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Introduzione
Con questa ricerca ho cercato di analizzare e immergermi nella complessità di un
decennio, gli anni Sessanta del secolo scorso, che ha plasmato la cultura degli Stati Uniti
degli anni successivi, arrivando fino ai giorni nostri.
Sono sempre stata affascinata da questo periodo storico per affinità valoriali e per una
passione personale legata alle forme culturali e artistiche scaturite in quest’epoca, in
particolare quelle musicali. Le lotte, le proteste e i diritti rivendicati e conquistati negli
anni Sessanta in America sono strettamente collegati e interconnessi e rendono l’analisi
di questo periodo difficile nel coglierne le varie stratificazioni. Il termine “controcultura”
è stato coniato per identificare i nuovi modelli culturali, di comportamento e di vita che
sono nati negli Stati Uniti e hanno spinto a una generale reazione al conformismo e alle
matrici sociali dominanti e tradizionali, fuoriuscendo prepotentemente dai confini
nazionali e avendo influenze transnazionali e di carattere generazionale.
Nel primo capitolo intendo illustrare il contesto sociale, culturale e politico che ha
caratterizzato gli anni Sessanta, facendo riferimento a fenomeni storici correlati e
fondamentali per la comprensione del periodo. Attraverso la prospettiva storica è
possibile identificare le radici culturali, le motivazioni e i percorsi che permisero ai nuovi
movimenti sociali e culturali, di cui parlerò in seguito, di spingere verso un cambiamento
della società americana e, successivamente, anche di quella europea e occidentale. Molti
degli eventi e delle problematiche del dopoguerra si trascinarono nei decenni successivi,
influenzando i contesti successivi e persistendo fino ai giorni nostri. Muovendomi dal
contesto sociale, economico e politico della guerra fredda, ho sintetizzato i grandi eventi
storici che hanno plasmato e influenzato la storia, partendo dalle divisioni ideologiche tra
i due blocchi protagonisti e descrivendo in seguito la guerra in Vietnam, i movimenti
afroamericani di lotta per la rivendicazione dei diritti civili e per l’abolizione della
segregazione razziale, e introducendo, in conclusione, la nascita dei movimenti
femministi e della comunità LGBTQIA+.
Nel secondo capitolo ho analizzato la nascita dei movimenti sociali emersi in quegli
anni, protagonisti di lotte di più lungo raggio, precursori e portatori di idee radicali che
riguardavano gli stili di vita, i diritti sociali e civili, la sfera privata e la convivenza
internazionale pacifica. I giovani si dimostrarono gli attori principali del decennio e
coraggiosamente rivendicarono un ruolo più significativo nelle decisioni che
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riguardavano anche la loro vita; ho cercato di esaltare anche le forti contraddizioni
presenti tra la generazione degli adulti e quella dei giovani, che condussero a forme di
ribellione nei costumi, nell’etica e filosofia di vita. Catalizzatore del cambiamento fu il
movimento contro la guerra in Vietnam, che diede vita a movimenti pacifisti autonomi e
anche legati agli ambienti universitari. Partendo dal contesto socioeconomico ho descritto
la nascita della beat generation e delle loro istanze e motivazioni profonde, collegandomi
poi alle prime organizzazioni di protesta appartenenti alla sfera politica di sinistra e alla
conseguente nascita del celebre e rivoluzionario movimento hippie.
Nell’ultimo capitolo mi sono concentrata sull’impatto che la controcultura ebbe
nell’ambito artistico, in particolar modo analizzando le caratteristiche che assunsero i
nuovi generi musicali, scaturiti in quegli anni, e le nuove forme di partecipazione e
fruizione collettiva della musica. Cominciando dal contesto generale degli anni
Cinquanta, ho raccontato le premesse e le cause che portarono all’esplosione del
fenomeno musicale nel decennio analizzato, diventando un settore di consumo di massa,
descrivendo inoltre le intersezioni tra musica, cultura e politica. Infine, mi sono
concentrata sul celebre festival di Woodstock che, oltre ad avere avuto un significativo
ruolo simbolico e storico, rappresentò e rappresenta tuttora l’apice e il miglior esempio
della controcultura americana; oltre ad aver avuto un sostanziale impatto sociale e
politico, tanto da essere ricordato e celebrato ancora dopo decenni, ha influenzato le
caratteristiche e le formule concertistiche e di aggregazione che ancora permangono nella
società attuale.
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Capitolo primo - Contesto storico, politico e sociale degli anni
Sessanta
1.1 La guerra fredda
Gli anni Sessanta furono un decennio cruciale per la storia degli Stati Uniti e,
indirettamente, per l’Occidente intero. La logica della guerra fredda si impose non appena
si superò il secondo conflitto mondiale. La contrapposizione ideologica, militare e
politica che si era acuita negli anni Cinquanta tra il blocco sovietico e quello americano
aveva avuto conseguenze transnazionali, coinvolgendo in primis le nazioni europee
appena uscite dal conflitto mondiale, ritrovatesi imperniate in zone d’influenza delimitate
dall’Alleanza Atlantica (NATO) da una parte e dall’Unione Sovietica e i suoi paesi
satelliti, legati dal Patto di Varsavia stipulato formalmente nel 1955, dall’altra.
La guerra fredda provocò un “mutamento irreversibile degli equilibri internazionali”
1
,
attraversò diverse fasi accomunate da un mancato ricorso a conflitti militari di carattere
globale ma incessantemente pervase dal timore che la minaccia estrema della bomba
atomica potesse essere usata. Subito dopo la conclusione della seconda guerra mondiale,
sancita dall’armistizio firmato dal Giappone il 2 settembre 1945 dopo l’uso da parte degli
americani dell’atomica su Hiroshima e Nagasaki, il “grande progetto di cooperazione tra
Urss e Occidente”
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di Roosevelt (deceduto pochi mesi prima) si arenò e le prime tensioni
si manifestarono in merito alle divergenti idee di spartizione delle zone d’influenza sul
continente europeo, sulle ideologie e i valori da proclamare e sui modelli economici da
adottare. L’Urss avrebbe voluto imporre la sua dottrina comunista, adottando
un’economia centralizzata e pianificata, un’etica anti-individualista sostenuta da un
partito unico; il modello occidentale e statunitense si basava invece su un sistema
democratico e plurale con un modello economico capitalista fondato sul libero mercato e
sull’iniziativa individuale. La dottrina Truman, che prende il nome dal successore di
Roosevelt, (meglio definita “dottrina del contenimento”) mirò a impedire che l’Unione
Sovietica modificasse a proprio vantaggio le spartizioni e gli equilibri accordati nelle
conferenze alleate di Yalta (febbraio 1945), Potsdam (14 luglio 1945) e di Parigi (febbraio
1947), preservando un mercato mondiale che seguisse le regole della libera concorrenza.
Una “cortina di ferro”, così definita da Churchill già nel 1946, divideva in due grandi
1
G. Sabbatucci, V. Vidotto, Storia contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi, Bari, Editori Laterza,
2019 p. 221
2
Ivi, p. 222
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blocchi il mondo, separandolo in una logica bipolare fino al crollo del muro di Berlino e
il collasso del regime sovietico nel 1991.
Per risollevare l’economia europea dilaniata dalla guerra, venne istituito il piano
Marshall nel giugno 1947, con l’obiettivo di fornire aiuti economici e materiali gratuiti,
per innalzare il tenore di vita degli europei e legarli alla democrazia liberale, al
consumismo; ciò non rappresentò la volontà di controllare economicamente il continente,
ma più che altro, di evitare che i comunisti si inoculassero nelle società europee
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.
Dall’altra parte della cortina venne finanziato il piano Molotov e l’istituzione del
Cominform (settembre 1947), organo di coordinamento tra i partiti comunisti dei paesi
dell’est che operò per tracciare la linea politica da seguire in Europa per contrastare il
piano Marshall.
L’ONU, fondata il 26 luglio 1945, con lo scopo di vigilare sulla pace e sulla sicurezza
internazionale e prevenire i conflitti armati, divenne presto il miglior palcoscenico per il
conflitto est-ovest a causa della paralisi del Consiglio di Sicurezza dovuta ai veti incrociati
delle due superpotenze. Nel luglio 1947 nacque il National Security Council, il maggior
organo statunitense per affiancare l’azione presidenziale in materia di sicurezza nazionale
e politica estera. Il dissenso interno venne contrastato attraverso le agenzie federali FBI e
CIA che violarono per anni i confini e le competenze tracciate dai loro statuti, sventolando
lo spettro del pericolo comunista.
La spartizione di Berlino in quattro zone di influenza, decisa a Yalta, vide convergere le
amministrazioni americana, inglese e francese in una fusione delle tre zone alleate,
istituendo in seguito una moneta unica, liberalizzando l’economia e investendo gli aiuti
del piano d’aiuti americano. A ciò l’Unione Sovietica rispose con il Blocco di Berlino
istituito nel giugno 1948 che fu inefficace poiché gli Stati Uniti crearono un ponte aereo
per rifornire Berlino Ovest e successivamente diedero vita alla Repubblica Federale
Tedesca nel blocco occidentale, alla quale si contrappose la Repubblica Democratica
Tedesca nella parte orientale. In un clima così teso si rivelò necessaria la creazione di
un’alleanza difensiva del blocco occidentale: la nascita della Nato con la firma nell’aprile
1949 a Washington del Patto Atlantico rappresentò la migliore risposta e quest’ultima
permane, allargata e più che mai coinvolta nelle vicende internazionali, anche oggi.
Con la rivoluzione cinese del febbraio 1949 e la nascita della Repubblica Popolare
Cinese, riconosciuta dalla Gran Bretagna e dall’Urss ma non dagli Stati Uniti e da molti
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G. Mammarella, P. Cacace, La politica estera dell’Italia. Dallo stato unitario ai giorni nostri, editori
Laterza, 2010, p. 265
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suoi alleati, la prospettiva del confronto divenne di dimensioni globali e a partire dalla
guerra di Corea, consumata dal 1950 al 1953, il conflitto si spostò nei paesi del cosiddetto
“terzo mondo”, impegnando le due superpotenze sul campo di battaglia ma senza
scontrarsi direttamente, fornendo contingenti militari e aiuti a regimi che sostenevano in
loco. Fu quello che accadde nella penisola coreana tra i due regimi divisi dal 38° parallelo:
quello nazionalista del Sud sostenuto dagli Stati Uniti e dall’ONU e il regime comunista
del Nord dalla Cina e il blocco sovietico; terminato con delimitazioni geografiche
sostanzialmente identiche a quelle precedenti e la creazione sul confine di una zona
demilitarizzata, il conflitto lanciò le due superpotenze verso una sfida tecnologica e
militare che portò in pochi anni alla proliferazione di arsenali nucleari.
Si può affermare che la guerra fredda nel quinquennio 1948-1953 conobbe il periodo
più buio
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accentuando, nel blocco comunista, i caratteri repressivi e autoritari; nell’altro
blocco diede vita al fenomeno americano chiamato “Maccartismo”, dal senatore
repubblicano Joseph McCarthy che guidò la Commissione per le attività antiamericane
con l’incarico di compiere una vera e propria “caccia alle streghe” anticomunista
attraverso epurazioni nella pubblica amministrazione, nel giornalismo e nella cultura.
Nel 1952 il neoeletto Presidente repubblicano Eisenhower, adottò la cosiddetta
“rappresaglia massiccia” (dottrina militare coniata dal segretario di stato John Foster
Dulles) che prevedeva una risposta più aggressiva e violenta rispetto a un eventuale
attacco del nemico. Kruscev, successore di Stalin morto nel marzo 1953, allentò la morsa
autoritaria sia internamente che esternamente denunciando pubblicamente i crimini
commessi sotto il suo predecessore
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e illudendo gli stati satelliti che potessero, almeno
parzialmente, sganciarsi dalla morsa sovietica; ciò venne sementito prontamente dalla
violenta repressione adottata a seguito della rivoluzione ungherese del 1956.
Sul finire degli anni Cinquanta ci fu un apparente riavvicinamento testimoniato dalla
visita ufficiale del leader sovietico negli Stati Uniti, ma il nuovo decennio fu costellato
da importanti avvenimenti che avrebbero fatto vacillare il fragile equilibrio mondiale. Gli
anni Sessanta, infatti, si aprirono a cavallo della rivoluzione cubana che portò al potere
Fidel Castro, il quale, destituendo nel 1959 il regime dittatoriale di Batista, diede prova e
speranza al mondo dei successi della sinistra attuando una riforma agraria e una
ridistribuzione della ricchezza; la sua azione politica però godette, oltre che di un’enorme
popolarità internazionale, anche dell’appoggio del regime comunista, e per gli Stati Uniti
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G. Sabbatucci, V. Vidotto, Storia contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi, op. cit., p. 237
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Ivi, p. 239