5
inseriscono, ho cercato di attenermi nel modo più scrupoloso al
percorso in essi sviluppati.
Il metodo da me seguito nell’analisi della produzione di Debord
e nell’ esame di tutte le opere considerate è tanto facile da
spiegare quanto difficile da praticare. Esso si basa sul rispetto
del pensiero degli autori cosi come viene da loro presentato nei
testi. Ho cercato di limitare al minimo le osservazioni personali,
e di motivarle, ove presenti, utilizzando un riferimento costante
alle opere. Su molte cose ho tentato una “sospensione del
giudizio”, un’epochè funzionale all’analisi ed alla comprensione
del pensiero, piuttosto che una sua valutazione approssimativa
e presuntuosa.
Mai ho, comunque, tentato di ricercare una introvabile
oggettività nell’interpretazione dei testi, preferendo ad essa un
discorso argomentato e serio che presenti uno dei punti di vista
possibili sull’argomento trattato. Durante il percorso di studi
che ha caratterizzato l’esperienza accademica che questa tesi va
a concludere, mi è stato insegnato il dialogo, il rispetto per i
punti di vista altrui e per il pensiero esposto dall’autore nel
testo, anche se essi non sono compatibili con il mio. È
specialmente durante i seminari tenuti nell’ ambito delle lezioni
di Storia della Filosofia che ho imparato a trasformare in
pratiche di ricerca questi assunti di base.
Quando ho ordinato la grande mole di documenti, che ho
reperito in gran parte sulla Internet (i testi Lettristi e
Situazionisti non sono, per espressa volontà degli autori coperti
da copyright) ma anche nelle biblioteche dell’Università degli
studi di Cagliari, nella British Library e nelle biblioteche delle
varie facoltà della Katholieke Universiteit di Leuven, non ho mai
preteso di voler scrivere cosa veramente gli autori da me
considerati volessero dire. Lascio volentieri ogni pretesa di
amministrazione di Verità e Sapienza ai vari ministri di culto,
siano essi religiosi o laici. Mi limito a presentare un’analisi
coerente e argomentata su un tema che non mi è stato
assegnato arbitrariamente e che non ho certo scelto a caso.
Sperando di essere riuscito nel mio intento, vorrei ringraziare la
professoressa Marcialis, che mi ha aiutato e corretto con grande
puntualità anche nei miei sei mesi di permanenza a Leuven;
Anselm Jappe, autore di una biografia molto informata su
Debord, che mi ha incoraggiato e fornito preziose indicazioni, e
il professor Mario Perniola, che mi ha dato consigli decisamente
6
utili e che ha gentilmente accettato di ricevermi per un
colloquio in un periodo durante il quale usualmente l’attività
accademica è sospesa.
Un ultimo ringraziamento va, infine, a al personale delle
biblioteche delle facoltà di Filosofia, Psicologia e Sociologia della
Katholieke Universiteit di Leuven, oltre che al personale della
biblioteca centrale di questa stessa università. Senza la
disponibilità e la collaborazione di molte di queste persone, che
hanno impiegato per me una quantità di risorse superiore alla
media, non sarei mai riuscito a reperire materiale fondamentale
per il mio lavoro.
7
I
La nostra epoca di tecnici fa grande uso di un aggettivo
sostantivato, quello di “professionnel”, in cui sembra credere
che si rinvenga una specie di garanzia. Se non si guarda,
naturalmente, ai miei emolumenti, ma solo alle mie
competenze, nessuno può dubitare ch’io sia stato un ottimo
professionista. Ma di che cosa? Tale sarà stato il mio
mistero, agli occhi di un mondo condannabile.
Guy Debord, Panegirico
1
Accostarsi dal punto di vista storico alla figura di Guy Debord è
operazione non semplice, che presenta già dal principio tutta
una serie di difficoltà supplementari rispetto all’analisi di altri
pensatori. Per molti versi, la stessa collocazione di Debord
all’interno di un ambito preciso risulta problematica. La sua
produzione teorica si intreccia con l'attività politica, e si
sviluppa anche in realizzazioni artistiche in ambito letterario e
cinematografico.
2
Egli rifiutò sempre di inserirsi nell'ambiente
accademico, ma anche di mantenervi contatti solidi. Evitò
accuratamente di venire a compromessi con gli apparati
comunemente ritenuti naturali canali di diffusione della
cultura, ed accettò di collaborare soltanto con personaggi che
mostravano, come lui, un estremo disprezzo per la cultura
ufficiale. Se non si può dire che Debord abbia l’acutezza e la
profondità di altri eminenti critici della società, se non gli si può
riconoscere una altrettanto vasta e metodica erudizione, se non
si può parlare di lui come di uno scrittore fecondo la cui
1
Guy Debord Panegirico Tomo primo Castelvecchi Roma 1996.
L’intellettuale come “esperto” è l’intellettuale integrato nell’ordine
spettacolare (cfr. Violenza e speranza nell’ultimo spettacolo G. Agamben I
Situazionisti Manifestolibri Roma maggio 1991
2
Mi riferisco qui alle varie collaborazioni con Gerard Lébovici, Pierre
Guillame e con quelli che furono suoi editori o produttori.
8
produzione interessa gli argomenti più vari, gli si può e gli si
deve riconoscere una coerenza ed un’onestà intellettuale che
non si può attribuire con la stessa tranquillità a personaggi i
cui intenti ed i cui discorsi sono simpatetici con i suoi. Sostiene
Anselm Jappe: “Debord si presenta come un esempio di
coerenza personale, la quale non nasce, come in altri casi, da
un ideale ascetico, ma da un autentico disgusto per il mondo
circostante.”.
3
Il carattere sotterraneo, o, per dirla con le parole che egli stesso
impiega nei Commentari alla Società dello Spettacolo, “non
spettacolare” della sua notorietà nell’ambito culturale francese,
ha da una parte contribuito ad escluderlo dal dibattito filosofico
“ufficiale”
4
, e dall’altra ha creato una sorta di leggenda sul suo
conto, in cui l’aneddoto si atteggia a notizia credibile.
All’attenzione che occorre applicare nel presentare nel modo
meno artificioso possibile il pensiero di un autore, occorre
aggiungere, nel caso di Guy Debord, un’altra cautela: è
necessario astenersi quanto più possibile da ogni giudizio, di
approvazione o condanna, sulla sua vita e sulla condotta che
egli tenne senza preoccuparsi di doversi in qualche modo
giustificare.
Nella prima pagina della sua autobiografia (Panegirico op.cit)
egli presenta la storia della sua vita come un qualcosa che sia
degno di un panegirico, più che di un elogio. E se può risultare
in molti casi inutile, sterile se non addirittura sviante guardare
all’opera di un autore mettendola in relazione con quella che fu
la sua vita, compiere un lavoro del genere per Debord risulta
indispensabile. I suoi scritti non scaturiscono direttamente
dalla sua esistenza quotidiana, ma mantengono un legame
solido con la vita vissuta.
Gli esempi che possono essere portati a confronto con il
personaggio di Debord si ritrovano soprattutto nella storia della
letteratura: più che alle austere figure dei marxisti occidentali
di questo secolo, egli può essere a ragione accostato alla
“dissolutezza morale” di Rimbaud, ed il suo sguardo
impietosamente disincantato ricorda Louis Ferdinand Cèline o,
riferendosi a tempi più recenti, a figure totalmente aliene al
3
A. Jappe Guy Debord Manifestolibri Roma 1998
4
L'influenza di Debord sul dibattito filosofico francese è presente, ma in
genere è taciuta. Si veda come esempio J. Baudrillard All'ombra delle
maggioranze silenziose, ovvero la morte del sociale Capelli editore 1978
Bologna prima edizione Utopie 1978 Parigi
9
“buon senso” quali quella di Charles Bukowski o William
Burroughs. Nelle Considérations sur l’assasinat de Gérard
Lébovici
5
, Debord afferma con orgoglio “Ho vissuto ovunque,
salvo che fra gli intellettuali di quest’epoca.”. Ogni presunto
ruolo di spicco attribuitogli viene da Debord rifiutato, anche se
tale ruolo viene collocato nel campo della contestazione: “Io
troverei altrettanto volgare divenire un’autorità della
contestazione della società, che divenirlo in questa società
stessa” (G. Debord Oeuvres Cinematographiques Completes
Champ libre, Parigi 1978). Ovviamente se Debord è passato per
esperienze analoghe a quelle di personaggi abbastanza
particolari, questo non significa che i risultati cui egli è giunto
siano analoghi a quelli raggiunti da questi personaggi. Talvolta
non sono neppure affini: i legami più forti, per quanto riguarda
i risultati, sono proprio quelli con la teoria critica di ispirazione
marxiana che era stata sviluppata a partire dagli anni ’30 di
questo secolo, in Europa Occidentale.
Nato proprio all’inizio degli anni ’30 in una famiglia
medioborghese, Debord assiste alla decadenza economica del
patrimonio familiare dovuta alla generale crisi economica che
investì l’Europa in quegli anni: “Sono nato virtualmente
rovinato. Non ho, propriamente parlando, ignorato di non
dovermi attendere eredità, e in definitiva non ne ho
avuta.”(Panegirico cit. p.15). La scelta esplicita di non avviare
alcuno studio universitario è, nel Panegirico, motivata con un
rifiuto totale delle possibilità offerte da quest’ambiente. È,
questa, forse la prima scelta che segnerà in modo marcato la
sua vita: una scelta che egli rivendica, e che lo ha portato fuori
dai luoghi riconosciuti come deputati allo sviluppo ed alla
crescita di tematiche intellettuali ed artistiche. Difficile è dire
quanto questa posizione, assunta da un Debord non ancora
ventenne, abbia alla base un discorso coerente. Egli stesso
ammette: “Il mio merito a questo riguardo era assai temprato
da una grande pigrizia, come pure dalle mie scarsissime
attitudini ad affrontare le fatiche di simili carriere.”.
È nel 1951 che Debord comincia ad avere contatti col gruppo
dei lettristi di Isidore Isou, che incontra al Festival del Cinema
di Cannes in occasione della proiezione del film dello stesso
Isou Traité de bave et d’éternité; è attorno a quel periodo che
comincia a condurre quella che il senso comune etichetta, con
5
G. Debord Considérations sur l’assasinat de Gérard Lébovici Editions
Gérard Lébovici, Parigi 1985 e Gallimard Parigi 1993
10
espressione logora, come “vita dissoluta”. Gli eccessi di ogni
tipo di cui Debord si compiace nel Panegirico rivelano situazioni
esaltanti e momenti difficili, e la cifra complessivamente
positiva che l’autore attribuisce a questo periodo è chiaramente
dettata dal “senno di poi”.
Il sodalizio con Isidore Isou, fondatore del movimento lettrista
6
,
finisce nel 1952, quando insieme ad altri giovani seguaci del
poeta rumeno (per lo più reclutati nei café della Rive Gauche)
7
,
Debord contesta pesantemente Chaplin, in visita a Parigi,
suscitando la reazione infuriata di Isou. Lo scandalo suscitato
dalle accuse mosse a Chaplin di essere integrato nell’ordine
vigente delle cose, la denuncia degli intenti reazionari e
consolatori del regista, e l’invito rivolto a Chaplin da questo
gruppo di ventenni a “Tornare a casa” è qualcosa di troppo
estremo anche per Isidore Isou, nonostante egli stesso avesse
costruito per mezzo di estremismi scandalosi tutta la sua
notorietà.
La connotazione generalmente positiva accordata nel Panegirico
a questi anni, ritenuti maggiormente produttivi di quelli che
sarebbero culminati con il ruolo assunto da Debord nel maggio
1968
8
è da confrontarsi con una notizia tragica su cui Debord
non si pronuncia nelle sue memorie, notizia che viene
comunicata da uno dei suoi biografi
9
. Nel 1953 Debord tenta il
suicidio; se ciò non interessa la sua produzione teorica, rivela
comunque il disagio per un certo tipo di esistenza che nel
Panegirico viene presentata come una scelta portata avanti
agevolmente e senza troppi ripensamenti.
10
È nel periodo successivo alla rottura con Isou che coloro che si
autodefinivano “sinistra lettrista” si diedero la denominazione di
6
La figura di Isidore Isou e le sue posizioni in ambito estetico non
interessano il lavoro che qui presento. Sono comunque trattate nel suo
libro Introduction à une nouvelle poésie et à un nouvelle musique Gallimard
Parigi 1947.
7
Soffermandosi sui luoghi in cui passava il suo tempo, Debord racconta
nel Panegirico “Vi si incontrava in permanenza gente che non poteva
essere definita se non negativamente, per la buona ragione che non aveva
alcun mestiere, non attendeva ad alcuno studio, non esercitava alcuna
arte” (p.23).
8
“Io credo piuttosto – scrive Debord – che quanto di me è dispiaciuto in
modo molto durevole sia ciò che ho fatto nel 1952.”
9
Len Braken Skeleton key to Guy Debord Myhouse Communications 1996
10
Braken è l’unica fonte in mio possesso che parli di questo tentativo di
suicidio. Fonte ritenuta da alcuni inattendibile (A. Jappe Guy Debord op.
cit.).La notizia, pur essendo verosimile, andrebbe verificata.
11
Internationale Lettriste, e cominciarono a pubblicare un
periodico intitolato appunto Internationale Lettriste.
Il periodo tra il 1952 ed il 1953 è segnato dalle prime
produzioni artistiche di Debord: il film non figurativo
Hurlements en faveur de Sade (1952), ed il lavoro Prolégomènes
à tout Cinéma futur.
Negli anni tra il 1952 ed il 1957, sulle pubblicazione
dell’Internationale Lettriste (intitolata prima, appunto,
Internationale Lettriste e poi, a partire dal 1954 Potlatch)
compaiono vari articoli o direttamente firmati da Debord (Pour
en finir avec ce comfort nihiliste in Internationale Lettriste n.3), o
frutto dell’impegno collettivo dei vari membri. Voler, in questo
periodo, distinguere le posizioni di Debord da quelle degli altri
lettristi è un lavoro inutile in quanto sia nei lavori pubblicati in
Internationale Lettriste nel 1953, sia negli articoli comparsi su
Potlatch nei ventinove numeri che vennero pubblicati tra il 1954
ed il 1957, ciò che si può notare è l’impianto collettivo dei
concetti elaborati.
Se a partire dal 1954 gli articoli firmati da Debord
cominceranno a diventare più numerosi, è solo a partire dal
1957 che si può vedere all’interno del gruppo, lettrista prima e
situazionista poi, una crescente influenza di Debord sugli altri
componenti. Questa crescente influenza, che si pone in linea
con la crescita teorica che condurrà alle elaborazioni presentate
nel 1967 nella Società dello Spettacolo, ha come corollario
l’atteggiamento intransigente che caratterizza le decisioni prese
negli anni tra il 1957 ed il 1972 cioè tutto il periodo in cui
esistette l’Internationale Situationniste. Dal principio alla fine la
storia dell’Internationale Situationniste fu caratterizzata da
rapporti conflittuali tra il gruppo che la costituiva e chiunque
non ne facesse parte, e tra gli stessi membri del gruppo.
Scriverà Michele Bernstein, in uno dei primi numeri della
rivista, “non vi è ritorno per coloro che siamo stati costretti per
una volta a disprezzare”.
I fatti che segnarono la fondazione dell’Internationale
Situationniste nel luglio del 1957, sono caratterizzati, nei
racconti di storici e biografi, da segni contrastanti. La solennità
di alcuni resoconti è stemperata dal disincanto di altri
resoconti. In ultima analisi, ciò che accadde a Cosio d’Arroscia
nei giorni in cui l’Internationale Situationniste prendeva
ufficialmente vita non è poi così importante. È invece
significativo ricordare che il testo di Debord sul quale i vari
12
membri si accordarono, intitolato Rapport sur la construction
des situations et sur les conditions de l’organisation et de l’action
de la tendance situationniste internationale, è il suo primo
scritto teorico di un certo peso.
11
Essi erano infatti convinti che
l'attività artistica non potesse far altro che rappresentare gli
aspetti deteriori della realtà, senza poterli modificare.
Nell’Internationale Situationniste confluirono, oltre
all’Internationale Lettriste, altri gruppi, i cui interessi erano per
lo più diretti all’ambito artistico, e le cui vicende interessano
più che altro la storia dell’arte. Il Movimento Internazionale per
una Bauhaus Immaginista (M.I.B.I) era un gruppo costituito da
artisti di vario genere: pittori come Asger Jorn e Giuseppe
Pinot-Gallizio, o architetti come Benjamin Constant. Al clima di
collaborazione iniziale si sostituì in breve tempo un’atmosfera
conflittuale. Già dal principio i Lettristi ritenevano un passo
indietro la collaborazione con forze che si muovevano ancora in
ambito artistico, come lo stesso Debord scrisse
12
.Tale
compromesso fu dettato dagli accadimenti storici del 1956,
dalle rivolte in Ungheria e Polonia, e da quanto stava accadendo
ad occidente in Algeria ed in Spagna. Alla luce di questi
avvenimenti, ritenuti un “rinnovamento rivoluzionario
generale”, i lettristi ritengono maturi i tempi per
l’organizzazione di una forza rivoluzionaria nuova che agisca
risolvendo la teoria in prassi. Superando il neo-dadaismo dei
primi tempi
13
, i lettristi avevano concluso che l'arte, come
attività separata dalle altre nella divisione sociale del lavoro, era
da condannare. Essa poteva però essere costruttivamente
impiegata nella costruzione di situazioni, cioè di momenti di
vita qualitativamente superiori, durante e dopo la
trasformazione rivoluzionaria della società. Tanto l’arte quanto
11
Il Rapport aveva il carattere di un documento interno all’organizzazione,
e non venne pubblicato in quegli anni. Esso compare in varie antologie di
scritti di autori che fecero parte dell’Internationale Situationniste (cfr. A.
Jappe op. cit. (p 199). Alla traduzione italiana di Pinot-Gallizio pubblicata
nel 1958 a Torino da Notizie sono seguite altre traduzioni, tutte difficili da
reperire. Quando farò riferimento a questo testo mi riferirò alla traduzione
inglese diffusa dal Bureau of Public Secrets, P.O. BOX 1044 Berkeley CA
94701, U.S.A.
12
Un pas en arrière in Potatch n.28
13
Scrive Debord nel Panegirico: "Le nostre uniche manifestazioni, rare e
brevi nei primi anni, volevano essere completamente inaccettabili; da
principio per la forma e più tardi, approfondendosi, soprattutto per il
contenuto. " in Panegirico op.cit p.19
13
tutte le espressioni di quella che nella Società dello Spettacolo
verrà definita “cultura separata” possono avere interesse prima
dell'abbattimento rivoluzionario dell'ordine vigente, solo in
relazione al loro utilizzo strumentale all’interno della prassi
rivoluzionaria, che deve connotarsi come battaglia de loisirs.
Gli anni tra il 1956 ed il 1961 sono impiegati da molti dei
situazionisti e dallo stesso Debord nel tentativo di realizzare
quest’impiego strumentale dell’arte.
Pinot-Gallizio portava avanti un progetto che voleva realizzare,
attraverso l’inflazione dei valori artistici tradizionali, il
superamento dell’idea borghese di arte. Fiducioso nell’impiego
dei mezzi offerti dal progresso tecnico, egli riteneva che
l’automazione avrebbe avuto un ruolo determinante nella
liberazione dell’uomo dal lavoro, rendendo così superflua ogni
separazione di altro tipo, compresa quella realizzantesi in
ambito artistico-culturale. Le sue realizzazioni artistiche,
consistenti in rotoli dipinti con procedimenti non artigianali,
miravano alla distruzione del carattere auratico dell’opera
d’arte, in base a cui gli elementi intrinseci dell’opera, di per sé
privi di ogni valore d’uso, vengono caricati di un feticistico
valore di scambio.
14
Il superamento del carattere puramente
artigianale offriva la possibilità di mostrare un impiego ludico
possibile per la macchina; il carattere non puramente
industriale della realizzazione delle pitture consentiva di
ottenere una enorme quantità di opere d’arte realizzate in
tempo brevissimo. Spiega Perniola
15
: “La pittura industriale si
ricollega al progetto della nuova vita intesa come rivoluzione
ludica permanente, creazione e distruzione continua,
cambiamento perenne; essa è, infatti, uno strumento di piacere
effimero, nonché il primo tentativo di gioco fatto con le
macchine.”.
Una posizione affine a quella di Pinot-Gallizio fu quella assunta
da Constant, che riteneva possibile un uso costruttivo della
tecnologia in ambito urbanistico. Il progetto elaborato
dall’architetto olandese di una città coperta da lui denominata
New Babylon sviluppava concretamente il progetto di una
Urbanistica Unitaria, funzionale alla costruzione di ambienti
14
Su questi temi si veda M. Perniola I Situazionisti Agaragar n.4 Arcana
Editrice 1972, riedito da Castelvecchi nel dicembre 1998.
15
M. Perniola I Situazionisti op. cit.
14
strutturati secondo criteri alieni a quelli funzionalisti, imperanti
invece nell’Urbanismo borghese.
16
Anche Asger Jorn si dedica alla realizzazione di elaborazioni
pittoriche il cui programma è convergente con quello di Pinot-
Gallizio, ma i cui mezzi sono diversi: egli realizza opere nuove
manipolando opere di altri pittori. La realizzazione concreta più
significativa è la mostra che egli presenta nel 1959 a Parigi,
costituita da venti quadri modificati (per lo più croste senza
valore, raccattate al mercato delle pulci). Il catalogo della
mostra ne palesa chiaramente gli intenti: “Siate moderni,
collezionisti, musei. Se avete dipinti antichi, non disperate.
Conservate i vostri souvenirs, ma modificateli in modo che
corrispondano alla vostra epoca. Perché rigettare l’antico, se è
possibile modernizzarlo con qualche colpo di pennello? Così si
attualizza la vostra vecchia cultura. Siate aggiornati e
distinguetevi nello stesso tempo. La pittura è finita. Tanto vale
dare il colpo di grazia.”.
Dalla collaborazione di Debord e Jorn nasceranno altri lavori
dello stesso tipo in ambito letterario: Fin de Copenhague (1957)
e Mémoires (1959). A questo periodo risale anche il secondo film
di Debord sur le passage de quelques personnes à travers d’une
assez court unité de temps, il cui carattere è meno sperimentale
e maggiormente cinematografico, rispetto a Hurlements en
faveur de Sade. Dopo il suo secondo film, Debord realizzerà un
cortometraggio di venti minuti, Critique de la separation nel
1961. Le altre sue esperienze in ambito cinematografico si
collocheranno al di fuori dell’Internationale Situationniste e
seguiranno la pubblicazione della Società dello Spettacolo.
Nel periodo di tempo che va dal 1961 al 1967 l’attitudine dei
situazionisti rispetto all’uso strumentale dell’arte va via via
mutando. Fino al 1963 il discorso sull’arte continua ad avere
16
Per particolari caratterizzazioni a proposito del progetto di Constant,
oltre a Perniola cit. sono rilevanti gli interventi dello stesso architetto
olandese su Internationale Situationniste prima e sul giornale olandese
Provo (in particolare Provo n.9 New Urbanism 1966) L'interesse dei lettristi
per il superamento della concezione funzionalista dell'urbanismo è
documentata da vari articoli comparsi su Internationale Lettriste e Potlatch,
in particolare Gilles Ivain Formulaire pour un nouveau urbanisme in
Internationale Lettriste n. ottobre 1953, Guy Debord Exercices in
Psicogeographie in Potlatch n.2 giugno 1954, e nell'articolo non firmato
Projets d'embellissements rationels de la ville de Paris in Potlatch n.23
1955
15
un certo peso nella rivista diffusa dal gruppo, ma già nel 1960
due dei principali sostenitori e realizzatori di esso, Pinot-Gallizio
e Constant, vengono espulsi dall’Internationale Situationniste
perché le loro posizioni sono ritenute incompatibili con le linee
programmatiche definite collettivamente. Nel 1961 è Asger Jorn
ad abbandonare amichevolmente il gruppo. La conferenza di
Göteborg del 1961 bolla come “antisituazionista” qualsiasi
produzione di opere d’arte.
L’esclusione, nel 1962, dei gruppi scandinavo e tedesco riduce
l’organizzazione ad un ristretto numero di componenti, per lo
più francesi e belgi
17
. Il “passo indietro” del 1957 è recuperato
nel 1961. All’indomani della dissoluzione dell’Internationale
Situationniste, scriveva Perniola
18
a proposito dei due diversi
modi di considerare l’impiego strumentale dell’arte: “Questa
coscienza della novità ha però due orientamenti distinti che
cercano faticosamente di unificarsi: uno d’ispirazione tecnico-
scientifica […] ed uno di ispirazione sociale-rivoluzionaria […]. Il
primo individua il motore dei nuovi tempi nel progresso tecnico,
nell’automazione, nel pieno sviluppo dell’abbondanza […] il
secondo invece, pur non mettendo in dubbio il ruolo positivo
dell’industria e l’importanza dello sviluppo materiale dell’epoca,
tende a legare la possibilità di una nuova età ad una rinascita
della rivoluzione sociale proletaria.”. Debord ed i lettristi
subordinavano l’utilizzo strumentale dell’arte ad un progetto
rivoluzionario la cui funzione negativa rispetto all’esistente
risulta tanto evidente quanto, sino al maggio 1968,
positivamente non pianificabile in tutti i suoi aspetti. Le
conclusioni che Debord trasse da quanto accadde alla fine degli
anni ’50 non furono sufficienti per spingerlo verso posizioni
troppo sospettosamente vicine alle ottimistiche previsioni di
stampo cripto-positivistico. L’obbiettivo che egli riteneva
fondamentale, come vedremo, era quello della liberazione nel
lavoro, e non dal lavoro. Il tema della prassi rimane in lui legato
all’idea della rivoluzione sociale i cui sviluppi si inseriscano
all’interno della quotidianità.
17
Da ricordare, tra questi, Raul Vaneigem, personaggio di spicco
dell’Internationale Situationniste, la cui produzione offre spunti tali da non
poter essere trattata qui in breve. Vaneigem è uno dei pochi situazionisti
che ancora scrive; il suo ultimo lavoro Nous qui désirons sans fin è stato
pubblicato nel 1998 da Gallimard.
18
I Situazionisti op.cit.
16
Negli anni tra il 1961 ed il 1967 l’attività di Debord e dei
situazionisti diminuisce sensibilmente, e la pubblicazione della
rivista del gruppo passa da una frequenza praticamente
semestrale ad una più indefinita ed irregolare.
Riferendosi a quegli anni ed ai fatti che li caratterizzarono,
sostiene Anselm Jappe
19
a proposito di Debord “ Lo spirito
aristocratico e la predilezione per il Seicento contrastano
eppure armonizzano con il programma della rivoluzione
proletaria, con l’approvazione di certi teppismi giovanili e le
valanghe di ingiurie rovesciate sugli avversari; sarebbe un po’
troppo banale voler caratterizzare questa combinazione come
“estetismo”. Ed è sempre per questa combinazione, ma anche
per la sua mano ferma nel guidare l’Internationale Situationniste
e per il rigore con cui ha determinato l’ortodossia tra i ranghi
dei nemici di ogni ortodossia, che Debord è stato spesso
paragonato ad André Breton.” .
L’accostamento tra Debord e Breton è ribadito anche da Henri
Lefebvre, che cominciò a stringere rapporti con i situazionisti a
partire dal 1957. I contatti tra Debord e Lefebvre, attivi tra il
1957 ed il 1961 in modo più o meno continuato, insieme a
quelli mantenuti tra il 1960 ed il 1961 con Lyotard e Canjuers
ed il gruppo di Socialisme ou Barbarie, sono le uniche relazioni
intrattenute dall’autore della Società dello Spettacolo con
l’ambito accademico ufficiale (Lefebvre insegnava allora
sociologia all’università di Strasburgo, mentre Lyotard era già
impegnato alla Sorbona).
In una intervista rilasciata nel 1983 a proposito dei suoi
rapporti con i situazionisti
20
Lefebvre fa un discorso analogo a
quello di Jappe: “ L’Internationale Situationniste non ha mai
avuto più di dieci membri tutti insieme […]. Guy Debord
seguiva l’esempio di André Breton. I componenti venivano
espulsi. Non sono mai stato parte del gruppo. Avrei potuto
farne parte, ma, sin da quando cominciai a comprendere il
carattere di Debord, le sue maniere, ed il modo che aveva di
imitare André Breton, espellendo chiunque per costituire un
puro piccolo nucleo, mi mossi con cautela […]. Il dogmatismo di
Debord era esattamente uguale a quello di Breton. E per di più
era un dogmatismo senza dogma, dato che la teoria delle
situazioni, della creazione di situazioni venne meno molto
19
In Guy Debord op.cit.
20
Henri Lefebvre on the Situationist International in October79 The MIT
Press New York 1997
17
rapidamente, lasciandosi dietro solo la critica del mondo
esistente.” .
I contatti e le collaborazioni tra Lefebvre ed i situazionisti si
interruppero bruscamente per un intreccio di motivi i cui
dettagli poco edificanti possono qui venire in parte trascurati.
Debord non richiama questo periodo nelle sue memorie.
Probabilmente i motivi che lo avevano spinto a non evitare
Lefebvre nel 1957 gli sono sembrati inconsistenti nel 1989, data
di composizione del Panegirico. A dire il vero, la sola persona
menzionata nelle memorie di Debord è Alice Beckett-Ho, e il suo
nome non è legato ad una collaborazione teorica, ma alla
relazione affettiva che Debord condivise con lei dal 1970 fino
alla morte.
L’affinità teorica tra il giovane Debord e il maturo Lefebvre non
riuscì a costruire tra i due un legame tale da superare il
distacco generazionale. La rottura tra Lefebvre ed i situazionisti,
e tra Lefebvre e Debord maturò sul piano della vita vissuta più
che sul piano della teoria. Ricorda lo stesso Lefebvre: “Fu una
storia d’amore che si concluse male, molto male. Ci sono storie
d’amore che iniziano bene e finiscono male. E questa fu una di
quelle.”. Nel 1957 Lefebvre è un maturo insegnante di sociologia
all’università di Strasburgo, ma il suo contegno è tutt’altro che
indiscutibile. Iscrittosi al P.C.F. nel 1928, ne fu espulso nel
1958 per le sue posizioni non ortodosse. In quegli stessi anni il
suo legame con una studentessa suscitò lo scandalo
nell’università. Probabilmente il comportamento così poco
conforme ai canoni di questo maturo insegnante fece sì che
Debord non lo evitasse. D’altra parte, anche dal punto di vista
teorico le convergenze tra le tematiche trattate dai situazionisti
e quelle considerate da Lefebvre nel suo Critique de la vie
quotidienne (il cui primo volume comparve nel 1947) erano
abbastanza consistenti.
Quando Lefebvre e Debord si incontrarono, Debord era uno dei
personaggi più carismatici della sezione francese
dell’Internationale Situationniste, e conduceva un’esistenza che
lo stesso Lefebvre definisce “misera”, in un appartamento buio e
spoglio a Parigi, in rue Saint Martin. L’accademico ricorda notti
intere spese a discutere con Debord e con Michele Bernstein
proprio nell’alloggio di rue Saint Martin. In quello stesso
periodo, Lefebvre frequentava altri membri dell’Internationale
Situationniste, ed è difficile dire in che termini possa porsi la
sua influenza sul gruppo in genere e su Debord in particolare. Il
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carattere fondamentalmente collettivo delle posizioni teoriche
espresse nella rivista dell’Internationale Situationniste rende
difficile l’attribuzione sicura di un’idea ad un membro di essa.
Questo discorso vale anche per Debord, ma non si può
escludere che i colloqui con l’autore di Critique de la vie
quotidienne non abbiano lasciato il segno in quel percorso
teorico che condusse Debord a maturare quelle posizioni, poi
espresse nel 1967 nella Società dello Spettacolo sviluppate
anche all’interno dell’Internationale Situationniste, in maniera
decisamente autonoma. È anzi verosimile che mediante la
frequentazione di Lefebvre Debord abbia avuto modo di
conoscere tematiche della cultura marxista europea che la sua
giovane età, la sua confessata pigrizia e la sua preparazione
eccessivamente “rapsodica” e non filosofica, non gli avevano
dato ancora modo di incontrare. Ad ogni modo, le collaborazioni
tra Lefebvre ed i situazionisti sono limitate a due episodi.
La prima in ordine di tempo è quella che produsse un testo
programmatico congiunto, nel quale si trovava, tra le altre cose,
un’interpretazione particolare degli eventi della Comune
parigina del 1871. Posizioni che Lefebvre riprese in un suo testo
per il quale venne accusato di plagio dai situazionisti.
La seconda riguarda un complicata questione editoriale. Fu
questa seconda circostanza a determinare la rottura definitiva
tra Debord e il gruppo situazionista e Lefebvre. Quest’ultimo si
era impegnato ad appoggiare presso un editore molto influente
la rivista del gruppo situazionista: essa doveva rimpiazzare il
celebre Arguments, giornale molto influente nella sinistra
francese. Per tutta una serie di inconvenienti e malintesi, la
vicenda arrivò a concludersi con una telefonata di insulti di
Debord a Lefebvre, che non lasciava spazio all’eventualità di
altre collaborazioni. È tuttavia lo stesso Lefebvre a riconoscere
l’acutezza di Debord in discussioni concernenti il discorso
sull’urbanistica. Si può forse concludere che per entrambe le
parti l’esperienza fu ad un tempo conflittuale e stimolante dal
punto di vista teorico.