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2
sorveglianza è riuscito a conquistare vi era, oltre al controllo
dell’amministrazione, quello di cooperare alla gestione della stessa.
Nel resto dell’Europa, a differenza dell’Olanda, l’organo di sorveglianza
sorge in un secondo tempo, poiché le compagnie erano totalmente soggette
alla sorveglianza governativa e gli azionisti non godevano di alcun diritto.
Tale situazione faceva venir meno la necessità di un organo che proteggesse
gli interessi degli azionisti, infatti qualche raro esempio, di organo di
sorveglianza, lo si ha in Germania e un unico caso isolato in Italia con la
Compagnia italiana del 1861. Nelle successive compagnie o associazioni il
controllo è esercitato dal potere regio, in particolare in Francia dove gli
statuti delle grandi compagnie prevedevano le figure dei Commissaires,
nominati dal governo, ai quali veniva affidato per conto dello Stato il
compito di sorvegliare l’amministrazione ed approvare il bilancio.
1.2. L’esperienza inglese
In Gran Bretagna, attorno al 1850, andava sempre più diffondendosi
come esigenza pubblica una revisione indipendente delle risultanze
contabili che fosse compiuta da professionisti qualificati con lo scopo di
verificare l’esattezza nonché l’attendibilità dei dati a beneficio dei soci e dei
terzi. A seguito dello sviluppo delle imprese e con l’inevitabile
dissociazione della proprietà dall’amministrazione che caratterizza il
periodo della rivoluzione industriale, si assiste all’elaborazione dei primi
profili giuridici, più precisamente nel 1848, il British Companies Act
definisce i fondamenti dell’auditing professionale rendendo obbligatoria per
le imprese la verifica indipendente delle scritture contabili.
CAPITOLO PRIMO
3
Nel 1862, il Regno Unito sempre con il Companies Act si dotava
dell’istituto degli auditors. Col termine auditor
2
ancora oggi si indica il
professionista che procede all’esame dei documenti contabili ed esprime,
sulla base di tale esame, il proprio giudizio sulla conformità dei documenti
ai fatti in essi rappresentati.
Da qui il termine Auditing che designa nei paesi anglosassoni un
complesso di tecniche miranti ad accertare se i documenti contabili destinati
a pubblica informazione (e particolarmente i bilanci annuali delle imprese),
corrispondono fedelmente alla realtà che hanno il compito di rappresentare.
L’espressione italiana equivalente a quella di auditing è quella di revisione
corredata dall’aggettivo aziendale o contabile.
3
1.3. L’esperienza americana
Le origini dell’auditing sono indubbiamente britanniche, ma lo sviluppo
dell’attività sia nel campo della pratica che della teoria è da imputare agli
Stati Uniti d’America. La professione della revisione è qui importata dai
Chartered Accountants
4
inglesi alla fine del secolo scorso, come
conseguenza del sorprendente sviluppo industriale e commerciale che si
verificò nelle colonie e, soprattutto al fine di meglio tutelare gli interessi dei
risparmiatori britannici che investivano i loro capitali nelle imprese
2
Il termine auditor è di origine latina, che letteralmente significa “uditore”, ed era usata come
sinonimo di giudice, in quanto, un tempo, i processi erano tenuti solo verbalmente. Il giudice
ascoltava le parti e dopo emetteva il suo giudizio. L’attuale auditor, pur non essendo un giudice
esprime un giudizio circa l’attendibilità dei documenti sottoposti al suo esame. Il termine auditor è
usato anche nei paesi di lingua spagnola e portoghese, dove si impiega il termine auditoria
derivante da auditor e corrispondente a quello anglosassone di auditing, CASSANDRO P. E.,
Sulle origine e sul contenuto dell’“auditing”: Scritti in onore di Carlo Amodeo, in Saggi di
ragioneria ed economia aziendale, PADOVA, 1987, p.631.
3
Le espressioni revisione aziendale e revisione contabile sono usate anche nei paesi di lingua
tedesca (betriebsrevision), e di lingua francese (révision comptable).
4
Era l’espressione ufficiale con la quale si designavano i professionisti autorizzati a controllare i
bilanci che le società erano tenuti a pubblicare.
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4
americane, le quali andavano notevolmente sviluppandosi in quegli anni,
specie nella forma di società per azioni.
Nel 1896, sono emanate le leggi che disciplinano per la prima volta, la
professione del Certified Public Accountant, così veniva denominato il
pubblico professionista contabile, il cui compito fondamentale era quello
dell’attestazione che il bilancio pubblicato dalle società non contenesse
alcuna frode.
Uno dei momenti decisivi per lo sviluppo di questa disciplina si ha a
seguito della crisi finanziaria del 1929, resa manifesta col crollo borsistico
di Wall Street; in tale periodo si rese necessaria una adeguata difesa del
risparmiatore che si identificava principalmente in una maggiore chiarezza
e completezza dell’informazione desumibile dal bilancio.
La creazione della Securities and Exchange Commission mirante a
tutelare l’interesse del crescente numero di risparmiatori che investivano i
loro risparmi nei titoli (azioni e obbligazioni) emessi dalle grandi società,
accrebbe l’importanza delle funzioni di controllo e revisione sui bilanci
delle società.
All’organo di vigilanza americano era inoltre attribuito il compito di
dettare le regole che avrebbero reso più efficace il lavoro di revisione dei
bilanci, la commissione non ritenne di dovere elaborare direttamente tali
regole, in quanto le associazioni professionali sarebbero state sicuramente
più adatte a svolgere tale compito. Fu così che l’associazione professionale
più importante, l’American Institute of Certified Accountants
5
si assunse il
compito di formulare i principi contabili e di revisione da utilizzarsi nella
formazione e revisione dei bilanci. Nacquero così, i Generally accept
accounting principles e i Generally accept auditing standards.
Il primo degli organismi costituiti dall’associazione professionale fu il
Committee on Accounting Procedure, costituito nel 1938, questo operò fino
al 1959 quando venne sostituito dall’Accounting Principles Board, a sua
5
Tale associazione si chiamò fino al 1938 American Institute of Accountants, la definizione venne
poi cambiata per meglio aderire al titolo ufficiale della categoria.
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5
volta sostituito dal Financial Acccounting standards Board, tuttora
operante.
Questi organismi hanno elaborato e pubblicato un ampio complesso di
norme, sia nel campo contabile sia in quello della revisione, complesso che
costituisce oggi una sorta di codice a cui tutte le trattazioni di accounting
6
,
nonché di auditing si ispirano.
2.1. LO SVILUPPO DELLE FUNZIONI DI CONTROLLO CONTABILE
IN ITALIA
Per ricostruire le origini del controllo legale dei conti, nel quale rientra
l’attività di revisione e certificazione dei bilanci, in Italia è necessario
tornare indietro almeno di un secolo, quando il codice di commercio
francese viene esteso, nel 1808, anche al Regno d’Italia. Infatti, nonostante
l’opera di restaurazione del previgente sistema, la disciplina
dell’autorizzazione e della sorveglianza governativa per le società rimane
immutata, disciplina che è sostanzialmente recepita anche dal codice di
commercio del 1865. Nel 1866, periodo di crisi nelle maggiori borse
europee di cui ne risentiva anche l’Italia in piena unificazione, il governo
istituì con R.D. n. 2966 un nuovo organo di controllo sulle società e sulle
banche, ossia l’ufficio sindacato. Questo organo, istituito presso il
Ministero delle finanze, aveva il compito principale di garantire
l’osservanza della legge e dell’atto costitutivo da parte delle società.
In Italia, passata la crisi, l’economia andava lentamente riprendendosi e
con la diffusione dei principi liberalisti era ormai forte la richiesta
dell’abolizione di ogni ingerenza governativa, ciò anche sulla scia
dell’esperienza francese, dove nel luglio del 1867 veniva soppressa
6
L’accounting è lo studio sistematico dell’economia delle aziende e del suo controllo di cui
l’auditing è in sostanza una parte.
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6
l’autorizzazione per le società anonime e veniva introdotto il consiglio di
sorveglianza, nominato dall’assemblea con lo scopo di vigilare sulle
operazioni sociali.
Nel 1869, in una delle prime sedute, la Commissione incaricata di
modificare il codice si dichiarava unanime per l’abolizione
dell’autorizzazione governativa. Nello stesso anno viene soppresso il
sindacato e sostituito con uffici provinciali d’ispezione. Gli uffici operano
su iniziativa dei terzi, cioè a dire, quando sono stati presentati reclami da
parte degli azionisti o degli associati, per presunte violazioni del codice di
commercio o perché i resoconti e i prospetti pubblicati sono inesatti
7
. Allo
stesso tempo si diffondono, nelle anonime, organi di controllo privati,
nominati dai soci, composti in genere da due o tre persone denominati
“censori” (si trattava di revisori o ragionieri-revisori); in alcuni statuti è
previsto anche un supplente. Ai censori viene attribuito il compito di
controllare il bilancio delle società e al fine di agevolare lo svolgimento di
tale compito, gli statuti attribuiscono loro ampi diritti d’ispezione e di
raccolta dati e notizie.
La diffusione di questi organi di controllo privati può ben spiegare il
ruolo marginale dei sindaci
8
e delle funzioni loro attribuite, così come
andava delineandosi nei lavori preparatori del codice del 1882, che sanciva
per legge, quanto la pratica aveva introdotto. Si noti il fatto che veniva
abolita la sorveglianza governativa e contemporaneamente disciplinata la
nomina degli organi di controllo da parte dell’assemblea.
L’organo assembleare occupava nel modello ottocentesco delle società
per azioni un ruolo di primo piano, poiché tale organo era visto come
l’espressione attiva di tutti i soci, e presupponeva, nell’ambito di quello che
era il suo funzionamento, la creazione di maggioranze contrapposte ad
altrettante minoranze. In realtà, allora come oggi, nelle società con capitale
7
Sembrano delinearsi gli artt. 2408 e 2409 inerenti la denunzia al collegio sindacale o al tribunale
da parte dei soci che detengono una certa percentuale di capitale sociale.
8
Tale nome, dopo quello di censore e revisore, appare per la prima volta nel progetto redatto dalla
commissione della Camera, relatore Corsi, a modifica del progetto Pepoli del5 giugno 1962.
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7
estremamente diffuso tra il pubblico non accade quanto sopra scritto in
quanto minoranze organizzate si trasformano in gruppi di comando che
decidono degli equilibri della società, facendo venire meno il principio di
maggioranza e quindi, il principio logico che caratterizza il funzionamento
dell’organo assembleare. Questo perché solo in capo a pochi soggetti che
detengono pacchetti azionari di entità notevolmente inferiore alla
maggioranza di diritto, si concentra di fatto di il potere decisionale in sede
d’assemblea. In effetti la supposta tutela che la minoranza, intesa come
piccoli risparmiatori, trovava nella disciplina del codice era pressoché nulla.
Tutto ciò non poteva non riflettersi soprattutto sul problema del controllo
interno affidato ai sindaci. Una delle principali critiche che ha subito
quest’organo societario è stata l’elevata dipendenza del soggetto controllore
dai soggetti controllati, poiché uno dei compiti attribuiti al collegio
sindacale è quello di vigilare sull’attività degli amministratori, ed essendo
entrambi nominati dalla stessa maggioranza, di fatto il primo era
completamente succube del secondo.
Nel 1893, il Vivante dichiarava: “i sindaci sono in realtà ben lontani dal
compiere gli uffici molteplici che loro affida la legge. Se si volessero
compiere efficacemente dovrebbero attendere tutto il giorno all’azienda
sociale. Ma in pratica se ne occupano scarsamente e stanno agli ordini degli
amministratori”
9
.
9
VIVANTE C., Le società anonime, in Mon. Trib., 1893, XXXIV, p. 602.
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8
2.2. Dal codice di commercio al codice del 1942
L’economia italiana in lenta ripresa alla fine del secolo scorso, nel primo
decennio del ‘900 è caratterizzata da un notevole sviluppo.
Tale sviluppo, favorito sia da fattori politici che congiunturali
10
, è
attribuibile, prevalentemente, alla grande industria che ottiene gli ingenti
capitali di cui necessita dalle maggiori banche, in particolare dalla Banca
Commerciale e dal Credito Italiano.
Tali finanziamenti che si estrinsecano in sempre maggiore intreccio tra
capitale bancario e industriale, saranno la causa di annacquamenti di
capitale e scambi di pacchetti azionari.
Per la prima volta, in Italia, si pongono in modo urgente alcuni dei grandi
problemi dell’economia moderna, ossia i rapporti tra gestione e controllo,
nonché tra maggioranza e minoranza.
Tale situazione è denunciata dal Vivante, che fa notare l’arretratezza del
codice di commercio rispetto all’evoluzione della società
11
, la dottrina del
periodo è sempre critica nei confronti dell’organo di controllo: “Nella
pratica di un ventennio è ormai assodato che l’istituto dei sindaci, così
com’è regolato, male risponde ai bisogni di quel severo controllo, di quella
rigida sorveglianza oggi più che mai necessaria nella gestione delle società
anonime...”. Inoltre, la dottrina è più che mai concorde nel sostenere
l’inconciliabilità delle funzioni di controllo, sia sulla buona condotta degli
affari che nella revisione dei conti attribuite al collegio sindacale. In
particolar modo sia il Vivante, nonché il Sacerdoti
12
, sostengono che
sarebbe stato opportuno attribuire le due funzioni ad organi differenti.
Il clima economico del dopoguerra è caratterizzato da incertezza per la
caduta della Banca Italiana di Sconto e con essa dell’Ansaldo, l’industria
10
ROMEO R., Breve storia della grande industria in Italia: 1861- 1961, BOLOGNA, 1972, p. 65.
11
VIVANTE C., I difetti sociali del codice di commercio, in Mon. Trib., 1899, p. 341,
12
SACERDOTI, Dei sindaci delle società anonime e delle garanzie da sostituirsi agli stessi, in
Rivista di Diritto Commerciale, 1914, I, p. 656 ss..
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9
bellica si trova ad affrontare il problema della riconversione
13
. In tale
contesto, nel novembre del 1919 viene nominata una Commissione
ministeriale per la riforma della legislazione commerciale, presieduta da
Vivante, la quale però non ha futuro a causa di vicende di carattere politico,
nello stesso periodo, si assiste al succedersi di Commissioni alle quali è
affidato il compito di riformare il codice di commercio del 1882.
Nel 1923, il nuovo governo è delegato alla preparazione dei nuovi codici,
è così costituita una nuova Commissione che completerà il progetto di
riforma del codice di commercio.
Le innovazioni, che si intendono introdurre in materia di controllo
societario, sono poche e consistono nel lasciare all’autonomia statutaria la
determinazione del numero dei sindaci che la società deve avere, infine
viene prevista, in un primo momento la durata triennale dell’incarico, ma
anche tale progetto di riforma viene accantonato. Dopo il 1920, si formano
le prime società fiduciarie con funzioni anche di revisione contabile, ed è
proprio di questi anni la proposta ad opera di alcuni professionisti, sostenuta
anche dalla Confederazione Bancaria, che la società fiduciaria possa
ricoprire la carica di sindaco. Il legislatore, però è cauto, riservando a
persone fisiche quegli uffici, che hanno natura strettamente personale, quali
sindaci e curatori, corrente di pensiero mantenuta ancora oggi nel nostro
ordinamento. In quegli anni, comunque qualcosa cambia, vi è il Regio
Decreto n. 2214 convertito in legge l’anno successivo, il quale regola le
società fiduciarie.
E’ dopo la crisi del ’29 – nello stesso periodo viene costituito il
Consiglio Nazionale delle Corporazioni -, che si assiste ad un’ulteriore
concentrazione tra imprese, tale situazione rende impellente una nuova
legislazione commerciale, infatti nonostante le pesanti sanzioni quello che
necessita sono “nuove regole specifiche di amministrazione”
14
. Nel 1934, il
Vivante è incaricato di studiare delle proposte che sappiano ridare fiducia
13
UNGARI P., Profilo storico del diritto delle società anonime in Italia –Lezioni- ROMA, 1974,
p. 75.
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10
agli azionisti. Traendo spunto dall’esperienza degli auditors anglosassoni si
proponeva la soppressione dell’istituto sindacale e l’istituzione del ruolo dei
revisori dei conti, proposta che è stata fatta dal Vivante in un progetto
datato 1935. Il R.D.L. 24 luglio 1936 n. 1548, convertito in Legge 3 aprile
1937 n. 517 istituiva il ruolo dei revisori dei conti realizzando, così, parte
della riforma.
Questa innovazione è stata però oggetto di notevoli critiche fin dalla sua
introduzione, a causa della mancata richiesta di serie qualifiche
professionali, quale requisito essenziale dei soggetti chiamati a svolgere le
funzioni di sindaco. Al riguardo De Gregorio ha affermato: “il difetto
fondamentale non sta tanto in un errata impostazione logica, quanto nelle
inevitabili deviazioni verificatesi in pratica da una premessa corretta. I
membri del collegio sindacale sono quasi generalmente scelti tra amici e
conoscenti degli amministratori; ciò di per se non sarebbe inconveniente se
la scelta cadesse su persone qualificate e competenti”. Ed ancora sulla
carenza del collegio sindacale ha scritto Amodeo: “...l’accesso al ruolo dei
revisori contabili non certamente equivale ad una riconosciuta ed acquisita
esperienza….”
15
.
Tali critiche trovano nel codice civile del 1942 sostanziale recepimento,
infatti, nella relazione introduttiva al codice, il legislatore osserva: “in
questa materia, più che i principi, occorre modificare gli uomini,
assicurando, innanzitutto, che essi abbiano una preparazione adeguata per
assolvere il compito loro affidato”.
In realtà si può constatare come l’appartenenza al ruolo dei revisori dei
conti non garantisce, così com’era disciplinato, il possesso dei requisiti
professionali per lo svolgimento delle funzioni di controllo infatti l’accesso
al ruolo è consentito sia a coloro che presentano domanda all’apposita
commissione, sia a coloro che dimostrano di aver esercitato lodevolmente le
14
VIVANTE C., Per la riforma delle anonime, in Rivista di diritto commerciale, 1935, p. 499.
15
AMODEO D., La certificazione dei bilanci, in Rivista dei Dottori Commercialisti, 1966, n. 4, p.
531, in cui è riportata anche l’affermazione di De Gregorio.
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11
funzioni di sindaco effettivo o di amministratore o di dirigente
amministrativo o contabile per almeno un quinquennio.
Il codice civile del 1942 realizza una nuova e più rigida ripartizione di
competenza tra i vari organi societari, tuttavia la decisione definitiva su atti
e attività di gestione degli amministratori compete sempre all’assemblea dei
soci, alla quale il collegio deve riferire i risultati della sua attività di
controllo.
2.3. Gli studi di Tullio Ascarelli e la Commissione Santoro-Passarelli
Le prime proposte di riforma in campo societario si devono a Tullio
Ascarelli, infatti, il suo progetto di riforma deve considerarsi il punto di
riferimento per tutte le successive discussioni sulla riforma societaria, che
caratterizzarono gli anni Sessanta e Settanta fino all’emanazione della legge
n. 216/74 e del D.P.R.136/75.
Il progetto Ascarelli introduceva, tra l’altro, concetti innovativi riguardo
al contenuto della relazione degli amministratori e dei sindaci e nell’intento
di attuare una maggior tutela dei soci, proponeva una profonda rivisitazione
della disciplina delle società quotate in borsa, avendo riguardo alla forma
pubblicitaria dei bilanci.
Il progetto, nato in sede extraparlamentare, è presentato all’organo
legislativo, prima nel 1956 e successivamente nel 58 (congiuntamente alla
relazione degli onorevoli La Malfa e Lombardi), ma la Commissione
speciale per l’esame dei provvedimenti concernenti la tutela della libera
concorrenza non affrontò la questione della riforma societaria.
Nel 1959, è istituita, presso il Ministero dell’industria e del commercio,
una Commissione di studi, presieduta dal ministro Colombo ed in sua vece
dal professore Santoro-Passarelli, scopo della Commissione era effettuare
CAPITOLO PRIMO
12
uno studio preliminare sulla riforma delle società di capitali. I risultati della
Commissione possono ricondursi a due risoluzioni distinte circa le
problematiche poste, anche se entrambe le tesi convenivano su modifiche
sostanziali da apportare alla struttura dell’azionariato nonché sul sistema dei
controlli. I sostenitori della prima tesi proponevano una riforma che
prendeva spunto proprio dalla composizione dell’azionariato. Infatti, posto
che nelle s.p.a. esiste una maggioranza nella quale si identifica il gruppo di
comando e, contrapposta ad essa vi è una minoranza costituita da piccoli
risparmiatori non interessati alla gestione della società e che gode di poca
tutela, la soluzione che tale gruppo propone per ovviare alle carenze
riscontrate e, in modo particolare, alla poca tutela delle minoranze è la
costituzione di un “organo di controllo”, al quale è attribuito il potere di
esercitare direttamente dall’esterno le funzioni attribuite al collegio
sindacale. La seconda tesi, sostenuta da una parte minoritaria della
Commissione, è invece dell’avviso di effettuare profonde modifiche
nell’istituto sindacale, il quale, comunque, doveva rimanere un organo
interno alla società. La modifica principale consiste nell’attribuire la
presidenza dell’organo sindacale a un commissario revisore nominato
dall’autorità pubblica (quindi una nomina esterna alla società), il cui
principale compito sarebbe stato il controllo sulla gestione della società a
tutela dei piccoli risparmiatori.