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Capitolo 1
La folla
1.1 L’epoca della folla
L’epoca della folla inizia sostanzialmente circa nei primi anni del XX secolo in
Occidente, principalmente in Europa, in cui la struttura sociale e le distinzioni di classe
erano ancora fortemente rigide. Importanti fenomeni di modernizzazione,
industrializzazione e urbanizzazione segnano la fine della società tradizionale e fanno
emergere nuovi soggetti e dinamiche che mettono completamente in discussione la realtà
fino a quel momento.
La popolazione aumenta grazie ai nuovi progressi in campo medico e scientifico (la lotta
alle epidemie registra un successo dopo l’altro, mentre si moltiplicano le cure per
combattere le malattie batteriche) e grazie anche a nuove misure igieniche che
contribuiscono al sensibile calo dell’indice di mortalità e di conseguenza all’innalzamento
dell’aspettativa media di vita. Sorgono grandi imprese industriali che stravolgono il
sistema economico e i ruoli di produzione adottati fino a quel momento; esse sono infatti
in grado di produrre enormi quantità di merci destinate ad un consumo di massa, si
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diffondono i grandi magazzini in tutto l’Occidente e la domanda si allarga sempre di più
dando vita alla cosiddetta società dei consumi. I ceti medi e piccolo-borghesi conquistano
sempre una maggiore consistenza sociale e politica, formato da una eterogeneità di
artigiani, negozianti, impiegati e funzionari pubblici e privati; in virtù del loro livello
d’istruzione e del loro status sociale contribuiscono a plasmare fortemente la cultura la
mentalità e le abitudini sociali delle nuove classi medie, proletarie e contadine. << Si
passa da un modello di società tradizionale, caratterizzato da una struttura di tipo
piramidale, ad una società di tipo romboidale, incentrata su un ceto medio in crescente
espansione e su una nuova gamma di redditi e modelli di consumo >>
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; nasce così la
società di massa.
Tutte le principali città europee si arricchiscono di numerose opere pubbliche e servizi
d’interesse collettivo e divengono luogo privilegiato per nuove forme di svago e
d’intrattenimento, un tempo riservate solo alle classi più agiate come quelle aristocratiche
o dell’alta borghesia. Frequentare i caffè, balli e teatri, andare al cinema diventa alla
portata della maggior parte dei cittadini. Le persone finalmente assaporano il tempo
libero, lasso di tempo lontano dagli obblighi lavorativi, dopo essere riuscite a rivendicare
i propri diritti sindacali con una riduzione delle ore di lavoro. Ma sono soprattutto gli
sviluppi della stampa periodica a forgiare l’elemento che contraddistingue la folla:
l’opinione pubblica. I quotidiani, le agenzie di stampa, le riviste, le gazzette formano una
vera e propria industria della notizia che tiene informata la popolazione su quanto accade
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V. Castronovo, MilleDuemila. Un mondo al plurale. Corso di storia per il secondo biennio e quinto anno
3 Il Novecento e il Duemila, La nuova Italia, Milano, 2012
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nel mondo; ognuno ha la possibilità ora di formulare il proprio pensiero sulle cose, di
propagare le proprie idee e addirittura di partecipare attivamente alla vita politica. Un
tempo l’opinione delle folle non contava molto, anzi non contava affatto. Tutto ciò che
succedeva era il prodotto delle decisioni e delle rivalità tra regnanti o in alcuni casi delle
classi dirigenti.
Se pensiamo ai grandi sconvolgimenti storici possiamo accorgerci di quanto questi
dipendono dalla volontà di una folla, che è travolgente e inarrestabile, basti pensare ad
esempio alla Rivoluzione francese. Alla vigilia della Rivoluzione francese (1789),
l’assetto sociale e politico della Francia era retto dall’assolutismo regio. A seguito di gravi
problemi economici, sociali e politici lo Stato francese fu costretto a convocare gli Stati
generali; fu proprio in questo momento che un abate di nome Emmanuel Joseph Sieyès
decise di rivendicare i diritti e soprattutto la voce del cosiddetto Terzo Stato (che
rappresentava il 98% della popolazione, e comprendeva la borghesia delle città e i
contadini ovvero la componente operosa e produttiva della nazione) pubblicando un
importante pamphlet nel gennaio del 1789 intitolato “Che cos’è il Terzo Stato?”. << A
lungo risuonarono alle orecchie dei francesi le parole con cui si apriva l’opuscolo: ‘Che
cos’è il Terzo Stato? Tutto. Che cos’è stato fin ora nell’ordinamento politico? Nulla. Che
cosa chiede? Divenirvi qualche cosa.’ >>
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. Allo scoppio della rivoluzione la folla si
organizzò e si unì in un ideale politico comune, dimostrando tutta la sua forza,
provvedendo ad associarsi in corpi politici, redigendo articolate dichiarazioni di diritti,
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C. Capra, Storia moderna 1492-1848, Mondadori Education, Firenze, 2016
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doveri e leggi, assaltando una prigione per impossessarsi di fucili e cannoni
nell’emblematica presa della Bastiglia del 14 luglio 1789 e combattendo le milizie
francesi. L’intervento della folla pose fine in quel tempo alla monarchia francese e cambiò
le sorti dello Stato rendendolo ciò che oggi è ancora in parte.
Un altro esempio lampante è la Rivoluzione americana (1775), in cui le popolazioni che
abitavano le tredici colonie britanniche nel territorio americano decisero di unirsi e
dichiararsi indipendenti dalla madre patria. L’elemento più importante di tutti che procurò
alle persone la forza necessaria per portare a termine la rivoluzione fu la << presa di
coscienza di se stesse come popolo distinto, non tanto per la legge, la politica o per
costituzione, ma per carattere e cultura (B. Baylin) >>
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.
Ma nonostante gli importanti successi raggiunti da parte di queste folle, che potremmo
definire con le parole di Gustave Le Bon (1841-1931) “folle eroiche”, non sempre queste
sono capaci di organizzarsi rettamente e con efficienza in maniera autonoma; inoltre sono
poco inclini al ragionamento, e adatte invece all’azione. Sono esistite folle che sempre
Gustave Le Bon, definirebbe “folle criminali”, folle che si sono macchiate di sangue come
quelle fasciste o naziste.
Non è difficile trovare filmati, o fotografie che immortalano o ritraggono ondate di gente
esaltata che partecipa con acclamazioni e lodi a comizi, ai sermoni tenuti da Benito
Mussolini (1883-1945) o Adolf Hitler (1889-1945). Il consenso popolare sotto il periodo
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Ibidem
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fascista e nazista fu il risultato di una studiata opera di propaganda attuata dai dittatori per
suggestionare le menti delle persone, per indirizzarle e guidarle verso un preciso scopo e
unificarle sotto una determinata ideologia violenta, razzista e spregevole.
La cultura fascista veniva impartita e insegnata ai cittadini fin dalla scuola elementare con
i suoi valori militari e misogini; i giornali, la radio e gli altri mezzi di comunicazione
erano strettamente controllati e sotto censura. Ad esempio, Mussolini tramite il
cinegiornale, prima dell'inizio dei film, proiettava dei filmati propagandistici in cui
venivano mostrate grandi opere realizzate da contadini e lavoratori in nome del regima
fascista.
L’interventismo in Italia a favore della guerra, anche da parte di movimenti e autori
letterari illustri, è un altro elemento indicativo riguardante l’indottrinamento subito dalle
folle da parte di un uomo che è stato capace di dirigerle. Il nazismo e l’episodio
dell’Olocausto, una, se non la più brutta pagina, della storia dell’uomo sono un ulteriore
esempio calzante di come una folla è stata soggiogata, asservita, domata e portata a
pensare che davvero esistesse una razza superiore; l’idea poggiava su teorie razziali
secondo le quali i popoli nordici, in particolare germanici, fossero i diretti discendenti di
un’arcaica razza ariana, simbolo di perfezione psicofisica. Le folle di questi periodi storici
bui si sono macchiate di crimini terrificanti, hanno agito senza alcuna consapevolezza e
ragione, completamente accecate dalla paura, dal timore che veniva esercitato sulle loro
menti.
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Appare indiscutibile che la capacità di regolamentare l’opinione pubblica, manovrarla a
seconda dei propri interessi è la chiave di cui dev’essere fornito colui che ha intenzione
di ottenere potere e consenso. I legislatori moderni non possono esimersi dal fare i conti
con l’importanza del ruolo della massa; se in passato potevano ricorrere all’uso della forza
fisica, al prestigio e alla valenza delle proprie volontà in veste di regnanti, ora necessitano
di prendere in considerazione l’abilità di plasmare l’animo delle folle approfondendo la
conoscenza riguardo ai loro aspetti psicologici.
1.2 Due epoche
Kierkegaard (1813-1855), filosofo, scrittore e teologo danese, considerato uno dei
promotori dell’esistenzialismo, realizzando una critica della novella “Due epoche” di
Thomasine Gyllembourg (1773-1856), pubblicata anonimamente il 30 ottobre 1845,
distingue l’epoca della rivoluzione, ovvero l’epoca del passato, appassionata dall’epoca
della riflessione, ossia l’epoca attuale. La prima guidata da entusiasmo e passione, la
seconda caratterizzata da una fittizia uguaglianza all’insegna della spersonalizzazione.
Gli uomini appartenenti all’epoca della rivoluzione sono animati da un sentimento
ardente, volto all’azione. Eroi, martiri e pensatori abitano quest’epoca, perseguono un
ideale fino in fondo, combattendo e sacrificandosi per esso, circondati da chi condivide
la medesima visione. Anche se parliamo di uomini spesso violenti e selvaggi, non