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ricerca scientifica e della tecnica. Tali criteri sono il rispetto, la difesa e la
promozione dell’uomo, il suo diritto primario e fondamentale alla vita, la sua
dignità di persona, dotata di un’anima spirituale e di responsabilità morale. Dunque,
l’intervento della Chiesa in quest’ambito è ispirato all’amore che essa deve
all’uomo aiutandolo a riconoscere e rispettare i suoi diritti e doveri.Il cardinale
Tettamanzi scrive: «Noi riteniamo che il modello etico di riferimento che può e
dev’essere assunto da una bioetica che intenda custodire e promuovere la ‘verità
tutta intera’ dell’uomo è il modello personalistico, che trova il criterio morale
nell’uomo stesso in quanto persona, proprio perchè persona, l’uomo è un valore
oggettivo, trascendente e intangibile, e quindi normativo.E’ questo l’orizzonte di
senso entro cui porre in modo adeguato il contenuto e il metodo della bioetica.In
questa prospettiva si trovano diversi studiosi di bioetica, a cominciare da E.
Sgreccia, il quale, dopo aver dimostrato l’insufficienza di quei modelli etici che non
pongono al centro il valore della persona afferma: ’Il modello che riteniamo valido
a risolvere le antinomie dei modelli precedenti e nello stesso tempo a fondare
l’oggettività dei valori e delle norme è il modello personalista’.
1
L’insegnamento
morale della Chiesa e la sua riflessione etica hanno dunque l’unico scopo di dire chi
sia l’uomo, come debba agire, in che modo deba essere trattato. Dunque è chiara la
specificità della proposta cristiana in bioetica, denominata personalismo
cristiano.La persona umana è immagine di Dio in Cristo:questa è la sua dignità;vive
nella dimensione di uni-totalità, questa è la sua verità; iscritta in sè ha la categoria
1
D. Tettamanzi, Nuova bioetica cristiana, Edizione Piemme, 2000, p.37.
9
del dono, questo è il suo impegno morale.Cristologia, antropologia, morale sono le
tre coordinate che guidano la riflessione bietica cristiana. In questo studio
richiameremo i principi fondamentali di carattere antropologico e morale, necessari
per un’adeguata valutazione dei problemi e per l’elaborazione delle risposte e degli
interrogativi.La prima parte ha per argomento il rispetto dell'essere umano a partire
dal primo momento della sua esistenza. Tutti i dati scientifici oggi a disposizione, a
una corretta e completa analisi biologica, dimostrano che la vita di un essere umano
inizia alla fusione dei due gameti, ovulo e spermatozoo, provenienti rispettivamente
dalla madre e dal padre. Alla fusione di due gameti, infatti, si costituisce un ‘nuovo
sistema’, nel quale i due componenti non agiscono più indipendentemente l’uno
dall’altro ma costituiscono una ’unità, nella quale ogni ulteriore passo è fatto come
attività in un’unica nuova totalità. Perciò, in questo studio vogliamo difendere lo
‘zigote, prodotto dalla fusione dei due gameti, il qual è il nuovo soggetto umano, a
cui si può dare un nome, e la cui carta d’identità è il suo proprio genoma, cioè
l’insieme dei suoi geni in cui è scritto il pianogramma che egli attuerà
autonomamente a partire dal momento della sua formazione. Sosteniamo che non
ha senso parlare di pre-embrione come di entità sostanzialmente diversa
dall’embrione vero e proprio. Il termine ‘pre-embrione’è un termine che non ha
alcun significato biologico. E’ stato inventato, fondandolo su un grave errore
scientifico, andando contro quanto era stato definito dall’autorevole Comitato
Warnock, al fine di poter eseguire della sperimentazione sugli embrioni umani,
almeno per il breve periodo dei primi quattordici giorni dal concepimento. Inoltre,
10
vengono offerti alcuni orientamenti sui rapporti che intercorrono tra legge morale e
civile, a proposito del rispetto dovuto agli embrioni e feti umani in relazione alla
legittimità delle tecniche di procreazione artificiale. Nella seconda parte
affronteremo gli interrogativi morali posti dagli interventi della tecnica sulla
procreazione umana.
11
Capitolo I
Antropologia e interventi in campo biomedico
1.1 Quando inizia ad esistere la persona umana?
La singolare invenzione pseudoscientifica del "pre-embrione" sembrava ormai
avviata da tempo ad un doveroso oblio. Concepita nel 1984 dalla Commissione
Warnock per ovviare alle obiezioni etiche opposte all'utilizzo degli embrioni
umani a fini di ricerca, il concetto di "pre-embrione" ha atteso invano il visto
d'ingresso nei moderni manuali di Embriologia Umana. Oggi viene riesumato
dai fondi di magazzino per la nuova occasione fornita dai progetti di utilizzo
delle cellule staminali prelevabili dagli embrioni umani congelati o addirittura
da quelli che si intende produrre appositamente mediante clonazione. Ancora
una volta viene richiamato il nome di Galileo Galilei - ai suoi tempi incompreso
e condannato, in seguito richiesto di perdonare l'incomprensione - per accusare i
cattolici di non rispettare le verità della scienza. Ma le parti si sono
completamente invertite. La Chiesa, ed i cattolici laici, richiedono oggi a gran
voce il rispetto della verità scientifica rivolgendosi proprio a quei laici non
cattolici che accettano senza riserve ogni interpretazione contorta etichettata
come "scientifica" solo perchè formulata da alcuni scienziati. È inevitabile
dover recitare un passo centrale del Rapporto Warnock, per ricordare che quel
12
Comitato "decise" - con una maggioranza di sedici membri contro sette - di
accogliere il concetto di "pre-embrione", pur riconoscendo che "da un punto di
vista biologico non si può identificare un singolo stadio nello sviluppo
dell'embrione, al di là del quale l'embrione non dovrebbe essere mantenuto in
vita". La decisione del Comitato a maggioranza - ispirata non già alla verità
scientifica, ma alla regola pragmatica dell'utilitarismo - è stata quella di
incoraggiare la legislazione a provvedere "che la ricerca possa essere condotta
su ogni embrione risultante dalla fertilizzazione in vitro, qualunque ne sia la
provenienza, fino al termine del quattordicesimo giorno dalla fertilizzazione": il
che è puntualmente avvenuto, in Gran Bretagna, con legge del 1990. Per
doveroso scrupolo abbiamo riconsultato recenti manuali di Embriologia per
accertare se nel frattempo il concetto di "pre-embrione" sia stato ufficialmente
accolto dopo quindici anni dalla sua formulazione e sia diventato, appunto,
patrimonio della scienza da trasmettere agli studenti universitari ed ai cultori
dell'embriologia. Ci basti citare, per tutti, "The developing human", noto
manuale di K.L. Moore e T.V.N. Persaud che, alla pagina tre dell'edizione
italiana (EdiSes 1999), distingue soltanto due stadi dello sviluppo prenatale in
relazione al periodo di tempo che l'embrione impiega per sviluppare alcune
caratteristiche morfologiche. Lo "stadio 1" dello sviluppo - si legge - inizia alla
fecondazione e lo sviluppo embrionale termina allo "stadio 23", cioè al 56°
giorno. Il "periodo fetale" inizia al 57° giorno e termina quando il feto è
completamente all'esterno della madre".
2
Questi aggiornati testi, che ignorano
2
Cfr, A .Fiori, Medicina e morale, 2000, pp.845-850.
13
del tutto il "pre-embrione", sono forse antigalileiani? La dizione alternativa a
quella di "pre-embrione" è ancora più esplicita nella sua irriverenza scientifica:
l'embrione nei primi stadi non sarebbe che "un piccolo ammasso di cellule", un
"grumo di cellule". Sono espressioni impiegate anche da qualche illustre
scienziato cui sembra fare velo la (solo umanamente) comprensibile attenzione
agli interessi della corporazione dei ricercatori e dei poteri industriali e
commerciali. Se non vi fossero questi motivi siamo certi che tutti coloro che
hanno qualche nozione di biologia non insisterebbero nella loro imbarazzante
posizione e riconoscerebbero senza esitazione che quelle poche cellule, in fase
di progressivo sviluppo, non sono un ammasso casuale ed irrilevante bensì un
meraviglioso ed unico mondo individuale irripetibile, capace anche di dividersi
per dar luogo ad altri individui gemelli, non perfettamente uguali come
erroneamente si crede, e quindi individui unici ed irripetibili anch'essi.Dal
punto di vista biologico il pre-embrione non è un semplice aggregato di cellule
individuali, ma è un’unità integrata è cioè un sistema individuale di cellule che
possiede già una sua identità biologica, dunque ontologica. Nel genoma di
quelle poche cellule esiste il programma di un individuo umano all'inizio del
suo viaggio straordinario intra- ed extra-uterino che lo farà diventare un
individuo adulto. Quelle cellule sono totipotenti, cioè dotate di una potenzialtà
enorme che può essere artificialmente indirizzata in un senso piuttosto che in un
altro ma senza la perdita dell'insostituibile individualità genomica. È proprio
questa, autonomamente già naturalmente indirizzata a produrre una persona,
14
che conferisce a quelle poche cellule dei primi stadi embrionali un valore
ancora più grande. Questo dice la scienza vera, quella che non ammette inganni
strumentali, e che si richiama autenticamente a Galileo. Non si tocchi Galileo,
dunque, e non lo si arruoli nei raggruppamenti ideologici ai quali è
assolutamente estraneo. Qual è dunque il motivo per cui la denominazione di
"pre-embrione" è stata riesumata? Si tratta delle nuove frontiere della biologia
aperte in questi ultimissimi anni dalle ricerche compiute sulle cellule staminali
(stem cells), le cellule totipotenti dei primi stadi di sviluppo o quelle
pluripotenti degli stadi di poco successivi. La cultura in vitro di queste cellule,
con tecniche sofisticate, può consentire la produzione differenziata di specifici
tessuti (muscolare, epatico, ematico, nervoso ed altri) e quindi prospetta la
possibilità di futuri impieghi terapeutici. Cellule staminali sono tuttavia
isolabili, coltivabili e differenziabili anche da tessuti fetali, da sangue di
cordone ombelicale e da tessuti adulti. Coloro che sono favorevoli all'impiego
indiscriminato degli embrioni per il prelievo di cellule staminali, e che per
questo fine sono favorevoli anche a produrli per clonazione, si avvalgono
dell'argomento utilitaristico della maggiore facilità di prelievo e di riproduzione
in vitro delle cellule staminali embrionali. E poiché queste tecniche comportano
la soppressione dell'embrione, essi tentano di superare il correlativo ostacolo
etico con l'espediente - escogitato sin dall'epoca del Rapporto Warnock - di
chiamare "pre-embrione" l'embrione entro i primi quattordici giorni di sviluppo.
Il percorso della ricerca sulle cellule staminali, e delle prospettazioni di un loro
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utilizzo terapeutico è appena iniziato ed probabile che nel volgere di qualche
anno abbia sviluppi di grande interesse applicativo. Ma è doveroso fin d'ora
precisare, sotto il profilo scientifico, che l'impiego di cellule staminali di origine
embrionale è destinato soprattutto alla ricerca che non a possibili applicazioni
terapeutiche e che queste cellule hanno l'inconveniente di differenziarsi anche
spontaneamente ed incontrollatamente potendo dar luogo a teratomi. Le cellule
staminali provenienti da tessuti adulti, dal canto loro, sono senza dubbio più
difficili da isolare ma nel contempo sono più facili e sicure da manipolare e
innestare, e si differenziano in vari tessuti solo se indotte a farlo e quindi sono
meglio controllabili: da esse si potranno ottenere tessuti utilizzabili per trapianti
autologhi del tutto compatibili con il ricevente. Coloro che hanno a cuore gli
obiettivi di interesse generale della bioetica devono opporsi a questo nuovo
tentativo di disinformare l'opinione pubblica qualificando "cose" senza valore
gli embrioni umani ai primi stadi e devono fornire la controinformazione
corretta: non esiste il "pre-embrione", ma solo l'embrione, sin dal momento del
concepimento; nel volgere di un tempo brevissimo risulterà definitivamente
evidente la primaria utilità delle cellule staminali dell'adulto rispetto a quelle
prelevabili dall'embrione. Viviamo senza dubbio un momento cruciale della
Bioetica, che potrebbe condurre al suo rapido declino ed alla sua cancellazione,
invocata con un breve ma significativo articolo del filosofo Giulio Giorello sul
Corriere della Sera del 6 gennaio 1999. Definita la Bioetica "comoda maschera
per i nuovi dittatori", Giorello ha accusato di burocratismo molti di coloro che
16
la esercitano ed ha affermato che certe forme di "etica laica" e di "morale
sociale" sono "molto più coercitive di qualsiasi dettato dei vecchi preti". Non si
può negare la validità di alcune di queste forti affermazioni del filosofo. La
Bioetica sta andando incontro ad un evidente indebolimento: sia ad opera di
coloro che, sotto le sue insegne, affermano la totale libertà della scienza, di base
ed applicata, di fare tutto ciò che risulti tecnicamente possibile (il contrario del
principio bioetico secondo cui non tutto ciò che è tecnicamente possibile è
eticamente accettabile); sia a causa delle mistificazioni pseudoscientifiche
escogitate per evitare gli scogli etici più rilevanti ed imbarazzanti.
3
Le tecniche
della procreatica, la clonazione umana ed ora l'impiego delle cellule staminali
(che prevede anche l'ipotesi di clonazione apposita di embrioni) sono un banco
di prova cruciale per l'oggi ed il domani della Bioetica. Purtroppo i passi più
clamorosi e temerari della scienza passano sempre più di frequente attraverso
un primo stadio di allarme e rifiuto autenticamente bioetico, seguito però da un
secondo stadio di incrinatura dei filtri e di riduzione dei divieti. La nascita della
pecora Dolly e l'immediata prospettiva della clonazione umana, ad esempio,
hanno provocato dapprima una reazione negativa praticamente generalizzata da
parte di tutti i governi, dei parlamenti nazionali e sopranazionali, dei comitati di
bioetica e dell'opinione pubblica. Dovunque si è compresa la radicalità della
svolta che la scienza applicata si accingeva a compiere e le posizioni etiche
assunte hanno obbedito simultaneamente all'autentica finalità della Bioetica,
3
Cfr, Ivi.
17
quella di porre dei limiti e tracciare dei confini alla tecnologia biologica.
L'ubiquitarietà della iniziale reazione negativa dimostra quanto siano
strumentali ed infondate le accuse rivolte alle religioni - non soltanto a quella
cattolica - cui si è addebitata e si continua ad addebitare una opposizione
meramente ideologica, oscurantistica, che si contrapporrebbe senza ragionevoli
motivi alla libertà della ricerca scientifica ed alla laicità degli Stati. Tuttavia
appena due anni dopo qualche governo tra quelli che all'inizio avevano
manifestato una totale chiusura, ha cominciato ad accogliere le pressioni
provenienti dal mondo scientifico intese a presentare gli aspetti di possibile
utilità di talune applicazioni della nuova tecnica. Pochi mesi dopo la decisione
dell'European Patent Office di concedere all'Università di Edimburgo il brevetto
ad un metodo che può preludere alla clonazione umana - tema su quale il
Comitato Nazionale per la Bioetica italiano si è criticamente espresso il 25
febbraio 2000 - sia il presidente statunitense Clinton che il governo inglese
hanno dato il loro assenso a metodi che implichino l'utilizzo di embrioni umani,
pur confermando, per ora, la contrarietà alla clonazione umana a scopo
riproduttivo. Su questa linea, che si è avvalsa dei pareri positivi autoreferenziali
di comitati scientifici, si sta conducendo in Italia una campagna di stampa
promozionale che si avvale del consueto argomento della libertà dello Stato
laico contro le posizioni della Chiesa cattolica, cui forse si attribuisce un peso
determinante anche nei confronti di altre religioni, considerata la generalità
18
delle iniziali posizioni internazionali del tutto negative. Affinché ogni cittadino
possa giudicare secondo coscienza, ma dopo avere considerato l'intera verità dei
fatti, ci si deve chiedere se sia lecito presentare le richieste degli scienziati come
espressione di piena e legittima libertà dalle ideologie e dagli interessi. È
evidente, in realtà, che questa invocata libertà è molto relativa perché
condizionata quanto, e forse di più, di quella che proviene da ispirazioni
religiose, od anche puramente filosofiche, estranee per loro stessa natura ad
interessi economici. Su questo equivoco persistente - sia esso innocente e
sincero, ovvero consapevolmente alimentato - si gioca l'avvenire della Bioetica,
dei suoi comitati e del futuro dell'umanità. Non si può riconoscere la necessità
della Bioetica - coltivata da singoli studiosi della materia ovvero da Comitati
pubblici e privati - ed ammetterne la finalità essenziale di difesa dell'umanità da
una scienza che non sembra avere più limiti; nel contempo ritenerla valida solo
se le sue conclusioni consistono nell'approvare qualsiasi proposta scientifica
con l'argomento della sua possibile utilità pratica e senza considerarne le altre
implicazioni immediate o successive. Si aggiunga infine che molte delle utilità
prospettate sono teoriche e vengono presentate invece come facilmente
attuabili, sollecitando imprudentemente le speranze di malati e dei loro
familiari. La ricerca scientifica è indispensabile, è una delle forme più alte
dell'attività dell'uomo che oggi richiede enormi investimenti economici ed
impegna la vita di schiere di persone che vi si dedicano. È comprensibile che i
ricercatori rivendichino le esigenze del loro lavoro ed invitino la società a
19
devolvere risorse sempre maggiori in vista dei benefici di vario tipo che
vengono prospettati, non sempre raggiunti. Ma questa spinta proveniente da
interessi di così vasta portata non può e non deve essere accettata senza
obiezioni autenticamente bioetiche né queste possono essere liquidate con
intollerante e sospetta arroganza, come "ideologiche": quasi che i principi etici
siano di per sé ideologia, peggio se si avvale anche di motivazioni religiose. Si
dica sinceramente, una volta per tutte - i più recenti progressi e le correlative
proposte rappresentano un'occasione irripetibile - se si crede ancora che esista e
meriti di sopravvivere la Bioetica ovvero se dobbiamo prendere atto che la si
vuole trasformare da "tribunale" indipendente di uomini liberi, religiosi o non,
quale è stato concepito negli anni settanta del secolo che sta per concludersi, in
un comodo strumento dispensatore di licenze, manipolabile per vantaggi di
vario tipo: allo scopo sostanziale di non fermarsi mai e di realizzare, con motivi
diversi, ciò che si ritiene tecnicamente possibile e in qualche misura
conveniente. Non intendiamo giungere alle conclusioni estreme del filosofo
Giorello, ma è certo che un nuovo segnale di allarme è doveroso in difesa della
Bioetica. Probabilmente la soluzione del problema è quella di coinvolgere in
modo diretto l'opinione pubblica attraverso una informazione semplice ed
onesta e ricercando costantemente, mediante sondaggi, di raccoglierne le
valutazioni che, possiamo starne certi, saranno più libere e sensate di quelle di
molti addetti ai lavori.
4
La controversia in atto tra gli scienziati sull’utilizzo
4
Cfr, Ivi.
20
degli embrioni, non può essere ridotta ad una questione di schieramenti
ideologici, ma è un problema che riguarda e interroga prima di tutto la
ragione.Non è possibile accettare che il dibattito in corso sull’utilizzo degli
embrioni nella ricerca sulle cellule staminali tenda a risolvere un problema
tanto drammatico e decisivo riducendolo ad una contrapposizione fede-
scienza,o fede-ragione, o cattolici-laici. Al contrario, il riconoscimento
dell’embrione umano come individuo unico ed irripetibile della specie umana,
che si manifesta già dalla fecondazione, si fonda sull’accettazione dei dati
scientifici obiettivi, a cui giunge la ragione stessa. Sembra alquanto utile e
urgente chiarire dal punto di vista scientifico cosa è l’embrione e da quale
momento in poi si possa considerare persona. La morale cristiana e non solo,
ma anche tutti coloro che amano la vita e la rispettano,si impegnano e lottano
per riaffermare l’identità e lo statuto dell’embrione umano sin dal primo stadio.
Questo non è un atteggiamento fideistico o irrazionale ma è fondato
sull’osservazione di dati scientifici. Sono questi a rivelare in modo
inequivocabile come la cellula fecondata sia un essere umano, che se gli verrà
concessa la possibilità maturerà secondo un processo di coordinazione, di
continuità e gradualità sino alla nascita. L’embrione umano ha diritto alla
propria vita e, perciò, ogni intervento che non sia a favore dello stesso
embrione si costituisce come atto lesivo di tale diritto. Interromperne lo
sviluppo è un atto gravemente immorale e quindi gravemente illecito.
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L’embrione è, secondo la definizione scientifica, l’ovocita fecondato e vitale fin
dal momento della cariogamia (incontro dei gameti e scambio di informazioni
genomiche) ed ogni cellula totipotente che in presenza di condizioni necessarie
sia in grado di dividersi e di svilupparsi per dare origine ad un individuo.
Un’attenta riflessione su questo dato scientifico e di ragione ci permette di
rispondere ai molteplici problemi morali posti dagli interventi sull’essere
umano nelle fasi iniziali della sua vita e sui processi del suo concepimento.
L’embrione umano, richiede pertanto tutela, rispetto e riconoscimento del
diritto alla vita:ogni violenza fatta alla sua corporeità è violenza fatta alla sua
soggettività umana. Infatti, la sua soggettività umana incontra delle difficoltà
nel venire accettata. Diversi mettono in dubbio che sia possibile definire
l’embrione - fin dal suo stadio unicellulare - come un essere umano a pieno
titolo o persona.Il Magistero cattolico ha affrontato il problema con due
argomenti: uno di carattere antropologico, basato sull’affermazione della
sostanziale unità tra corpo e anima nell’essere umano e sulla evidenza biologica
che dal momento della fecondazione dell’ovocita, inizia una nuova vita con una
sua propria crescita. Il secondo argomento è probabilistico e si riscontra nella
incontestabile osservazione di Giovanni Paolo II secondo la quale basterebbe la
sola probabilità di trovarsi di fronte ad una persona per giustificare la più netta
proibizione di ogni intervento volto a sopprimere l’embrione umano.