANTORO G., L’ inadempimento, op. cit., p. 22.
6
manifestazione del caso fortuito
10
. La dottrina critica la posizione giurisprudenziale
sostenendo che al caso fortuito il legislatore assegna una differente ed autonoma fattispecie
di esonero da responsabilità rispetto all’ipotesi generale della causa non imputabile.
Anche se si sostiene la tesi oggettiva della responsabilità, l’art. 1176 c.c., dal quale si
deduce un criterio soggettivo ossia meno rigoroso, in quanto si è ritenuti responsabili solo
per negligenza imprudenza ed imperizia, non dovrebbe essere d’ostacolo al criterio
oggettivo poiché è inserito nel capo relativo all’adempimento delle obbligazioni, non in
quello dell’inadempimento in cui si trova invece l’art. 1218 c.c..
In questo contesto si collocano gli autori
11
che rivendicano il ruolo soggettivo della
responsabilità quale metro per la valutazione dell’ inadempimento.
Una siffatta visione della responsabilità contrattuale considera come disciplina di base per
l’inadempimento l’art. 1176 c.c. e non l’art. 1218 c.c., né eventualmente gli art.
1228
12
/1256 c.c.
L’art. 1229 c.c., d’altra parte, determinando i limiti di validità di eventuali clausole di
limitazione preventiva da responsabilità, ribadisce che il fondamento di questa è la colpa
(perché ad essa fa riferimento la norma quando determina l’invalidità delle clausole che
esonerano da dolo o colpa grave).
All’interno di ognuna delle due posizioni, oggettiva e soggettiva, esistono delle varianti
che interpretano in maniera differente gli articoli del codice civile.
Betti
13
sostiene una impossibilità oggettiva, ma non assoluta, bensì relativa al tipo di
rapporto obbligatorio. La regola dell’art. 1176 c.c. si applica, secondo questa dottrina, alle
obbligazioni che hanno ad oggetto la prestazione di servizi, ossia quelle di mezzi, mentre
non ha decisivo rilievo in quelle che hanno ad oggetto un opera, ossia quelle di risultato.
10
Mentre la regola generale dell’art. 1218 c.c. non impone la precisa individuazione del fattore causale che
ha prodotto l’impossibilità (essendo sufficiente fornire la prova della propria condotta diligente), le
fattispecie che pongono il caso fortuito come limite della responsabilità esigono, invece, la specifica
individuazione del fatto che ha cagionato l’impossibilità; ne consegue che il rischio della causa ignota è
addossato al debitore. Da COTTINO G., Caso fortuito (diritto civile), in Enciclopedia del diritto, VI, Giuffrè,
Milano, 1960.
11
BIANCA C.M., Dell’inadempimento delle obbligazioni, in SCIALOJA BRANCA (a cura di),
Commentario al codice civile, Zanichelli-Soc. ed. Foro it., Bologna, Roma, 1979, art. 1218-1229;
BIGLIAZZI GERI L. BUSNELLI F.D. BRECCIA U. NATOLI U., Diritto civile: obbligazioni e contratti,
vol. terzo, Torino, Utet, 1989, p. 138; MESSINEO F., Manuale di diritto civile e commerciale, Giuffrè,
Milano, 1952, p. 222; GIORGIANNI M., L’inadempimento, op. cit., p. 228; NATOLI U., L’ attuazione del
rapporto obbligatorio, in Trattato di diritto civile e commerciale, vol. secondo, Giuffrè, Milano, 1984.
12
L’art. 1228 c.c. non può portare alcuna conferma alla concezione oggettiva della responsabilità in esame,
perchè prevede un’ipotesi tipica di responsabilità soggettiva, potendosi imputare il fatto doloso o colposo
dell’ausiliario al debitore. Da NATOLI U., L’ attuazione del rapporto obbligatorio, op. cit.
13
BETTI E., Teoria generale delle obbligazioni, Giuffrè, Milano, 1953, p. 65 e ss.
7
Ad avviso di Betti dunque, il limite della responsabilità debitoria è sempre individuabile
nell’art 1218 c.c., ma l’impossibilità non deve essere considerata assoluta perché deve
essere intesa come relativa al tipo di rapporto obbligatorio considerato.
Cottino
14
avvalora invece la tesi dell’impossibilità assoluta, ma non oggettiva.
Quest’autore individua nell’assolutezza (e non nella diligenza) il carattere che
l’impossibilità deve avere per poter liberare il debitore. L’assolutezza è definita dallo
sforzo e dal sacrificio i quali debbono spingersi sino a che essi consentano che quanto
forma oggetto della prestazione sia realizzato secondo l’intenzione e l’interesse delle parti
e sino a dove non esiste un principio, espressamente o implicitamente ricavabile dalle
norme dell’ordinamento, incompatibile con la loro prosecuzione. Mentre per quanto
concerne l’ altro requisito dell’ oggettività, Cottino nega che esso abbia rilevanza.
Luigi Mengoni
15
punta le sue osservazioni sul concetto di “colpa” poiché ritiene che questo
sia stato interpretato in una duplice maniera ed abbia perciò creato una confusione nella
teoria della responsabilità contrattuale: da una parte si è parlato di colpa in senso
soggettivo, dall’altra si è mantenuta una nozione di colpa diversa, collegata al fatto
oggettivo dell’inadempimento ed esclusa solo da una sopravvenuta impossibilità oggettiva
di adempiere dipendente da una causa non imputabile al debitore. Mengoni precisa che la
colpa può avere due significati: colpa intesa come mancanza di diligenza ex art. 1176 c.c.,
concetto che rileva ai fini dell’imputabilità dell’impossibilità di adempiere e colpa intesa
non come contrapposta non alla diligenza, bensì al caso fortuito che assume rilevanza in
relazione alla circostanza che la prestazione non è stata eseguita o è stata eseguita in modo
non corretto. È evidente che questo secondo significato di colpa non ha nulla a che vedere
con la mancanza di diligenza
16
.
14
COTTINO G., L’impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore, op. cit., p.
141-170.
15
Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi, in Riv. di diritto commerciale e del diritto generale delle
obbligazioni, 1954, I, p. 280 e ss.
16
TRIMARCHI P., op. cit., p. 313, precisa:”nel diritto privato la colpa può venire intesa in senso soggettivo
od oggettivo. In senso soggettivo quando, nella determinazione del comportamento che si sarebbe potuto
tenere e perciò anche pretendere, si tenga conto delle effettive capacità del debitore e dei suoi limiti, per
escludere la responsabilità ogni volta che questi abbia fatto del suo meglio. Ciò significa dare un giudizio
individualizzato di colpa (colpa in senso soggettivo). Se invece ciò che si pretende non viene commisurato
caso per caso alle capacità del debitore, bensì viene commisurato ad un modello astratto (il buon
professionista, il buon amministratore, e così via) allora si dà un giudizio tipizzato (colpa in senso oggettivo).
Quando la responsabilità ha esclusivamente una funzione sanzionatrice, e la minaccia della responsabilità ha
la funzione di premere psicologicamente per indurre a tenere il comportamento dovuto, allora si impone l’
adozione di un concetto individualizzato di colpa: così nel diritto penale. Ma le cose stanno diversamente nel
campo della responsabilità contrattuale. Questa ha infatti la funzione di ridistribuire rischi e danni. Ne segue
la necessità di operare con un metro oggettivo, quale è il concetto di colpa. Da quanto precede risulta che la
8
Mengoni
17
poi prende le distanze dall’opinione rigorosa dell’impossibilità della
prestazione quale limite della responsabilità dell’oblato. L’autore preferisce trattare in
maniera differente questo limite: egli sostiene che non bisogna escludere dal contenuto
dell’obbligazione del debitore la qualità e la quantità dei mezzi che la norma espressa nel
rapporto obbligatorio comanda al debitore di impiegare per la realizzazione del risultato
promesso, di conseguenza questi è tenuto a realizzarlo nei limiti di realizzabilità con tali
mezzi (il debitore sarà liberato provando che è sopraggiunto un impedimento che
determina l’insufficienza del proprio comportamento promesso al creditore con i mezzi
dedotti in obbligazione). In altre parole si deve ridefinire il concetto di prestazione nel
senso di comportamento che il debitore deve tenere nell’adempimento dell’obbligazione
nei confronti del creditore con i mezzi stabiliti nel contenuto del contratto, secondo la
rappresentazione delle parti oppure in base ad una valutazione secondo normalità
commisurata alle circostanze contrattuali.
Al fine di determinare quale siano i mezzi dedotti in obbligazione e quale sia il limite fino
al quale debba spingersi lo sforzo dell’oblato per far fronte al proprio adempimento,
Mengoni rileva che bisogna richiamare il principio di buona fede, il quale consente ai
giudici di valutare caso per caso se si sia trattato di una semplice difficoltà nell’esecuzione
o di una vera e propria eccedenza della prestazione rispetto ai mezzi coi quali il debitore si
era impegnato ad eseguirla.
Franzoni
18
conferma il valore del concetto generale di buona fede, in quanto criterio per
valutare la congruità dello scambio, inteso quale confronto tra la corrispettività che era
presente al momento di conclusione del contratto e quella che si è successivamente
determinata a causa di un’alterazione delle funzioni. Per Franzoni i parametri del giudizio
secondo buona fede sono l’oggetto dell’obbligazione, la qualità dei soggetti del rapporto e
la natura di esso, il bilanciamento tra l’economia dell’affare e l’equilibrata redistribuzione
delle risorse economiche ed il principio di congruità dello scambio. Successivamente
l’autore effettua un’analisi sul perché nella casistica giurisprudenziale i giudici stabiliscano
nell’ambito della responsabilità contrattuale la vigenza di una presunzione di colpa, e ne
svela la natura di mero obiter dictum (utilizzato per introdurre un’effettiva regola di
responsabilità oggettiva senza intaccare il tradizionale principio secondo cui non vi può
essere responsabilità senza colpa).
responsabilità contrattuale è intesa non solo come sanzione contro il debitore inadempiente, ma anche e
soprattutto come garanzia per il creditore”.
17
op. cit., p. 1084 e ss.
18
FRANZONI M., Colpa presunta e responsabilità del debitore, Cedam, Padova, 1988.
9
Nell’ambito del diritto privato
19
il diritto del creditore al risarcimento del danno
presuppone che egli abbia subito un danno, che vi sia un nesso di causalità tra
l’inadempimento ed il danno e che l’inadempimento sia derivato da una causa della quale il
debitore non debba rispondere. In base al principio dell’art. 2697 c.1 c.c
20
il creditore
dovrebbe provare tutti questi elementi. Nell’ambito della responsabilità contrattuale questa
regola incontra una parziale deroga, infatti il creditore deve dimostrare solo il danno ed il
nesso di causalità, mentre l’oblato deve provare che l’inadempimento od il ritardo è
dovuto a ad una causa della quale non deve rispondere (ex art. 1218 c.c). Questa parziale
inversione dell’onere della prova è giustificata dal fatto che il creditore difficilmente
conosce i motivi dell’inadempimento della controparte
21
.
Franzoni afferma che, premesso il criterio, nel campo della responsabilità da contratto,
dell’inversione dell’onere della prova, se l’art. 1218 c.c. prevedesse davvero una
presunzione di colpa a carico del debitore, la prova contraria dovrebbe vertere proprio
sull’assenza di colpa (il debitore dovrebbe quindi andare esente da responsabilità qualora
dimostrasse la propria diligenza), ma l’osservazione della prova liberatoria che emerge
dalla pratica giurisprudenziale mostra, al contrario, che la colpa non rappresenta mai il
limite oltre il quale l’ obbligato diventa irresponsabile.
L’autore ritiene perciò non corretto il richiamo della giurisprudenza alla presunzione di
colpa nella responsabilità contrattuale, dove vige invece la parziale inversione dell’onere
prova.
Un ultimo orientamento dottrinale da analizzare è quello di Pietro Trimarchi
22
che, dopo
aver esaminato entrambi i principi di valutazione della responsabilità contrattuale, giunge
ad attribuire una valenza maggiore a quello oggettivo, in quanto la miglior distribuzione
delle risorse economiche può venire realizzata solo con quest’ultimo (la responsabilità
oggettiva si accorda meglio col progresso tecnologico, comporta tempi e costi giudiziali
minori). Il metodo soggettivo varrà nelle obbligazioni che hanno per oggetto un fare (come
19
TRIMARCHI, op. cit., p. 320
20
Il quale enuncia: “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il
fondamento”.
21
TRIMARCHI P., op. cit, aggiunge che se la prestazione del debitore è mancata o è stata eseguita in ritardo,
al creditore basta provare quanto detto; se invece la prestazione è stata eseguita tempestivamente, ma sia in
questione la sua qualità, bisogna distinguere: nel caso di obbligazioni di risultato al creditore basterà provare
che il risultato non ha le qualità richieste e, ancora una volta, al debitore spetterà provare che ciò non deriva
da una causa a lui imputabile; se l’obbligazione è di mezzi è il creditore a dover provare la colpa del debitore,
perché qui essa colpa costituisce il criterio per giudicare la qualità della prestazione e dunque l’esistenza
stessa dell’inadempimento.
22
Op. cit. Si veda anche: Sul significato economico dei criteri di responsabilità contrattuale,in Riv.
trimestrale di diritto e procedura civile, 1970, p. 512 e ss.
10
risulta dagli obblighi dell’appaltatore, del mandatario, del professionista e così via), in
quelle di dare cose determinate (c.d. di specie) ed in quelle di custodire (vi sono tuttavia
ipotesi in cui il la responsabilità del custode è indipendente dalla colpa), mentre quello
oggettivo varrà negli obblighi di fornire una certa quantità di cose determinate soltanto nel
genere (c.d. obbligazioni generiche).
Secondo Santoro
23
, non essendo possibile individuare quale delle opinioni citate abbia
maggiore attendibilità, è possibile esaminare la casistica giurisprudenziale, anche se pure le
decisioni dei giudici presentano, a volte, soluzioni apparentemente contrastanti. In ogni
caso questa sembra essere la strada più fruttuosa nel tentativo di individuare i limiti della
responsabilità del debitore per l’inadempimento delle obbligazioni.
Un’importante ipotesi di responsabilità oggettiva concerne l’inadempimento delle
obbligazioni di dare cose determinate soltanto nel genere di cui tratta l’art. 1178 c.c
24
. Per
questa tipologia gli orientamenti giurisprudenziali, anche stranieri, accolgono il criterio
oggettivo, in quanto ritengono che fino al momento della consegna o dell’individuazione
delle cose generiche, il debitore abbia la piena libertà di pianificare l’ adempimento nei
modi che ritenga più opportuni.
La giurisprudenza, nella stragrande maggioranza dei casi
25
, pare avvalorare la tesi limite
secondo cui “il genere non perisce mai”, ossia non è possibile che si verifichi un
impedimento di carattere oggettivo alla prestazione per il debitore (il genere è sempre
reperibile), ma poi, seppur in rare situazioni, riconosce cause di esonero, sia che si abbia a
che fare con un genere limitato, sia con un genere illimitato
26
; ad esempio si pensi al caso
degli impedimenti per la fornitura di energia elettrica, per i quali una parte della dottrina
27
sostiene che il monopolio dell’energia elettrica in Italia, indurrebbe a pensare che, data
l’impossibilità di un rifornimento presso terzi, sia dedotto in contratto di somministrazione
(ex art. 1559 c.c.) dell’energia elettrica una sorta di genere limitato e di conseguenza ogni
23
SANTORO G., L’ inadempimento, op. cit., p. 25/26.
24
In base al quale il debitore è tenuto a consegnare cose di qualità non inferiore alla media se la prestazione è
generica.
25
Cassazione 15/03/1944, n. 169, in Riv. di diritto commerciale, 1945, II, p. 93; Cassazione 3/4/1946, in
Repertorio generale annuale-Foro italiano, 1946, p. 273; Cassazione 16/3/1987, n. 2691, in Foro italiano,
1989, I, p. 1209; Lodo arbitrale 26/01/1971, in Giurisprudenza italiana, 1972, I, 2, p. 692 e Tribunale di
Milano 05/12/1974, in Giustizia civile, 1975, I, p. 679 (entrambi relativi alla chiusura del Canale di Suez).
26
Cassazione 07/06/1963, n. 1403, in Repertorio generale annuale-Giurisprudenza italiana, 1943, p. 56;
Cassazione 08/08/1951, n. 2472, in Repertorio generale annuale-Foro italiano, 1951, p. 348.
27
COTTINO G., Del contratto estimatorio. Della somministrazione, in Commentario al codice civile, a cura
di SCIALOJA E BRANCA, Zanichelli, Bologna-Roma, 1970, art. 1565 c.c., p. 142.
11
volta che si verifichi una causa impeditiva attinente alla fonte di produzione, sia
configurabile un’ ipotesi di impossibilità oggettiva.
All’interno della tipologia “obbligazioni generiche” si collocano le prestazioni di dare una
somma di denaro (c.d. obbligazioni pecuniarie); in questo caso, il principio in base al quale
il genere non perisce mai è ancora più radicato rispetto all’ipotesi precedente. Non è infatti
ipotizzabile alcuna impossibilità oggettiva
28
; l’obbligato può trovarsi nell’indisponibilità
temporanea o permanente di danaro (c.d. impotenza finanziaria), ma non ha possibilità di
essere esonerato in nessun modo. Dunque, dato che la prestazione relativa alla consegna di
una somma di danaro non può mai diventare oggettivamente impossibile (ex art. 1218 c.c.),
l’unica forma di inadempimento per il debitore è quella del ritardo nell’esecuzione della
prestazione del quale debba rispondere (mora, art. 1219 c.c.).
La giurisprudenza ha tuttavia riconosciuto l’esonero da responsabilità del debitore in
limitate circostanze riconducibili soprattutto al comportamento del creditore (si immagini il
fatto del creditore determinato da una sua condotta scorretta che abbia impedito al debitore
di eseguire esattamente il pagamento pattuito: l’oblato può essere si in mora, ma non per
causa sua).
La disciplina della responsabilità per inadempimento delle obbligazioni generiche riveste
dunque un indubbio carattere oggettivo
29
.
Una seconda tipologia di obbligazioni, dopo quelle generiche, è costituita dalle
obbligazioni di specie. Anche in queste, gli orientamenti della giurisprudenza richiedono,
per la liberazione del debitore, la presenza di un impedimento oggettivo che ha reso
impossibile l’esatta esecuzione della prestazione (ex art. 1218 c.c.), che si manifesta
piuttosto frequentemente nei vincoli di specie (si pensi, nell’ambito della locazione,
all’ipotesi in cui il bene locato venga distrutto o sequestrato).
Il requisito generalmente preteso
30
è l’onere della prova positiva della causa che ha
prodotto l’impossibilità della prestazione. Successivamente si pone la questione
dell’imputabilità o meno dell’impossibilità di adempiere.
In altre parole, le sentenze richiamano ad una presunzione di colpa superabile solo
fornendo la prova positiva della causa che ha prodotto l’impossibilità: a nulla sarà valsa la
diligenza dell’oblato se questi non sarà in grado di fornire questa prova; la causa ignota
28
Appello di Firenze, 04/05/1950, in Giurisprudenza toscana, 1950, p. 216; Cassazione 17/06/1980, n. 3884,
in Archivio civile, 1980, p. 905; Cassazione 14/04/1975, n. 1409, in Giurisprudenza italiana, 1976, I, 1, p.
1820; Cassazione 11/05/1988, n. 3435, in Giustizia civile, 1988, I, p. 2272.
29
TRIMARCHI P., op. cit., p. 311; GALGANO P., Diritto privato, op. cit.; SANTORO G., L’
inadempimento, op. cit., p. 58.
30
Si veda: SANTORO G., La responsabilità contrattuale, op. cit., p. 125.
12
resta perciò a suo carico. Si comprende come si è di fronte ad un sistema in cui la colpa
non rappresenta il limite della responsabilità (questo concetto di colpa non è quello
contrapposto alla diligenza).
Una terza categoria di obbligazioni è quella delle prestazioni di fare. Al loro interno si
distinguono le obbligazioni di mezzo (o di comportamento o di diligenza) e quelle di
risultato (o di scopo)
31
.
Questa distinzione, che non esiste nel codice civile italiano, è appoggiata totalmente dalla
giurisprudenza, tanto da rivestire un valore pari a quello di norma legislativa
32
.
L’obbligazione di mezzi richiede al debitore esclusivamente la diligenza nel
comportamento pattuito, indipendentemente dalla sua fruttuosità circa lo scopo perseguito
dal creditore; in quella di risultato il contenuto è il soddisfacimento effettivo dell’interesse
del creditore, cioè l’adempimento coincide con la piena realizzazione del suo scopo,
indipendentemente dall’attività e dalla diligenza impiegate dal debitore.
In altri termini l’obbligazione di risultato è adempiuta solo quando sia stato realizzato
l’evento previsto come conseguenza dell’attività esplicata dal debitore, nell’identità di
previsione negoziale e nella completezza quantitativa e qualitativa degli effetti previsti, ed
al contrario non lo è se l’attività dell’obbligato, anche se diligente, non è servita per il
raggiungimento del risultato previsto.
Nelle obbligazioni di mezzi il rischio della mancata realizzazione del risultato è accollato
al creditore: è quest’ultimo a dover provare la colpa del debitore (cioè che questi non è
stato diligente) poiché qui la colpa costituisce il criterio per giudicare la qualità della
prestazione e dunque l’esistenza stessa dell’inadempimento.
Nelle obbligazione di risultato il rischio è accollato al debitore; al creditore basterà provare
che il risultato non ha le qualità richieste.
La bipartizione all’interno delle obbligazioni di fare ha trovato sia credito
33
che
discredito
34
.
31
Distinzione introdotta da MENGONI L., op. cit., p. 185/280/366 e ss.
32
Cassazione 08/08/1985, n. 4394, in Giurisprudenza italiana, 1987, I, 1, p. 1139; Cassazione 17/04/1981, n.
2334 in Vita notarile, 1981, p. 229; Cassazione 10/12/1979, n. 6416, in Massimario della giurisprudenza
italiana, 1979, p. 1569; Cassazione 21/12/1978, n. 6141, in Giurisprudenza italiana, 1979, I, 1, p. 953;
Cassazione 22/11/1984 n. 6029, in Giustizia civile, 1985, I, p. 2815. Per la distinzione tra prestazioni di
mezzi e di risultato si veda anche MAIORCA S., Le obbligazioni: le loro fonti e le loro garanzie,
Giappichelli, Torino, 1998, p. 14.
33
BETTI E., op. cit., p. 40; VISINTINI G., Inadempimento e mora del debitore, op. cit., p. 219; GALGANO
F., Diritto privato, op. cit., p. 39; DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, art. 1173-1176 nel Commentario
del codice civile, SCIALOJA e BRANCA (a cura di), Zanichelli, Bologna, 1988; FRANZONI M., Colpa
13
La giurisprudenza ricorre frequentemente alla distinzione nell’ambito della dicotomia tra
lavoro autonomo e subordinato; i giudici sostengono che, in generale, nel caso di lavoro
autonomo, l’oggetto dell’ obbligazione sia costituito dalla realizzazione di un risultato
mediante la propria attività e col proprio rischio, mentre nel caso di lavoro subordinato
l’oggetto sia rappresentato dalle energie che il dipendente presta all’interno
dell’organizzazione dell’impresa, in base alle istruzioni fornite dal datore di lavoro
35
.
La distinzione tra obbligazione di mezzi e di risultato, inoltre, non coincide con quella fra
obbligazioni che hanno ad oggetto servizi ed obbligazioni che hanno ad oggetto la
realizzazione di opere, in quanto anche nel caso di una prestazione di servizi si può avere
una obbligazione di risultato (ad esempio il caso del trasporto).
presunta e responsabilità del debitore, op. cit., p. 367; CATTANEO G., La responsabilità del professionista,
Giuffrè, Milano, 1988.
34
GIORGIANNI M., Obbligazioni(teoria generale), in Novissimo Digesto italiano, XII, Utet, Torino, 1965,
p. 321 e ss.; COTTINO G., L’impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore,
op. cit., p. 450; BIGLIAZZI GERI L. BUSNELLI F.D. BRECCIA U. NATOLI U., op. cit., p. 90;
RESCIGNO P., Obbligazioni (nozioni), in Enciclopedia del diritto, XXXIX, Giuffrè, Milano, 1979, p. 190 e
ss.
35
Cassazione 22/11/1984, n. 6029, in Giustizia civile, 1985, I, p. 2815.