Nelle sue missive, che spesso hanno le dimensioni di brevi opuscoli, Alcuino prende
posizione su moltissimi argomenti, come la controversia sulle immagini, l’eresia
adozionista, il riconoscimento dell’autorità papale, l’organizzazione dei monasteri,
l’evangelizzazione degli Avari e delle altre popolazioni annesse di recente all’impero.
Ma un ruolo decisivo Alcuino lo ha svolto soprattutto nell’ambito della riforma
degli studi promossa dal sovrano franco. Di questo particolare aspetto dell’azione di
governo di Carlo, Alcuino fu infatti l’interprete e l’esecutore pressochè esclusivo,
almeno a livello politico ed organizzativo.
Alla sua mano è da ricondurre la redazione dei due più importanti documenti usciti
dalla cancelleria imperiale sulla necessità che i responsabili di episcopi e monasteri si
facessero carico dell’istruzione di chierici e monaci: l’ Admonitio generalis
5
e
l’Epistola de litteris colendis
6
.
Nei due scritti, in particolare nel De litteris colendis, Alcuino non solo illustra le
ragioni per cui il saper scrivere e leggere sono requisiti indispensabili di qualsiasi
prelatura, ma definisce in modo dettagliato quello che deve essere il curriculum studii
ideale, e, di conseguenza, l’organizzazione di ogni scuola.
Il programma di studi alcuiniano non costituisce di per sé una novità. Esso infatti
ha il suo modello nel De doctrina christiana di Agostino, dove lo studio delle
discipline liberali viene legittimato solo se finalizzato allo studio della vera sapienza,
ossia alla meditazione e all’acquisizione della Sacra Scrittura. La posizione di
Alcuino si distingue tuttavia da quella di Agostino, in quanto ad essa faceva seguito
la definizione di un sistema scolastico dai confini istituzionali ben precisi. Se infatti il
discorso di Agostino aveva una valenza solo ideologica - si trattava cioè di dare
legittimità ad una cultura cristiana in quanto tale - per Alcuino il problema era
soprattutto d’ordine pratico, ossia procedere alla costituzione presso ogni sede
ecclesiastica qualificata di una scuola efficiente e funzionante.
L’intento di costruire una scuola cristiana rappresenta una novità assoluta. Non
bisogna dimenticare che il mondo tardo antico, anche quando il cristianesimo era
5
MGH Capitularia I, ed. a cura di A. Boretius, Hannover 1883, 1984, n. 22.
6
MGH Capitularia I, ed. a cura di A. Boretius, Hannover 1883, 1984, n.30.
diventato l’unica religione ufficialmente ammessa entro i confini dell’impero, non
aveva mai conosciuto una scuola cristiana in quanto tale. Quanto poi alle poche
scuole di cui abbiamo attestazione nei secoli VII e VIII, si tratta o di scuole legate
alle cancellerie reali, per lo più finalizzate alla preparazione tecnica degli agrimensori
e dei notai, o di scuole monastiche. Nel caso di queste seconde è stato ampiamente
dimostrato come esse impartivano un livello di istruzione elementare, dove lo studio
delle lettere aveva un ruolo del tutto marginale.
Di contro, nella corrispondenza di Alcuino abbiamo chiara testimonianza di come
questi si sia impegnato, una volta passato a Tours, nella costituzione di una scuola
organizzata in una serie di ordines, gerarchicamente correlati: gli ordines più bassi
corrispondevano allo studio del computo, del canto, della grammatica; quelli
superiori erano finalizzati allo studio della Scrittura. Eguali testimonianze ci vengono
anche dalle lettere dei suoi corrispondenti, che gli scrivono per avere suggerimenti su
come procedere, o per mettere al corrente lui o Carlo dei successi ottenuti. Più in
generale lo stesso quadro ci viene anche dalle testimonianze successive che
provengono dalle grandi scuole delle abbazie di Corbie, Fulda, Reichenau, San
Gallo
7
.
Colta la novità della scuola carolingia, non potranno sfuggire i problemi che questa
nuova istituzione subito pose. Pensiamo in particolare alla necessità di disporre di
testi di studio adeguati, testi che la tradizione non metteva in alcun modo a
disposizione
8
. Non a caso buona parte della produzione dei maestri carolingi della
7
Cfr. lo studio di J. Marenbon sul circolo degli allievi di Alcuino, From the Circle of Alcuin to the School of Auxerre,
Cambridge 1980.
8
Alcuino si occupa anche della revisione dei testi liturgici, curando un’ ”edizione critica”del Sacramentario Gregoriano.
Verso la fine del sec. VIII Carlo Magno, nell’intento di introdurre in tutto l’impero la liturgia romana, chiede a papa
Adriano (771-795) un sacramentario che serva di norma. Il papa, tra il 784 e il 791, gli manda il Liber sacramentorum a
sancto dispositus praedecessore nostro Dei filio Gregorio papa. Il codice rimane come esemplare tipico nella biblioteca
imperiale di Aquisgrana ed è ripetutamente copiato. Il nuovo sacramentario adrianeo-gregoriano si introduce nel regno
franco sostituendo a poco a poco i sacramentari gelasiani o gregoriani preesistenti; ma il nuovo modello non
corrisponde appieno alle esigenze gallicane, e Alcuino riceve l’incarico di integrarlo e correggerlo. Il maestro
anglosassone estrae alcuni formulari dai sacramentari usati fino ad allora, formandone un supplemento che aggiunge al
manoscritto venuto da Roma. Al supplemento premette un prologo (la praefatiuncula “Hucusque”) in cui spiega i criteri
usati nella compilazione. Il sacramentario franco, munito del supplemento alcuiniano, si diffonde rapidamente; alcune
chiese, per maggiore comodità, compongono propri supplementi, mentre altre, per rendere il libro ancora più pratico,
cominciano a scrivere i formulari in margine o ad inserirli nel testo, finchè nel sec. X la fusione diventa completa e il
sacramentario con il supplemento formano un tutto organico. Per approfondimento, cfr. C. Vogel, La réforme liturgique
sous Charlemagne, in Karl der Grosse II, p. 217-232; G. Ellard, Master Alcuin, Liturgist, Chicago 1956.
prima e della seconda generazione fu impegnata proprio nella messa a punto di
strumenti che, strettamente connessi all’azione riformatrice di Carlo Magno, avevano
il compito di fornire materiale di studio per la scuola.
Anche in questo caso Alcuino svolse il ruolo di pioniere. Il maestro di York
compone agiografie
9
, trattati didascalici, opere teologiche
10
e numerosi componimenti
in versi, epigrammi e poesie d’occasione dedicate ai discepoli e agli amici della corte
franca
11
.
Accanto a questi testi, letterariamente più significativi, non bisogna dimenticare
una ricca produzione didascalica. Ci riferiamo in particolare a tre opuscoli dedicati
alle arti del trivio: un De grammatica
12
, un Dialogus de rhetorica et virtutibus
13
, un
De dialectica
14
a cui è da affiancare un trattato dedicato all’ortografia tramandato in
due diverse redazioni
15
, e, a cappello delle tre operette, la Disputatio de vera
9
Gli scritti agiografici sono in tutto quattro: la Vita sancti Willibrordi, nella duplice redazione in prosa e in versi (BHL,
nn. 8535-38; MGH SS. rer. Mer. VII, pp. 81-141, la versione in prosa; MGH Poetae I, pp. 207-20, la versione in versi),
la Vita sancti Vedastis (BHL, nn. 8506-8508; PL CI, coll. 663-78), la Vita sancti Martini (BHL, n. 5625; PL CI coll.
658-662) e un libellus agiografico dedicato al santo merovingio Ricario di Saint-Riquier, la Vita sancti Richarii (BHL,
nn. 7223-7; MGH SS. rer. Mer. IV, pp. 389-401). Sulla produzione agiografica di Alcuino, cfr. I Deug Su L’opera
agiografica di Alcuino, Spoleto 1983.
10
Durante tutta la sua vita, Alcuino interviene nel dibattito teologico del suo tempo con scritti
dogmatici ed epistole in difesa dell’ortodossia: tra gli scritti teologici, rivestono una particolare
importanza le confutazioni dell’eresia adozionista, condannata nel concilio di Francoforte del 794:
Adversus Felicem Urgellitanum episcopum, diviso in sette libri (PL CI, coll. 85-230; Liber Alcuini
contra haeresim Felicis, ed. a cura di G.B. Blumenschine, Città del Vaticano 1980) e Adversus
Elipandum Toletanum in quattro libri (PL CI, coll. 231-300; cfr. anche l’edizione parziale di P.V.
Gonzalez, Alcuin’s “Adversus Elipandum libri IV” Books I-II, Dissert. Abstracts 32 A, 1971-72,
57-59). Alcuni anni dopo, probabilmente intorno all’802, Alcuino invia a Carlo il suo scritto
dogmatico più importante, il De fide sanctae et individuae Trinitatis, in cui descrive e sistematizza
le proprietà distinte e l’azione congiunta delle tre Persone divine nell’economia della Salvezza,
usando come fonte principale il De Trinitate di Agostino (PL CI, coll. 13-58; l’epistola dedicatoria
a Carlo Magno è pubblicata in MGH Epist. IV, p. 414 e sgg.). Nella prefazione l’autore definisce la
sua opera, vicina cronologicamente sia all’Enchiridion che al commentario all’Ecclesiaste, come un
manualis libellus; cfr. MGH, Epist. IV, p. 414: ”Ne vero meae in Domino devotionis studium otio
torpens, vestro in praedicatione catholicae fidei deesset adjutorio, direxi sanctissimae auctoritati
vestrae de fide sanctae et individuae Trinitatis, sub specie manualis libelli, sermonem, ut divinae
laus et fides sapientiae sapientissimi hominum probaretur judicio”
11
MGH, Poetae I, Berlino 1881; la più antica delle opere che conosciamo è un poema in esametri, i Versus ecclesiae
Eboracensis, composto negli anni in cui Alcuino insegnava a York; da ricordare anche il De clade Lindisfarnensis
monasterii (per il saccheggio del monastero di San Cutberto a opera dei normanni nel 793), il De cuculo, i Versus ad
Carolum regem, ad Leonem papam, i Praecepta vivendi quae monastica dicuntur, le numerosissime Inscriptiones per
chiese e monasteri, gli Aenigmata, gli epitaffi.
12
PL CI, coll. 854-902.
13
PL CI, coll. 919-950.
14
PL CI,coll. 949-976.
15
Alcuino, De orthographia, ed. a cura di S. Bruni, Firenze1997.
philosophia
16
, un breve dialogo tra due allievi e il loro maestro sul valore della
scienza profana: nella Disputatio le arti liberali vengono descritte come un sistema a
sette livelli attraverso il quale si accede alla suprema conoscenza della parola di Dio,
un itinerario culturale propedeutico allo studio della Sacra Scrittura che si articola in
sette tappe successive.
17
La sua produzione letteraria è lo specchio fedele della sua attività di maestro:
Alcuino compone i suoi scritti scolastici in uno stile vivace e attraente, scegliendo
spesso una forma pedagogicamente efficace come il dialogo: al figlio primogenito di
Carlo, Pipino, dedica la Disputatio Pippini regalis et nobilissimi iuvenis cum Albino
scholastico
18
, un dialogo tra maestro e allievo sul sapere e la vita quotidiana
19
.
Nei suoi ultimi anni, per le sue precarie condizioni di salute, o forse per
incomprensioni sopraggiunte con l’imperatore e l’ambiente della Corte, si ritira nel
monastero di San Martino di Tours
20
, dove muore il giorno di Pentecoste dell’804.
16
PL CI, coll. 849-859. La Disputatio costituisce la prima parte della Grammatica.
17
Sul tema dei gradus da percorrere, cfr. Alcuino, Disputatio de vera philosophia, PL CI, coll. 849-854.
Sull’importanza di questo dialogo come programma educativo dell’autore, cfr. F. Brunhölzl, Die Bildungsauftrag der
Hofschule, in Karl der Grosse: Das geistige Leben, II, a cura di B. Bischoff, Düsseldorf 1965.
18
Sul valore pedagogico e le caratteristiche di manuale scolastico della Disputatio, cfr. F. Brunhölzl, Histoire de la
litterature latine du moyen age, I/2 p. 35: ”La petite Disputatio Pippini regalis et nobilissimi iuvenis cum Albino
scholastico est assez proche des manuels d’Alcuin. Il s’agit là d’un livret de conversation analogue à l’Altercatio
Hadriani et Epicteti, aux Ioca monachorum et autres oevres de ce genre: questions brèves et le plus souvent brèves
réponses égalment, fondées, en partie à tout le moins, sur des bases antiques, et présentées sans ordre strict. (...) Ce
livret est conçu, une fois encore, comme un modèle de la manière dont pourrait être utilisè, dans l’instruction, le jeu des
questions et des réponses et il donne un saissant aperçu de la méthode vivante, aimable et ingénieuse qui semble avoir
caractérisé l’enseignement d’Alcuin.”
19
Per il conte Wido, margravio di Bretagna, Alcuino scrive il Liber de virtutibus et vitiis (PL CI, coll. 613-38); non si
tratta, come potrebbe far pensare il titolo, di un trattato di teologia morale, ma piuttosto di un manuale pratico di
comportamento per un soldato cristiano (cfr. L. Wallach, Alcuin on Virtues and Vices. A manual for a Carolingian
Soldier, “The Harvard Theological Review” 48 (1955), pp. 175-95). Ciascuno dei trentasei capitoli tratta di una virtù o
di un vizio; secondo l’esame delle fonti (cfr. H. Rochais Le “Liber de virtutibus et vitiis” d’Alcuin. Note pour l’étude
des sources, “Revue Mabillon” 41 (1951), pp. 77-87) l’autore seleziona ed assembla passi patristici privilegiando i
sermoni di Agostino e aggiungendo una introduzione ed una conclusione in ogni capitolo. Il De ratione animae ad
Eulaliam virginem (PL CI, coll. 639-650), che Alcuino compone su richiesta della badessa Gundrada (Eulalia, parente
di Carlo Magno), può essere invece descritto come un piccolo trattato di psicologia morale; l’opuscolo tratta
dell’origine e delle facoltà dell’anima e si fonda, per la tematica essenziale, sul De natura et origine animae di Agostino
e sul De vita contemplativa di Giuliano Pomerio.
20
Cfr. J. Chelini, Alcuin, Charlemagne, et Saint-Martin de Tours, “Revue d’histoire de l’Eglise de France” 47 (1961),
pp. 19-50. L’anonimo autore della Vita Alcuini (BHL, n. 242; ed. a cura di W. Arndt, MGH Script. XV, pp. 184-197)
loda la sua osservanza della regola monastica durante il soggiorno a Tours (cfr. ibid., p. 191: “Vita denique eius non
monasticae inferior fuit; nam qualis in patribus superius nominatis praecesserat, talis et in illo durabat, in ieiuniis
scilicet, in orationibus, in carnis mortificatione, in elemosinis, in psalmorum et missarum multa celebratione et in aliis
virtutubus, quibus possibile est humanam hornari naturam.”).
1.2 LE OPERE ESEGETICHE DI ALCUINO
Le opere esegetiche del secolo IX sono classificabili entro una tipologia bipartita
che distingue tra collectanea
21
e abbreviationes.
In entrambi i casi ci troviamo di fronte a testi compilativi; ciò che differenzia le
due tipologie di commentario è il diverso rapporto con le fonti: mentre l’abbreviatio è
per lo più concepita come sintesi di una fonte base, il collectaneum riunisce in un
unico codice tutte le spiegazioni attinenti ad un determinato libro della Scrittura
22
.
Dietro questa diversità di impostazione si nasconde anche una diversa finalità.
L’abbreviatio nasce quasi sempre in stretta connessione con l’aula scolastica. Il
maestro tiene delle lezioni su di un determinato libro della Scrittura e poi realizza un
compendio dell’esposizione patristica su cui ha impostato la propria spiegazione; il
fine è fornire agli allievi uno strumento che consenta una comprensione diretta e
facilmente memorizzabile del contenuto e del significato del libro considerato. Si
tratta pertanto di lavori che, salvo rare eccezioni, hanno una diffusione limitata,
21
Cfr. S. Cantelli Berarducci in La Bibbia nel Medioevo, a cura di G. Cremascoli e C. Leonardi,
Bologna 1996, p. 170: “Il primo elemento che qualifica la produzione esegetica carolingia è il venir
meno del carattere occasionale, che distingue il lavoro dei pochi esegeti attivi nei secoli VII e VIII.
La redazione dei diversi commentari, per quanto frutto del lavoro individuale del singolo autore,
risulta infatti orientata da una generale e diffusa esigenza di completezza ed esaustività, che si
manifesta soprattutto sotto tre aspetti:
1) la volontà di avere raccolte insieme in un unico codice tutte le esposizioni dei Padri relative ad un
medesimo libro;
2) tendenza ad un impiego letterale ed integrale delle fonti;
3) desiderio di disporre di un’esposizione completa e sistematica (cioè svolta versetto per versetto)
di ciascun libro sia del Vecchio sia del Nuovo Testamento.
L’intento di raccogliere in un solo codice, cioè in un unico collectaneum, le esposizioni relative ad un medesimo libro è
dichiarato dagli stessi compositori. Nelle epistole prefatorie che accompagnano i loro trattati, essi non esitano a definire
il proprio lavoro nei termini di colligere in unum le varie expositiones attestate dalla tradizione, onde facilitarne il
reperimento, la lettura, la consultazione. Lo studio delle fonti conferma a pieno questo dato: i commentatori del secolo
IX, e in particolare quelli composti nell’arco di tempo che va dal 780 all’850 circa, si presentano come veri e propri
collectanea di passi dei Padri riportati in forma estesa e letterale, ed integrati l’uno con l’altro. Sotto ciascun versetto si
susseguono le relative spiegazioni di Girolamo, Agostino, Origene, Gregorio, Isidoro, Beda, e altri ancora, a seconda
del materiale di cui l’autore dispone. A questa tecnica redazionale, che risponde ad un’evidente esigenza di completezza
e di esaustività, fa eco immediata l’aspirazione a realizzare una glossa completa del testo biblico.”
22
Sulla controversa questione della Biblia Alcuini, cfr. B. Fischer, Die Alcuin-Bibel (in Geschichte der lateinischen
Bibel 1), Fribourg-en-Br., 1957; Id., Bibeltext und Bibelreform unter Karl dem Grossen, in Karl der Grosse II,
Düsseldorf, 1965, pp. 156-216.
circoscritta all’ambiente che li ha prodotti. Essi inoltre, nella maggior parte dei casi,
sono tramandati in forma anonima.
Il collectaneum, al contrario, è un testo composto da maestri per altri maestri: e il
suo scopo è di mettere a punto uno strumento volto a promuovere e facilitare lo
studio del testo sacro raccogliendo expositores. Questo tipo di scritto ha sempre un
carattere ufficiale (o aspira ad averlo), che si esprime attraverso la commissione da
parte del sovrano o la dedica ad un esponente della famiglia imperiale o ad un alto
membro del clero.
Di conseguenza un collectaneum di solito viene copiato in codici di grande
formato e di fattura pregiata, conosce una notevole diffusione e si lega saldamente al
nome dell’autore che lo ha composto
23
. I più importanti autori di collectanea dedicati
allo studio della Scrittura sono Claudio di Torino e Rabano Mauro, ma il primo
collectaneum prodotto in epoca carolingia è opera di Alcuino
24
. Si tratta
dell’Expositio super Iohannem
25
; il commento è stato scritto su sollecitazione di due
donne colte della famiglia reale (Gisla, badessa di Chelles e sorella di Carlo Magno, e
sua nipote Rotrude), e consiste nella raccolta sistematica e letterale delle principali
spiegazioni che la tradizione precedente aveva dato al quarto Evangelista
26
. Accanto a
23
Per tali definizioni di abbreviatio e collectaneum cfr. S. Cantelli Berarducci, La genesi redazionale del commentario
al Vangelo di Giovanni di Alcuino di York e il codice Sankt Gallen Stiftsbibliothek 258, in Immagini del Medioevo,
Spoleto 1994, pp. 43-44.
24
Non sono molti i lavori specificamente dedicati all’attività esegetica di Alcuino. Si vedano comunque in generale E.
S. Duckett, Alcuin, friend of Charlemagne. His world and his work, New York 1951, pp. 266-7; L. Wallach, Alcuin and
Charlemagne, New York 1959; D. Bullough, Alcuino e la tradizione culturale insulare, in I problemi dell’Occidente
nel secolo VIII (Settimane del Centro Italiano di studi sull’Alto Medioevo, XX), Spoleto 1973, pp. 571-600; Id., Alcuin
and the Kingdom of Heaven: Liturgy, Theology, and the Carolingian Age, in Carolingian Reneval. Sources and
Heritage, Manchester-New York 1991; F. Brunhölzl, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, I, Munchen
1975, pp. 268-286; C. Leonardi, Alcuino e la scuola palatina: le ambizioni di una cultura unitaria, in: Nascita
dell’Europa ed Europa carolingia: un’equazione da verificare, (Settimane, XXVII), Spoleto 1981, II, pp. 459-496; I
Deug Su, L’opera agiografica di Alcuino, Spoleto 1983; Id., Cultura e ideologia nella prima età carolingia, Roma
1984; cfr. R. Savigni, Il commentario di Alcuino al libro dell’Ecclesiaste e il suo significato nella cultura carolingia, in
Letture cristiane ai Libri Sapienziali. XX incontro di studiosi dell’antichità cristiana, Roma 9-11 maggio 1991, Roma
1992. Risulta eccessivamente perentoria l’affermazione di B. Smalley, Lo studio della Bibbia nel Medioevo, (trad. it.
con prefazione di C. Leonardi, Bologna 1972, p. 74)“Studiare i commenti di Alcuino, di Claudio di Torino...equivale
semplicemente a studiare le loro fonti.”
25
Già a York il giovane allievo di Aelberto aveva avuto l’intenzione di scrivere un commentario sul Vangelo di
Giovanni; Alcuino realizzerà questo progetto solo trent’anni più tardi rispondendo alla richiesta di Gisla e Rotrude (cfr.
MGH Epist. IV nn. 214, 196, 213, 195).
26
La fonte principale del commentario sono i Tractatus super Iohannem di Agostino, ma vengono
impiegati anche ampi brani tratti dalle omelie ai Vangeli di Gregorio Magno e di Beda; il contributo
personale dell’autore consiste nel selezionare e collegare gli estratti, per la maggior parte molto
lunghi, e semplificare i passi più difficili.
questo collectaneum, Alcuino è autore anche di numerose abbreviationes, espressione
diretta della sua attività di maestro di esegesi: un commentario all’Ecclesiaste
27
, uno
al Cantico dei cantici, una spiegazione della genealogia di Cristo che apre il Vangelo
di Matteo, un commentario all’Epistola a Tito, uno all’Epistola di Filemone
28
, uno
all’Epistola agli Ebrei
29
; le fonti compendiate sono il commentario all’Ecclesiaste di
Girolamo, il commentario al Cantico di Beda, il Liber interpretationis nominum
hebraicorum di Girolamo (la fonte tradizionale per l’interpretazione dei nomi biblici),
i commentari di Girolamo a Tito e Filemone, le omelie di Giovanni Crisostomo
sull’Epistola agli Ebrei, a cui Alcuino aveva accesso nella traduzione latina curata da
Muziano.
Tra le altre opere esegetiche di Alcuino, le Interrogationes et responsiones in
Genesim possono essere definite come collectaneum: le Interrogationes, dedicate a
Sigulfo, uno dei suoi primi discepoli, sono un insieme di domande e di risposte sulla
Genesi, 224 quaestiones inserite in dialogo serrato tra maestro e allievi in cui si
discute il senso letterale del testo biblico e si cerca di risolvere le difficoltà teologiche
dell’interpretazione
30
. Di alcuni commenti non è certa la paternità; è ancora
controversa l’attribuzione di un Commentario all’Apocalisse
31
(abbreviatio del lungo
commento all’ultimo libro della Bibbia di Ambrogio Autperto), del breve scritto De
septem sigillis,
32
e dello stesso Liber generationis Iesus Christi. Alcuino ha
commentato inoltre anche un’altra lettera del corpus paolino, l’Epistola agli Efesini,
27
STEGMÜLLER, n. 1093; PL C, coll. 665-722, praef. 667 A-B; la lettera dedicatoria è edita anche, con poche varianti
formali, tra le epistole di Alcuino, in MGH, Epist. IV, ed. E. Dümmler, Berlin 1895, n. 251, pp. 406-7; cfr. R. Savigni,
Il commentario di Alcuino al libro dell’Ecclesiaste e il suo significato nella cultura carolingia, in Letture cristiane ai
Libri Sapienziali. XX incontro di studiosi dell’antichità cristiana, Roma 9-11 maggio 1991, Roma 1992, pp. 275-303.
28
STEGMÜLLER, n. 1097; PL C, coll.1009-25 e STEGMÜLLER, n. 1098; PL C, coll. 1025-32.
29
STEGMÜLLER, n. 1099+Suppl. ; PL C coll. 1031-84. Il commentario di Alcuino è la prima esegesi latina dedicata a
questo testo. Cfr. E. Riggenbach, Die altesten lateinischen Kommentare zum Hebräerbrief, Leipzig 1907 (Forschungen
zur Geschichte des neutestamentlichen Kanons und der altkirchlichten Literatur VII Historische Studien zum
Hebräerbrief, I), p. 18 sgg.
30
STEGMÜLLER, n. 1085+Suppl.; PL C coll. 515-66; cfr. l’epistola dedicatoria indirizzata a Sigulfo, uno dei suoi primi
discepoli (MGH Epist. IV, n. 80, pp. 122-3). Sulle fonti del commento cfr. K. O’Brian O’Keeffe, The use of Bede’s
Writings on Genesis in Alcuin’s Interrogationes, “Sacris Erudiri”, 23 (1978-9), pp. 463-83; cfr. E. Ann Matter, Alcuin’s
Question- and- answer texts, “Rivista di storia della filosofia” 45 (1990), pp. 645-56; cfr. K O’Brian O’ Keeffe, The use
of Bede’s Writings on Genesis in Alcuin’s Interrogationes, “Sacris Erudiri”, 23 (1978-9), pp. 463-83.
31
STEGMÜLLER, n. 1102; PL CI, coll. 1087-1156.
32
PL CI, coll. 1167-70; la mancata citazione del commentario nella Vita Alcuini rende incerta la sua attribuzione; cfr. E.
Ann Matter, The pseudo alcuinian “De septem sigillis”. An Early Latin Apocalypse Exegesis, “Traditio” 37 (1980), pp.
3-37.
ma dell’opera non rimane alcun manoscritto; I. Fransen ne ha però individuato e
pubblicato i passi che sopravvivono nel commentario agli Efesini di Rabano Mauro
33
.
Probabilmente contemporanea al Commentarius in Ecclesiasten è la stesura
dell’Expositio in psalmos poenitentiales, in psalmum CXVIII et in psalmos
graduales
34
; nell’epistola prefatoria
35
, l’autore presenta queste tre brevi
expositiunculas come un insieme unico a cui dà il titolo agostiniano di Enchiridion,
che resta inalterato in gran parte della tradizione manoscritta.
L’interpretazione di questi salmi, che rivestono una particolare importanza nella
Liturgia delle Ore del cursus benedettino
36
, è dovuta alla richiesta di un amico di
Alcuino, Arnone di Salisburgo
37
.
33
STEGMÜLLER, n. 7068, cfr. I. Fransen, Fragments épars du commentaire perdu d’Alcuin sur l’epitre aux Ephésiens,
“Revue bénédictine” 81 (1971), pp. 30-59. L’anonimo autore della Vita Alcuini (BHL, n. 242; MGH Script. XV, pp.
184-197) cita il commento sulla lettera agli Efesini nell’elenco delle opere esegetiche di Alcuino: “Scripsit et in
quattuor epistolis Pauli, ad Hephesios scilicet, ad Titum, ad Philemonem et ad Hebraeos.”(ibid., p. 195).
34
STEGMÜLLER, n. 1089-1091+Suppl.; PL C, coll. 570-638. H. Brewer, “Zeitschrift für katholische Theologie”, 37
(1913), pp. 668-75, ha attribuito ad Alcuino (STEGMÜLLER, n. 1088) il commentario ai primi settanta salmi riprodotto in
PL XXI, coll. 633-958 tra gli scritti di Rufino e ritenuto opera di un Vincentius ecclesiastico vissuto in Gallia nel sec. V
citato da Gennadio. Concorda con Brewer G. Morin, Une restitution en faveur d’Alcuin, “Revue bénédictine” 30
(1913), pp. 458-9, ma A. Wilmart, Le commentaire sur les Psaumes imprimé sous le nom de Rufin, “Revue
bénédictine” 31 (1914), pp. 258-76 ha dimostrato che il testo è in realtà la prima parte di un commentario al Salterio
composto da Letberto, abate di Saint-Ruf presso Avignone, cfr. STEGMÜLLER, n. 5395.
35
MGH Epist. IV, n. 243, pp. 388-92.
36
Il corso monastico, ordinato da San Benedetto nella sua Regula (capitoli VIII-XVIII) indica i salmi da recitarsi in una
settimana, dodici nel Mattutino (numero santificato già dai primi monaci) cominciando la domenica con il salmo XX e
terminando con il CVIII al sabato; sono riservati ai Vespri i salmi CIX-CXLVII, alla Prima i salmi I-XIX, alle Ore
minori della domenica, come alla Terza, Sesta e Nona di lunedì i graduali (sulla divisione liturgica settimanale del
Salterio, cfr. Enciclopedia cattolica, s.v. Salterio, Città del Vaticano 1951 pp. 1706-7). La recita parziale o integrale del
Salterio era prevista nei Penitenziali (ad esempio quello di Egberto di York, 735-66) in sostituzione delle gravi
penitenze corporali con le quali si dovevano scontare determinate colpe. Il Salterio veniva anche adoperato per le
cosiddette sortes sanctorum, pratiche divinatorie proibite dai Capitolari carolingi (e ancora nel Penitenziale di Burcardo
di Worms, 1000-1025) che consistevano nel cercare risposta ad un qualunque quesito nel primo versetto di un salmo ad
apertura di libro.
37
È l’autore stesso che, nell’epistola prefatoria ad Arnone di Salisburgo, ci descrive la sua opera. Alcuino parla del suo
commentario come di un “enchiridion, id est manualem librum”, un’opera di consultazione concisa e maneggevole
compilata attingendo dai “sanctorum patrum tractatibus”, selezionando brevi passi e collegandoli fra loro, abbreviando
e semplificando l’abbondante materiale esegetico delle fonti patristiche utilizzate; con l’Enchiridion, Alcuino vuole
fornire ad Arnone e ai suoi allievi un utile strumento di lavoro: “De quibus vestrae sagacissimae sanctitati breves
expositiunculas, quasi quoddam enchiridion, id est manualem librum, fieri flagitastis. Cui petitioni almitatis vestrae
libens annui, arreptisque sanctorum patrum tractatibus, qui copiose de singulis in psalmorum libro versibus, quatenus de
his quoque, quid dicerent, adnotarem, floresque colligerem dulcissimos ad vestrae voluntatis satisfaciendum desiderio”
(MGH Epist. IV, n. 243, p. 388).
1.3 IL COMMENTARIO AI SALMI
Nel quadro dell’esegesi alcuiniana, il commento ai salmi costituisce un unicum: le
altre opere esegetiche di Alcuino sono collectanea o sintesi di una fonte base che
viene compendiata; l’Expositio in psalmos invece non ha le dimensioni e le
caratteristiche formali di un repertorio di esegesi patristica (i collectanea sono
solitamente molto lunghi) e non si basa su una fonte unica (come succede di norma
nelle abbreviationes) ma è composta giustapponendo brevi passi patristici copiati alla
lettera o parzialmente rielaborati dall’autore, con un minuzioso lavoro di selezione e
montaggio del materiale utilizzato
38
. Ogni salmo (e, spesso, ogni singolo versetto)
viene spiegato alternando e concatenando frasi tratte da due o tre fonti diverse. Le
spiegazioni ai salmi hanno un ulteriore elemento di discontinuità al loro interno,
poichè i criteri e le modalità di selezione non restano invariati nel corso di tutta
l’opera, ma variano a seconda della tipologia del salmo che viene commentato;
nell’esegesi al salmo CXVIII ad esempio, l’uso delle fonti è sistematicamente
letterale, mentre nelle expositiones in psalmos graduales il materiale patristico è
frequentemente rielaborato dall’autore.
Il metodo e la forma del commento si adeguano quindi di volta in volta alle
caratteristiche del testo commentato; cambiano costantemente anche le tematiche
trattate e le citazioni scritturali che Alcuino inserisce autonomamente nelle
spiegazioni ai singoli versetti. Un altro elemento che denota un atteggiamento non
passivo dell’autore nei confronti delle fonti utilizzate è la sua interpretazione mistica
e strutturale dei numeri ordinali dei salmi o delle relazioni numeriche presenti
all’interno dei cantica che commenta.
Nelle brevi prefazioni collocate all’inizio di ogni sezione, infatti, Alcuino dedica
qualche riga all’interpretazione del significato allegorico dei numeri contenuti nei
38
Nello studio delle opere esegetiche altomedievali non è metodologicamente produttivo cercare spunti originali; è
invece possibile, o almeno in ciò consiste il mio tentativo di lettura, cercare di individuare i criteri di selezione del
materiale tradizionale seguiti dall’autore, e le ragioni di certe omissioni e integrazioni, in rapporto alla sua attività di
intellettuale di primo piano alla corte franca.
salmi che si accinge a commentare, ispirandosi alle analoghe interpretazioni di
Agostino e Cassiodoro, ma rielaborandole secondo un proprio criterio personale:
nella complessa trama di riferimenti simbolici dell’esegesi alcuiniana, il numero sette
diventa simbolo della rigenerazione spirituale del cristiano dopo la penitenza, il
quindici e il centoventi nei graduali rappresentano l’ascesa dell’anima verso la
saggezza divina, mentre il numero otto, che sta alla base della complessa struttura
metrica del salmo CXVIII
39
, diventa figura della vita eterna (l’ottavo giorno che
segue alla settimana, saecularis ebdomada della storia umana). Una testimonianza
preziosa della profonda consapevolezza esegetica di Alcuino nella stesura del
commento è data inoltre dall’epistola prefatoria che accompagna l’Expositio e ne
chiarisce gli intenti e le finalità.
1.4 L’EPISTOLA DI ACCOMPAGNAMENTO AL CODICE
Dati preziosi per l’ interpretazione e la datazione del commentario ai salmi fornisce
l’epistola di accompagnamento al codice dell’Enchiridion inviato da Alcuino ad
Arnone intorno all’802
40
; il corriere che trasporta materialmente il libro dal
monastero di Tours a Salisburgo è Fridugiso, un suo giovane allievo.
39
Il salmo CXVIII è un carme abbecedario secondo l’alfabeto ebraico.
40
Presentare un quadro della tradizione manoscritta dell’ Enchiridion non è facile, in quanto non è
mai stata oggetto di uno studio specifico e a tutt’oggi l’opera è disponibile nell’edizione della
Patrologia latina che riproduce il testo di Frobenius del 1777. Lo Stegmüller segnala i mss.:
Karslruhe, Landesbibliothek Aug. Perg. CXXXV, cc.134v.-159r. sec. X (Stegmüller, n. 1090),
Wilhering, Cistercenser Stiftbibliothek IX 121, cc.1-32 sec. XII (solo i salmi penitenziali) e Parigi,
Bibliothèque Nationale, lat. 2384, cc.83-88 (solo salmi graduali). A questi codici sono da
aggiungere i due segnalati dal Frobenius: uno proveniente dalla biblioteca del capitolo di Salisburgo
e l’altro dalla biblioteca del monastero di Sankt Emmeram. Se il codice di Sankt Emmeram
utilizzato dal Frobenius è l’attuale München, Bayerische Staatsbibliothek Clm 14447, più incerta è
l’identificazione dell’altro manoscritto presente nel Settecento a Salisburgo e che probabilmente
coincide con l’esemplare inviato da Alcuino ad Arnone; il Dümmler, nei Monumenta, segnala il
Köln, Dombibliothek 106 (Darmstadt 2106) come il codice più autorevole, sia per la datazione
(secolo IX), sia perché corrisponde, almeno come impianto codicologico, al progetto dell’autore
(cfr MGH Epist. IV n. 259, p. 417, n.1). Una descrizione del Colonia 106 è contenuta in L. W.
Jones, The script of Cologne from Hildebald to Hermann, Cambridge, Massachussets 1932, pp. 40-
3 e in “Speculum” IV, n. I; cfr. inoltre il sommario del codice esaminato da Knust (in nota alla
parola manualis libellus nell’epistola di accompagnamento al codice MGH Epist. IV n. 259, p. 417,
n.1): “Hunc librum manualem eundem esse ac codicem ecclesiae cathedralis Coloniensis CVI
coniecit Knust (Pertz Arch. VII, 855), qui eum eodem tempore variis manibus scriptum esse
Nel codice (manualis libellus)
41
che contiene il commentario ai salmi, Alcuino
inserisce anche altre opere di varia natura: la sua Epistola de confessione ad pueros
sancti Martini
42
, un carme abbecedario dedicato alla regina anglosassone Aetheltrid,
tratto dalla Historia ecclesiastica gentis anglorum di Beda
43
(che cita anche nel suo
poemetto sulla chiesa di York
44
), un centone poetico composto da versetti dei salmi di
Beda
45
, un’altra breve composizione
46
(di autore anonimo), formata giustapponendo i
affirmavit, cfr. Jaffè et Wattenbach Eccl. Colon. codd. mscr. p. 43, sed opinionem eius refellit
Menzel (Die Trierer Adahandschrift p.5), qui epistolam hanc recte anno 802 assignavit. Hoc est
summarium codicis a Knustio relatum: in huius codicilli corpore continentur: epistola Albini
magistri ad Arnonem archiepiscopum. Item expositio in VII psalmos paenitentiae. Item eiusdem
epistola ad pueros adulescentulos de confessione peccatorum. Item expositio in psalmum CXVIII.
Item hymnus beati Bedae presbyteri de opere sex dierum primordialium et de sex aetatibus mundi.
Item eiusdem hymnus pulcherrimus elegiaco metro compositus opere pulcherrimo de virginitate
Aethilrythae reginae.Expositio quoque de patrum dictis brevis in psalmos XV graduum. Item
hymnus de eisdem psalmis. Item oratio pulcra rythmico sermone composita. Item beati Bedae
presbyteri dulcissimi versus collecti de singulis psalmis vel laude dei et oratione quod psalterium
eiusdem patris nominatur.Item oratio pulcra. Item alia oratio.”
41
Per l’importanza del termine cfr. supra la n. 46.
42
Alcuino, Epistola de confessione ad pueros sancti Martini, PL CI, coll. 650-6: “Dilectissimis in Christo filiis,
bonaeque spei adulescentulis, qui in ecclesia summi pontificis protectorisque magni beati Martini Domino Jesu.” Sul
tema della confessione e della penitenza, cfr. la lettera ai fratelli della Settimania (MGH Epist. IV, n. 138, pp. 216-220).
43
Venerabilis Bedae Opera Historica, ed. a cura di C. Plummer, Oxford 1896 (1971³), xviii, pp. 247-8. Il carme è
incentrato sulla lode della verginità e della santità femminile; la metrica è abbecedaria, e molto elaborata, (morem
sacrae scripturae, come il salmo CXVIII?): infatti in ogni distico elegiaco la prima metà dell’esametro è ripetuta uguale
nella seconda metà del pentametro e la poesia è acrostica: i primi distici sono alfabetari, cioè cominciano in ordine con
le lettere progressive dell’alfabeto, mentre negli ultimi quattro distici le lettere iniziali compongono la parola “Amen”:
“Videtur oportunum huic historiae etiam hymnum virginitatis inserere, quem ante annos plurimos in laudem ac
praeconium eiusdem reginae ac sponsae Christi, et ideo veraciter reginae, quia sponsae Christi, elegiaco metro
composuimus; et imitari morem sacrae scripturae, cuius historiae carmina plurima inedita, et haec metro ac versibus
constat esse composita: Alma Deus Trinitas, quae saecula cuncta gubernas,/ adnue iam coeptis, alma Deus Trinitas./
Bella Maro resonet, nos pacis dona canamus;/ munera nos Christi, bella Maro resonet./ Carmina casta mihi, fedae non
raptus Helenae;/ luxus erit lubricis, carmina casta mihi./ Dona superna loquar, miserae non proelia Troiae;/ terra quibus
gaudet, dona superna loquar./ En Deus altus adit venerandae virginis aluum/ liberet ut homines, en Deus altus adit./
Femina virgo parit mundi devota parentem/ porta Maria Dei, femina virgo parit./ Gaudet amica cohors de virgine matre
tonantis;/ virginitate micans gaudet amica cohors/ Huius honor genuit casto de germine plures/ virgineos flores huius
honor genuit. Ignibus usta feris, virgo non cessit Agathae/ Eulalia et perfert, ignibus usta feris./ Kasta feras superat
mentis pro culmine Tecla/ Eufemia sacras kasta feras superat./ Laeta ridet gladios ferro robustior Agnes/ Caecilia
infestos laeta ridet gladios/ Multus in orbe viget per sobria cordia triumphus/ sobrietatis amor multus in orbe viget./
Nostra quoque egregia iam tempora virgo beavit;/ Aethilthrida nitet nostra quoque egregia./ Orta patre eximio, regali et
stemmate clara, /nobilior Domino est, orta patre eximio./ Percipit inde decus reginae, et sceptra sub astris/ plus super
astra manens, percipit inde decus./ Quid petis, alma, virum, sponso iam dedita summo?/sponsus adest Christus; quid
petis, alma, virum?/ Regis ut aetherei matrem iam credo sequaris/ tu quoque sis mater regis ut aetherei./ Sponsa dicata
Deo bis sex regnaverat annis,/ inque monasterio et sponsa dicata Deo./ Tota sacrata polo celsis ubi floruit actis,/ reddidit
atque animam tota sacrata polo./ Virginis alma caro est tumulata bis octo Novembres/ nec putet in tumulo virginis alma
caro./ Xriste, tui est operis, quia vestis et ipsa sepulchro/ inviolata nitet:Xriste, tui est operis./ Ydros et ater abit sacrae
pro vestis honore,/ morbi diffugiunt, ydros et ater abit./ Zelus in hoste furit, quondam qui vicerat Evam;/ virgo
triumphat ovans, zelus in hoste furit/ Aspice, nupta Deo, quae sit tibi gloria terris;/ quae maneat caelis, aspice, nupta
Deo./ Munera laeta capis, festivis fulgida taedis,/ ecce venit sponsus, munera laeta capis./ Et nova dulcisono modularis
carmina plectro,/ sponsa hymno exultas et nova dulcisono./ Nullus ab altithroni comitatu segregat agni,/ quam affectu
tulerat nullus ab altithroni. ”.
44
Cfr. P. Godman, Alcuin, the Bishops, Kings and Saints of York, Oxford 1982, p. 65, vv. 751-86.
45
Collectio Psalterii Bedae, PL CI, coll. 569-579.
primi versetti dei salmi graduali, un inno sulla creazione e le sei età del mondo
47
, e
non meglio specificate alias orationes:
“VENERANDO EVANGELISTAE AQUILAE ALBINUS SALUTEM. Direxi dilectioni
vestrae per Fredegisum filium meum manualem libellum multa continentem de diversibus
rebus, id est breves expositiones in psalmos septem paenitentiae; in psalmum quoque CXVIII;
similiter et in psalmos XV graduum. Est quoque in eo libello psalterium parvum, quod dicitur
beati Bedae presbyteri psalterium, quem ille collegit per versus dulces in laude Dei et
orationibus per singulos psalmos iuxta Hebraicam veritatem. Est quoque hymnus
pulcherrimus de sex dierum opere et de sex aetatibus mundi. Est in eo epistola de confessione,
quam fecimus ad infantes et pueros. Est et in eo hymnus vetus de quindecim psalmis
graduum. Habet et alias orationes et hymnum quoque nobilissimum elegiaco metro
compositum de quadam regina Edildryde nomine.”
Per il suo allievo, Alcuino chiede ad Arnone ospitalità e benevolenza; il maestro
anglosassone conclude la lettera lamentandosi della sua fretta di partire, che gli ha
impedito di copiare altre opere nel codice che avrebbe inviato a Salisburgo.
“Quem libellum posui in manus Fredegisi filii mei. Tu quaere illum ab eo, ne forte in
oblivione habeat propter alias occupationes tibi eum reddere. Et nullatenus permittas, nisi
habeas illum ob memoriam nostri sive in domo sive in itinere, ut audias illum quasi me tibi
loquentem in cor. Plura misissem in eum, nisi festinatio eius praeveniret me, ut non habebam
tempus eum ordinare, sicut dispositum habui. Valeto prospere et feliciter legens illum meique
memor in orationibus semper sine fine vale. Obsecro clementissimam benignitatem vestram,
o dilectissime Aquila, ut filium meum Fredegisum benigne suscipiatis et familiariter, eumque
adiuvetis secundum possibilitatem vestram, habeatisque illum fratrem in Christo, qui vos
conservet in aeternum.”
48
Discepolo citato molto spesso nelle epistole alcuiniane, e dedicatario insieme ad
Onia e Candido del Commentarius in Ecclesiasten Fridugiso
49
, dopo la morte di
Alcuino viene nominato abate del monastero di Tours; nell’814 figura tra i redattori
del testamento di Carlo Magno; qualche anno più tardi, il successore Ludovico il Pio
lo nomina cancelliere dell’impero. Abbiamo di lui un’Epistola (De substantia nihili
et tenebrarum)
50
diretta all’imperatore Carlo e alla sua corte, relativa ad un problema
46
MGH Epist. IV, n. 259, p. 417.
47
Cfr. Lat. Hymnen, I, 1.
48
MGH Epist. IV, n. 259, p. 417.
49
Sulla sua figura di monaco e di intellettuale vedi M. Ahner, Fredegis von Tours, Lipsia, 1878; L.
Geymonat, I problemi del nulla e delle tenebre in Fredegiso di Tours, “Rivista di filosofia” 43
(1952), pp. 280-8; C. Gennaro, Fridugiso di Tours e il “De substantia nihili et tenebrarum”,
Padova 1963; F. Corvino, Il “De nihilo et tenebris” di Fredegiso di Tours, “Rivista critica di Storia
della Filosofia” 11 (1956), pp. 273-5.
50
De substantia nihili et tenebrarum, a cura di E. Dümmler, in MGH Epist. II, pp. 552-55.
filosofico allora molto discusso in quegli ambienti, se cioè le tenebre e il nulla fossero
o no delle entità. Fridugiso risolve la questione in senso positivo e attribuisce corpo
alle tenebre e consistenza al nulla, facendone la materia primordiale da cui Dio
avrebbe tratto l’universo
51
. Questa posizione fu confutata in seguito dal vescovo di
Lione Agobardo.
52
1.5 IL COMMITTENTE: ARNONE DI SALISBURGO
Nato intorno al 746 in Baviera, Arnone compie gli studi a Frisinga, dove viene
ordinato sacerdote; nel 776 entra come monaco benedettino nel monastero di Saint-
Amand, dove sei anni più tardi viene eletto abate. Nominato vescovo di Salisburgo
nel 785, allaccia stretti rapporti con Carlo Magno e la sua corte, specialmente con
Alcuino e Angilberto, e conduce la sua diocesi a un massimo di potenza e di
splendore. Dopo le guerre avariche, Arnone dà impulso ad una vastissima attività
missionaria tra le popolazioni slave della Carinzia e della Pannonia, estendendo i
confini diocesani fino alla Drava, (costituita confine verso Aquileia nell’811 da Carlo
Magno) e alle pianure ungheresi. Nel 796 partecipa al sinodo convocato da Pipino re
d’Italia ad ripas Danubii sotto la presidenza di Paolino d’Aquileia per stabilire la
condotta da seguire nell’evangelizzazione degli Avari, e l’anno successivo è presente
alla dieta di Aquisgrana, in cui fu emanato il secondo Capitolare per la Sassonia.
51
Con l’opuscolo De substantia nihili et tenebrarum, Fridugiso si propone di risolvere una sorta di quaestio filosofica,
se il nulla sia qualcosa oppure no, cercandone la soluzione su base razionale, per aggiungervi soltanto in seguito il
sostegno dell’autorità scritturale. Egli osserva che già sul piano grammaticale, poiché in latino una doppia negazione
equivale ad una affermazione, sostenere che “il nulla non è” equivale a dire “ciò che non è” è “ciò che non è”, dove
l’uso della copula è implica la predicazione di qualcosa di esistente che corrisponda al significato della parola “nulla”.
La dialettica approfondisce poi queste osservazioni ricordando che ogni nomen corrisponde ad un intellectus mentale
che significa qualcosa di finito, e che ad ogni intellectus corrisponde una res esistente: la parola nihil è un termine
definito e produce un concetto nella mente, perciò è impossibile che ad esso non corrisponda qualcosa. Solo a questo
punto Fridugiso ricorre alla conferma scritturale: se la creazione è avvenuta ex nihilo, questo nihil è qualcosa, altrimenti
il testo biblico non avrebbe senso. La seconda parte dell’opuscolo affronta in modo complementare il tema
dell’esistenza delle tenebre, argomentando che se Dio, dopo aver diviso la luce dalle tenebre, diede alla prima il nome
di “giorno” e alle seconde il nome di “notte”, tale impositio nominis non avrebbe potuto aver luogo se le tenebre non
fossero qualcosa.
52
Agobardo di Lione, Liber contra obiectiones Fredegisi abbatis, PL CIV, coll. 159-174. Per approfondimento, cfr.
M.L. Colish, Carolingian Debates over “Nihil” and “Tenebrae”: A Study in Theological Method, “Speculum” 59
(1984), pp. 757-95.