2
specifiche del sistema e dei parametri ambientali sono stati sviluppati
modelli di calcolo del campo elettromagnetico, che possiamo
suddividere in due classi: modelli deterministici e modelli statistici.
I metodi statistici forniscono indicazione di larga massima sulla
propagazione e si basano su parametri statistici globali per caratterizzare
la diffusione dell’energia elettromagnetica sul territorio.
I metodi deterministici invece forniscono una previsione rigorosa
derivata dall’applicazione dei modelli fisici unita alla conoscenza
accurata dell’ambiente radiomobile. Essi necessitano però dell’ausilio di
elaboratori di elevata potenza di calcolo e che possano accedere con
rapidità a banche dati territoriali.
Delimitando la nostra indagine ad una tipica area urbana, in cui è
presente una sola stazione trasmittente, ci siamo prefissi l’obiettivo di
valutare la diffusione del campo elettromagnetico mediante un metodo
deterministico basato su procedure punto - punto.
In particolare abbiamo concentrato l’attenzione sul fenomeno della
diffrazione del campo elettromagnetico da parte delle costruzioni
urbane, supponendo che esso abbia un ruolo importante ai fini della
copertura in un'area urbana.
Un tipico edificio, infatti, partecipa alla diffusione del campo
elettromagnetico, mediante la riflessione dell’onda da parte delle pareti e
la sua diffrazione da parte degli angoli e degli spigoli dei tetti.
Per quantificare tale fenomeno abbiamo sviluppato un modello di
calcolo basato sulla Teoria Uniforme della Diffrazione (U.T.D., Uniform
Theory of Diffraction) che consente di valutare la diffrazione da parte
3
degli spigoli e dei bordi degli ostacoli. Dal modello si è poi ricavato un
algoritmo che è stato implementato in linguaggio di programmazione C
in modo da poter realizzare delle simulazioni, applicate ad un’area
urbana le cui caratteristiche sono ricavate da un data base.
Disponendo di un pacchetto software di previsione di propagazione
sviluppato nel laboratorio di Sistemi Ambientali (dipartimento di
Elettronica, Università ‘La Sapienza’) basato sulla tecnica del ray -
tracing per il calcolo del segnale elettrico in ricezione in seguito a
propagazione in ambiente urbano, possiamo valutare qualitativamente e
quantitativamente gli effetti della diffrazione prevista dal nostro
algoritmo, confrontandola con altri fenomeni propagativi.
Nella nostra indagine abbiamo sviluppato un modello basato su un
approccio euristico della U.T.D., che consente di tenere conto delle
caratteristiche dielettriche del materiale con cui sono formate le pareti, e
che ci ha permesso di sviluppare un algoritmo dalla modesta complessità
computazionale, la cui accuratezza è stata ritenuta accettabile ai fini
della nostra indagine.
Si è inoltre ristretta l’attenzione alla diffrazione da parte degli spigoli
verticali degli edifici, e si è supposto che l’altezza dell’antenna
trasmittente e di quelle riceventi fosse inferiore all’altezza media dei
palazzi, questo per meglio valutare le previsioni del nostro algoritmo.
Qualora si voglia estendere lo studio ad un’area di dimensioni maggiore
e con altezza delle stazioni radio più elevata di quella media degli
edifici, è necessario tenere conto anche di altri fenomeni propagativi,
quali la propagazione dal profilo verticale (sopra i tetti degli edifici).
5
CAPITOLO I
I SISTEMI RADIOMOBILI
I.1. Introduzione
Un sistema radiomobile è un sistema che offre una connessione tra due
terminali, di cui almeno uno può essere in movimento ed utilizza allo
scopo un canale radio.
Esso permette all’utente di eseguire e ricevere chiamate in qualunque
zona coperta dal sistema stesso, con un elevato grado di qualità.
La copertura dell’area da parte della rete radiomobile è effettuata
attraverso dei punti di accesso chiamati stazioni base.
Ogni stazione base può fornire l’accesso alla stazione mobile se è
possibile instaurare un collegamento radio con il mobile stesso e se è
disponibile almeno un canale libero.
I primi sistemi radiomobili (anni ‘20 -’30) facevano uso delle
frequenze più’ basse dello spettro radioelettrico, trasmettendo nella
gamma MF (media frequenza: 0.3 - 3 Mhz).
L’incremento della conoscenza dei fenomeni elettromagnetici e
l’evoluzione della tecnologia ha permesso di utilizzare una sempre più
ampia porzione dello spettro, si è così passati alle gamme di frequenza
superiori, giungendo oggi all’uso della banda UHF (300 Mhz -3 Ghz) e
delle microonde.
Si sono succedute diverse generazioni di sistemi radiomobili: della
6
prima generazione moderna (anni ‘70-’90) si può citare il TACS (Total
Access Communications System) con banda di 890-915 Mhz e 935-
960 Mhz, celle di medie dimensioni (1-10 Km di raggio) a copertura
continua; della seconda generazione (sistemi attuali) fa parte il GSM
(Global System for Mobile Communication) con medesime frequenze
del TACS, codifica numerica del segnale, flusso di dati a velocità
variabile (2.4 - 9.6 Kb/s) e il DECT (Digital European Cordless
Telecomunications) con banda 1880-1900 Mhz e con celle a raggio
piccolo (adatto per interni). La terza generazione è rappresentata dal
UMTS (Universal Mobile Telecomunications System) che utilizzerà
le frequenze di trasmissione comprese tra gli 1.9 Ghz ed i 2.2 Ghz, e la
cui tecnologia di codifica dei dati e utilizzo della frequenza consentirà
una velocità molto elevata per il flusso di dati (fino a di 2Mbit/s).
In tutti questi casi la validità del collegamento radio è garantita dal
raggiungimento del punto di ricezione, con un adeguato valore C/I
(potenza utile/ potenza complessiva dei segnali interferenti) del segnale
elettromagnetico che trasporta il messaggio.
In questo ambito si rivela fondamentale un’analisi della propagazione
radio nell’ambiente radiomobile che tenga conto dei vari fattori
ambientali, quali la configurazione irregolare del terreno, le varie
forme delle strutture architettoniche e in generale degli ostacoli naturali
o artificiali presenti.
7
I.2. Collegamenti radio
Tutti i mezzi fisici impiegati per la trasmissione a distanza di segnali
elettrici sfruttano le proprietà propagative dei campi elettromagnetici.
L’utilizzo di tali proprietà avviene tuttavia in modo differente, a
seconda della natura fisica del mezzo trasmissivo impiegato, e di
conseguenza sono stati sviluppati delle metodologie di analisi
differenti per ogni tipo di fenomeno propagativo.
Noi ci interessiamo dei collegamenti hertziani, ovvero quei
collegamenti che sfruttano la propagazione elettromagnetica nello
spazio (esterno) compreso tra le antenne trasmittenti e riceventi.
L’insieme delle apparecchiature di trasmissione e di ricezione prende il
nome di Stazione (di trasmissione o ricezione).
Nei collegamenti hertziani le antenne fungono da trasduttori del
segnale elettrico che trasporta l’informazione in onda elettromagnetica
che si propaga nello spazio (antenne trasmittenti) e viceversa (antenne
riceventi). Esse sono in grado di effettuare le conversioni in modo
ottimale, solo se il segnale in transito presenta un’occupazione
spettrale percentualmente contenuta rispetto alla frequenza centrale.
Ne consegue che i collegamenti hertziani consentono la trasmissione
dei segnali modulati a banda stretta intorno alla frequenza centrale
(segnale a banda frazionale stretta).
8
I.2.1. Collegamento hertziano ideale
Viene inizialmente introdotto il collegamento hertziano ideale tra due
antenne, una trasmittente ed una ricevente.
Le ipotesi che deve soddisfare un collegamento hertziano per essere
considerato ideale sono le seguenti:
• lo spazio compreso tra le antenne è privo di ostacoli
• lo spazio è un mezzo omogeneo, isotropo, non dissipativo
• le connessioni tra le antenne sono adattate per il massimo
trasferimento di potenza .
Tx
Rx
Gt, Pt Gr,Pr
d
Figura 1.1: collegamento in visibilità.
Se un collegamento tra due antenne soddisfa queste ipotesi esso si
comporta come un canale perfetto, cioè un canale radio che introduce
un semplice ritardo dovuto alla velocità finita della propagazione e.m.
9
e una semplice riduzione di ampiezza.
Calcoliamo adesso l’attenuazione suddetta, definita come attenuazione
da spazio libero.
Consideriamo un’antenna trasmittente e una ricevente, che siano in
visibilità (figura 1.1) e il cui collegamento soddisfa le ipotesi
precedenti.
Sia Gt il guadagno dell’antenna trasmittente nella direzione con cui
essa vede l’antenna ricevente e A
eq.r
l’area equivalente dell’antenna
ricevente nella direzione in cui essa vede quella trasmittente. Se
chiamiamo Pt la potenza trasmessa, allora la potenza ricevuta P
r ,
per
una distanza d tra le due antenne, risulta essere:
( 1.A)
P
P
d
GA
r
t
teqr
=
4
2
π
.
Per ogni antenna vale la seguente relazione tra guadagno ed area
equivalente:
( 1.B)
AG
eq
=
λ
π
2
4
con λ lunghezza d’onda; per cui la potenza ricevuta può scriversi
come:
( 1.C)
PPGG
d
rttr
=⋅⋅ ⋅()
λ
π4
2
Da questa relazione si può definire l’attenuazione disponibile del
collegamento hertziano ideale (attenuazione da spazio libero) come il
rapporto tra potenza trasmessa e potenza ricevuta:
10
( 1.D)
()
A
P
P
d
GG
t
rrt
0
2
2
4
1
==
π
λ
Abbiamo definito le relazioni per un collegamento ideale in termini di
potenza della radiazione elettromagnetica.
Essa si esprimere anche in dB:
AA dfGG
dB Km Mhz R dB R dB010 10 10
10 32 4 20 20
. ..
log . log log= ⋅ = + + − −
.
Le stesse relazioni si possono utilizzare per il calcolo del campo in
ricezione in funzione della potenza trasmessa dall’antenna Tx.
Sia E
r
il campo ricevuto (il valore di massimo in [V/m]), e sia η
l’impedenza caratteristica del mezzo (nel spazio libero circa 377 ohm),
il campo elettrico è legato alla potenza ricevuta dalla espressione:
( 1.E)
E
Pt
d
Gt
r
2
2
2
4
η
π
=
Sviluppando i calcoli, troviamo per E
r
:
( 1.F)
E
d
Pt Gt
r
=⋅⋅
1
60
In questo modo si può valutare il valore del campo in ricezione (valore
massimo) in funzione della potenza (in Watt) trasmessa dall’antenna
Tx con guadagno Gt nella direzione del ricevitore, in funzione della
distanza.
Questa formula è utilizzata ogni volta che, supposte valide le ipotesi di
collegamento ideale, si vuole determinare il campo per propagazione
diretta tra trasmettitore e ricevitore.
11
I.2.2. Collegamento reale
In un collegamento reale la propagazione avviene in genere
nell’atmosfera, che non sempre si comporta nel modo ideale descritto
in precedenza, e avviene anche in presenza di altri corpi, il più
importante dei quali è la terra.
Nel caso in cui le antenne sono prossime al terreno, una soluzione del
corrispondente problema elettromagnetico, prevede la propagazione di
un campo e.m. lungo tale superficie tramite un onda superficiale.
Questo avviene in genere per le onde lunghe (30-300 Khz) e medie
(300-3000 Khz), per le quali l’altezza del trasmettitore e dei ricevitori
sarà sempre piccola se confrontata con le corrispondenti lunghezze
d’onda.
Calcoli teorici e risultati sperimentali hanno messo in evidenza che
l’attenuazione dell’onda superficiale cresce rapidamente con la
distanza e ancor più con frequenza, per cui per collegamenti sopra i 20
Mhz si può escludere completamente la presenza di questo tipo di
propagazione.
Sopra i 10 Mhz la lunghezza d’onda è dell’ordine della decina di metri
o minore, e l’altezza delle antenne si può scegliere in maniera tale da
far avvenire la propagazione in visibilità (onda di spazio), lungo
traiettorie rettilinee escludendo così l’onda superficiale.
Questo tipo di propagazione viene anche detta L.O.S. (line - of - sight).
Per frequenze maggiori di alcuni Mhz, in condizioni di visibilità, il
12
collegamento si può considerare ideale, almeno fino ai 10Ghz.
Infatti, per frequenze superiori ai 10 Ghz diventano significativi i
fenomeni di assorbimento atmosferico e da pioggia, per cui cade
l’ipotesi di mezzo non dissipativo. Si può ancora continuare ad usare la
relazione dell’attenuazione trovata per il collegamento ideale (1.4),
aggiungendo ad essa un fattore chiamato attenuazione supplementare.
Questo termine deve tenere conto degli effetti dei vari gas atmosferici
alle varie frequenze, in particolare del vapore d’acqua e dell’ossigeno.
Il vapora d’acqua crea una prima attenuazione rilevante intorno ai 22
Ghz, mentre l’ossigeno comincia ad agire dai 30 Ghz in su.
Per l’attenuazione da pioggia riportiamo una formula empirica che
descrive l’attenuazione supplementare:
:( 1.G)
R
sp
=⋅α
β
in dB su Km.
dove R è l’intensità della precipitazione in mm/h e α e β sono due
parametri funzione della frequenza.
I sistemi radiomobili lavorano prevalentemente nelle frequenze
comprese nella banda VHF (30 - 300 Mhz) e UHF (300 - 3000 Mhz).
Per essi si può trascurare sia la propagazione per onda superficiale sia
l’attenuazione supplementare da parte della componente dissipativa
atmosferica.
La propagazione avviene prevalentemente seguendo traiettorie
rettilinee (anche se in realtà sono leggermente curve), e tenuto conto
che la superficie terrestre è approssimativamente sferica, si può
determinare la massima distanza di visibilità :
13
( 1.H) LhhKm
vis
≅+36 1 2.( )
con h1 e h2 le altezze delle due antenne dal suolo (fig. 1.2).
Oltre questa distanza si può affermare che non vi è più visibilità ottica.
Bisogna tenere conto anche degli effetti dell’indice di rifrazione
dell’atmosfera, infatti esso decresce con la quota e ciò può portare,
come è noto dall’ottica geometrica, a fenomeni di incurvamento verso
il basso dei raggi ottici associati alle onde radio.
Questo effetto è tenuto in conto aumentando il raggio effettivo della
terra di un fattore pari 4/3 ed assumendo quindi delle traiettorie
rettilinee per la propagazione sulla terra con raggio equivalente Re pari
a 4/3 di Rt (raggio terra). La teoria qui esposta descrive brevemente
alcuni aspetti del modello standard dell’atmosfera usato negli studi
relativi alla propagazione radio.
h1h2
R
t
L
VIS
Figura A.2
14
I.3. Il concetto cellulare
Una rete radiomobile ha come obiettivo principale la copertura
continua dell’area di servizio in cui essa si trova in funzione.
Suddividendo il territorio in un certo numero di celle, ognuna delle
quali è servita da una stazione radio base, si ha la possibilità di coprire
una vasta area. Una tipica forma per le celle, che permette di tassellare
geometricamente una certa area è l’esagono.
Una cella esagonale può inoltre, meglio che per altre forme, essere
approssimata ad una circonferenza di raggio R (con R distanza tra il
centro dell’esagono e un suo vertice).
Riportiamo uno schema con la classificazione degli ambienti cellulari,
in funzione della dimensione della celle, delle caratteristiche della
S.R.B. (stazione radio base) e S.R.M. (stazione radio mobile) e dei vari
ambienti (tab. 1.1). Ad ogni cella viene assegnato un gruppo di canali
radio, gruppo che può anche riutilizzato in altre celle opportunamente
distanziate.
In questo modo le frequenze associate ad ogni canale radio possono
essere utilizzate da più stazioni radio base (riuso di frequenze), purché
la distanza tra essa sia tale da minimizzare l’effetto dell’interferenza tra
i segnali radio.
Un insieme di celle che usano la totalità dei canali disponibili, senza
riuso degli stessi, si definisce cluster. Quindi ogni cluster utilizza
l’intera risorsa radio allocata al sistema.
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Satellitare Macrocella Microcella Picocella
raggio cella > 100 Km da 500 m a
∼ 10 Km
da 100 m
a 500 m
< 100 m
altezza S.R.B. > 500 Km da 15 m
a 200 m
< 15 - 20 m < 15 m
potenza
S.R.M.
> 2 Watt 1 Watt 100 mW da 5 mW
a 10 m W
ambiente zone quasi
disabitate
urbano
rurale
urbano interno
Tabella 1.1 : Ambienti radiomobili
Detto M il numero di celle di un cluster, esso può essere espresso in
funzione di D (distanza tra i centri di due celle co-canali) e di R (raggio
delle celle), tramite la seguente relazione:
( 1.I)
M
D
R
=
1
3
2
Il riuso della frequenza provoca interferenza co-canale la cui entità si
può valutare in funzione di C/I (carrier to co-channel interference,
ovvero potenza segnale utile su potenza complessiva dei segnali
interferenti).
Per il sistema si fissa in fase di progetto il valore minimo di C/I in
funzione del tipo di modulazione del segnale, del livello minimo di
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qualità accettabile e dei margini che si vogliono concedere ad altre
cause di degrado.
Per quanto riguarda il campo elettromagnetico, in ambiente cellulare,
esso presenta delle fluttuazioni, classificabili in fluttuazioni ‘a lungo
termine’ e fluttuazioni ‘locali’.
Il primo tipo di variazione, lenta, è causata dal tipo di ambiente
radiomobile, e i valori medi seguono una statistica log - normale; il
secondo tipo è a breve termine ed è legata all’effetto prodotto dalle
superfici diffondenti mobili e la sua distribuzione segue la legge di
Rayleigh.
(1)
Poiché le medie relativamente alle fluttuazioni lente sono caratterizzate
da una distribuzione log-normale, il fenomeno è completamente
individuato dal valore medio m e dalla varianza σ
2
.
In generale, per il segnale radiomobile si può dare una espressione
funzione di variabili aleatorie:
r (t) =L(t) R(t) exp(j (ω t+γ (t)).
- L(t) è la variabile aleatoria che rappresenta la fluttuazione lenta (log-
normale),
- R(t) è le variabile aleatoria che rappresenta i fenomeni a breve
termine ed ha distribuzione Rayleigh con ER
2
(t) =1,
- ω pulsazione della portante,
- γ (t) variabile aleatoria uniformemente distribuita tra 0 e 2π .
In presenza di N segnali interferenti il segnale complessivo ricevuto
dal mobile risulta allora: