questione, l'attenzione sul problema dei rifugiati palestinesi,
cercando di individuare, per quanto possibile, le responsabilità
delle parti in causa e di verificare e conoscere gli interventi
dell'UNRWA, organismo delle Nazioni Unite che si occupa
dell'assistenza ai rifugiati.
L'analisi delle origini storiche della questione palestinese
forma il tema introduttivo del mio lavoro.
Il secondo capitolo tratta delle responsabilità dei governi dei
paesi arabi e del governo israeliano in relazione all'esodo
palestinese del '48, e focalizza l'attenzione sull'intervento
assistenziale dell'UNRWA dal '48 alla vigilia del conflitto dei Sei
giorni (1967).
Nel terzo capitolo vengono discusse le conseguenze
politiche scaturite dalla sconfitta dei paesi arabi nella prima
guerra arabo-israeliana, e la nascita di una coscienza palestinese
nel periodo antecedente la guerra dei sei giorni.
Il quarto capitolo, infine, è di carattere essenzialmente
documentario. Tratto da gran parte dai rapporti annuali forniti
dall’UNRWA e dal centro documentazione storica
dell’<<Institute for Palestine Studies>>, vuole offrire un quadro
completo delle dimensioni del fenomeno dei rifugiati palestinesi
nei diversi paesi che li ospitano, si occupa dei nuovi profughi
palestinesi del '67, delle condizioni di vita nelle quali sono
costretti a vivere, e dell'intervento dell'UNRWA nei singoli stati.
PARTE PRIMA
1. ALLE ORIGINI DELLA QUESTIONE DEI
RIFUGIATI PALESTINESI
(1880 – 1948)
____________________________________________________
1.1. Premessa
Il conflitto del Medio Oriente è uno dei più complessi sulla
scena internazionale, ma a renderlo tale sono anche le sue
origini e le implicazioni che esso ha per molti paesi. Per
comprendere infatti l’attuale e intricata vicenda del conflitto
arabo-israeliano e di conseguenza il problema dei profughi che
né è scaturito, è necessario risalire proprio alle origini
dell’odierno contrasto.
La fine del XIX secolo è il periodo a cui può essere riferita
la nascita della “questione palestinese”, su una terra che, con una
popolazione di mezzo milione di abitanti, contava allora,
solamente circa 24.000 ebrei
1
.
1
M.Rodinson, Israele e il rifiuto Arabo, settantacinque anni di Storia, Einaudi, Torino
1969, p.16 .
1.2. La Palestina
La Palestina è una distesa di terra tra il fiume Giordano, il
golfo di Aqaba e il Mediterraneo; i primi abitanti di cui si ha
notizia erano discendenti dall’antica civiltà mesopotamica e
Cananita
2
. Gli ebrei chiamavano il paese “Eretz Israel”, la terra
d’Israele, e usavano i nomi Israele e Giuda per indicare i due
regni nei quali il paese fu diviso dopo la morte di Salomone (926
a.C.).
3
I romani (63 a.C.- 130 d.C.) designarono con il nome di
Palestina, l’area ricoperta in precedenza dall’antico regno
ebraico. Nel periodo antecedente la dominazione Bizantina (358
d.C.), la Palestina propriamente detta, formata dalla zona del
Negev e dalla Transgiordania meridionale, costituì una provincia
autonoma denominata Palestina Salutaris.
Intorno al 400 d.C. la Palestina venne divisa in due
province: Palestina Prima (formata dalla Giudea e dalla Samaria,
con capitale Cesarea) e Palestina Secunda (formata dalla Galilea,
dalla zona settentrionale della Transgiordania, e dalla regione del
2
Dan Cohn- Sherbok, Storia degli Ebrei, Piemme, Alessandria 1998, pp.7 e ss.
3
B.Lewis, La rinascita islamica, Mulino, Bologna 1991, p.207.
Golan), mentre la Palestina Salutaris assunse il nome di Palestina
Tertia (formata dalla zona meridionale della Transgiordania,
parte del Sinai, il Negev, con capitale Petra)
4
.
Dal VII secolo in poi il paese fu governato dagli arabi, ma
le divisioni rimasero sostanzialmente le stesse
5
.
Sotto il califfo Omar, la Palestina inglobata nel regno arabo
fu denominata “Filastin”. Tale divisione territoriale rimase in
vigore fino alla conquista mamelucca (1239-1516). Durante il
loro regno, il territorio della Palestina venne suddiviso in una
serie di distretti inclusi nella grande provincia di Damasco.
La dominazione ottomana (1517-1917), divise il territorio
nei distretti amministrativi (Sangiaccati) di Gaza, Gerusalemme,
Nablus, Ajlun e Lajun, posti sotto l’autorità del governatore
generale (Bey) di Damasco, il quale concesse alle comunità
cristiane ed ebree una notevole autonomia
6
.
4
B.Lewis, op.cit. pp. 210 e ss.
5
M.Rodinson, Gli Arabi, Sansoni, Torino 1980, p.28.
6
Cfr. P.G. Donini, Dall’Impero Ottomano agli Stati Attuali. La Questione Palestinese.
Riuniti, Roma 1983, p.24. M.Rodinson, Gli Arabi, Sansoni, Torino 1980, p.115.
Fra il 1831 e il 1840 Muhammad Ali, viceré d’Egitto, estese
il suo dominio in Palestina, migliorando l’economia e
l’istruzione
7
. Agli inizi dell’età ottomana, si calcola che nel paese
vivessero circa 1000 famiglie ebree, che risiedevano soprattutto a
Gerusalemme, Hebron, Gaza, e nei villaggi di Galilea
8
.
7
Sulla dominazione ottomana in Palestina consultare F. Steinhaus, La Terra Contesa
Storia dei nazionalismi arabo ed ebraico, Carucci, Roma 1985, p.102
8
M. Massara, La Terra Troppo Promessa, Teti, Milano 1979, p.35.
1.3. La nascita del sionismo
L’invasione e l'occupazione romana (60 a.C.-130 d.C.)
avevano costretto la popolazione ebraica a disperdersi e
l'indipendenza dello stato ebraico come quella degli altri popoli
vicini, era stata distrutta. Dalla caduta dell'antico stato ebraico
(130 d.C.) fino al 14 maggio 1948, anno della proclamazione
dello stato d'Israele, soltanto due furono gli stati ebraici veri e
propri che si formarono: il primo, composto da arabi convertiti
all'ebraismo, sorse sulla base d'origine di una comunità ebraica,
nello Yemen, tra il V e VI secolo; l’altro, retto dai Cazari
(popolazione di origine turco-mongola), si stanziò lungo il Volga
tra il IX e X secolo
9
.
Soltanto alla fine del XIX secolo, gli intellettuali ebrei
iniziarono a sentire la necessità di una terra, l’esigenza di creare
un nuovo stato ebraico.
La nascita del movimento sionista (termine coniato per la
prima volta dallo scrittore ebreo Nathan Birnbaum) risale agli
9
L.Cremonesi, Le origini del sionismo e la nascita del Kibbutz, Giuntina, Firenze 1985,
p.74 e ss.
ultimi decenni del secolo scorso: si tratta di un movimento che
intendeva, da una parte, diffondere le idee di Hoveve' Zion
(amante di Sion, nome della collina che si leva al centro di
Gerusalemme), dall'altra promuovere insediamenti agricoli in
terra di Palestina
10
.
Il più importante precursore del sionismo fu però il
giornalista ebreo austriaco Theodor Herzl, considerato in seguito,
il padre fondatore dello stato ebraico
11
.
Diversi studiosi del movimento sionista, tra i quali
ricordiamo M.Massara e M.Rodinson, concordano sul fatto che
“il caso Dreyfus” (capitano dell’esercito francese di religione
ebraica accusato ingiustamente di tradimento e condannato al
carcere a vita nel 1894) scosse profondamente il giornalista
Herzl, facendo maturare in lui la convinzione che l’assimilazione
degli ebrei fosse impossibile.
10
V. Segre, Israele, una società in evoluzione, Rizzoli, 1970, p.40.
11
Su T.Herzl consultare: L.Cremonesi, op. cit., p.74 e ss. M. Massara, op. cit., p 57 e ss.
N. Garribba, Lo Stato d’Israele, Riuniti, Roma 1983, p.25.V.Segre, op.cit., p. 37 e ss.
L’unica concreta soluzione, secondo Herzl, era la creazione
di uno stato ebraico indipendente, per la cui realizzazione
contava sull’appoggio di alcune potenze europee,
paradossalmente quelle dove più diffuso era l’antisemitismo.
L’Europa dell’est, in particolare la Russia, dove vivevano
numerose comunità ebraiche, nel corso del XIX secolo fu teatro
di un sempre più crescente antisemitismo per certi versi utilizzato
e voluto dal governo zarista come arma politica e sfociato nei
terribili Pogrom
12
. Occorre a questo punto fare una momentanea
digressione per esaminare le condizioni degli ebrei in Europa
dopo la seconda metà del XIX secolo.
Nell'Europa occidentale, una parte della popolazione ebraica
era impegnata in un intenso sforzo di modernizzazione e
assimilazione completa; l'altra parte riteneva fondamentale la
rinascita di una nuova cultura ebraica. La situazione nell'Europa
orientale era completamente diversa: in Russia, per esempio, gli
ebrei costituivano una comunità compatta, oppressa, ma
12
Sui Pogrom consultare: N. Garribba, op.cit., p.40 e ss. E. Saracini, Breve Storia degli
Ebrei, Mondadori, Milano 1977, pp. 43, 73, 85 e ss.
culturalmente di gran lunga superiore alla popolazione autoctona.
Sin dall'inizio del 1800 la comunità ebraica subiva politiche di
ghettizzazione (tra le quali ricordiamo quella di Caterina II,
quando istituì il C.D. Territorio di Residenza, con l'intento di
limitare i movimenti dell'odiata comunità ebraica).
13
Con il regno di Nicola I la politica di repressione e di
espulsione dal paese ridusse la minoranza ebraica, a condizioni
inimmaginabili di scoraggiamento e di miseria. In seguito alla
morte di Alessandro II ( addebitata agli ebrei) furono distrutte più
di 150 comunità ebraiche. Il movimento sionista iniziò così a
porsi l'obiettivo della riunificazione degli ebrei e a sentire la
necessità di avere uno stato. L’odio contro gli ebrei non fece
altro che risvegliare in molti di loro la coscienza ebraica ormai
sopita, inducendo a riflettere sulla necessità e sulla esigenza di
una nazione, come affermò lo stesso Herzl:
13
V.D. Segre, op.cit., pp. 34 e ss.
<<Solo il crescente antisemitismo ha destato in me la
coscienza del dovere verso il mio popolo>>
14
.
Nel 1896 Herzl pubblica “Lo Stato Ebraico”, un opuscolo
dove è illustrata l’idea fondamentale del sionismo: dice Herzl
<< gli ebrei di tutto il mondo devono emigrare in un territorio
su cui fondare il nuovo stato d’Israele>>.
L’attaccamento irrazionale ma reale degli ebrei dell’Europa
orientale alla Palestina, scosse non poco Herzl durante il suo
primo viaggio in Russia nel 1900, rafforzando in lui la
convinzione che il sionismo, come movimento politico inteso a
combattere l’antisemitismo, si potesse trasformare in un vero e
proprio movimento nazionale ebraico.
Herzl organizzò il primo congresso sionista a Basilea, in
Svizzera nel 1897. Il fatto che i leaders del movimento
pensassero inizialmente ad aree come l'Argentina, Cipro, la
penisola del Sinai, l'Uganda e la Libia, come possibili territori in
14
L. Cremonesi, op. cit., pp.55 e ss.
cui organizzare un nuovo stato ebraico, evidenzia che mai in
precedenza, si era pensato a dove far nascere lo stato ebraico.
Secondo Cohn-Sherbok, durante il congresso emersero i
primi contrasti in seno al movimento: Chaim Weizmann
(scienziato sionista e futuro primo capo di stato d’Israele)
affermava nei suoi diari << Herzl poteva concepire uno Stato
ebraico in qualsiasi luogo della terra, purché la maggioranza
della popolazione fosse costituita da ebrei>>.
15
Durante il congresso fu eletto un esecutivo che si occupò
man mano di creare e organizzare colonie in Palestina;
nonostante ciò la percentuale di emigrati ebrei in Palestina tra la
fine del XIX secolo e il XX secolo rimase irrilevante.
15
Dan Cohn – Sherbok, op. cit., pp. 174 e ss.
1.4. L’immigrazione ebraica
Dopo la morte di Herzl (1904), all’interno
dell’organizzazione sionista si aggravò il dissidio tra i
"territorialisti", cioè coloro che accettano una soluzione del
problema ebraico anche fuori della Palestina, e una maggioranza,
di cui fanno parte gli ortodossi provenienti dall’est europeo, che
vedono solo la Palestina come futura patria degli ebrei ; la
disputa durò fino al sesto congresso (1905), dove la maggioranza
sionista ortodossa ebbe la meglio sui “territorialisti”, favorendo
al contempo le prime migrazioni in Palestina .
A T. Herzl succedette, alla guida del movimento, David
Wolffsohn, il quale si mosse sulla linea tracciata dagli ortodossi a
favore della creazione di una patria nazionale in Palestina
attraverso le Aliah
16
(immigrazioni organizzate su vasta scala).
Non si trattava di un fenomeno nuovo dato che, nel periodo
compreso tra il 1800 e il 1880, circa 250 mila ebrei avevano
abbandonato l’impero russo per la politica intransigente e
16
L. Cremonesi, op.cit. pp.102 e ss.