dove u0(x1, x2) e` il dato rumoroso di partenza.
E` noto che l’equazione del calore possiede la proprieta` di rendere regolari dati
iniziali discontinui, per cui il risultato che si ottiene dal filtraggio lineare e`
una diffusione del dato rumoroso con conseguente eliminazione delle frequen-
ze alte che costituiscono il rumore. Contestualmente alla diminuzione del
rumore, pero`, vengono perse anche alcune informazioni del dato iniziale che
stiamo cercando di stimare; e` per questo motivo che introdurremo anche un
modello nonlineare proposto da Alvarez, Lions e Morel in [ALM] come modi-
fica del modello di Perona-Malik illustrato in [PM]. Tale metodo rappresenta
un metodo selettivo di filtraggio in quanto regola la diffusione favorendola
nelle zone omogenee dell’immagine e rallentandola in prossimita` dei bordi.
Per la sua formulazione utilizzeremo il seguente problema di Cauchy:
{ ∂u
∂t = div(g(‖DGσ ∗ u‖)∇u)
u(0) = u0
dove g(·) sara` opportunamente definita in seguito.
Per entrambi i modelli proposti, comunque, e` di cruciale importanza sce-
gliere adeguatamente un criterio di arresto, poiche´ un tempo di filtraggio
lungo comporta un’eccessiva diffusione del dato rumoroso. Quindi in questa
tesi affronteremo anche una tecnica di Controllo Ottimo del tempo di arre-
sto. Secondo tale tecnica e` possibile determinare un tempo di arresto ottimo
per il problema evolutivo minimizzando, per uno stato iniziale dato, u0, un
funzionale J(u0, t) con t ≥ 0.
Infine proporremo, con lo scopo di migliorarne alcuni aspetti, una modi-
fica al modello nonlineare introducendo un termine forzante costante, H =
H(x1, x2) nell’equazione. In questo caso il problema diventera` il seguente:
{ ∂u
∂t = div(g(‖DGσ ∗ u‖)∇u) + H
u(0) = u0
Il termine forzante H e` calcolato minimizzando su h un nuovo costo J(h)
opportunamente scelto. Le scelte del funzionale da minimizzare sono molte
ed ognuna porta a risultati diversi. Noi ne abbiamo analizzate alcune arri-
vando a sceglierne una ma, come vedremo, tale scelta funziona bene solo con
immagini non troppo rumorose. Sara` necessario, dunque, apportare qualche
modifica al modello proposto in modo che possa adattarsi anche ad immagini
abbastanza rumorose.
4
Nel primo capitolo di questa tesi analizzeremo un modello lineare di fil-
traggio, proporremo una sua discretizzazione e presenteremo i risultati dei
test da noi effettuati.
Nel secondo capitolo, invece, sottolineando gli inconvenienti del filtraggio
lineare, presenteremo una variante del modello nonlineare di Perona-Malik
proposta da Alvarez, Lions e Morel. Anche in questo caso proporremo una
discretizzazione del modello ed analizzeremo i risultati dei test.
Nel terzo capitolo discuteremo dell’importanza di trovare un adeguato tempo
di arresto per i metodi di filtraggio proposti e proporremo una soluzione a
questo problema illustrando nell’ultimo paragrafo i risultati ottenuti da en-
trambi i modelli con tale tecnica.
Nel quarto capitolo, invece, proporremo una modifica al modello nonlineare
e presenteremo i risultati dei test da noi effettuati.
Nel quinto capitolo, infine, mostreremo una parte dei test che abbiamo ef-
fettuato, confrontando i vari modelli tra loro ed analizzando anche il com-
portamento di questi in relazione alla quantita` di rumore presente nel dato
iniziale.
Nell’appendice, poi, sono riportati i listati dei programmi da noi realizzati.
5
Capitolo 1
Filtraggio lineare
Cominceremo ora analizzando l’equazione del calore, un tipico esempio di fil-
traggio lineare, ricordando in primo luogo alcuni importanti risultati teorici
riguardanti l’esistenza e l’unicita`. Successivamente mostreremo le dicretiz-
zazioni di tale equazione e sulla base di test numerici effettuati mostreremo
alcune caratteristiche di tale metodo.
1.1 L’equazione del calore in R2
Consideriamo il seguente problema di Cauchy:
{
ut(x, t) = ∆u(x, t) x = (x1, x2) ∈ R2, t > 0
u(x, 0) = u0(x) u0 ∈ L2(R2)
(1.1)
Teorema 1.1 (esistenza). Il problema (1.1) ammette una soluzione u ∈
C([0, T ];L2(R2)) ∩ L2([0, T ];H1(R2)).
Dimostrazione. (Accenneremo soltanto la dimostrazione basata sull’analisi
di Fourier.)
Denotando con uˆ = uˆ(k, t), k ∈ R2, la trasformata di Fourier di u rispetto
ad x e considerando t come un parametro, abbiamo,
u(x, t) = 1√
2pi
∫
R2
uˆ(k, t)eikxdk, (1.2)
6
in cui kx = k · x indica il prodotto scalare tra k ed x.
Se ora applichiamo la trasformata di Fourier al problema (1.1) otteniamo il
seguente problema algebrico:
uˆt = ∆uˆ = −k2uˆ, (1.3)
il quale, insieme alla condizione iniziale uˆ(k, 0) = uˆ0(k), costituisce un pro-
blema di Cauchy che ha come soluzione la funzione
uˆ(k, t) = uˆ0(k)e−k
2t
. (1.4)
A questo punto, sostituendo in (1.2) il risultato appena ottenuto, otteniamo
u(x, t) = 1√
2pi
∫
R2
uˆ0(k)e
−k2teikxdk. (1.5)
Quest’ultima relazione mostra l’esistenza e la continuita` per t = 0 della
soluzione al problema (1.1).
Esprimiamo tale soluzione in funzione del dato iniziale e non in funzione della
sua trasformata di Fourier. Per farlo basta applicare la seguente proprieta`
della trasformata di Fourier di una convoluzione,
f ∗ g =
∫
R2
fˆ(k)gˆ(k)eikxdk.
Ricordando che l’antitrasformata di Fourier di 1√
2pi
e−k
2t e` 1√
4pit
e−
x2
4t , ottenia-
mo
u(x, t) =
(
1√
4pit
e−
x2
4t
)
∗ u0 =
1√
4pit
∫
R2
e−
(x−x′)2
4t u0(x
′
)dx′ t > 0. (1.6)
La (1.6) e` detta integrale di Poisson e si puo` dimostrare in particolare che
per ogni funzione limitata |u0| < M essa rappresenta per t > 0 la soluzione
all’equazione del calore (1.1). Inoltre essa converge al dato iniziale u0 quando
t → 0.
2
Dunque abbiamo visto che la soluzione del problema di Cauchy (1.1)
esiste ed e` unica e puo` inoltre essere espressa nel modo seguente:
u(x, t) = Gt ∗ u0(x) (1.7)
7
in cui la funzione Gaussiana Gt(x) e` data da
Gt(x) =
1√
4pit
e−
x2
4t . (1.8)
Il Teorema di esistenza appena dimostrato in R2 rimane valido anche se ci
restringiamo ad un dominio limitato come per esempio il quadrato chiuso
[0, 1] × [0, 1]. In questo caso tuttavia nella (1.6) e nella (1.7) e` necessario
modificare adeguatamente il nucleo regolarizzante in prossimita` dei bordi.
Lavorare su un dominio limitato e` necessario poiche´ applicheremo il modello
del calore, e piu` avanti anche un modello nonlineare, alla ricostruzione di
immagini che sono naturalmente di dimensione finita.
A questo punto, pero`, dobbiamo definire le condizioni al bordo per tale
problema. La scelta piu` semplice porterebbe alla condizione di Dirichlet che
consiste nell’imporre un valore della soluzione sulla frontiera del quadrato
[0, 1]× [0, 1], tuttavia tale scelta ha degli inconvenienti. Il forzare la soluzio-
ne ad assumere un valore fissato al bordo puo` ripercuotersi sui valori interni
dell’immagine. Per attenuare tale comportamento ricorreremo invece alla
condizione di Neumann, scelta tipica in problemi di filtraggio dei segnali, ov-
vero manterremo nulla nel tempo la derivata normale al bordo, lasciando cos`ı
all’immagine una certa liberta` di evolvere, mantenendo invariato al tempo
stesso il valore medio di u0 nel tempo.
Ricapitolando, quindi, presenteremo uno schema numerico per il seguente
problema
ut(x1, x2, t) = ∆u(x1, x2, t) (x1, x2) ∈ [0, 1]× [0, 1], t > 0
u(x1, x2, 0) = φ(x1, x2) φ ∈ L∞([0, 1]× [0, 1])
∂u
∂n = 0 su ∂([0, 1]× [0, 1])
(1.9)
Passiamo ora a dimostrare un importante principio da cui si potra` facil-
mente dedurre l’unicita` della soluzione. Siano L e T due costanti positive e
Q = [0, L]× [0, L]× [0, T ],
D = {(x, T ) : x ∈ (0, L)× (0, L)},
C = ∂Q−D,
(1.10)
tre insiemi di cui faremo largo uso nel seguito, abbiamo il seguente Teorema.
8
Teorema 1.2 (Principio di Massimo Parabolico). Sia u(x, t) una fun-
zione continua nel dominio chiuso Q, che verifichi ut = ∆u nel dominio
aperto Q− ∂Q, allora u assume il massimo in C.
Dimostrazione. Poniamo
M = max
(x,t)∈Q
u(x, t) e m = max
(x,t)∈C
u(x, t) (1.11)
Ovviamente M ≥ m, supponiamo per assurdo che M > m.
Sia (x0, t0) il punto in cui u assume il massimo, cioe´ u(x0, t0) = M ; per quanto
appena detto e per le definizioni (1.10) e (1.11), tale punto o e` all’interno di
Q oppure e` in D.
Introduciamo la seguente funzione ausiliaria
v(x, t) = u(x, t) + M −m
4L2
‖x− x0‖2 (1.12)
Tale funzione su C verifica la seguente disuguaglianza
v(x, t) ≤ m + M −m
4L2
L2 = m + M
2
< M (1.13)
e poiche´
v(x0, t0) = u(x0, t0) = M ,
allora il massimo di v, non potendosi trovare in C, si trovera` all’interno di Q
oppure in D.
Sia (x1, t1) il punto di massimo della funzione v.
Supponiamo ora che (x1, t1) sia interno a Q, avremo,
vt(x1, t1) = vx(x1, t1) = vy(x1, t1) = 0 e ∆v ≤ 0,
quindi
vt −∆v ≥ 0. (1.14)
Se invece (x1, t1) si trova in D allora t1 = T e
vt(x1, t1) ≥ 0, vx(x1, t1) = vy(x1, t1) = 0 e ∆v ≤ 0,
quindi, anche in questo caso,
vt −∆v ≥ 0. (1.15)
9
Dunque, utilizzando la (1.12) otteniamo
vt = ut = ∆u = ∆v −
M −m
L2
e quindi, poiche´ M > m,
vt −∆v = −
M −m
L2
< 0, (1.16)
che e` in contraddizione con (1.15). Tale assurdo nasce dall’aver supposto
M > m, quindi M = m.
2
Osserviamo anche che vale un principio analogo per il minimo la cui dimo-
strazione e` una immediata conseguenza del Principio del massimo parabolico
applicato alla funzione −u.
Prima di applicare il Teorema 1.2 nella dimostrazione dell’unicita` della
soluzione al problema (1.9), ricordiamo alcune importanti conseguenze.
Teorema 1.3 (confronto). Siano u1 e u2 soluzioni del problema
{
ut = ∆u (x, t) ∈ Q− ∂Q
u1(x, t) ≤ u2(x, t) (x, t) ∈ C
allora
u1(x, t) ≤ u2(x, t), con (x, t) ∈ Q. (1.17)
Dimostrazione. Sia v = u2 − u1, e` immediato verificare che v verifica l’e-
quazione del calore in Q − ∂Q ed inoltre v ≥ 0 in C. Quindi per il princi-
pio del massimo, o meglio, per il principio del minimo, min v ≥ 0 e quindi
u2(x, t) ≥ u1(x, t) per ogni (x, t) ∈ Q.
2
Come immediata conseguenza del Teorema del confronto abbiamo che se u,
u, u¯ verificano l’equazione del calore e sono tali che
u(x, t) ≤ u(x, t) ≤ u¯(x, t) ∀(x, t) ∈ C,
allora u(x, t) ≤ u(x, t) ≤ u¯(x, t) ∀(x, t) ∈ Q, in altre parole la soluzione e`
controllata dal basso e/o dall’alto se lo e` il dato iniziale.
10
Osservazione. Supponiamo di avere due soluzioni u1 e u2 dell’equazione del
calore con dati iniziali vicini,
|u1(x, 0)− u2(x, 0)| < ², ∀x ∈ [0, L]× [0, L]
e dati al bordo vicini,
|u1(x, t)− u2(x, t)| < ², ∀x ∈ ∂([0, L]× [0, L]) e 0 < t ≤ T ,
allora u1 e u2 rimangono vicine in tutto il dominio Q,
|u1(x, t)− u2(x, t)| < ², ∀(x, t) ∈ Q.
La dimostrazione segue facilmente dalla sopracitata conseguenza del Teorema
del confronto prendendo u = −², u = u1 − u2 e u¯ = ².
Dimostriamo ora l’unicita` della soluzione al problema (1.9).
Teorema 1.4 (unicita`). Siano u1 e u2 due funzioni continue e limitate
nel dominio chiuso Q, soddisfacenti l’equazione del calore ut = ∆u(x, t) nel
dominio aperto Q− ∂Q ed alla condizione u1(x, t) = u2(x, t) con (x, t) ∈ C.
Allora risulta
u1(x, t) = u2(x, t), ∀(x, t) ∈ Q.
Dimostrazione. La tesi e` immediata conseguenza del Teorema di confronto.
Se, infatti, u1(x, t) = u2(x, t), ∀(x, t) ∈ C, sicuramente sono verificate le
seguenti disuguaglianze:
u1(x, t) ≤ u2(x, t), ∀(x, t) ∈ C, (1.18)
u1(x, t) ≥ u2(x, t), ∀(x, t) ∈ C, (1.19)
ed applicando il Teorema 1.3 ad entrambe si ottiene appunto
u1(x, t) ≤ u2(x, t), ∀(x, t) ∈ Q, (1.20)
u1(x, t) ≥ u2(x, t), ∀(x, t) ∈ Q, (1.21)
dalle quali segue immediatamente che
u1(x, t) = u2(x, t), ∀(x, t) ∈ Q.
2
11
Considereremo quindi la nostra immagine rumorosa, alla quale vogliamo
applicare il filtraggio lineare, come una funzione u0, definita su [0, 1]× [0, 1],
che puo` essere scomposta in due pezzi:
u0(x1, x2) = u¯(x1, x2) + n(x1, x2) (1.22)
ove u¯(x1, x2) e` l’immagine priva del rumore, quindi quella a cui vorremmo
avvicinarci il piu` possibile con il filtraggio, mentre n(x1, x2) e` il rumore.
Scegliendo come filtro il nucleo del calore (1.8) opportunamente modifi-
cato ai bordi, abbiamo che
u(x1, x2, t) = (Gt ∗ u0)(x1, x2) =
= (Gt ∗ u¯)(x1, x2) + (Gt ∗ n)(x1, x2)
(1.23)
e calcolare tale convoluzione, per quanto detto finora, equivale a risolvere
l’equazione del calore con dato iniziale la nostra immagine rumorosa. Ora,
osservando la (1.5), possiamo dedurre un’importante proprieta` della funzione
u(x, t): il termine e−k2t sotto segno di integrale e` una quantita` che, fissato
t, tende a zero al crescere di k; ma all’aumentare di t tale comportamento
e` sempre piu` veloce. Questo fatto implica che in un primo momento solo
le frequenze alte tendano ad essere ridotte dal filtro, e solo in un secondo
tempo anche le frequenze piu` basse saranno ridotte. L’effetto che si ottiene
da questo tipo di filtraggio, quindi, e` una regolarizzazione che porta ad uno
smussamento di tutte le zone dell’immagine poco regolari. Finche´ le frequen-
ze alte che vengono regolarizzate sono quelle dovute al rumore tutto va bene,
ma quando vengono regolarizzate zone dell’immagine intrinsecamente poco
regolari (come i contorni che matematicamente sono dei salti della funzione)
allora quello che otterremo sara` un’immagine non ben definita con i contorni
allisciati. Ovviamente, piu` si fa evolvere il filtro, maggiore sara` la regola-
rizzazione dell’immagine e quindi e` di fondamentale importanza riuscire a
stabilire un criterio di arresto, ma di questo ci occuperemo in un altro capi-
tolo.
Ci occuperemo ora della discretizzazione del modello di filtraggio proposto,
per maggiori informazioni, comunque, rimandiamo a [RT].
12
1.2 Discretizzazione spaziale
La prima cosa che faremo e` operare una semidiscretizzazione del problema
(1.9) discretizzando solo le variabili spaziali. D’ora in avanti indicheremo con
Q = [0, 1]× [0, 1] il quadrato su cui e` definita l’immagine.
Sia q + 1 il numero di nodi in cui suddividiamo ogni lato del quadrato Q e
h = 1
q
il passo spaziale. Definiamo allora:
ui,j(t) = u(ih, jh, t) i, j = 0, . . . , q (1.24)
ed indichiamo con u¯i,j(t) la sua approssimazione semidiscreta in (ih, jh).
Per approssimare il laplaciano utilizziamo uno schema alle differenze
centrate:
∆u¯i,j =
u¯i+1,j − 2u¯i,j + u¯i−1,j + u¯i,j+1 − 2u¯i,j + u¯i,j−1
h2
, (1.25)
mentre per la condizione al bordo ricorriamo ad uno schema alle differenze
rispettivamente in avanti o all’indietro a seconda del lato di Q su cui si opera:
u¯1,j − u¯0,j
h
= 0 = u¯i,1 − u¯i,0
h
,
u¯q,j − u¯q−1,j
h
= 0 = u¯i,q − u¯i,q−1
h
,
ovvero
u¯1,j = u¯0,j j = 0, . . . , q,
u¯q,j = u¯q−1,j j = 0, . . . , q,
u¯i,1 = u¯i,0 i = 0, . . . , q,
u¯i,q = u¯i,q−1 i = 0, . . . , q.
(1.26)
Abbiamo ottenuto quindi il seguente schema semidiscreto:
u¯′
i,j = 1h2 (−4u¯i,j + u¯i+1,j + u¯i−1,j + u¯i,j+1 + u¯i,j−1) ,
u¯1,j = u¯0,j j = 0, . . . , q,
u¯q,j = u¯q−1,j j = 0, . . . , q,
u¯i,1 = u¯i,0 i = 0, . . . , q,
u¯i,q = u¯i,q−1 i = 0, . . . , q.
(1.27)
Ricordiamo ora due importanti definizioni che sottolineano in generale le
caratteristiche dei metodi numerici.
13
Definizione 1.1 (Stabilita`). Uno schema numerico semidiscreto del tipo
U˙ = AhU (1.28)
si dice stabile se ||etAh || e` localmente limitata in t per h → 0.
Definizione 1.2 (Consistenza). Lo schema numerico semidiscreto (1.28)
si dice consistente se, per h → 0,
τ(ih, jh, t;h) → 0. (1.29)
Dove τ(ih, jh, t;h) e` l’Errore Totale di Troncamento, ovvero e` una sti-
ma dell’errore commesso utilizzando la formula (1.25) per approssimare il
laplaciano della soluzione esatta u. Tale errore nel nostro caso equivale a
τ(ih, jh, t;h) = ∆u(ih, jh)+
− 1h2 [−4u(ih, jh, t) + u((i + 1)h, jh, t) + u((i− 1)h, jh, t)+
+u(ih, (j + 1)h, t) + u(ih, (j − 1)h, t)].
(1.30)
Sulla base di queste definizioni, dimostriamo come lo schema (1.27) sia
consistente e stabile. Supponiamo u ∈ C3.
Consistenza.
Sviluppando u in ((i+1)h, jh, t) ed in ((i−1)h, jh, t) in un intorno del punto
(ih, jh, t) nella prima variabile spaziale (x1) otteniamo:
u((i + 1)h, jh) = u(ih, jh, t) + h ∂u
∂x1
(ih, jh, t) + h
2
2
∂2u
∂x12
(ih, jh, t) + O(h3),
u((i− 1)h, jh) = u(ih, jh, t)− h ∂u
∂x1
(ih, jh, t) + h
2
2
∂2u
∂x12
(ih, jh, t) + O(h3),
che sommate danno
u((i− 1)h, jh)− 2u(ih, jh, t) + u((i + 1)h, jh)
h2
= ∂
2u
∂x12
(ih, jh, t) + O(h).
(1.31)
Ragionando analogamente per la variabile x2 si ottiene poi
u(ih, (j − 1)h)− 2u(ih, jh, t) + u(ih, (j + 1)h)
h2
= ∂
2u
∂x22
(ih, jh, t) + O(h).
(1.32)
14
A questo punto, mettendo insieme la (1.31) e la (1.32) e facendo tendere h a
zero si ottiene τ(ih, jh, t;h) → 0.
Stabilita`.
Per Adattare la notazione (1.28) allo schema (1.27), denotiamo con U il vet-
tore di (q + 1)2 componenti costituito dalle righe della matrice (u¯)i,j messe
in sequenza. In questo modo, supponendo per semplicita` che u sia nulla sul
bordo, la matrice Ah sara` costituita da (q+1)2×(q+1)2 elementi cos`ı disposti
Ah =
1
h2
0 0 0 · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · 0
1 −4 1 · · · 1 · · · · · · · · · · · · · · · · · · 0
0
. . .
. . .
. . . · · ·
. . . · · · · · · · · · · · · · · · 0
1 · · ·
. . .
. . .
. . . · · ·
. . . · · · · · · · · · · · · 0
0 1 · · · 1 −4 1 · · · 1 · · · · · · · · · 0
0 · · ·
. . . · · ·
. . .
. . .
. . . · · ·
. . . · · · · · · 0
0 · · · · · ·
. . . · · ·
. . .
. . .
. . . · · ·
. . . · · · 0
0 · · · · · · · · · 1 · · · 1 −4 1 · · · 1 0
0 · · · · · · · · · · · ·
. . . · · ·
. . .
. . .
. . . · · · 1
0 · · · · · · · · · · · · · · ·
. . . · · ·
. . .
. . .
. . . 0
0 · · · · · · · · · · · · · · · · · · 1 · · · 1 −4 1
0 0 0 · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · 0
Per dimostrare la stabilita` dobbiamo osservare gli autovalori di tale matrice:
per il Teorema di Gershgorin, tali autovalori sono disposti sul piano complesso
all’interno di cerchi di centro − 4h2 e raggio 4h2 . Si puo` dimostrare, verificando
che il detAh 6= 0 oppure utilizzando il Teorema di Gershgorin-Hadamard,
che Ah non possiede autovalori nulli. Poiche´ tali autovalori hanno parte reale
sempre negativa, lo schema e` assolutamente stabile.
E` bene osservare, comunque, che il modulo degli autovalori diventa spesso
molto grande e questo fatto influira` sulla scelta del metodo di discretizzazione
temporale da noi adottato.
15
1.3 Discretizzazione temporale
Per la discretizzazione della variabile temporale t utilizziamo un metodo im-
plicito basato sullo schema alle differenze all’indietro.
Tale scelta e` dettata proprio dalle considerazioni fatte nel precedente para-
grafo, se infatti adottassimo uno schema esplicito, la presenza nella matrice
Ah di autovalori negativi ma di modulo grande ci costringerebbe ad utilizzare
un passo in tempo molto piccolo e cio` e` sconveniente in pratica.
Sia quindi k il passo in tempo, definiamo
um
i,j = u(ih, jh,mk) i, j = 0, . . . , q e m > 0 (1.33)
ed indichiamo con u¯m
i,j una sua approssimazione numerica.
Lo schema numerico adottato sara` dunque il seguente:
u¯m+1
i,j − u¯mi,j
k
=
−4u¯m+1
i,j + u¯m+1i+1,j + u¯m+1i−1,j + u¯m+1i,j+1 + u¯m+1i,j−1
h2
. (1.34)
L’utilizzo di un metodo implicito comporta un aumento della complessita`
dell’algoritmo, ma d’altra parte assicura la sua stabilita` lasciandoci liberi di
scegliere il passo temporale k preoccupandoci solo della precisione numerica.
Ricapitolando, il nostro problema (1.9) viene discretizzato nel seguente
modo:
− kh2 u¯n+1i,j−1 − kh2 u¯n+1i−1,j + u¯n+1i,j
[
1 + 4kh2
]
− kh2 u¯n+1i+1,j − kh2 u¯n+1i,j+1 = u¯ni,j
u¯0
i,j = (u0)i,j
u¯n+11,j = u¯n+10,j
u¯n+1q,j = u¯n+1q−1,j
u¯n+1
i,1 = u¯n+1i,0
u¯n+1
i,q = u¯n+1i,q−1
(1.35)
e poiche´ la matrice di questo sistema e` simmetrica e definita positiva, ab-
biamo utilizzato per la sua risoluzione l’algoritmo di Gauss-Seidel che, come
dimostrato in [C], sotto tali ipotesi ci garantisce la convergenza.
16
1.4 Inconvenienti del filtraggio lineare
Abbiamo visto, all’inizio di questo capitolo, che effettuare la convoluzione
dell’immagine rumorosa con la Gaussiana portava in un primo tempo alla
riduzione delle frequenze alte e solo in un secondo tempo alla riduzione an-
che di quelle piu` basse. Poiche´ le frequenze alte sono dovute principalmente
al rumore, si spera che basti far evolvere l’equazione del calore per ”poco”
tempo per eliminare gran parte del rumore senza perdere l’immagine. Pur-
troppo per noi, anche in un’immagine non rumorosa esistono componenti di
alta frequenza dovuti ai contorni che preferiremmo venissero preservate ma
che invece vengono regolarizzate insieme al rumore. D’altronde questo pro-
blema e` legato all’utilizzo stesso di un filtro lineare ed e` proprio questo il
motivo principale che ci spingera` ad utilizzare un filtro non lineare.
Nel prossimo paragrafo vedremo quali sono stati i risultati che abbiamo otte-
nuto con l’implementazione di un filtraggio lineare basato appunto sull’equa-
zione del calore e arriveremo quindi al capitolo successivo in cui esporremo
un metodo nonlineare che migliorera` tali risultati.
1.5 Risultati ottenuti
Per meglio illustrare l’evoluzione del filtraggio lineare procederemo ora con
il mostrare i risultati ottenuti da tale metodo su due immagini con diverse
caratteristiche, entrambe definite sul dominio Ω = [0, 1] × [0, 1]. La prima
(Fig. 1.1) e` stata generata artificialmente ed e` costituita da quattro calotte,
la seconda, invece, e` un’immagine reale (Fig. 1.2) di complessita` nettamente
maggiore rispetto alla precedente. Ad entrambe e` stato aggiunto un rumore
aleatorio con deviazione standard 0.12.
Precisiamo che le immagini utilizzate nei test (di questo e dei prossimi capi-
toli) riportano le quote in gradazioni di grigio secondo una scala da 0 a 255
dove il nero corrisponde al valore 0 ed il bianco al valore 255.
Le figure che seguono rappresentano l’immagine priva di rumore, il dato ini-
ziale rumoroso ed i risultati dell’elaborazione ottenuti a tre tempi diversi
(∆t, 2∆t, 4∆t) ove ∆t, diverso per ogni immagine, e` stato scelto empirica-
mente. Come e` possibile osservare nelle figure che seguono, il filtro lineare
causalaregolarizzazionedeldatorumoroso.
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