3
CAPITOLO I
L’IMPORTANZA DEL RUOLO MATERNO PER LO
SVILUPPO GLOBALE DEL BAMBINO
1.1 L’impronta materna
In premessa al presente elaborato giova iniziare con il definire
l’argomento all’interno del quadro teorico di riferimento. La prima cosa da
dire quindi, riguarda il ruolo materno per lo sviluppo in divenire del
bambino.
È noto come la relazione con la madre funga da paradigma per la
declinazione di tutta la successiva vita emotiva del piccolo, e volendo
proporre un modello virtuoso anche se ipotetico (nel senso che spesso
non si realizza così) possiamo dire che maggiore sarà il filtro applicato
dalla mamma al mondo del figlio in quanto a bisogni e frustrazioni, più
positiva sarà la regolazione emotiva di quest’ultimo
1
.
Sarebbe pertanto positivo che la visione che il bambino possa
avere fin dalla più tenera età fosse quella di un mondo reale ma efficace,
nel senso che potesse percepire una protezione dall’esterno circa ogni
situazione di vita che pian piano interiorizzerà per stabilizzare le sue
reazioni e i suoi comportamenti. Si è definito ipotetico questo
atteggiamento materno in quanto, o per eventi di vita o per
predisposizioni in carico alla madre stessa in senso più o meno
disfunzionale, non sempre tale relazione si dimostra equilibrata ed
efficace. Questo può andare infatti a incidere sulla psiche in formazione
1
C.L. GIOVANELLI. La relazione madre-bambino: mentalizzazione e comunicazione
materne e competenze relazionali e rappresentazionali infantili, in “Tesi di dottorato di
ricerca in Psicologia Sociale, Cognitiva e Clinica”, Università degli Studi di Milano
Bicocca, 2014.
4
e fragile del bambino che letteralmente come una spugna assorbirà stili
di comportamento materno sui quali modellerà i propri.
Il punto è che la madre, accudendo il bambino, gli fornisce anche
implicitamente una versione della realtà con relativa modalità di
comportamento, ciò che via via comporterà anche quello che si può
definire un graduale inserimento delle frustrazioni
2
. Ciò vuol dire che al
bambino si potrà (o meglio si dovrà) cominciare a dire di no e porlo
davanti a situazioni da gestire a livello emotivo, il tutto per insegnarli ad
essere un’entità distinta dal mondo, dalla mamma e dall’altro
3
.
Come si vedrà nel dettaglio analizzando i contributi dei maggiori
autori in tema di sviluppo infantile, sono diversi i processi che la madre
svolge in questa delicata fase di vita. Ad esempio si parla di holding per
riferirsi al fondamentale sostegno di tipo fisico e psichico, o ancora di
handling per intendere il contatto della madre finalizzato alla cura ma
anche al gioco e all’accudimento e infine di object presenting per quanto
riguarda la presentazione di un oggetto (intesa anche come azione) nel
momento più adatto non solo in quanto al bisogno ma anche e soprattutto
in quanto a possibilità di gestirlo
4
.
Il bambino quindi dovrebbe essere accompagnato nel percorso
che lo condurrà alla capacità di riconoscere i propri bisogni in interazione
con la realtà. Una madre “sufficientemente buona” sarà quindi quella in
grado di sostenere il piccolo nella manifestazione di questi bisogni
contenendoli inizialmente e permettendogli così di sviluppare il suo vero
Sé. Si intuisce quanto psichicamente questo supporto sia non solo
delicato ma anche suscettibile di influenze interne ed esterne che se
attingono la madre si riflettono anche sul bambino.
2
Ibidem
3
L.M., YOUNGBLADE &, J. DUNNE. (1995). Individual differences in young children's
pretend play with mother and sibling: links to relationships and understanding of other
people's feelings and beliefs, in “Child development”, 66(5), 1472–1492.
4
D.W., WINNICOTT, (1945). The Family and Individual Development, Routledge.
5
Se è la madre a percepire la realtà come minacciosa, accade che
il bambino possa interiorizzare tale minaccia e le difese che percepisce
messe in atto dalla sua figura di attaccamento. Così si potrebbe
strutturare attorno ad esse un falso Sé
5
.
Analizzando i contributi dell’epigenetica
6
si nota come scendendo
ancor più nel sottile madre e figlio cooperino alla costruzione della realtà,
declinabile anche in senso psicodinamico
7
. La stessa identità del
bambino poggerebbe quindi sulla matrice relazionale fin negli aspetti più
intimi, appunto fenotipici. Tramite lo stile di accudimento si determina
quindi la stabilizzazione di tratti motivo-comportamentali, confortando
quelli che sono stati i contributi degli autori che si sono interessati di
questo argomento.
Venendo al tema in oggetto, appare proprio come la relazione
materna sia un fattore chiave nella possibile eziologia del disturbo
borderline di personalità
8
.
5
D.W., WINNICOTT. (1960). The Theory of the Parent-Infant relationship, in”
International Journal of Psychoanalysis”, 585–595.
6
Si intende con questo termine una branca della genetica che si occupa dei
cambiamenti nel fenotipo ereditati per via diretta ma che non implicano un cambiamento
a carico del genotipo.
7
G., ROCCHI, V., SERIO, G.M., CARLUCCIO, I., MARINI, V., MEUTI, M., ZACCAGNI,
N., GIACCHETTI & F., ACETI (2015). La regolazione epigenetica della relazione
primaria, in “Riv Psichiatr”;50(4):155-160. doi 10.1708/2002.21640
8
M.E., BOUCHER, J., PUGLIESE, C., ALLARD-CHAPAIS, S., LECOURS,
L., AHOUNDOVA, R., CHOUINARD & GAHAM, S. (2017) Parent–child relationship
associated with the development of borderline personality disorder: A systematic
review, in “Personality and Mental Health”, 11: 229–255. doi: 10.1002/pmh.1385
6
1.2 La neuropsicologia dinamica di LeDoux
Avendo parlato ovviamente di emozioni possiamo introdurre un
nuovo ragionamento, riconducibile a LeDoux, che supera il dualismo
cartesiano tradizionale per il quale ragione ed emozione sarebbero non
solo due istanze distinte ma anche due dimensioni dell’essere umano
localizzate in sedi diverse. Le emozioni tra l’altro, in base a questo
paradigma, sono state a lungo tempo trascurate in quanto si riteneva che
nel cervello fossero localizzate solo le funzioni superiori
9
.
Così, oggi si ritiene che le emozioni siano veri e propri processi di
tipo percettivo che monitorano costantemente l’adattamento alla realtà
interna ed esterna, riflesso di un insieme di comportamenti organizzati e
finalizzati. In accordo con LeDoux quindi si ritiene oggi che tale sistema
di monitoraggio relativo alle emozioni (nello specifico di paura e rabbia)
sia imputabile al ruolo dell’amigdala, che opera una continua valutazione
dell’etichetta affettiva degli stimoli esterni e interni
10
.
Sarebbero nello specifico due i circuiti facenti parte di questo
processo:
- una via diretta che si dirige dal talamo all’amigdala e
che consente un processamento immediato della realtà dando
luogo al celebre comportamento di attacco o fuga;
- una via indiretta che conduce dal talamo alla
neocorteccia e quindi all’amigdala, e che chiama in causa la
mediazione dei sistemi cognitivi i quali valutano lo stimolo in
modo più approfondito anche in funzione delle sue relazioni
9
https://www.neuroscienze.net/le-emozioni-e-le-neuroscienze-affettive/ ultimo accesso
7/10/2023
10
J.E., LEDOUX. (1989). Cognitive emotional interactions in the brain, in “Cognition and
Emotion”, 3(4), 267–289. https://doi.org/10.1080/02699938908412709
7
con gli altri stimoli in memoria.
Se la risposta finale viene vissuta come un sentimento di cui si ha
coscienza, allora entrano in gioco altri sistemi cognitivi superiori che
regolano quella reazione emotiva
11
.
L’ipotesi sottostante è quindi quella per la quale un sentimento
possa essere sperimentato in base alla valutazione fatta dall’amigdala e
dalla neocorteccia, il tutto inserito all’interno della rappresentazione dello
stimolo che ha condotto a quel sentimento. Si chiamano in causa così
anche i processi della working memory o memoria di lavoro
12
.
Da qui si arriva al noto concetto di Sé sinaptico sviluppato dallo
stesso neurobiologo, che ci offre lo spunto per il discorso che si sta
facendo, che di fondo ridona valore e dignità alle emozioni anche in
senso psicodinamico. Nelle stesse parole dell’autore, l’uomo non viene
considerato “preassemblato” ma “tenuto insieme dalla vita”, ciò che
rende ogni essere umano diverso e peculiare, oltre che unico. Questo
andrebbe riportato a due condizioni, e cioè al fatto che ciascuno possiede
un corredo genetico tipico sul quale (seconda condizione) agiscono le
circostanze di vita. Così “i particolari pattern di connessioni sinaptiche nel
cervello di un individuo, e l'informazione codificata da queste
connessioni, sono le chiavi di ciò che quella persona è”
13
.
L’esperienza quindi, riportando il tutto al tema della relazione
materna, è in grado di modificare letteralmente il cervello plastico, dando
vita a nuovi comportamenti che nella maggior parte dei casi sono
adattativi ma in alcuni possono diventare disfunzionali. Anche perché le
sinapsi codificano e registrano le esperienze, dando così vita a pattern
comportamentali stabili nel tempo, e questo fornisce la giustificazione
scientifica al concetto per il quale un attaccamento insano o insicuro o
11
J.E., LEDOUX (1996). Il cervello emotivo. Milano: Baldini-Castoldi.
12
J.E., LEDOUX. (1989), op. cit.
13
J.E., LEDOUX. (2002). Il Sé sinaptico, Milano: Raffaello Cortina, pp. 5-6
8
evitante può comportare lo sviluppo di atteggiamenti disadattavi nel
bambino che regoleranno le sue relazioni future.
Infatti è lo stesso LeDoux a sottolineare come quello che un
individuo sente spesso non è cosciente, rendendo conto del fatto che
l’adulto non ha cognizione (a meno di intraprendere una terapia) del suo
stile di attaccamento che pure lo influenza in maniera determinante. In
questo meccanismo entra in gioco anche la memoria, che contribuisce a
sedimentare le esperienze e il vissuto emotivo che le colora per attivare
poi le risposte emotive davanti a situazioni simili (come le relazioni che si
avranno in età adulta).
È qui che si arriva al punto di incontro tra neurobiologia e
psicodinamica, potendo parlare di paradigma neuro dinamico da cui
deriva un nuovo filone di ricerca che dobbiamo, nelle premesse, allo
stesso LeDoux, e cioè la neuropsicoanalisi. Tutto ciò premesso,
possiamo analizzare adesso quale sia il funzionamento neurologico di un
soggetto con personalità borderline.
1.3 Funzionamento neurologico dei soggetti borderline
Si parta dal presupposto che il disturbo borderline di personalità,
da qui in avanti BPD, si configura come un disturbo grave della
personalità per il quale le basi neurali sono molto studiate ma non ancora
chiare. Si vuole pertanto riportare un interessante studio nel quale si è
applicata, nel tentativo di superare le incoerenze negli studi pregressi,
una combinazione di un approccio di apprendimento automatico non
supervisionato chiamato “analisi di correlazione canonica multimodale”
con un’analisi delle componenti indipendenti congiunte (mCCA+jICA),
assieme a un approccio di apprendimento automatico supervisionato
chiamato “foresta casuale”
14
; lo scopo era trovare circuiti covarianti di
14
Chiamata così perché combina diversi alberi di decisione.
9
materia grigia e sostanza bianca che non solo possano rilevare i BPD
differenziandoli dal gruppo di controllo ma che possano anche essere
predittivi per la diagnosi
15
.
La prima analisi si è fatta per dividere il cervello in circuiti
indipendenti che contenessero concentrazioni diverse di materia grigia e
bianca, mentre la seconda tecnica è stata impiegata per elaborare un
modello predittivo per i nuovi casi di BPD che non fossero stati osservati
nei circuiti della prima analisi. In effetti i risultati hanno mostrato come i
due circuiti in covariazione (quindi quelli di materia grigia e bianca)
classificavano correttamente il disturbo rispetto al controllo, includendo
anche (si pensi a LeDoux) amigdala, gangli della base, parte dei lobi
temporali e della corteccia orbitofrontale.
Nello specifico appariva come tali circuiti (e questo è il punto di
raccordo con il tema in discussione) fossero influenzati in particolar modo
da specifiche esperienze traumatiche infantili, tra cui l’abuso e
l’abbandono emotivo e fisico, potendo quindi predire la gravità dei sintomi
nella dimensione interpersonale e nel controllo degli impulsi. Così
apparirebbe che il disturbo bipolare possa avere una base neurologica
identificabile da anomalie nei circuiti suddetti in occasione di esperienze
traumatiche precoci.
Passando alla definizione clinica quindi, il BPD si caratterizza per
un modello pervasivo di disregolazione degli affetti che si palesa in rabbia
esplosa unita a episodi di depressione e ansia, con implicazioni cognitive
relative a esperienze dissociative e disfunzioni nella sfera relazionale
(con angoscia di abbandono e relazioni instabili) il tutto all’interno di un
quadro di impulsività marcata
16
. Nella popolazione generale il disturbo
15
A., GRECUCCI, H., DADOMO, G., SALVATO, G., LAPOMARDA, S., SORELLA & I.,
MESSINA. (2023). Abnormal Brain Circuits Characterize Borderline Personality and
Mediate the Relationship between Childhood Traumas and Symptoms: A mCCA+jICA
and Random Forest, in “Approach. Sensors”, 23(5),
2862.https://doi.org/10.3390/s23052862
16
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (2014). DSM-5 Manuale diagnostico e
statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. Raffaello Cortina Editore.
10
avrebbe un’incidenza del 3%
17
nella popolazione generale,
caratterizzandosi inoltre per un significativo deterioramento del
funzionamento psicologico
18
.
Molto utile si è dimostrata la ricerca di neuroimaging, che ha
portato allo sviluppo di diversi modelli neuro anatomici che sembrano
ultimamente convergere verso una significativa riduzione del volume e
della densità della materia grigia in:
- corteccia prefrontale mediale bilaterale (mPFC);
- corteccia frontale orbitale mediale (OFC);
- corteccia cingolata anteriore bilaterale (ACC);
- amigdala bilaterale;
- giro paraippocampale destro
19
.
Allo stesso tempo si è osservato un aumento del volume e della
densità della materia grigia in altre strutture e in particolare nel precuneo
bilaterale, nel giro medio/paracingolato destro e nel giro cingolato
posteriore.
Volume ridotto è stato poi riscontrato in determinate regioni
cerebrali quali la corteccia cingolata anteriore, la corteccia orbitofrontale
e la corteccia parietale destra
20
.
Tutto quanto premesso, si possono delineare due diversi modelli
neurobiologici che spiegano il BPD. Nel primo modello si avrebbe
un'instabilità emotiva, degli impulsi e della loro regolazione quale
17
T.J., TRULL, S., JAHNG, R.L., TOMKO, P.K., WOOD, K.J., SHER. (2010). REVISED
NESARC personality disorder diagnoses: Gender, prevalence, and comorbidity with
substance dependence disorders, in “J. Pers. Disord”, 24, 412–426
18
Ibidem
19
H., YU, et al. (2019). Common and distinct patterns of grey matter alterations in
borderline personality disorder and bipolar disorder: Voxel-based meta-analysis, in “Br.
J. Psychiatry” 215, 395–403
20
E., IRLE, C., LANGE & U., SACHSSE. (2015). Reduced size and abnormal
asymmetry of parietal cortex in women with borderline personality disorder, in “Biol.
Psychiatry” 57, 173–182
11
elemento centrale. Studi di neuroimaging funzionale hanno in effetti
mostrato come vi possa essere (e anche in questo si rammenti LeDoux)
un possibile fenotipo di instabilità emotiva che si palesa appunto come
iperreattività dell'amigdala che si attiva quando l’individuo si trova davanti
a uno stimolo emotivo negativo che compromette l’elaborazione
cognitiva che regola le emozioni.
Il secondo modello, che va detto non è inconciliabile con il primo,
chiama invece in causa maggiormente le funzioni di regolazione sociale
e interpersonale, che nel disturbo sarebbero disfunzionali e che si
ritrovano in effetti nei pazienti con il BPD.
Abbiamo quindi un modello di disregolazione delle emozioni e
degli impulsi e uno che richiama un deficit socio-interpersonale che,
come detto, possono anche essere integrati contribuendo a spiegare il
disturbo in maniera più completa.
Sta di fatto che la disregolazione emotiva è una caratteristica
chiave del BPD, e gli studi di settore hanno mostrato come il volume
anormale della materia grigia si associ al circuito limbico-corticale. Un
altro studio di cui si vuole rendere conto si è interessato delle alterazioni
dello spessore corticale negli adolescenti con BPD, ancora poco studiate
21
. L’obiettivo era quindi quello di valutare tale spessore corticale e
metterlo in relazione con la disregolazione emotiva negli adolescenti con
BPD.
La metodologia ha visto un campione di N= 52 adolescenti con
BPD e un gruppo di controllo di N=39 adolescenti sani. Gli stessi
venivano valutati tramite risonanza magnetica cerebrale i cui risultati
venivano integrati con dati strutturali e funzionali dello stato di riposo,
oltre che con una valutazione clinica per la disregolazione emotiva
21
Q., XIAO et al. (2023). Altered cortical thickness and emotional dysregulation in
adolescents with borderline personality disorder, in “European journal of
psychotraumatology”, 14(1),2163768. https://doi.org/10.1080/20008066.2022.2163768
12
tramite la Difficulties in Emotion Regulator Scale (DERS). La “r” di
Spearman è servita per analizzare i punteggi della valutazione emotiva.
I risultati dello studio hanno mostrato come, a differenza del
gruppo di controllo, nei soggetti con BPD si sia riscontrato uno spessore
corticale alterato nel circuito limbico-corticale, alterazione
significativamente associata da un punto di vista statistico con la
disregolazione emotiva. Anche la connettività funzionale è risultata
alterata nel senso di un aumento della stessa a carico della corteccia
prefrontale destra con i lobi occipitali bilaterali o con il sistema limbico.
Da queste evidenze gli autori hanno concluso come lo spessore
corticale alterato nel senso di una connettività funzionale nel circuito
limbico-corticale possa essere coinvolto nella disregolazione emotiva
negli adolescenti con BPD.
Altri studi si sono concentrati poi sulla ricerca del significato da
attribuire a queste reti cerebrali che predicono il disturbo un significato
psicologico. Sono state quindi messe in relazione con i traumi infantili
noti quali possibili fattori eziologici del disturbo in relazione ai sintomi
specifici. Una meta analisi di studi trasversali ha osservato proprio le
esperienze traumatiche nell'infanzia
22
. Appare quindi come i pazienti
con BPD abbiano un’aumentata probabilità di riferire una storia di traumi
infantili, tra cui abuso sessuale e fisico, abbandono, genitorialità
disadattiva e conflitto genitoriale rispetto ai gruppi di controllo ma anche
rispetto ad altri gruppi psichiatrici.
Allo stesso tempo i bambini maltrattati in relazione a quelli non
maltrattati sembrano avere maggiori probabilità di presentare
caratteristiche borderline
23
.
22
C., PORTER et al. (2019). Childhood adversity and borderline personality disorder: A
meta-analysis, in “Acta Psychiatr. Scand”, 141, 6–20
23
K.F., HECHT, D., CICCHETTI, F.A., ROGOSCH & N.R., CRICK. (2014). Borderline
personality features in childhood: The role of subtype, developmental timing, and
chronicity of child maltreatment, in “Dev. Psychopathol”, 26, 805–815