3
con funzioni di filtro rispetto alla giurisdizione contenziosa (es. Germania),
dall’altra, con il ricorso a modelli di tutela differenziata extraprocessuale
(es. Regno Unito).
Ciò detto è importante non commettere l’errore concettuale di relegare i
metodi ADR a mero correttivo deflazionistico, infatti, se ne è innegabile
l’origine, essi hanno assunto ormai valenza e finalità autonome, fino ad
essere finalizzati alla risoluzione di questioni d’elevato valore economico.
L’Italia si inserisce appieno in questo processo di nascita e valorizzazione
dei metodi ADR, in particolare con una forte accelerazione alla fine degli
anni ottanta. Il nostro legislatore ha intelligentemente recepito e
valorizzato ciò che era già presente allo stato dei fatti, un esempio di questo
atteggiamento favorevole si riscontra nell’arbitrato amministrato, in
particolare dalle Camere di Commercio, visto con crescente favore.
PAR.II NASCITA ED EVOLUZIONE DELL'ISTITUTO
Restringiamo ora l'analisi a ciò che è il nostro argomento d’indagine:
l'arbitrato. Anche in questo caso mi permetto una breve introduzione di tipo
storico, ovviamente riduttiva, ma essenziale al fine di proseguire
nell'analisi. Accolta l'idea che con l'organizzarsi della collettività nasca
anche il bisogno di delineare una figura cui potere fare ricorso nella
risoluzione delle eventuali controversie, appare evidente la risalente origine
del nostro istituto.
La prima e più importante esperienza storica rilevata sul tema dagli Autori
4
risulta l'esperienza romana: nell’antica Roma l'arbitrato è, da una parte fase
4
Fra i quali: cfr. FAZZALARI E., voce Arbitrato (teoria generale e diritto processuale civile), in
Dig.Disc.privatistiche, Sez.Civ., I, Torino 1987, p.383; cfr.VERDE G.,La posizione dell’arbitro dopo
l’ultima riforma, in “Riv.arb.”1997, p.470.
4
necessaria dell'attuazione della giustizia statuale, come sua fase di
completamento, dall'altra procede il suo cammino al di fuori di tale
giustizia pur continuando a ricercare un riconoscimento all'interno
dell’ordinamento dello Stato.
L'arbitrato a questo punto, detto semplicemente, segue l'alternarsi delle
vicende storiche.Per fare alcuni esempi: nello Stato autoritario esso è visto
come irragionevole attentato all'esercizio monopolistico di funzioni
sovrane
5
e di conseguenza escluso, al più rigidamente regolamentato. Per
contro, AD esempio nello Stato estense della metà dell’Ottocento si delinea
una libera alternativa tra giudici e arbitri.
Concluse queste schematiche premesse rimane da chiedersi quale sia ad
oggi la situazione in cui vive l'arbitrato. Partendo dagli Stati Uniti, dove
come detto nel par.I i metodi ADR trovano la loro origine, troviamo una
notevole utilizzazione dell'arbitrato anche a tutela degli interessi minori.
Grande impulso si deve all'AAA (American Arbitration Association) con
l'appoggio degli organi statali e federali.
6
Passando all’Italia, l'ancillarità rispetto alla giustizia statale riassume bene
in una formula la posizione di questo istituto. Insisto sul punto, in quanto
l'ancillarità dell'arbitrato trova riscontro proprio nel nostro specifico campo
d’indagine: la ricusazione. All’art.815 c.p.c. disciplinante la ricusazione
dell'arbitro, troviamo richiamato l'art.51 c.p.c. relativo alla situazione del
giudice. Questo è sintomatico del fatto che la cornice di movimento
dell'arbitro è quella propria del giudice.
5
Cfr.VERDE G., op.cit., p.470.
6
Cfr. VIGORITI V., Note su arbitrato cit., p.450;
5
Ovviamente sul punto torneremo, ma è importante sottolineare fin d’ora la
posizione dell'arbitro rispetto al giudice per capire l'importanza delle due
recenti riforme del 1983 e del 1994.
La riforma del 1983 aveva avviato il processo di cambiamento con
l'eliminazione dell'obbligo per gli arbitri di depositare il lodo,
convertendolo in un onere della parte. Decisiva la riforma del 1994, il
deposito non è più onere per l'efficacia ma solamente per l'esecuzione del
lodo, reso ormai idoneo a produrre effetti identici a quelli della sentenza.
Viene da sé che è ormai cambiato il modo di essere dell'arbitrato, passato
da ancillare ad alternativo, "l'arbitro si pone come giudice dei privati nel
campo dei diritti disponibili".
7
Questo per lo meno nelle intenzioni del legislatore, nella realtà l'istituto si
imbatte spesso nella diffidenza dei giudici, portati a "fagocitare" ogni
contenzioso e quindi a mal tollerarne la sottrazione.
A ciò si aggiunga il fatto che l'arbitrato è stato spesso visto come: " una
forma di giustizia votata a perpetuare i privilegi delle classi che, avendo
possibilità di disporre del denaro per pagarsi i giudici, avrebbero la via per
scansare le pastoie della lenta e inefficace giustizia ufficiale esaltando
discriminazione e disuguaglianza".
8
Non ultimo, proprio ad alimentare questo clima di diffidenza nei confronti
dell'arbitrato e in specie dell'arbitro, si profila proprio la sentita necessaria
rivisitazione dell'istituto della ricusazione,
9
ad oggi dai più sentito come
non sufficientemente tutelante l'imparzialità dell'arbitro (per questo vd. cap
II-III).
7
VERDE G., op.cit., p.473;
8
VERDE, Diritto dell’arbitrato rituale, Torino, 1997, p.8;
9
Cfr. CHIARLONI S., Nuovi modelli cit., p. 290.
6
"Fino a quando, peraltro il problema non avrà trovato adeguata soluzione,
si offre qualche giustificazione all'atteggiamento dei giudici ordinari, che
spesso nei confronti della giustizia arbitrale mostrano diffidenza e talora
spocchiosa sufficienza"
10
PAR.III.I CONCETTI E DEFINIZIONI GENERALI:
ARBITRATO NAZIONALE E INTERNAZIONALE; "AD
HOC" E ISTITUZIONALE; OBBLIGATORIO; DI IRITTO E
DI EQUITA'; RITUALE E IRRITUALE.
Iniziamo la nostra ricerca sull’arbitrato introducendo prima alcune
definizioni, necessarie in quanto trattando dell'argomento, saranno
utilizzate accezioni che in questa sede introduttiva è meglio chiarire.
Partendo dal generale per poi passare al particolare, partiamo dalla nozione
di arbitrato internazionale. L’art. 14 della legge 5 gennaio 1994 n. 25 ha
aggiunto al titolo VIII del libro IV del codice di rito il capo VI , artt. 832-
838, rubricato “dell’arbitrato internazionale”. L’intervento del legislatore
nel 1994 ha giovato all’istituto in due direzioni: da una parte ha ridotto il
formalismo a cui l’arbitrato internazionale era sottoposto ( artt. 833 e 837 c.
p. c.), dall’altra ha inciso sui mezzi di impugnazione rendendo il lodo
maggiormente stabile (art.838 c.p.c.). L’arbitrato disciplinato al capo VI ha
comunque un campo di disciplina limitato, infatti per arbitrato
internazionale intendiamo un arbitrato nazionale, italiano, caratterizzato da
alcuni elementi di internazionalità.
11
E’ un arbitrato italiano perché
presuppone come sede dell’arbitrato l’Italia, ha però caratteristiche di
10
VERDE, Diritto cit., p.11.
7
internazionalità, infatti alla data della sottoscrizione della clausola
compromissoria o del compromesso almeno una delle parti deve risiedere
all’estero, o avere all’estero la propria sede oppure una parte rilevante delle
prestazioni nascenti dal rapporto al quale la controversia si riferisce
debbono essere eseguite all’estero. Sono due dunque, alternativi fra loro, i
criteri che qualificano l’arbitrato come internazionale: da una parte il
criterio soggettivo, facendo esso riferimento alle parti, dall’altra il criterio
oggettivo, adottando il parametro del luogo di esecuzione.
12
Importante, ai nostri fini, tale arbitrato internazionale, in quanto nel capo
VI all’art. 836 troviamo disciplinata la ricusazione dell’arbitro, essa sarà
trattata nello specifico in altra sede( cap. III), giova comunque qui ricordare
che la norma in esame fa riferimento all’art. 815 cit., quindi rileviamo fin
d’ora che il carattere internazionale di tale istituto non varrà di per sé solo
ad escludere l’applicabilità della disciplina ordinaria sulla ricusazione
dell’arbitro, sia in riferimento ai motivi di ricusazione, che al procedimento
di ricusazione.
13
Per converso la nozione di arbitrato nazionale si ricava in via residuale
come arbitrato collegato al territorio dell’ordinamento, la novella del 1994
ha infatti valorizzato il collegamento dell’arbitrato con il territorio, si veda
art. 816 primo comma “le parti determinano la sede dell’arbitrato nel
territorio della repubblica” e art. 823 n. 5 il lodo deve contenere
“l’indicazione della sede dell’arbitrato e del luogo…in cui è stato
deliberato”. Per arbitrato nazionale si intende quindi un arbitrato che si
11
Cfr. MANDRIOLI C., Diritto processuale civile, Torino, 2000, 13° ed., vol. III, p. 475, Cfr. PUNZI C.,
Arbitrato internazionale, in Enciclopedia giuridica Treccani, II, aggiornamento 1995, par.9, p.1-6;
12
Cfr. SALVANESCHI L., Sulla nozione di arbitrato internazionale, in “Riv. Arb.”2001, p. 20.
13
Cfr. CONSOLO C., Elasticità convenzionale della disciplina dell’imparzialità dell’arbitro e nuovo art.
836 c. p. c. , in “Riv. Arb.” 2000, p.
8
localizza nel territorio di quell’ordinamento, per avere ivi avuto “sede” e
per esservi stato reso il lodo.
14
Passando alla distinzione fra arbitrato "ad hoc" ed istituzionale, la prima
figura ricorre quando le parti pongono in essere, per dirimere una specifica
controversia, la struttura elementare necessaria per dar vita all'istituto: la
scelta degli arbitri e la sede dell'arbitrato.
15
L’arbitrato istituzionale o amministrato utilizza un’apposita
organizzazione, posta in essere per fornire gli arbitrati a chi ne faccia
richiesta.Un esempio importante è fornito dalle Camere Arbitrali nazionali
e internazionali (si pensi a quella di Milano), le quali con i propri
Regolamenti “istituzionalizzano” l’arbitrato, il quale ha sì come pregio la
duttilità, che può però diventare un difetto se porta con sé l’incertezza.
Ecco perché il legislatore vede l’arbitrato amministrato con crescente
predilezione.
Anticipando, nei Regolamenti delle Camere Arbitrali, spesso si trovano
articoli dedicati al profilo dell’imparzialità dell’arbitro, importanti per
sopperire all’insufficienza di tutela del codice di rito, ormai ritenuta da più
parti. S’intuisce l’importanza dell’arbitrato amministrato nella nostra
indagine.
Una nozione che non trova campo nel nostro ordinamento è quella di
arbitrato obbligatorio, ossia imposto alle parti. La China rileva la
giustificazione di quest’esclusione all’articolo 102, cpv, della Costituzione:
“Non possono essere istituiti… giudici speciali”.
16
14
Cfr. LA CHINA, L’arbitrato il sistema e l’esperienza, Milano, 1999, p.6.
15
Cfr. LA CHINA S., op. cit., p.4;
16
Cfr. LA CHINA, op.cit., p.5;
9
Trattando dei criteri di giudizio adottabili dagli arbitri essi distinguono
l’istituto in arbitrato di diritto o di equità, distinzione che dal nostro punto
di vista non delinea profili di particolare significatività, ma in un quadro
generale esplica la sua importanza soprattutto nella limitazione,
concernente l’arbitrato di equità, delle materie giudicabili.
Concludendo questo breve “excursus”nelle principali definizioni del nostro
istituto, troviamo la distinzione fra “ritualità “e “irritualità “.Nel primo caso
l’arbitrato segue le norme di “rito”, nel nostro ordinamento situate nel
codice; per contro l’ “irritualità” concerne tutto ciò che sta al di fuori, ossia:
“L’arbitrato non regolato dal codice”.
17
17
LA CHINA, op. cit., p.7;
Interessante sul punto lo studio di FAZZALARI E., Fondamenti dell’arbitrato, in “Riv.arb.”1995, p.4-7,
ove si fa cenno al risalente riferimento all’arbitraggio per trovare fondamento all’arbitrato irrituale,
l’Autore però prende le distanze da questa ricostruzione, rivendicandone l’autonomia.
10
PAR.III.II LA NATURA DELL’ARBITRATO: TEORIA
CONTRATTUALISTICA E PROCESSUALISTICA
RIFLESSI SULL’IMPARZIALITA’ DELL’ARBITRO.
Allo scopo di collocare l’arbitrato in un quadro dinamico, mi sembra
opportuno analizzarne la natura. Tale disamina pone le premesse per
analizzare quelli che sono i rapporti tra arbitro e giudice, rapporto che ha
nel discorso sulla ricusazione dell’arbitro, in forza di quel già citato
richiamo operato dall’art.815 c.p.c., un’importanza fondamentale.
Entrando nel merito, l’arbitrato può o essere ricondotto all’interno
dell’ordinamento statale, (ciò fanno i sostenitori della teoria
processualistica), o essere considerato come " manifestazione del cd.diritto
dei privati ".
18
Questa contrapposizione nella dottrina trova origine secondo Ricciardi
19
nella " doppia anima " dell’arbitrato, ossia nella circostanza che la sua fonte
risiede in un accordo negoziale e si conclude con un provvedimento
assimilabile ad una sentenza.
I sostenitori della teoria processualistica
20
riconoscono nell’arbitro un
privato cittadino che esercita una funzione pubblica, partendo dal
presupposto che l’istituto è collocato nel codice di rito civile.
21
18
FAZZALARI E., La cultura dell’arbitrato, in “Riv.arb.”1991, p.5.
19
RICCIARDI E., La scelta degli arbitri e la costituzione del collegio arbitrale: deontologia e prassi, in
“Riv.arb.”1991, p.799.
20
Fra i quali cfr. MORTARA, Commentario del codice e delle leggi di procedura, Milano 1923, III, p.34.
Fra i più recenti:TARZIA, Efficacia del lodo e impugnazione nell’arbitrato rituale e irritale, in “Riv. Dir.
proc.”1987, p. 14 ss.
21
La natura “giurisdizionale” è spesso ritenuta tra le righe dalla giurisprudenza: si veda ad es. Cass. 14
aprile 1994 n.3504, nella quale si riconduce la formula “irrituali amichevoli compositori”ad un arbitrato
rituale.
11
Per i fautori della teoria contrattualistica
22
invece, l’arbitrato può nascere e
vivere anche fuori del diritto dello Stato e ciò è esatto anche in una
prospettiva storica: si veda ad esempio l’antica Roma
23
(v.par.2). Secondo
questa dottrina l’arbitro svolge un ufficio di diritto privato e andando oltre,
l'arbitrato è considerato come manifestazione di privati, collocandolo su un
piano astatuale, "privatistico" in senso stretto e proprio del cosiddetto
"diritto dei privati".
Questa ricostruzione inoltre, è stata spinta alle sue estreme conseguenze
fino a riconoscere un ordinamento giuridico a prescindere dallo Stato.
24
Con l'intervento della novelle del 1983 e del 1994 entrambe le dottrine
hanno trovato argomenti di conferma per le rispettive tesi.
Secondo i sostenitori della teoria contrattualistica la vincolatività fra le
parti attribuisce al lodo un’efficacia negoziale tra privati. Aggiunge
Fazzalari che, venendo meno la necessità del deposito del lodo e
dell’omologazione costitutiva, si restituisce all’istituto la sua fisionomia
privatistica e l'arbitro riconquista nell’arbitrato rituale (in quello irrituale è
sempre stato fuori di dubbio la natura privatistica) i suoi "poteri di
imperio".
25
Dall’altra anche i sostenitori della dottrina processualistica salutano con
favore le novelle, essi rilevano che gli effetti vincolanti del lodo anteriori
all’esecutorietà non possono essere considerati provvisori, e non
verrebbero meno qualora non fosse richiesta l’esecutorietà.
22
Fra i quali: FAZZALARI E., I processi arbitrali nell’ordinamento italiano, in “Riv.dir.proc.”1968,
p.459-465; ID., La cultura dell’arbitrato, in “Riv.arb.”1991, p.5-6; ID., Fondamenti dell’arbitrato, in
“Riv.arb.”1991, p.1-3.
23
Cfr.VERDE G., La posizione dell’arbitro cit., p.470.
24
Cfr.ROMANO S., Ordinamenti giuridici privati, in “Riv.trim.dir.pubbl.” 1955, p.249.
25
Cfr.FAZZALARI E., Fondamenti cit., p.3.
12
Prendendo lo spunto da queste premesse dottrinarie accenniamo al
confronto fra giudice ordinario ed arbitro. Seguendo quella parte della
dottrina
26
che nega l’esistenza del monopolio della giurisdizione in capo ai
giudici dello Stato, non si può però arrivare a ritenere che gli arbitri
possiedano una frazione dello stesso potere giurisdizionale attribuito "ex
lege" ai giudici dello Stato, ma per dirlo con le parole di Satta "il
compromesso è un’opzione per un ordinamento che non è quello che si
concreta nei giudici".
27
Concludendo quest’analisi, vorrei quindi evidenziare l’importanza
dell’arbitrato, considerato da Consolo come "la forma più radicale di
giurisdizione non statale".
28
Data la capacità dell’arbitro di incidere nella sfera dei diritti, si rileva
l’importanza della sua imparzialità, importanza condivisa con il giudice
(v.il richiamo operato dall’art.815 all’ art. 51). Molti fattori differenziano
l’arbitro dal giudice: il più importante ai nostri fini probabilmente concerne
il non essere inserito in un ordinamento giudiziario, che predispone
affidabili procedimenti di selezione, di nomina e di verifica
dell’incompatibilità, in modo da "assicurare nel complesso una cornice
d’imparzialità del giudice".
29
Imparzialità che, qualora sia violata può
trovare tutela sufficiente nell’astensione obbligatoria e nella ricusazione
tipizzata nei motivi.
30
26
PUNZI, in Disegno sistematico dell’arbitrato,Padova, 2000, p.31, richiama SCIALOIA A.,il quale in
Gli arbitri liberi, ”Riv.dir.comm.”, 1922,I, p.496 ss., 518 ss. afferma che la giurisdizione riservata allo
stato “si deve intendere non nel senso di formulare la decisione di una controversia, ma come potere di
dare efficacia esecutiva alla sentenza”.
27
SATTA, Commentario al Codice di proc.civ., IV, 2, Milano, 1959, p.271.
28
CONSOLO C., Spiegazioni di diritto processuale civile, II vol., Bologna, 1998, 3° ed. riv. e ampliata.
29
CONSOLO C., La ricusazione dell’arbitro, in “Riv, arb.”1992, p. 18.
30
Sempre secondo CONSOLO, La ricusazione cit., p.18.
13
Questa dunque è la tesi del mio percorso: visti i poteri decisori dell’arbitro,
valorizzati dalle novelle del 1983 e 1994, la valenza dell’imparzialità
dell’arbitro acquista un’importanza maggiore (sia che si propenda per la
teoria contrattualistica o dall’altra per la teoria processualistica),
importanza che si vorrebbe trattata nello specifico dati i particolari
problemi che la funzione rivestita dall’arbitro, soprattutto quello nominato
dalla parte, solleva.
14
PARTE SECONDA
PAR.I INTRODUZIONE
Entrando nel merito, trattiamo dell’istituto dell’astensione e della
ricusazione in generale, data l’importanza che rivestono nel sistema del
nostro ordinamento. La nostra analisi è rivolta alla verifica dell’imparzialità
dell’arbitro, ma tale disamina non può prescindere da uno studio attento
dell’imparzialità del giudice cui la prima fa costante riferimento, (si veda il
già più volte richiamato rinvio operato dall’art. 815 c. p. c. all’art. 51 c. p.
c.). La giustificazione di questa parte seconda riposa nella considerazione
che il quadro di riferimento dell’istituto dell’arbitrato si trova nella figura
del giudice (concetto che ho tentato di suffragare nella prima parte di
questo capitolo), trattando di imparzialità il contatto è ancora maggiore
data la sua implicazione in ogni manifestazione di giudizio, propria di uno
Stato civile, sia questa giudiziale, arbitrale, conciliativa ecc.
Il nostro ordinamento predispone una serie di regole atte ad evitare che un
giudice, per la situazione “ambientale” in cui “vive”, sia un giudice
parziale.
Sono predisposte a questo scopo regole sulla giurisdizione, specificatesi in
norme sulla competenza. Il giudice è dunque precostituito per legge e
soggiace solo ad essa. La precostituzione è una risposta all’esigenza
d’imparzialità, tale per cui si presume imparziale il giudice individuato
secondo questi criteri. Essi però a volte non bastano a garantire
l’imparzialità, soprattutto quando dall’individuazione dell’organo si passa
alla designazione della persona fisica che lo comporrà.
15
Si procede quindi per gradi: le norme sull’incompatibilità tutelano in radice
l’imparzialità del giudice; l’astensione provvede alle eventuali disfunzioni
delle regole dell’incompatibilità; la ricusazione è il rimedio attribuito alle
parti dall’ordinamento nel caso di mancata astensione obbligatoria.
Quindi, se per situazioni eccezionali tassativamente previste dal legislatore,
l’imparzialità dell’organo giudicante è posta in dubbio, sono previsti i
rimedi, da una parte della rimessione, quando la situazione riguardi l’intero
collegio giudicante, dall’altra dell’astensione e della ricusazione quando la
situazione riguardi i giudicanti come singoli.
31
Nello specifico l’astensione e la ricusazione sono istituti finalizzati a
tutelare l’imparzialità dell’organo giudicante, intesa come terzietà rispetto
agli interessi concretamente fatti valere nel processo. Entrambi evitano che
il soggetto, preposto a decidere la controversia, qualora sia privo della
necessaria serenità di giudizio, emetta una decisione.
32
L’astensione e la ricusazione tendono a garantire l’imparzialità del
giudicare dal pericolo derivante da eventuali rapporti concorrenti tra il
magistrato e la controversia da risolvere.
33
31
Cfr.ROMBOLI R., voce Astensione e ricusazione, in Enc.giur.Treccani, p.1 ss.
32
Cfr.CHIRICO, La ricusazione nel processo giurisdizionale, in nota a Trib. Na. 4 aprile 1996 e 8 marzo
1996 in Corr. giuridico 1997/II p.1453.
33
Cfr ANDRIOLI V., Diritto processuale civile, vol IV, Napoli, 1979, p. 213.
16
PAR.II. I INCOMPATIBILITA’, ASTENSIONE E
RICUSAZIONE: NOZIONI
Lo studio dell’astensione e della ricusazione risulta strettamente correlato
con la disciplina delle incompatibilità, questo perché analizzando le ipotesi
d’astensione e di ricusazione previste dal’art.51 c.p.c. molte necessitano di
un coordinamento con la disciplina delle incompatibilità, per fare un
esempio si veda l’ipotesi prevista dall’art. 51 n.5, la quale prevede il caso
del giudice “curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle
parti”, queste attività debbono ritenersi inibite in via generale al magistrato
non onorario, ex artt. 16 e ss. l. ord. giud. dalla disciplina sulle
incompatibilità.
34
Nonostante ciò, l’analisi dell’astensione e della
ricusazione in rapporto con l’incompatibilità risulta particolarmente
difficoltosa, questo perché le varie ipotesi che obbligano il giudice ad
astenersi non prevedono alcuna fattispecie espressamente denominata di
”incompatibilità”, ma data la stretta correlazione (tale per cui parte della
dottrina processuale e della giurisprudenza parlano indistintamente
d’incompatibilità anche per definire le situazioni che obbligano il giudice
all’astensione) partiamo da una breve trattazione delle varie ipotesi di
incompatibilità. La disciplina fondamentale delle incompatibilità la
troviamo negli artt. da 16 a 19 del R.d. 30 gennaio 1941, n.12 (legge
sull’ordinamento giudiziario); cause d’incompatibilità si ritrovano anche
nel codice di rito penale disciplinante agli artt. 34 e 35 le ipotesi di
“Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento” e le
“Incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugio”.
34
Cfr. DITTRICH L., Incompatibilità, astensione, e ricusazione del giudice civile, Padova, 1991, p.3.