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INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI
Con la crescente scarsità di reperimento di organi e l’aumento della richiesta di trapianti, la
comunità scientifica internazionale ha iniziato ad utilizzare donatori a cuore non battente (NHBD)
per cercare di sopperire a questa problematica.
Sin dagli anni Settanta con l’introduzione del concetto di morte cerebrale definirono due approcci
per determinare la morte del paziente: l’accertamento di morte cerebrale o di morte cardiaca.
Nei NHBD, la donazione risulta essere più complessa rispetto ai donatori la cui causa di morte è
una lesione cerebrale (DBD), in quanto a causa dell’interruzione del circolo ematico, gli organi
sono soggetti ad un danno da ischemia prolungato.
La preservazione degli organi da trapianto ha inizialmente utilizzato il raffreddamento in situ degli
organi mediante infusione di una soluzione ipotermica (circa a 4°C), associata al raffreddamento
topico. Tale modalità di preservazione non è tuttavia scevra da problematiche: infatti per quanto
l’incidenza sia ridotta la primary graft dysfunction (PGD) e la delayed graft function (DGF) hanno
ancora un significativo impatto nel decorso post-operatorio dei pazienti trapiantati. Nei NHBD gli
organi sono sottoposti a un periodo di ischemia calda durante la fase agonica e i successivi 20
minuti di accertamento elettrocardiografico della morte cardiaca. L’ischemia provoca il passaggio
delle cellule a un metabolismo di tipo anaerobico che risulta insufficiente alle necessità cellulari,
per cui si verifica una rapida deplezione delle riserve energetiche. In questo tipo di donatori, oltre
alla protezione dall’ischemia, è altresì necessario un periodo di riperfusione ematica che consenta la
riattivazione del metabolismo cellulare e la ricostituzione dei depositi energetici della cellula,
riducendo il danno microvascolare dell’organo e permettendone un rapido ripristino della
funzionalità.
Questa procedura è possibile grazie al supporto circolatorio meccanico extracorporeo fornito da un
dispositivo noto come “ECMO (Extra-Corporeal Membrane Oxygenation) con cui si realizza la
perfusione regionale (addominale) normotermica.
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CAPITOLO 1
1.1 Storia del trapianto di fegato e di reni
Il trapianto è un intervento che comporta il trasferimento o la sostituzione di cellule, tessuti o organi
da un donatore ad un ricevente, con lo scopo di prolungare la sopravvivenza del paziente e/o
migliorare la qualità di vita.
I primi tentativi di trapiantare un organo hanno riguardato i reni. Il primo intervento con prelievo da
donatore deceduto fu eseguito da Yu Yu Voronoy a Kiev nel 1933: il rene trapiantato tuttavia non
riprese mai a funzionare, determinando la morte del ricevente dopo 4 giorni dal trapianto. Il primo
trapianto di successo fu portato a termine dopo oltre vent’anni, il 23 dicembre 1954 a Boston
(USA), dal team del chirurgo Joseph Murray. Il trapianto venne effettuato tra due gemelli
monozigoti, i cui tessuti sono notoriamente identici da un punto di vista antigenico per cui il rischio
di rigetto fu sostanzialmente nullo. riducendo notevolmente il rischio di rigetto. Infatti, il paziente
ricevente visse con il nuovo organo senza particolari complicazioni. Con l’introduzione nella
pratica clinica di una terapia immunosoppressiva efficace (inizio dell’uso della ciclosporina nel
1980), il trapianto di rene da donatore vivente o deceduto è diventato rapidamente un metodo di
trattamento dell’insufficienza renale universalmente accettato.
Il primo trapianto di fegato, invece, fu effettuato in Colorado, USA nel 1963 su un bambino di tre
anni, dal chirurgo Thomas Starzl. Il paziente però, morì poco dopo l’intervento a causa di
un’emorragia. A seguito di questo insuccesso il dottor Starzl intensificò gli studi sull’animale
quattro anni dopo effettuò il primo trapianto di fegato coronato da successo.
Anche in questo caso il ricevente era un bambino che sopravvisse per 400 giorni dopo l’intervento.
Da quel momento il progresso nelle tecniche di preservazione degli organici, il miglioramento della
terapia immunosoppressiva, l’affinamento delle tecniche chirurgiche e la migliore gestione post-
operatoria del paziente sottoposto a trapianto hanno condotto a una sopravvivenza via via maggiore.
Infatti, nel 1988, Rudolf Pichlmayr effettuò a Hannover (USA) i primi due trapianti di fegato con
prelievo da un unico donatore, applicando la tecnica dello “split-liver”; che consiste nel suddividere
l’organo al momento del prelievo in due parti che vengono trapiantate in due riceventi. Nel caso del
dottor Pichlmayr i pazienti furono un ricevente adulto e una in un bambino. Questa tecnica (split
liver) si diffuse rapidamente non solo in tutto il continente americano, ma arrivò anche in Europa,
per la prima volta in Svizzera, presso l’ospedale di Berna nel 1964. Attualmente il trapianto di
fegato gode di un consenso universale nel trattamento dell’insufficienza epatica ed è divenuto il
secondo trapianto per frequenza dopo quello del rene. (1)
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1.2 Evoluzione dei trapianti di organi
Il perfezionamento delle tecniche chirurgiche, l’affinamento di nuove tecniche di preservazione
ipotermica e la continua evoluzione dei protocolli di terapia immunosoppressiva hanno consentito
un progressivo miglioramento dei trapianti d’organo sia in termini di numero di interventi eseguiti
che in termini di risultati. In passato erano sostanzialmente due i principali problemi da risolvere: la
realizzazione di una tecnica chirurgica affidabile e ripetibile, l’individuazione di un trattamento che
consentisse di superare, il difficile ostacolo della incompatibilità immunologica.
Grazie agli sforzi compiuti dalla ricerca in tutto il mondo la medicina dei trapianti ha compiuto
negli ultimi anni grandi progressi: i trapianti dei vari organi, che all’inizio dell’esperienza erano
considerati poco più sperimentazione, sono attualmente una realtà clinica consolidata e
unanimemente accettata nel panorama clinico di trattamento delle insufficienze d’organo terminali.
La ricerca scientifica, tuttavia non ha esaurito il proprio compito. Oggi in ambito trapiantologico si
focalizza su specifici temi:
• rigetto e tolleranza: i farmaci usati per controllare il rigetto acuto hanno un ridotto range
terapeutico e sono gravati da pesanti effetti collaterali. In più la loro indispensabile
somministrazione sistemica espone il paziente ad un aumentato rischio di infezioni e di
sviluppo di neoplasie. Per questo, per quanto faticosamente, gli scienziati sono impegnati
nella scoperta di farmaci con attività immunosoppressiva sempre più selettiva e priva di
effetti collaterali. Si noti poi che per il rigetto cronico, una forma di rigetto che compare
solitamente dopo un anno dal trapianto, non esistono al momento trattamenti efficaci. Infine
la realizzazione di uno stato di tolleranza, cioè di accettazione dell’organo non self
trapiantato in assenza di una somministrazione sistemica di immunosoppressori, rappresenta
il fine ultimo in questo ambito della ricerca;
• organi e tessuti artificiali: si tratta di dispositivi medici che possono sostenere o sostituire le
funzioni degli organi. Tuttavia, in considerazione della complessità di funzionamento dei
vari organi, ad eccezione del cuore che è sostanzialmente una pompa, questi dispositivi sono
utilizzati nei pazienti a rischio imminente di morte. I dispositivi meccanici di assistenza
ventricolare sono invece una realtà consolidata nel trattamento dell’insufficienza cardiaca,
sia evitare un peggioramento delle funzioni d’organo che renderebbe il paziente non più
trapiantabile (bridge al trapianto) che quale trattamento definitivo nel paziente non
candidato al trapianto (destination therapy);
• xenotrapianti: i ricercatori studiano la possibilità di trasferire organi, tessuti e cellule animali
all’essere umano. Questa possibilità terapeutica, attualmente ostacolata da fenomeni
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immunologici ben più gravi che nel trapianto allogenico, suscita, inoltre, problematiche di
carattere infettivologico (zoonosi) ed etico. (2)
Il problema del trapianto d’organo altresì gravato dalla grave carenza di donatori che limita l’attività
dei Centri di trapianto. Le cause principali sono da ricercare in un’inadeguata organizzazione dei
servizi di rianimazione ea, in una insufficiente sensibilizzazione della popolazione riguardo il tema
dei trapianti.
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1.3 Aspetti etici della donazione di organi
Le decisioni e le azioni di ogni individuo, come agente morale, dovrebbero, in generale, essere
rispettate a maggior ragione in un processo come quello della donazione di organi. Nella pratica
sanitaria questo rispetto per l’impulso morale di ciascun individuo è garantito attraverso il consenso
informato. Il paziente deve disporre di tutte le informazioni atte a prendere una decisione
consapevole e, nel contempo essere sufficientemente libero da influenze interne ed esterne, che
possano avere effetti che possano condizionare la propria decisione. Solo in un processo così
definito vengono rispettate la volontà e l’autonomia dell’individuo, permettendo quindi una
partecipazione libera. Informazione completa non significa che il paziente debba avere tutte le
informazioni esistenti, ma che disponga delle informazioni fondamentali e necessarie affinché il
paziente possa prendere una decisione. L’altra parte del consenso informato è chiamata “libero
consenso” e richiede che il donatore sia libero da restrizioni sia interne che esterne. I
condizionamenti interni sono quelli che derivano da mentalità diverse dalle quali i pazienti possono
essere influenzati. La volontarietà della decisione può però essere influenzata anche da
condizionamenti esterni come la coercizione, la disonestà e la cooptazione. (3) Nessuno di questi
mezzi per ottenere il consenso è moralmente lecito ma ciò non significa che un medico non possa
tentare di persuadere un paziente sottolineando i benefici di un gesto estremo per la salvaguardia
della vita.
La scelta del ricevente avviene nell’osservanza di alcuni parametri:
• valutazione dei costi- benefici e rischi-benefici;
• considerazione del bene del paziente, in cui si valutano non solo i benefici fisiologici a cui il
ricevente va incontro, ma anche il percorso psicologico che dovrà affrontare nel post-
trapianto;
• attenta considerazione della religione e cultura che i pazienti esprimono nei confronti del
trapianto e della morte.
La situazione attuale del sistema trapianti nell’Associazione InterRegionale Trapianti (A.I.R.T.)
e il Centro Nazionale Trapianti (C.N.T.) garantisce l’osservanza di alcune regole:
• limitata utilizzazione del donatore vivente, riservata a parenti stretti, su istanza dei medesimi
oppure rari casi di “donatore samaritano”;
• trattamento dei pazienti degenti in rianimazione indipendentemente dalla posizione
personale e familiare nei riguardi del prelievo di organi;
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• prelievi da cadavere eseguiti in piena armonia con il quadro legislativo e previo
accertamento di morte da parte di un collegio multidisciplinare super partes;
• accertamento di morte eseguito da équipes indipendenti da quelle che trapiantano;
• rispetto della volontà;
• esecuzione di tutte le indagini diagnostiche necessarie per evitare la trasmissione di malattie
infettive e/o neoplastiche;
• elaborazione di liste di attesa per trapianto pubbliche;
• scelta dei riceventi sulla base di criteri predeterminati che tengano conto della compatibilità
degli organi, delle condizioni di gravità dei pazienti e del tempo di attesa;
• attribuzione degli organi prelevati in una regione a centri di trapianti della stessa regione,
con eccezioni regolamentate per le urgenze, le emergenze, e le restituzioni a livello
interregionale, nazionale ed internazionale;
• interventi di prelievo e trapianto eseguiti solo in strutture pubbliche ufficialmente autorizzate
dal Ministero della Salute;
• rendicontazione pubblica dell’attività, della provenienza degli organi, dei trapianti eseguiti e
dei loro risultati, immediati ed a distanza. (4)
La fede religiosa esercita un notevole impatto sulla volontà di donazione del singolo, perché non vi
è dubbio che, in un momento così decisivo come la morte, una persona e i suoi familiari sono più
fortemente provocati dal proprio credo. Alcune religioni non accettano la donazione di organi: in
generale, l’atteggiamento di negazione si verifica nei casi in cui il culto del corpo e la sua integrità
sono in qualche modo ritenuti interessati nel passaggio tra il mondo terreno e quello soprannaturale.
Tuttavia, pur con le dovute differenze, (le principali religioni ammettono, permettono e
incoraggiano le donazioni di organi e i relativi trapianti). Ad esempio, la Chiesa cattolica incoraggia la
donazione come atto di carità, e vi attribuisce, un valore di merito in considerazione dell’offerta di
possibilità di salute a malati privi di una speranza alternativa di guarigione.