7
1
Marrone, G. (2022). Mettere il cibo in condizione di significare. In Gustoso e saporito. Introduzione al
discorso gastronomico pp. 16-28. Bompiani.
2
Marrone, G. (2017). Cibo e linguaggio. Traduzioni e tradizioni, p.19.
CAP IT O L O 1: O L T RE L A M AT E RIAL IT À DE L CIB O
1.1 Il pote r e c omuni c ati vo de l c i bo
Ilcibohasubitounprocessoditrascendenza,nonèsolosostanzavitale
1
,entitànecessaria
alla sopravvivenza del corpo ma è diventato una riserva eterogenea di segni che instaurano
un proprio discorso. Il cibo è un linguaggio
2
, è uno strumento di comunicazione con gli altri,
di espressione del sé, di interpretazione del mondo, di consolidamento delle tradizioni
culturali e di classificazione delle specie naturali. L’uomo è ciò che mangia sia perché le
sostanze che ingerisce costituiscono la sua materialità sia perché lo rappresentano,
definiscono la sua identità individuale e sociale.
La semiotica ha identificato due dimensioni che riguardano il cibo: la prima consiste nel
linguaggio che parla del cibo, come i ricettari, nei libri, nelle trasmissioni televisive, nella
pubblicità, nei social media. Parlare di cibo attribuisce ad esso un significato variabile a
seconda dei diversi periodi storici e culturali. Ad esempio, oggi nei media le persone
discutono tanto di buona cucina e buona tavola, mangiando in modo più attento e
interessandosi a problematiche, come quelle delle produzioni agricole su piccola o grande
scala, argomenti che prima sembravano lontani. Inoltre, il testo di una ricetta costituisce un
luogo di negoziazione fra due diverse forme di conoscenza: la competenza di chi scrive e la
scarsa competenza di chi legge. Di conseguenza la ricetta non è rivolta a chi non sa cucinare
ma a chi non ha lo stesso livello di conoscenza di chi scrive e ha già un'idea su come ci si
muova ai fornelli. La negoziazione consiste nel gestire i saperi dei due soggetti. La seconda
dimensione si riferisce al cibo come linguaggio: attraverso il cibo si può parlare di tutto,
nessuno mangia solo per nutrimento. La cucina è sempre stata un desiderio di superamento
dei confini geografici per importare prodotti altrui e ibridarli con quelli del proprio territorio.
La cucina è un fatto sociale totale che rafforza e distingue le identità sociali. I cibi sono segni
dell’uomo e del mondo sociale.
L’attenzione al cibo, da qualche tempo, è diventata un fenomeno così pervasivo da
definire uno «spazio sociale alimentare», come indica anche la proliferazione di espressioni
del tipo foodism, food-re ligion, food-mania proprio per indicare questa iperattenzione al
8
3
La Fortuna, L. (2020). L’oggetto cibo e il problema del food design, p.50 Disponibile al link
https://www.academia.edu/45632649/Loggetto_cibo_e_il_problema_del_food_design Ultima consultazione
[27 luglio 2023]
4
Ivi, pp. 51-53
cibo che caratterizza l’epoca contemporanea. Il cibo è oggi una sorta di soc ial c urre nc y
3
,
ossia una moneta sociale, e attraverso di esso ognuno esprime il proprio stile di vita, i propri
gusti e le proprie propensioni.
La relazione alimentare si sta configurando come dicotomica, per cui il cibo così facile
da reperire, così perfettamente confezionato appare come qualcosa di totalmente estraneo al
soggetto e incontrollabile. Questa separazione uomo-cibo è la conseguenza del passaggio da
una economia contadina ad una economia capitalistica, industriale e sempre più globale.
Nell’economia contadina, infatti, la storia del cibo era individuale e collettiva. La
coltivazione, l’allevamento, l’elaborazione dei prodotti erano attività “fatte in casa” che tutti
conoscevano, osservavano e comprendevano. Il cibo, perciò, aveva valore simbolico perché
era prova dell’ingegno e della forza di volontà umana, ma era anche elemento d’identità
collettiva e di condivisione. A partire dalla società capitalistica, il cibo è diventato qualcosa
di sconosciuto e per questo il comportamento umano nei suoi riguardi ha oscillato tra
desideri ossessivi e paura.
Inoltre, la società odierna è caratterizzata da un eccesso di bellezza, capace di trasformare
gli oggetti in simboli e di caricarli di valori
4
. Il food design conferisce al cibo e ai suoi rituali
nuovi valori comunicativi, producendo un cibo non solo bello da vedere ma anche iper-
significante. Attraverso l’operazione di design, infatti, si realizza una sorta di reciprocità
necessaria per cui l’oggetto esiste in funzione del soggetto, del suo tempo e del suo contesto
culturale e, allo stesso tempo, il soggetto può essere modificato nelle sue pratiche d’uso,
nelle sue modalità di conoscenza e di approccio con la realtà proprio dall’oggetto stesso. Il
food design vuole attuare un’operazione mossa da un intento di natura dialogica e di
conseguenza si configura come un tentativo di riappropriazione del cibo da parte dell’uomo,
la quale consiste prima di tutto nell’attribuzione di un senso più profondo che va oltre il
buono e l’appetibile. Il food design, dunque, ripensa il cibo non solo in termini superficiali
ma nella sua stessa essenza, nei suoi significati e nei suoi usi.
9
5
Nicolosi, G. (2007). Modernità alimentare, società ortoressica e processi comunicativi. In Lost Food.
Comunicazione e cibo nella società ortoressica, pp. 29-38. Edit.
6
Oncini, F. (2016). Sociologia dell’alimentazione: l’eredità dei classici tra riduzionismo, sistemismo e
microsociologia. Quaderni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, pp. 2-3.
7
Sassatelli, R. (2004). Presentazione. L'alimentazione: gusti, pratiche e politiche. Rassegna Italina di
Sociologia, p. 475.
8
Oncini, F. (2016). Sociologia dell’alimentazione: l’eredità dei classici tra riduzionismo, sistemismo e
microsociologia. Quaderni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, p.6
1.2 I c ontr i buti te or i c i sul te ma de l l ’al i me ntaz i one
La nutrizione è un processo biologico fondamentale
5
ed è per questo motivo che per
molti anni è stata relegata nelle scienze naturali ma com’è noto non è possibile ridurre la
nutrizione a un fatto puramente biologico, in quanto i prodotti mangiati vengono trasformati
in alimenti culturalmente elaborati e vengono consumati secondo pratiche sociali codificate.
Il cibo è sia una sostanza di mantenimento fisico-biologico sia un oggetto culturale in grado
di veicolare significati simbolici. Queste due dimensioni sono riconducibili a due sfere: una
materiale (vita, salute) e una immateriale (simbolismo).
Inizialmente l’alimentazione ha seguito un approccio di tipo riduzionistico, dato che
veniva considerata un mero mezzo di sopravvivenza. Friedrich Engels nel suo saggio La
c ondizione de lla c lasse ope raia in Inghilte rra (1845) sostiene che gli operai erano costretti
a scegliere tra gli alimenti più economici ed erano incapaci di saper selezionare i prodotti
buoni, dato che non avevano i palati raffinati come i borghesi e spesso ricevevano prodotti
avvelenati o falsificati
6
.
Émile Durkheim sostiene che il consumo alimentare consentiva agli operai di proiettarsi
nella società e ottenere un riconoscimento sociale. Considera l’alimentazione un fatto
sociale, in quanto risultato di meccanismi sociali. In Le s forme s é lé me ntaire s de la v ie
re ligie use (1894) si sofferma sulla funzione del pasto sacrificale che unisce i commensali in
un rituale di incorporazione mediante il quale vengono assimilati e condivisi i principi sacri
dell’animale.
7
Ci sono stati poi autori che hanno usato un approccio sistemico, dato che hanno
considerato l'alimentazione subordinata rispetto al sistema sociale nel quale era inserita.
Herbert Spencer, ad esempio, nei P rinc ipi di Soc iologia (1876) sostiene che l’alimentazione
è connessa con le pratiche religiose, come sacrifici, digiuni, offerte di cibo ai defunti
8
. Georg
Simmel, in La soc iologia de l pasto (1910), afferma che l’alimentazione non assolve solo
10
9
Spagna, G. (2021). Cultura del gusto e difesa del sapore. Per una ri-socializzazione dell’alimentazione*.
Mediascapes journal, p.66
10
Stano, S. (2015). C ibo e cultura: dal simbolismo alimentare al principio di incoporazione, 1-9
alla necessità biologica ma diventa un indice di socievolezza e un atto socio-culturale. Nel
mangiare insieme si crea una condivisione di sentimenti e un consolidamento dei legami
sociali, che trasformano il pasto in un fatto sociale
9
. Aggiunge, inoltre, che
nell’alimentazione si può scorgere la dicotomia tra individuo e società, dato che mangiare e
beresonoattivitàcomunimaancheegocentriche,nonsipuòmangiareciòcheèstatoingerito
da un’altra persona. La struttura sociologica del pasto emerge nell’incontro tra un atto
egoistico e la riunione degli individui per rafforzare i legami.
La sociologia classica si è, quindi, riferita alle pratiche alimentari per illustrare altri
fenomeni sociali. Tra gli studiosi che hanno evidenziato il legame tra cibo e dimensione
simbolica spiccano gli antropologi Claude Lévi-Strauss e Mary Douglas, il semiologo
Roland Barthes e il sociologo Pierre Bourdieu. Tali autori, appartenenti alla corrente
strutturalista, condividono il merito di aver riconosciuto il ruolo dei processi culturali e
sociali nella formazione e diffusione delle abitudini alimentari. Per Lévi-Strauss, la cucina
permette una comprensione della cultura e della società che la pratica, divenendo il
linguaggio nel quale la società trasferisce le proprie credenze, istituzioni e il modo in cui
l’individuo organizza le strutture fondamentali del pensiero umano. Studiare la cucina
rappresenta, dunque, un tentativo di identificare le analogie tra le strutture profonde della
mente umana e le strutture della società. Nell’opera A ntropologia Strutturale (1958),
introduce il concetto di gustema per marcare l’analogia tra cucina e linguaggio. Ritiene che
la cucina di una società sia caratterizzata da elementi, che chiama «gustemi», organizzati
secondo strutture di opposizione e correlazione. Le opposizioni sono:
· Esogeno/endogeno: uso di materie prime locali o esotiche
· Centrale/periferico: ingredienti principali o di contorno
· Accentuato/ non accentuato: prevalenza del salato o dell’insipido
In base a queste categorie, sostiene che la cucina inglese compone i piatti principali del
pasto con gli ingredienti esogeni cucinati in modo insipido, mentre i contorni sono più
saporiti e di origine esotica. Mentre la cucina francese è caratterizzata da piatti principali e
di contorno più sapidi
10
. Dal primo volume delle Mitologiche, intitolato Il c rudo e Il c otto
11
Disponibile al link:
http://www.agorascienza.it/application/files/9014/9908/7013/CICU_A_SimbolismoAlimentare_Stano.p
df Ultima consultazione [20 luglio 2023]
11
Gazzotti, M. (2018). Il cibo e l’alimentazione nel percorso analitico della sociologia. Tigor: rivista di scienze
della comunicazione e di argomentazione giuridica, pp. 1-17.
12
Marrone, G. (2017). Cibo e linguaggio. Traduzioni e tradizioni, p.24
(1964), Lévi-Strauss definisce la cucina come un'attività tecnica che fa da collegamento tra
la natura e la cultura. Di conseguenza l'uomo è sia un essere biologico sia un individuo
sociale in quanto, attraverso la cottura, trasforma gli elementi naturali in prodotti culturali,
attribuendogli significati simbolici. A tal proposito ha formulato il cosiddetto “triangolo
culinario”, il quale ha ai vertici le categorie del crudo, cotto e putrido. Lo stato crudo
rappresenta la condizione naturale del cibo, invece il cotto è una trasformazione culturale
del crudo mentre il putrido costituisce la rivincita della natura sulla società, dato che è un
ritorno allo stato naturale del cibo. Il putrido è, quindi, una modificazione naturale.
Basandosi su questo triangolo Lévi-Strauss si concentra poi sulla contrapposizione tra due
principali forme di cottura: l’arrostito e il bollito. Il bollito riflette l'idea del concavo, data la
presenza della pentola invece l'arrostito riflette l’idea del convesso. Il bollito richiama una
cucina esogena, domestica e destinata a un gruppo ristretto e intimo mentre l'arrostito evoca
una cucina endogena, aperta all’esterno, tipica dei banchetti, orientata a gruppi più ampi
11
.
Inoltre,l'autoresostienechel’arrostitoèunacotturapiùutilizzatadall'uomo,ilqualeprocede
alla distruzione del sapore naturale del cibo, e il bollito alla donna, la quale conserva i sapori
originali. Il cibo arrostito è direttamente mediato dal fuoco e può avere una cottura non
uniforme mentre il bollito è doppiamente mediato dall’acqua in cui è immerso e dal
contenitore che contiene sia l’acqua che il cibo e permette una cottura omogenea. Inoltre,
l’arrostito viene ritenuto socialmente superiore al bollito, è un cibo da ricchi perché
finalizzato all’abbondanza, alla perdita di sostanze nelle braci; mentre il bollito è cibo
povero, dove tutto viene conservato e riutilizzato senza nessuno spreco (per esempio il brodo
con i resti di carne). Lévi-Strauss integra all’arrostito e al bollito anche l’affumicato, che si
avvicina sia al primo data la mediazione con il fuoco, sia al secondo per la cottura lenta e
uniforme, in grado di penetrare gli alimenti in profondità.
Secondo Algirdas Julien Greimas le opposizioni crudo/cotto e natura/cultura sono
elementi di un immaginario sociale, che entrano in relazione fra loro costituendo i due piani
di un linguaggio: espressione e contenuto. Il cibo crudo significa natura, mentre il cibo cotto,
in quanto è più elaborato del primo significa cultura
12
. Il cibo putrido è un'entità intermedia
12
13
Stano, S. (2015). C ibo e cultura: dal simbolismo alimentare al principio di incoporazione, 1-13
Disponibile al link:
http://www.agorascienza.it/application/files/9014/9908/7013/CICU_A_SimbolismoAlimentare_Stano.p
df Ultima consultazione [20 luglio 2023]
fra gli altri due. Di conseguenza l'opposizione tra natura e cultura costituisce l'effetto di
senso della differente percezione del grado di elaborazione dei cibi: più sono elaborati più si
percepiscono come culturali (bollito), meno sono lavorati più sono percepiti come naturali
(arrostito). Greimas introduce, inoltre, la categoria del non-crudo, per esempio gli ortaggi
tagliati e mangiati al loro stato naturale.
Mary Douglas critica Lèvi-Strauss per il suo voler trovare significati universali
analizzando sistemi alimentari di società piccole e ridurli ad opposizioni binarie. Basandosi
sull’analogia tra cibo e linguaggio, considera gli alimenti nella loro dimensione temporale,
ovvero nel loro susseguirsi durante il giorno, la settimana e l’anno. Prende in considerazione
la borghesia inglese degli anni ’60 e ’70 del 1900, individuando e contrapponendo due
gruppi fondamentali negli alimenti da essa consumati: i pasti e le bevande. I primi sono
strutturati in sequenza (antipasto, primo, secondo, contorno) e presuppongono sia l'uso di
almeno un utensile per introdurre il cibo nella bocca sia un piano di appoggio, di posti a
sedere, di vincoli riguardanti i movimenti del corpo e altre attività parallele svolte durante il
consumo. Un pasto può essere descritto in base a opposizioni come liquido/denso,
caldo/freddo, insipido/salato ecc. Inoltre, i pasti possono essere organizzati in scala di
importanza e ricchezza lungo l'arco della giornata, della settimana e dell'anno. L'opposizione
tra pasti e bevande riflette le differenze nelle relazioni sociali: mentre le bevande vengono
condivise anche con estranei e conoscenti, i pasti sono riservati alla famiglia, agli amici
intimi e agli ospiti d'onore
13
.Ogni pastoè uneventosociale strutturatoche riflette la struttura
di altri eventi. Sia in P ure zza e pe ric olo (1966) che in De c ifrare un pasto (1972), Mary
Douglas si concentra anche sulle prescrizioni ebraiche che vietano il consumo di determinati
alimenti, cercando di individuare un modello razionale per spiegare simili tabù. Nello
specifico, l'antropologa mette in evidenza come le regole rituali ebraiche Kasherùt,
riguardanti l'alimentazione, siano profondamente legate alla dimensione simbolica: a essere
proibiti sono i cibi "ambigui" ovvero quelli che non rientrano in nessuna categoria di
strutturazione del mondo. Infatti, secondo la cultura ebraica le specie animali possono essere
classificate all’interno di tre categorie definite dalla Genesi: terra, acqua e cielo. Gli animali
che non si collocano in nessuna di queste categorie sono considerati impuri. A tal proposito,
prende come esempio il maiale che, avendo lo zoccolo biforcuto come gli ungulati (animali
13
14
Ibidem
15
Barthes, R. (1961). Pour une psycho-sociologie de l’alimentation contemporaine.
16
Stano, S. (2015). C ibo e cultura: dal simbolismo alimentare al principio di incoporazione, 1-13
Disponibile al link:
http://www.agorascienza.it/application/files/9014/9908/7013/CICU_A_SimbolismoAlimentare_Stano.p
df Ultima consultazione [20 luglio 2023]
"dotati di unghie") ma non essendo un ruminante, è difficilmente "catalogabile" all'interno
di una categoria precisa. I tabù alimentari vengono interpretati dalla Douglas come
dispositivi atti a proteggere la strutturazione del mondo reale, individuandone le ambiguità
e trasponendole nell'ambito del sacro
14
. Inoltre, aggiunge che nelle società semplici, colui
che mangia assorbe ed è assorbito da un sistema culinario: tramite l'incorporazione del cibo
si aderisce a un ordine collettivo e culturale. Di conseguenza il cibo è sia una forma di
comunicazione del proprio status sia un modo per consolidare le relazioni sociali.
Roland Barthes sostiene che l’alimentazione è uno dei primi fabbisogni dell’umanità e
una volta che viene soddisfatto, tale bisogno va oltre il suo fine e si struttura in segno, ovvero
in un comportamento che riassume o segnala altri comportamenti. Il semiologo francese non
si concentra sulla distinzione tra le classi sociali ma attribuisce al cibo una potenza
comunicativa ed espressiva riferita al contesto culturale. Il cibo non è solo nutrimento o
comunicazione, ma assume entrambe le dimensioni nello stesso istante. Il cibo è, quindi,
«un sistema di comunicazione, un corpo di immagini, un protocollo di usi, situazioni e
comportamenti»
15
. Barthes cerca di individuarne la "grammatica", ovvero le unità che
costituiscono questo sistema e le regole in base alle quali queste unità si organizzano e si
relazionano le une con le altre. Lo studioso inizia dalla raccolta di tutte le informazioni
reperibili sull'alimentazione di una data società (prodotti, tecniche, abitudini, ecc.), per poi
esaminare questi dati attraverso un’”analisi trasformazionale", ovvero osservando le
differenze tra determinate situazioni sociali. Nello specifico, Barthes considera alcuni
esempi a lui contemporanei, come il passaggio dal consumo di pane comune (presente nei
pasti quotidiani) alle pagnotte al latte (utilizzate nei momenti festosi) o la sostituzione del
pane bianco con il pane nero (indicatore di raffinatezza)
16
. Considera poi il gusto come uno
strumento di orientamento per gli individui verso una posizione sociale e le pratiche ad essa
connesse. Sostiene che il gusto sia una categoria totale, che comprende tutti i gusti possibili,
da quelli più puri a quelli più comuni.
PierreBourdieu,nell’operadiriferimentoperisuoistudisulcibo, La distinzione – c ritic a
soc iale de l gusto (1979), si concentra su diversi aspetti del comportamento, come la musica,
14
17
Iacometti, G. (2016). Cibo, tempo e società. Spunti di riflessione su come cambia il nostro rapporto con il
cibo. Disponibile al link :
https://www.academia.edu/36927084/Cibo_tempo_e_società_Spunti_di_riflessione_su_come_cambia_il_nos
tro_rapporto_con_il_cibo Ultima consultazione [19 luglio 2023]
18
Grillo, S. (2023). Cibo e classismo: dimensione e critica sociale del gusto nella società moderna.
Metropolitan Magazine.
19
Stano, S. (2015). C ibo e cultura: dal simbolismo alimentare al principio di incoporazione, 1-13
Disponibile al link:
http://www.agorascienza.it/application/files/9014/9908/7013/CICU_A_SimbolismoAlimentare_Stano.p
df Ultima consultazione [20 luglio 2023]
20
Ibidem
l'abbigliamento, le arti visive e il cibo, che sono spesso attribuibili al gusto individuale, ma
al tempo stesso correlati alla stratificazione sociale. Considera le diverse classi della società,
con il fine di trovare i principi alla base delle preferenze culturali di ogni singolo gruppo. Di
conseguenza, egli introduce il concetto di habitus, inteso come «un sistema di schemi
percettivi, di pensiero e di azione acquisiti in maniera duratura e generati da condizioni
oggettive, ma che tendono a persistere anche dopo il mutamento di queste condizioni».
L’habitus fa in modo che le persone che appartengono a una determinata classe sociale
assumano i comportamenti e gusti della classe. Ad esempio, i ricchi tenderanno a mangiare
cibi di migliore qualità mentre i poveri consumeranno alimenti economici e poco salutari,
preferendo la quantità a discapito della qualità
17
. Allo stesso tempo chi possiede un elevato
capitale culturale
18
ha il potere di determinare il gusto in una società, mentre chi possiede un
capitale culturale inferiore subisce il gusto imposto dalla classe superiore. Il gusto, inoltre
diventa anche uno strumento di egemonia culturale, in quanto viene imposto fin
dall’infanzia, condizionando l’individuo e le sue scelte. Basandosi su un'approfondita
indagine sociale, Bourdieu conclude che la scelta del cibo, al pari dei vestiti, del mobilio e
di altri aspetti del comportamento umano fa parte della vita sociale, e in quanto tale è
soggetta a un "apprendimento precoce", in quanto non è rimodulata attraverso l'educazione
ma resta fortemente condizionata dalla classe o sottoclasse di origine
19
.
Tali approcci sono stati spesso criticati come rigidi e incapaci di cogliere i cambiamenti
sociali
20
. Norbert Elias sostiene che alla base di questa incapacità c’è un processo di
riduzione, ovvero la tendenza di cercare formule costanti, codici o strutture profonde
immutabili alla base del cambiamento sociale. Nella sua opera Il proc e sso di c iv ilizzazione
(1939), considera i comportamenti a tavola, i quali costituiscono un aspetto del
comportamento dettato dalla società. Si focalizza sul rapporto degli uomini con la carne,
mostrando la transazione dal Medioevo alla società a lui contemporanea. Infatti, durante il
15
21
Oncini, F. (2016). Sociologia dell’alimentazione: l’eredità dei classici tra riduzionismo, sistemismo e
microsociologia. Quaderni del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, p.13
22
Iacometti, G. (2016). Cibo, tempo e società. Spunti di riflessione su come cambia il nostro rapporto con il
cibo. Disponibile al link :
https://www.academia.edu/36927084/Cibo_tempo_e_società_Spunti_di_riflessione_su_come_cambia_il_nos
tro_rapporto_con_il_cibo Ultima consultazione [19 luglio 2023]
Medioevo il consumo di carne era molto abbondante e l'animale veniva servito a tavola
intero, in modo che ciascun commensale doveva essere capace di riuscire a tagliare il proprio
pezzo con accuratezza
21
. Con la civilizzazione, la bestia uccisa ed esibita a tavola diventa un
oggetto disgustoso, che suscita sentimenti sgradevoli. I piatti vengono, quindi, modificati
per mascherare l'uccisione dell'animale e si cerca di costruire la pietanza con eleganza e
raffinatezza.
Anche Claude Fischler, uno dei maggiori esponenti della scuola francese della sociologia
del cibo, se da un lato mostra nei suoi studi la grande influenza strutturalista, d’altra parte
condivide le critiche mosse al filone. Sostiene, infatti, che la nutrizione del corpo è sempre
inserita all'interno di un sistema di valori, sviluppato da ciascuna cultura per distinguere le
sostanze non commestibili dai prodotti commestibili. D’altra parte, introduce il “paradosso
dell’onnivoro”, ovvero una contraddizione antropologica, dato che da una parte l’uomo è
libero, in quanto non è vincolato ad un unico alimento, ma può scegliere tra una varietà
illimitata di possibilità. Ciò lo rende dinamico, creativo e pronto ad adattarsi ai cambiamenti
dell’ambiente in cui vive (neofilia). Dall'altra parte, egli vive l'angosciante costrizione alla
scelta, deve scegliere e decidere tra infinite possibilità̀, alcune delle quali tossiche o letali
(neofobia), che lo portano ad operare scelte di conservatorismo alimentare
22
. Neofilia e
neofobia danno vita all’ansia dell’onnivoro, ossia la continua ricerca del nuovo e la paura
che ne consegue, che d’altra parte costituisce la spinta alla base dei differenti sistemi di
regole alimentari sviluppati dalle culture umane. Inoltre, Fischler descrive l'atto del cucinare
come una trasformazione simbolica della natura in cultura, dalla quale si stabilisce cosa è
cibo buono e come questo vada preparato e consumato e si definisce l'identità delle varie
società. La cucina dà un senso all’essere umano e lo rende consapevole del rapporto tra
individuo e società, singolo e universo.
Successivamentesièpassatidall’approcciostrutturalistaaquellomaterialista.Esponente
di tale approccio è stato Marvin Harris, il quale sostiene che le scelte riguardanti il cibo sono
dettate da un calcolo dei costi e dei benefici e cambiano a seconda del periodo storico e dei
fattori ambientali ed economici. Di conseguenza il materialismo culturale sostiene che non
16
23
Gazzotti, M. (2018). Il cibo e l’alimentazione nel percorso analitico della sociologia. Tigor: rivista di scienze
della comunicazione e di argomentazione giuridica, p. 1-17.
24
Stano, S. (2015). C ibo e cultura: dal simbolismo alimentare al principio di incoporazione, 1-13
Disponibile al link:
http://www.agorascienza.it/application/files/9014/9908/7013/CICU_A_SimbolismoAlimentare_Stano.p
df Ultima consultazione [20 luglio 2023]
è la cultura a fare la necessità ma viceversa. Il gusto collettivo non nasce da una disposizione
innata ma è il prodotto di una costruzione culturale che rende accettabili o meno determinati
alimenti
23
. Nel suo saggio B uono da mangiare (1985) Harris sostiene che i tabù alimentari
sono giustificati in termini di “vantaggio ecologico”, ovvero le possibilità offerte da un
determinato territorio, a seconda delle sue condizioni ambientali
24
. Ad esempio, il divieto
islamico di mangiare carne di maiale non è legato a motivi religiosi ma sarebbe legato a
ragioni ecologiche e salutari. Infatti la foresta, in Mesopotamia, che era l’ambiente naturale
del maiale, stava scomparendo, e allevare i maiali comportava il loro nutrimento con
granaglie, le quali servivano anche all’uomo per nutrirsi. Di conseguenza l’allevamento
risultava controproducente per l’uomo e gli islamici capirono che per loro non era più
conveniente mangiare carne di maiale. Un altro motivo per cui nascono i tabù alimentari,
secondo Harris, è l’inconsuetudine di mangiare un alimento, che porta alla sua intolleranza.
Un esempio sono i cinesi, i quali non hanno mai avuto bisogno di nutrirsi di latticini, così
facendo non hanno sviluppato una tolleranza al lattosio. Di conseguenza la differenza tra
sostanze commestibili e non commestibili rimanda a fattori di ordine ambientale e
nutrizionale.
Il materialismo è stato messo presto da parte, facendo prevalere un ulteriore approccio
definito developmentalista, i cui rappresentanti di spicco sono Jack Goody, Stephen Mennell
e Sidney Mintz. Secondo i developmentalisti, il cambiamento sociale determina le
preferenze culturali ed è essenziale per comprendere la modalità e le motivazioni in cui i
significati collegati al cibo hanno assunto la forma che li caratterizza nelle società attuali.
Goody si sofferma sulla cucina industriale, sostenendo che ha avuto un impatto
irreversibile a livello globale sul modo di cucinare poiché l'automatizzazione dei processi
produttivi e tecnologici ha imposto un’omogeneizzazione dei consumi, che è riuscita a
coinvolgere non solo i Paesi industrializzati ma anche i Paesi più arretrati. Il suo approccio
developmentalista considera i gusti culinari come socialmente determinati dalla religione,
dall’appartenenza alla classe sociale e dall’identità culturale. Inoltre, nessun sistema
17
25
Cinotto, S. (2006). Il mondo nel piatto: Globalizzazione e cucine nazionali tra passato e presente. Quaderni
Storici, pp. 609-638.
26
Mennell, S. (1986). All Manners of Food: Eating and Taste in England and France from the Middle Ages to
the Present. American Journal of Sociology.
27
Gazzotti, M. (2018). Il cibo e l’alimentazione nel percorso analitico della sociologia. Tigor: rivista di scienze
della comunicazione e di argomentazione giuridica, p. 1-17.
alimentare
25
è stato esente da contaminazioni, perfino quelli che oggi vengono riconosciuti
comecucinenazionali.Goody ,in C ook ing, C uisine and C lass(1982),siconcentrasuimotivi
per cui cucine alte o popolari emergono in determinate società e non in altre. Sostenendo
che non poteva trattarsi esclusivamente di una questione di complessità sociale e politica,
l'antropologo britannico paragona due tribù del Ghana settentrionale, i Lo Dagaa e la Gonja,
e osserva che, nonostante le molteplici differenze di struttura sociale e le diverse preferenze
alimentari dei due gruppi, il sistema culinario che hanno sviluppato è simile. In seguito,
rivolge la propria attenzione a società più strutturate (es. India, Antico Egitto, Cina, Europa
occidentale e Africa), prendendo in considerazione il ruolo dell'alfabetizzazione come
rilevante nella differenziazione tra élite e classi popolari, sia per quanto riguarda le strutture
sociali sia i sistemi culinari. È, quindi, la formazione un importante discrimine tra la cucina
alta e quella popolare.
D'altra parte, Mennell, riprendendo il saggio di Adorno sulla musica popular, intravede
nella modernità alimentare una sorta di feticismo e regressione del gusto, che ha comportato
una preferenza per pietanze facilmente accessibili. Il feticismo riguarda, per esempio, la
continua domanda di cibo nelle catene di fast food, che offrono ai clienti il meglio della
selezione dei loro prodotti
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e conducono a una standardizzazione di un limitato repertorio
di piatti. Anche la regressione del gusto può essere spiegata attraverso l’esempio dei fast
food, i quali hanno provocato delle ricadute sui modi di stare a tavola, come l’eliminazione
delle sedie e delle posate. Considerando il processo di civilizzazione di Elias, mangiare con
le dita e senza piatti nelle società occidentali rappresenta un significativo declino.
Mintz, nel suo saggio La storia de llo zuc c he ro (1990), sottolinea come questo prodotto
sia riuscito a provocare una serie di conseguenze sul piano globale
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. Infatti, tra il XVI e
XVII secolo la colonizzazione spagnola e portoghese da una parte, e quella inglese dall’altra,
hanno alimentato la competizione mercantile dello zucchero, il quale da prodotto elitario si
è trasformato in alimento di consumo di massa. Mintz sostiene che l'incredibile aumento
dell’uso di zucchero può essere spiegato solo prendendo in considerazione l'interazione, nel