1. Introduzione
Tesi di laurea, Tron Flavio
2
La funzione di questi contratti finanziari è ciò che ha consentito il loro boom: la
possibilità di disgiungere dal bene sottostante (reference entity) il rischio di
credito dagli altri rischi quali i rischi di interesse, di prezzo o di cambio e quindi
di poterlo trasferire a fronte di un prezzo predeterminato. Nel nostro caso il rischio
di credito va letto come deterioramento della "qualità creditizia" del debitore;
deterioramento che è solitamente generato dal mancato adempimento del debitore
alla sua obbligazione o dal mancato adempimento nel tempo dovuto. Estrapolando
il rischio di credito dagli strumenti giuridici che lo rappresentano si ottengono
diversi risultati positivi:
• si facilita la diversificazione dei rischi da parte degli investitori, rendendo
accessibili mercati e rischi di credito ad un numero maggiore di soggetti;
• si può superare la segmentazione dei mercati, riducendo le inefficienze della
raccolta finanziaria;
• si riducono i costi presenti nelle tradizionali forme di assunzione di rischio di
credito;
• si aumenta la liquidità dei mercati, in particolare in quei mercati che, per gli
strumenti tipicamente utilizzati, non sono adatti ad un'attività di mercato
secondario;
• si possono fare speculazioni ed arbitraggi sul profilo creditizio di terzi.
I contratti derivati di credito consentono di diversificare efficacemente i rischi di
credito, non solo riducendo i costi della diversificazione, ma anche offrendo
maggior accesso a strumenti, mercati e controparti rispetto a tradizionali mezzi di
diversificazione. I credit derivatives consentono di poter scegliere con maggior
flessibilità la durata dell'esposizione creditizia, facilitando la gestione generale dei
rischi di portafoglio. Si può di sicuro affermare che i contratti in questione
rappresentano il migliore strumento di diversificazione disponibile, sia per
l'investitore (venditore di protezione), sia per chi vuol ridurre concentrazioni
eccessive (compratore di protezione).
1. Introduzione
Tesi di laurea, Tron Flavio
3
Una caratteristica che rende i credit derivatives molto appetibili per il protection
buyer è che essi permettono di trasferire a terzi il rischio di credito. Da alcuni anni
le grandi aziende tendono a ridurre il numero dei rapporti bancari, concentrando le
proprie esigenze creditizie su un numero inferiore di banche. Esse, continuando a
mantenere i rapporti con queste aziende, assumono rischi quantitativamente
maggiori. Nasce così l'esigenza di ridurli, trasferendoli a terzi. Nello stesso tempo
le autorità di vigilanza bancaria hanno introdotto alcuni criteri per contenere i
rischi di instabilità delle banche connessi alla concessione di finanziamenti di
importo rilevante rispetto al patrimonio di vigilanza e tesi ad evitare eccessive
concentrazioni di rischi su singole controparti, stabilendo dei limiti proporzionali
al patrimonio dell'istituto erogante. In questo caso l’esigenza di trasferire a terzi il
rischio di credito, si scontra però con la necessità di mantenere il rapporto diretto
con il cliente, rapporto che sarebbe compromesso dalla impossibilità di concedere
nuove facilitazioni o dalla cessione di crediti a terzi (cessione che verrebbe fatta
per rispettare i citati limiti, noti come "grandi fidi", o per creare spazio per nuove
facilitazioni). Diverse banche, tuttavia, si trovano in tale situazione proprio con la
clientela giudicata migliore. I credit derivatives vengono utilizzati quali surrogati
di garanzia per ridurre le esposizioni verso la clientela e rappresentano una nuova
famiglia di garanzie personali e reali, denominate anche "garanzie sintetiche".
L’uso dei credit derivatives consente di agire evitando che l'obbligato dello
strumento finanziario sottostante sia a conoscenza del fatto che il suo creditore
abbia ceduto il rischio di credito da lui generato evitando di inficiare i rapporti con
importanti clienti.
Un importante vantaggio dei credit derivatives, stavolta per il protection seller, è
che le transazioni sono off-balance-sheet. Ciò consente all'investitore di acquisire
un'attività finanziaria senza l'obbligo di doverla "coprire" e di ottenere dunque una
notevole flessibilità in termini di leverage: maggiore è il costo relativo al
mantenimento in bilancio di certi assets, più apprezzabile è l'alternativa di queste
soluzioni non registrate in bilancio.
1. Introduzione
Tesi di laurea, Tron Flavio
4
Quanto detto sino ad ora rende chiaro che i primi utilizzatori dei credit derivatives
sono le banche. In particolare le banche commerciali li utilizzeranno
prevalentemente per:
• ridurre l’esposizione creditizia verso certi nominativi di elevata visibilità e
caratterizzati dal superamento dei limiti massimi del rapporto tra le
facilitazioni concesse ad un singolo nominativo ed il patrimonio di vigilanza
della banca;
• sfruttare una forma alternativa di investimento e diversificazione del
portafoglio con miglioramento dei rendimenti a parità di qualità dello stesso.
Le banche di investimento invece utilizzeranno i credit derivatives soprattutto per:
• sfruttare il proprio know-how;
• manipolare le entrate fisse del "trading book";
• sfruttare opportunità di arbitraggio.
Comunque anche altri soggetti sono utenti di questi strumenti pur naturalmente
con scopi diversi.
Particolarmente, le compagnie assicurative, per coprire il rischio di credito al fine
di liberare la capacità riassicurativa o assumere il rischio di credito per
incrementare i guadagni e la diversificazione.
Gli investitori istituzionali da parte loro punteranno sul creare esposizioni “su
misura" riguardanti il profilo di rischio, la scadenza, la valuta o il tipo di
strumento e sul prendere posizioni su nuovi rischi.
Infine anche le società industriali possono avere svariate ragioni per rivolgersi ai
credit derivatives: coprire rischi di credito verso fornitori, clienti, banche o per il
finanziamento di nuovi progetti oltre alla copertura delle esposizioni su mercati
emergenti o al semplice target di un aumento dei guadagni.
L’obiettivo di questo lavoro è verificare se esistono le condizioni per un futuro
mercato regolamentato dei credit derivatives. A questo scopo ho fatto delle
interviste a diversi operatori del settore recandomi direttamente sul mercato
londinese e presso la sede centrale della BCI. A tal proposito, colgo l’occasione
1. Introduzione
Tesi di laurea, Tron Flavio
5
per ringraziare il dott. Alessandro Cocco director del legal department di Deutsche
Bank, il dott. Pietro De Giorgio, director dell’ufficio credit products di Deutsche
Bank, il dott. Antonio Di Flumeri, director dell’ufficio global markets di Deutsche
Bank, il dott. Francesco Franzese, assistant vice president dello strategic solutions
group di Merryl Linch, il dott. Renzo Arcoria, managing director del derivatives
department di Bear Stearns e il dott. Andrea Fabbri, vicedirettore dell’ufficio
capital markets della Banca Commerciale Italiana.
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
Tesi di laurea, Tron Flavio
7
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito
prima dei credit derivatives
Uno dei primi target degli istituti di credito è sempre stato e sempre sarà quello di
ridurre le esposizioni creditizie con lo scopo finale alternativo di ridurre il rischio
di credito oppure di liberare linee di credito per poter effettuare nuovi
investimenti.
Naturalmente però i margini di manovra nella composizione e, soprattutto nella
gestione del portafoglio prestiti, sono di gran lunga inferiori a quelli consentiti con
riferimento al portafoglio titoli. I principali vincoli provengono sia dall’esigenza
di preservare il valore della relazione della clientela, il che rende difficile attivare
politiche di ridimensionamento di singole esposizioni, sia dalla circostanza che le
potenzialità di sviluppo e di diversificazione del portafoglio stesso sono
condizionate in misura ancora determinante dalla rete territoriale esistente. I
vincoli di carattere territoriale costituiscono, per una fascia significativa di
banche, importanti ostacoli alla diversificazione sia nella fase di composizione del
portafoglio prestiti sia in quella di gestione.
Questi vincoli, e non solo questi hanno portato ad una evoluzione enorme dei
mezzi di gestione del rischio di credito da quelli più elementari sino ad arrivare
agli strumenti di oggi che stanno per affiancare e per molti versi superare la
securitization che sino a qualche anno fa era vista come il non plus ultra in
materia.
Andiamo ora proprio a presentare un excursus degli strumenti di gestione del
rischio di credito, tipici del nostro paese e non, che sono stati i precursori dei
credit derivatives al fine di capire quale siano state le esigenze di mercato che
hanno spinto alla ricerca ed alla nascita di questi prodotti innovativi sulla scena
del mercato finanziario.
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
Tesi di laurea, Tron Flavio
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2.1 La cessione dei crediti
La cessione dei crediti (artt. 1260-1267 c.c.) può essere intesa come la cessione
del diritto di ricevere delle somme derivanti dai crediti ceduti. Il creditore può
trasferire i propri crediti senza il consenso dei debitori, purchè il credito non abbia
carattere personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. La proprietà dei
crediti è trasferita dal cedente al cessionario mediante il semplice accordo tra
questi, anche se il trasferimento non è stato notificato o accettato dal debitore
ceduto. La cessione, infatti, non ha nessun effetto sull’obbligazione di pagamento
dei debitori. La cessione dei crediti, dunque, non richiede il consenso preventivo
della parte ceduta.
Nell’ottica di un confronto con altri contratti di gestione del rischio di credito due
sono gli aspetti che assumono rilievo:
1) il trattamento contabile che deriva a seguito del metodo di trasferimento
adottato;
2) i requisiti necessari affinché la cessione sia efficace nei confronti dei
debitori ceduti e di terze controparti.
Con riguardo al primo punto è importante distinguere tra cessione pro solvendo e
cessione pro soluto. In caso di cessione pro solvendo, il cedente garantisce la
solvibilità del debitore ceduto. Questo implica che, in caso di inadempienza del
debitore, il cedente è tenuto a:
a) restituire al cessionario le somme ricevute più gli interessi;
b) rimborsare al cessionario le spese di cessione e quelle sostenute per
far valere i diritti verso i debitori ceduti;
c) rifondere al cessionario i danni subiti.
Poiché il cedente continua a sopportare un rischio di insolvenza, la cessione pro
solvendo non consente al cedente stesso di eliminare dal proprio stato
patrimoniale gli attivi trasferiti.
Al contrario, la cessione pro soluto, non prevede alcuna garanzia da parte del
cedente. Il rischio di insolvenza dei debitori è trasferito per intero al cessionario.
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
Tesi di laurea, Tron Flavio
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L’originator cedente, non sostenendo più alcun rischio di insolvenza, è abilitato
ad eliminare dal proprio stato patrimoniale gli attivi trasferiti. In tale ipotesi, la
normativa contabile assicura, dunque, il trattamento fuori bilancio.
Circa l’efficacia della cessione, è importante stabilire se questa sia stata notificata
o no al debitore. Si è detto in precedenza che il trasferimento dei crediti avviene in
base al semplice accordo tra cedente e cessionario. Tuttavia, per rendere la
cessione efficace nei confronti dei debitori e di terze controparti, è necessario
notificare la cessione stessa al debitore ceduto. La cessione è un contratto tra
cedente e cessionario, ma solo quando è notificata essa è opponibile ai debitori e a
terze parti.
1
La cessione dei prestiti qui considerata sotto l’esclusivo profilo che la rende un
possibile strumento di gestione del rischio di credito, si differenzia, ad esempio,
dalla securitization poiché non prevede l’incorporazione del rapporto creditizio in
uno strumento negoziabile. Essa però, analogamente alla securitization, consente
innanzitutto di separare l’attività di selezione dei prenditori e di pricing dei prestiti
da quella di finanziamento, di fatto trasformando ricavi da posizione (gli interessi
sui prestiti erogati) in ricavi da commissione (derivanti dall’attività di origination
e successiva cessione); inoltre, consente di contenere la dimensione dell’attivo del
bilancio, con l’obiettivo di risparmiare capitale e di ridurre i costi imposti dalla
regolamentazione di vigilanza, generalmente funzione dei totali di bilancio.
Tuttavia, l’attività di cessione di prestiti trova importanti limiti nell’illiquidità del
mercato secondario degli stessi e in problemi di moral hazard
che costituiscono
una remora proprio alle operazioni di cessione che sulla carta appaiono più
attraenti per la banca, ovvero quelle pro-soluto.
1
Mario La Torre, Securitization e banche, Il Mulino, 1995.
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
Tesi di laurea, Tron Flavio
10
2.2 La subpartecipazione e la novazione
La subpartecipazione è un contratto tipico dell’ordinamento anglosassone, ma
realizzabile in Italia tramite il ricorso a istituti previsti dal nostro codice civile.
Tramite la subpartecipazione, il subpartecipante (lo SPV
2
) deposita una certa
somma di denaro presso l’originator e si accorda con lui affinché tale deposito gli
venga restituito solo quando sarà fatto l’ultimo pagamento relativo ai crediti
sottostanti trasferiti. La restituzione delle somme depositate da parte
dell’originator è sottoposta alla condizione che vi siano regolari rimborsi da parte
dei debitori principali.
Il problema principale è costituito dalla circostanza che, attraverso la
subpartecipazione, l’originator rimane proprietario dei crediti. Poiché la titolarità
dei crediti non viene trasferita, lo SPV, ed indirettamente gli investitori finali, non
ottengono nessun diritto, né intrattengono relazioni giuridiche dirette con i
debitori. In sostanza, attraverso la subpartecipazione, non si raggiunge una “true
sale”. Le conseguenze sono chiare. Da un lato, l’originator non ottiene, per i
crediti trasferiti, il trattamento fuori bilancio. Dall’altro, lo SPV e gli investitori
finali corrono il rischio di non essere autorizzati a ricevere, con precedenza sugli
altri eventuali creditori dell’originator, i flussi monetari provenienti dai crediti
trasferiti. In più, poiché i debitori principali conservano il diritto di
compensazione nei confronti dell’originator, SPV ed investitori finali corrono il
rischio di sopportare quella quota del rischio di credito dell’originator che viene
eventualmente compensata.
La novazione (art. 1235 c.c.) è un contratto tramite il quale un’obbligazione
esistente viene sostituita (su accordo delle parti) da un’obbligazione nuova, ma
equivalente, tra le stesse parti che comporti, però, un oggetto differente o un
cambiamento del diritto. Risulta chiaro come questo risultato sia poco affine al
2
Special Purpose Vechicle: per la definizione e la spiegazione del ruolo di questo ente si veda il
paragrafo 3.5.
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
Tesi di laurea, Tron Flavio
11
management del rischio di credito con l’utilizzo, per esempio, all’interno di
un’operazione di securitization.
Al contrario, nella disciplina britannica, la novazione crea nuovi diritti e nuove
obbligazioni tra nuove controparti. In tal senso, tale metodo può giocare un ruolo
significativo in un contesto di securitization. La novazione darebbe vita
all’estinzione del rapporto obbligatorio tra originator e SPV (col quale lo SPV
concede il prestito all’originator), sostituendo i debitori originari all’originator.
Nondimeno, la novazione, anche così come è intesa dall’ordinamento britannico,
presenterebbe diversi svantaggi per un programma di securitization. Basta citarne
due:
1) la novazione richiederebbe comunque l’accettazione dei debitori originari
che in un’operazione di securitization risultano essere numerosi;
2) la novazione richiederebbe comunque il pagamento di un’imposta
sostitutiva applicabile a tutti gli attivi con scadenza superiore a 18 mesi
trasferiti a residenti italiani (SPV domestici).
2.3 La securitization
La securitization (titolarizzazione) è il processo mediante il quale un’istituzione
finanziaria converte in titoli obbligazionari parte del suo attivo costituita da
prestiti per cederli sul mercato secondario. Le operazioni di securitization, che
hanno avuto negli anni passati e recenti un rilevante sviluppo, in particolare nei
mercati anglosassoni e nel mercato internazionale, possono essere impiegate per
gestire i rischi in quanto consentono all’istituzione finanziaria di modificare la
struttura del proprio attivo di bilancio, cedendone sul mercato quote
opportunamente individuate.
Le operazioni di securitization implicano per la banca un lavoro di individuazione
di posizioni attive non negoziabili aventi caratteristiche omogenee all’interno del
proprio bilancio, un lavoro di package delle stesse e la susseguente loro cessione
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
Tesi di laurea, Tron Flavio
12
ad un soggetto esterno (trustee) che emette delle obbligazioni a fronte delle
cessioni.
Generalmente i soggetti coinvolti in un’operazione di securitization, a parte gli
investitori, sono tre:
• la banca che genera l’attività (prestito) che successivamente viene
sottoposta a securitization (originator);
• il trustee che riceve dalla banca i prestiti ed emette le obbligazioni;
• colui, se è presente nell’operazione, che presta garanzia di pagamento: il
credit enhancer.
3
A differenza dell’apertura di una posizione in credit
derivatives, quindi, la decisione di securitization è irreversibile: si tratta, in
altre parole, di eliminare una posizione dal bilancio al fine di controllare il
rischio.
Per comprendere la natura dell’operazione di securitization con riferimento alla
gestione del rischio di credito è opportuno considerare, innanzitutto, per quanto
riguarda il portafoglio prestiti che la banca, almeno teoricamente, in ogni
momento assume la decisione di continuare a mantenere la posizione in bilancio o
di procedere alla sua dismissione.
4
Il termine securitization viene utilizzato per indicare una vasta gamma di attività.
In via generale, sta ad indicare uno spostamento da un tipo di intermediazione che
vede il fulcro nell’attività delle istituzioni ad una mercatocentrica. In particolare è
possibile distinguere tre forme di securitization in corrispondenza di tre distinte
attività:
1. l’emissione di titoli che possono essere considerati a tutti gli effetti
sostitutivi di prestiti bancari;
2. l’attività di vendita e di scambio di prestiti bancari;
3. l’emissione di titoli a fronte di prestiti cartolarizzati.
3
Il credit enhancement può anche essere fornito da meccanismi interni all’operazione, ad esempio
mediante la overcollateralization, in base alla quale il valore dei crediti conferiti al trustee è
superiore di una certa percentuale rispetto al valore degli impegni di pagamento che lo stesso deve
effettuare.
4
Mario Anolli e Paolo Gualtieri, La misurazione del rischio di credito nella gestione delle banche,
Il mulino, 1999.
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
Tesi di laurea, Tron Flavio
13
Il primo tipo di securitization ha a che fare con la generica attività, svolta da
intermediari finanziari e da broker, di predisporre, collocare e/o sottoscrivere titoli
di credito. Sotto quest’aspetto la securitization viene collegata alla crescita di
strumenti quali gli eurobonds (floating rate notes, ad esempio) e le euronotes
(note issuance facilities, revolving underwritng facilities, eurocommercial paper,
etc.), vale a dire alla crescita dell’euromercato.
Tale fenomeno è generalmente correlato al declino parallelo dei prestiti sindacati.
I dati (per esempio quelli della BIS
5
) supportano tale evidenza: il passaggio da
una finanza indiretta, ad una finanza dove i flussi di credito passano attraverso il
mercato dei capitali.
Il secondo tipo di securitization riguarda l’attività di vendita e di scambio di
prestiti bancari. Tale attività, che non implica la trasformazione di pacchetti di
prestiti in titoli, non è nuova alle aziende bancarie. Tradizionalmente, le banche di
ridotte dimensioni hanno assunto il ruolo di principali acquirenti in tale mercato e
i prestiti oggetto di scambio sono stati essenzialmente obbligazioni di operatori
commerciali che vantavano un elevato credit rating.
Il terzo tipo di securitization, la ABS, Asset-Backed Securitization, costituisce una
recente innovazione nell’attività di vendita dei prestiti. Quando un’impresa
finanziaria decide di cedere una certa quantità di crediti ha davanti a sé tre
alternative: può procedere alla vendita di ciascuno dei crediti, può vendere dei
certificati di partecipazione in tali crediti, o può cartolarizzare un portafoglio di
crediti aventi caratteristiche simili. La ABS confeziona pacchetti di attivi bancari
poco liquidi, generalmente prestiti di ridotte dimensioni che non potrebbero mai
essere venduti isolatamente, per trasformarli in titoli scambiabili sul mercato dei
capitali. In breve, il processo dell’ABS consiste nella costituzione di un pool di
5
Bank for International Settlements: una banca centrale per le banche centrali che accetta depositi
e concede prestiti. E’ posseduta da un numero di banche centrali e non. Sebbene alcune delle sue
competenze caratteristiche sono state spostate al Fondo Monetario Internazionale, la BIS
continua ad essere importante per la cooperazione monetaria internazionale.
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
Tesi di laurea, Tron Flavio
14
prestiti e nella successiva emissione, a fronte di tale pool, di titoli che poi saranno
venduti agli investitori finali.
Ogni operazione di ABS ha caratteristiche proprie; è tuttavia possibile individuare
uno schema generale che illustri i caratteri essenziali del processo operativo. Ogni
operazione di ABS può essere idealmente suddivisa in tre fasi.
La prima fase coincide con la costituzione da parte dell’originator di un pacchetto
di prestiti omogenei tra loro (in particolare simili scadenze e simili strutture dei
tassi di interesse) e che per le loro caratteristiche possono essere ceduti assieme.
Ad un secondo stadio, l’originator vende questo pool di prestiti ad un’entità
esterna che viene indicata con il nome di special purpose vehicle, o anche
emittente (issuer). Al fine di corrispondere le somme dovute all’originator per la
vendita degli attivi, lo SPV emette titoli, asset backed securities (ABSs), per poi
venderli direttamente agli investitori o ad una investment bank che provvederà a
collocarli sul mercato. Questo è il terzo ed ultimo stadio del processo.
Poiché ai titoli viene assegnato un giudizio di rating da una rating agency,
l’operazione è, di solito, corredata dalla prestazione di garanzie che costituiscono
una sorta di supporto creditizio (credit enhancement).
La figura evidenzia i flussi di pagamento relativi a tale schema operativo.
Commissioni di
servicing Interessi e capitale
Interessi e
capitale
I pagamenti dei debitori originari sono raccolti da un servicer, generalmente
l’originator stesso, che li trasferisce, dedottane una commissione, allo SPV, il
quale a sua volta pagherà gli investitori finali.
Originator /
Servicer
Originator /
Servicer
Originator /
Servicer
Originator /
Servicer
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
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Se l’operazione è strutturata in modo appropriato, l’originator, vendendo i propri
crediti ad una entità esterna appositamente creata per l’operazione, rimuove tali
attivi dal proprio stato patrimoniale. Gli investitori finali, dal canto loro,
acquistano titoli che non sono più soggetti al rischio di credito cui è esposto
l’originator e che, dunque, possono vantare un rating più elevato di quello
attribuito all’originator stesso.
6
In linea di principio, il criterio informatore per la selezione dei prestiti candidati
ad operazioni di securitization, dovrebbe poggiare sull’individuazione del premio
a rischio richiesto dal mercato: se il premio è inferiore a quello ritenuto adeguato
dalla banca sulla base delle proprie informazioni private sul debitore, la
securitization è da ritenersi preferibile, in caso contrario dovrebbe essere
conveniente continuare a mantenere il prestito in bilancio, al fine di sfruttare la
superiore capacità di screening della banca con riferimento alla specifica
operazione.
Le operazioni di securitization sono idonee ad essere impiegate per diverse
funzioni:
- trasferimento del rischio;
- incremento della liquidità;
- generazione di capitale di credito;
- generazione di capitale di rischio.
Con riferimento al primo aspetto, la securitization, oltre ad essere idonea a
trasferire il rischio di prezzo, può essere impiegata per il trasferimento del rischio
di credito; mediante lo smobilizzo di parte dell’attivo e l’emissione di
corrispondenti asset backed securities la banca è in grado di trasferire al mercato il
rischio di default delle attività smobilizzate. Quando invece la banca si ponga
come acquirente di asset backed securities, può migliorare il grado di
diversificazione dei propri investimenti. La securitization ha la funzione poi di
distribuire il rischio di credito tra i diversi soggetti partecipanti all’operazione: la
6
Mario La Torre, op. cit.
2. Gli strumenti per la gestione del rischio di credito prima dei credit derivatives
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16
banca originator, tramite il meccanismo di cessione dei crediti, sopporta le perdite
attese, il credit enhancer le perdite inattese nei confronti delle quali presta
garanzia e i sottoscrittori, infine, si accollano il rischio residuale.
Con riferimento agli aspetti rimasti si ricorda che le operazioni di securitization,
trasformano posizioni illiquide in posizioni liquidabili, consentono di liberare
risorse per nuovi impieghi di natura creditizia, liberano a parità di altre condizioni,
risorse che assorbono elevati livelli di capitale e che possono essere investite in
attività alternative.
7
Tuttavia, in Italia e non solo, lo svolgere un’attività di securitization incontra
vincoli di diverso carattere.
In primo luogo essa è applicabile senza eccessive difficoltà (e quindi a costi non
troppo onerosi) solo a prestiti che presentano un elevato grado di omogeneità in
termini di caratteristiche tecniche e di flussi finanziari e che possono essere quindi
aggregati in pool omogenei. Di conseguenza la securitization può essere
impiegata come strumento di gestione del rischio di credito solamente da primarie
istituzioni, che hanno portafogli di posizioni sufficientemente ampi e che possono
essere presenti sul mercato delle securitization con sufficiente continuità.
8
Dato ciò che abbiamo sottolineato sinora, i prestiti ad imprese industriali e
commerciali possono difficilmente essere oggetto di operazioni di securitization,
poiché sono di dimensioni unitarie maggiori dei prestiti che formano i classici
pool di posizioni oggetto di securitization e hanno in genere caratteristiche
tecniche, flussi di cassa e profili di rischio peculiari e differenziati. Ciò rende
difficile ed oneroso prevedere con livelli di confidenza accettabili i flussi
finanziari derivanti dalle posizioni stesse. Tale categoria di prestiti richiede una
più continua e accurata attività di monitoring e la disponibilità di informazioni
private.
7
Mario Anolli e Paolo Gualtieri, op. cit.
8
La presenza in modo continuativo nel mercato delle securitization può essere utile per migliorare
la reputazione in tale mercato e quindi consentire ai soggetti che riescono a raggiungere tale
obiettivo di fornire meno garanzie esplicite (e quindi di affrontare meno costi) rispetto agli altri
soggetti.