II
ancor più, di tale e ampia portata da modificare radicalmente la vita
e le abitudini di ciascuno di noi.
Alla luce di tale processo il concetto di “informazione” comunemente
inteso (dati e nozioni diffuse tramite i classici media) viene stravolto e
sostituito da uno nuovo, nel quale l’informazione è un insieme
eterogeneo di dati multimediali (suoni, immagini, testi) su supporti
digitali, che, viaggiando lungo le autostrade informatiche, annulla gli
spazi e le distanze ad una velocità fino a poco tempo fa
inimmaginabile.
Il processo, già in corso, non può più essere fermato: al suo
completamento entreremo nella “società dell’informazione”
caratterizzata da un economia fondata sulla conoscenza.
Questa società, che per definizione è basata su un ampia e rapida
diffusione e utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e delle
telecomunicazioni, è e sarà caratterizzata dalla presenza sempre più
invadente e penetrante di un elemento costitutivo della vita sociale,
che ha assunto ultimamente una nuova veste, un ruolo sempre più
importante, il bene informazione appunto, cui le nuove tecnologie
hanno consentito di acquisire un nuovo carattere e di divenire
elettronica.
III
I presupposti necessari per la sua compiuta realizzazione sono
molteplici: innanzitutto ha senso parlare di siffatta società solo se
globalmente intesa, ecco che quindi sarà fondamentale che di essa
faccia parte il maggior numero possibile di Stati, i quali all’unisono,
attraverso una paziente attività di concertazione, dovranno
individuare i passi da compiere e le strade da intraprendere. E’
altrettanto vero però che essa potrà dirsi realmente compiuta solo se
coloro che ne saranno i maggiori fruitori, ossia i cittadini, ne
costituiranno parte integrante. Per far si che ciò accada, per indurre i
cittadini ad accogliere la società dell’informazione e a farsene a loro
volta portatori, sarà necessaria la formazione di una competenza
individuale nell’“information technology” e la garanzia di un accesso
democratico a tutta l’informazione che verrà offerta.
In una siffatta società, nella quale ognuno di noi avrà la possibilità di
accedere autonomamente e velocemente ad una quantità
impressionante di dati in qualunque punto del globo si trovi, in una
società, quindi, nella quale le informazioni sono un bene comune
accessibile a tutti senza alcuna distinzione sociale o economica,
molteplici saranno i vantaggi per tutti noi, ma altrettanto molteplici
saranno i pericoli e le insidie a cui si dovrà far fronte.
IV
Fra questi, assurge sicuramente al livello più elevato, quello
rappresentato dal potere informatico (che caratterizza chi detiene il
controllo dei molteplici archivi informatici oggi esistenti, banche dati
“in primis”) nei confronti della nostra sfera più privata, passibile
oggi, proprio grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie, di facili
violazioni a causa di un uso distorto o illegale dell’enorme mole
d’informazioni circolanti, e nello specifico, dei nostri dati personali.
Ed è proprio la tutela della “privacy” a costituire una priorità
dell’attuale società dell’informazione, una tutela che deve realizzarsi
mediante strumenti legislativi idonei, in grado di opporre, al potere
informatico, la “libertà informatica” dell’individuo, o, per meglio
dire, la “libertà di autodeterminazione informatica”, esercitabile
attraverso una serie di diritti fondamentali e strumentale alla difesa
dei diritti assoluti di libertà, riservatezza e non discriminazione.
L’impianto di questa tesi è stato studiato appositamente per mettere in
luce i differenti aspetti sinora menzionati.
La prima parte è infatti dedicata ad approfondire gli aspetti
caratterizzanti della società dell’informazione nel quadro europeo e a
porre in risalto il fondamentale ruolo svolto dall’Unione europea sia
nella fase d’ideazione sia in quella dedicata alla sua compiuta
Vrealizzazione. Nella seconda parte, l’analisi viene estesa al quadro
internazionale; qui viene posto l’accento sul positivo riscontro avuto
dall’iniziativa comunitaria da parte della comunità internazionale e
sugli sforzi compiuti dalla stessa, all’unisono con importanti
Organizzazioni internazionali, per far si che acquisti un più ampio
respiro si da divenire una strategia globale, anche alla luce delle
potenzialità ad essa riconosciute, di strumento idoneo a garantire la
crescita e l’integrazione dei Paesi in via di sviluppo. Infine, nella
terza parte, viene affrontato il tema della tutela della privacy,
incentrato sull’analisi del quadro legislativo di riferimento in ambito
europeo, rappresentato dalla Convenzione 108 emanata nell’ambito
del Consiglio d’Europa il 28 gennaio 1981 e da due direttive
comunitarie: la direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995 e la direttiva
97/66/CE del 15 dicembre 1997. E la scelta di affrontare un
argomento così attuale, quale la tutela dei diritti della personalità
nella società dell’informazione, solo in relazione al quadro europeo e
non anche nel quadro internazionale, è stata dettata dalla totale
assenza di norme vigenti a livello mondiale. Ossia, su scala mondiale
manca qualsiasi esplicito riconoscimento del diritto alla privacy e
della necessità di una sua tutela, sia nei trattati che negli accordi o
VI
convenzioni, unici atti, questi, aventi valore vincolante per gli Stati
che li ratificano.
Ed è questa, una situazione che sicuramente non depone a favore di
uno sviluppo globale della società dell’informazione. Come infatti
ampiamente posto in risalto nel corso dei vari vertici internazionali in
tema di SI, essa potrà dirsi realmente compiuta solo se acquisirà la
fiducia di coloro che sono e saranno i suoi maggiori fruitori, ossia i
cittadini, e via obbligata affinchè ciò accada è la realizzazione di un
quadro legislativo idoneo a garantire un’adeguata tutela a quel
fondamentale diritto quale è quello alla riservatezza.
1Capitolo primo
La società dell’informazione nel quadro comunitario
Premessa
E’ ormai luogo comune affermare che siamo in una società differente
dalla precedente società industriale, e innumerevoli sono le dizioni
proposte per definire la nostra contemporaneità, che la si voglia
intendere come un nuovo tipo di società già pienamente attuata o
piuttosto come una società in cui cogliere i primi segni di ciò che sarà
in avvenire. Oggi, tra le tante utilizzate, trova un uso maggiore una
definizione apparsa in Italia all’inizio degli anni settanta, grazie ad
una ricerca del Japan Computer Usage Development Institute del
1972, che ha trovato pubblicazione qui in Italia due anni più tardi
1
:
quella di società dell’informazione
2
. Tale società sarebbe
caratterizzata dalla “merce” informazione
3
, da modi di produzione che
1
V. JAPAN COMPUTER USAGE DEVELOPMENT INSTITUTE, Verso una società dell’informazione. Il
caso giapponese, Milano, 1974.
2
Sulla definizione di società dell’informazione e sulle sue implicazioni con i concetti di
democrazia e di libertà personale v. oltre, nella premessa al Cap. 3, ARENA G., La tutela della
riservatezza nella società dell’informazione, in Scritti in onore di Pietro Virga, 1994, I, p. 65 ss.
3
In relazione a tale definizione v. FROSINI V., la Convenzione europea sulla protezione dei dati, in
Riv. di diritto europeo, 1984, p.3 ss. Sullo stesso argomento v. anche BELL D., The social
framework of the information society, a cura di FORESTER T., The microeletronic revolution,
2pongono al centro i processi informativi, da una distribuzione
dell’occupazione che privilegia settori nuovi rispetto a quelli
precedenti, ossia i settori del terziario avanzato, del quaternario o
addirittura del quinario, come oggi vengono definiti quelli dove si
concentra la forza lavoro più altamente specializzata ed intellettuale.
4
Prima di passare all’analisi degli aspetti della società
dell’informazione che in questo capitolo intendo trattare vorrei
soffermarmi ad illustrare la tesi, che ritengo meritevole di attenzione,
sulle origini della società dell’informazione sostenuta da James R.
Beniger, nella sua opera dedicata all’argomento.
5
“Uno degli aspetti tragici della condizione umana sta nel fatto che
ciascuno di noi viva e muoia con ben poca cognizione delle più
profonde trasformazioni della nostra società e della nostra stessa
specie che, seppur per una minima parte, si svolgono durante la
nostra esistenza. Quando il primo esemplare di Homo sapiens si trovò
faccia a faccia con l’Homo erectus, o comunque si chiamasse il nostro
diretto progenitore, è alquanto improbabile che i due abbiano
intravisto nella propria diversità una svolta decisiva per lo sviluppo
Oxford, Basil Blackwell, 1980; ed anche in DERTOUZOS M.-MOSES J., The computer age: a twenty
year view, Cambridge (MA), MIT Press, 1980.
4
In proposito, v. SCIENCE COUNCIL OF CANADA, Planning now for the information society,
Ottawa, Science Council, 1982.
3della razza umana. Oppure, se così è stato, quella consapevolezza non
è sopravvissuta fino ai giorni nostri, o almeno non è stata registrata
nei documenti in nostro possesso. Ci sarebbero voluti altri
cinquantamila anni prima che Darwin e Wallace scoprissero quel
segreto: ciò dimostra quanto sia difficile comprendere le dinamiche,
anche le più essenziali, della nostra vita e della nostra società.”
Con questa introduzione Beniger si appresta a delineare il suo
pensiero sulle difficoltà sempre incontrate dall’uomo nella
comprensione degli aspetti caratterizzanti il periodo storico nel quale
egli viveva, e come, invece, spesso tali aspetti siano colti dopo molto
tempo; addirittura dalle generazioni successive. Infatti, nota l’autore,
normalmente si tende a collegare le principali trasformazioni sociali a
date, luoghi o nomi ben precisi, e ciò vale anche nel caso della più
significativa delle trasformazioni sociali dell’epoca moderna, la
cosiddetta rivoluzione industriale.
6
“Sebbene gli studiosi siano generalmente concordi nel collocarne
l’inizio verso la metà del sec. XVIII° (almeno per ciò che riguarda
l’Inghilterra), la portata rivoluzionaria del fenomeno non fu intuita se
5
V. BENIGER J. R., Le origini della società dell’informazione. La rivoluzione del controllo,
Torino, 1995.
6
In relazione alla rivoluzione industriale e alle sue connessioni con la società dell’informazione v.
MASUDA Y., The information society as postindustrial society, Bethseda (MD), World Futures
Society, 1981.
4non dopo il 1830, da due pionieri della storiografia quali erano Wade
(1833) e Blanqui (1837). E fu soltanto nel 1881, quando le conferenze
di Arnold Toynbee senior diedero notorietà al termine rivoluzione
industriale, che gli storici capirono quanto quel fenomeno avesse
trasformato la società. Eppure era già trascorso oltre un secolo dal
momento in cui gli eventi descritti da Toynbee avevano iniziato a
modificare il paesaggio della sua Inghilterra…”.
Per Beniger, questa cronica incapacità di afferrare le dinamiche
essenziali di un epoca può essere ricondotta a due differenti
motivazioni. In primo luogo, dice “…è raro che le trasformazioni che
investono la società siano frutto di eventi unici e distinti, benché gli
storici si sforzino in tutti i modi di associarle a simili accadimenti. La
società umana sembra piuttosto evolversi attraverso cambiamenti
tanto graduali da essere quasi impercettibili, almeno se paragonata ai
cicli generazionali degli individui che vi assistono…”. In secondo
luogo “…chi vive in un epoca di grandi trasformazioni sociali è
spesso distratto da eventi e tendenze di impatto immediato assai più
sensazionale, ma di portata minore in una prospettiva temporale più
ampia…”.
Per l’autore, qualunque sia la ragione che spieghi la cecità delle
5generazioni passate alle principali trasformazioni della loro stessa
epoca, “…sarebbe lecito aspettarsi che l’esempio dei nostri antenati
servisse da monito a chi studia i mutamenti sociali contemporanei…”.
In realtà, avverte Beniger, tale esempio non è stato preso nella dovuta
considerazione, ed oggi ci si trova in una situazione diametralmente
opposta. Dalla fine degli anni cinquanta fino ad oggi, storici, sociologi
e critici, avrebbero fatto a gara nell’individuare una rivoluzione
sociale dopo l’altra, e, “…tanto per indicarne qualcuna, avremmo
assistito alla nascita della società postcapitalista (Dahrendorf, 1959),
del villaggio globale (Mc Luhan, 1964), del nuovo stato industriale
(Galbraith, 1967), di un era tecnotronica (Brzezinsky, 1970), di una
società postindustriale (Touraine, 1969 – Bell, 1974), di un economia
dell’informazione (Porat, 1977),…”
7
.
“Tutti gli autori che per primi hanno identificato ciascuna delle varie
trasformazioni sono stati generalmente unanimi nell’affermare che la
fase culminante del cambiamento fosse in atto, o quanto meno
imminente…”. E’ a questo punto che Beniger, nell’individuare le
origini della società dell’informazione si distacca nettamente da tutti
7
Tra parentesi, a fianco al nome, è indicato l’anno di pubblicazione dell’opera principale
sull’argomento. Ad es. TOURAINE A., La sociètè post-industrielle, Paris, Editions Denoel, 1969;
PORAT M., The information economy: definition and measurement, Washington (DC), US
Government Printing Office, 1977; BELL D., The coming of post industrial society: a venture in
social forecasting, Harmondsworth, Penguin, 1974.
6gli altri autori. Infatti, nell’affermare che l’intera società sta
attraversando una fase di trasformazione di portata rivoluzionaria, non
sostiene che il cambiamento è recente, attuale o imminente, ma che le
origini di tale mutamento vanno rintracciate nella seconda metà del
secolo XIX°, in una serie di problemi (o meglio, in una vera e propria
crisi) causati dalla rivoluzione industriale e dai suoi effetti sul settore
produttivo e sui trasporti. La reazione a quella crisi, sotto forma di
rivoluzione del controllo, ha dato origine alla società
dell’informazione.
Secondo la ricostruzione di Beniger, tutto ebbe origine a causa
dell’incalzante sviluppo industriale che riguardò gli Stati Uniti
d’America (paese preso a modello perché è, per l’autore, quello in cui
più pienamente si è attuata la società dell’informazione) intorno agli
anni trenta e quaranta dell’Ottocento. La causa originaria fu
l’applicazione della forza vapore al trasporto e alla produzione
industriale. Fu proprio la nuova ed inedita velocità a creare seri
problemi, per l’impossibilità di esercitare il controllo secondo le
modalità sino ad allora in uso, fondate soprattutto su rapporti
interpersonali e su una decentralizzazione del controllo stesso. Nel
concreto, la crisi di controllo si materializzò innanzitutto nei trasporti
7ferroviari, quelli più utilizzati nell’epoca, con dispersione di carichi e
convogli, l’impossibilità di prevedere arrivi e partenze, incompatibilità
tra linee ferroviarie che portò numerose sciagure; in poche parole, una
totale disorganizzazione.
Da qui la necessità di inventare nuovi strumenti di comunicazione e
nuove modalità di organizzazione che consentissero il ripristino di
quella condizione essenziale per l’esistenza di ogni sistema: il
controllo.
Per l’autore, fu proprio la risorsa informazione che consentì la
rivoluzione del controllo. Infatti, attraverso un suo più efficace
utilizzo, realizzato grazie al rapido mutamento delle circostanze
tecnologiche ed economiche che permisero nuove modalità di
raccolta, conservazione, elaborazione e comunicazione delle
informazioni stesse, fu possibile per l’uomo rientrare in possesso del
pieno controllo sociale.
“Poiché l’elaborazione delle informazioni e la comunicazione sono
ingredienti inseparabili della funzione di controllo, una società sarà
tanto più in grado di esercitare il controllo (su tutti i piani, da quello
interpersonale a quello delle relazioni internazionali) quanto
maggiore sarà lo sviluppo delle sue tecnologie d’informazione…”.
8Strumenti fondamentali della rivoluzione del controllo furono la
burocrazia, l’assetto manageriale delle varie attività commerciali o
d’impresa, le innovazioni nei settori della produzione e della
distribuzione, le relazioni industriali, le tecniche pubblicitarie, le
invenzioni nel settore delle comunicazioni, come il telegrafo, il
telefono, il servizio postale e così via. La crisi di controllo che
originariamente aveva colpito il settore dei trasporti ferroviari si
propagò nei decenni successivi ad altri settori, quali quello della
distribuzione, della produzione, del marketing e del controllo dei
consumi. Man mano che dilagava in ognuno di tali settori
dell’economia, tale crisi innescava meccanismi diretti alla sua
soluzione sotto forma di innovazioni delle tecnologie d’informazione.
“ Nei primi anni del Novecento, grazie al rafforzamento del controllo
burocratico e ad una nutrita serie di innovazioni nel campo
dell’organizzazione industriale, delle telecomunicazioni e dei mass-
media, la società dell’informazione e la rivoluzione del controllo in
essa insita iniziò a diffondersi nel mondo intero…”.
La società dell’informazione, dunque, secondo Beniger, non nasce da
una recente trasformazione sociale e non è legata ad una particolare
scoperta scientifica o tecnologica. E invenzioni come il
9microprocessore, il personal computer o le più recenti tecniche di
elaborazione e trasmissione dei dati non sono eventi a se stanti
catapultati in una società impreparata al loro avvento, bensì i più
recenti sviluppi di un’inarrestabile rivoluzione del controllo.