32
44
G. Venturini, Diritto umanitario e diritti dell’uomo: rispettivi ambiti di intervento e punti di
confluenza, “Rivista internazionale dei diritti dell’uomo”, 1, 2001, p. 49.
45
Lo ius in bello si applica esclusivamente in caso di conflitto armato, indipendentemente dalla sua
giustificazione. Disciplina da un lato la conduzione della guerra e dall’altro la protezione delle vittime. Il
diritto internazionale umanitario e lo ius in bello sono sinonimi. Lo ius ad bellum, invece, riguarda sia la
liceità del ricorso alla forza militare sia la minaccia della stessa. Viene disciplinato nello Statuto delle
Nazioni Unite (Onu). Da “ABC del diritto internazionale umanitario”
https://www.eda.admin.ch/dam/eda/it/documents/publications/GlossarezurAussenpolitik/ABC-
Humanitaeren-Voelkerrechts_it.pdf
II CAP IT O L O
L ’O pe r az i one P i ombi F uso di nanz i
al Di r i tto Inte r naz i onal e Umani tar i o
1. Il Di r i tto i nte r naz i onal e umani tar i o: l a tute l a de i c i vi l i e l a
Conve nz i one pr e vi sta pe r l e ar mi c onve nz i onal e , c hi mi c he e nuc l e ar i .
Passiamo ora ad analizzare in questo capitolo l’elemento portante su cui si basa tutto
il discorso della tesi: ossia il diritto internazionale umanitario e le sue applicazioni in
seno all’Operazione Piombo Fuso.
Per diritto internazionale umanitario intendiamo” l’insieme delle norme
internazionali, consuetudinarie e pattizie, che hanno per oggetto la limitazione della
violenza bellica e la protezione delle vittime di guerra”.
44
Le varie branche del diritto internazionale che si applicano al conflitto a Gaza e nel
sud di Israele, utili per questa analisi, sono:
• Il dir itto inte r naz ionale umanitar io;
• Dir itto inte r naz ionale de i dir itti umani;
• Il dir itto pe nale inte r naz ionale .
A Il dir itto inte r naz ionale umanitar io, noto anche con il termine ius in bello
45
, è
quella disciplina del diritto internazionale che racchiude l’insieme di regole e principi il
cui scopo centrale è quello di proteggere principalmente coloro che non partecipano alle
ostilità, ossia i civili, e gli altri combattenti che sono malati, feriti o catturati.
Oltre a ciò, include tutte quelle norme che limitano sia, le sofferenze umane in tempi
di conflitto armato, sia i mezzi e metodi di guerra per condurre operazioni militari.Il
diritto umanitario internazionale comprende principi e norme applicabili allo
33
46
è una locuzione francese usata in diplomazia e diritto internazionale per riferirsi a soldati che sono
incapaci di svolgere le loro funzioni militari; ne sono esempi il pilota di caccia abbattuto, il malato, il
ferito, il prigioniero o il soldato altrimenti impedito.
svolgimento delle ostilità militari e prevede restrizioni alla condotta di azione militare in
modo da proteggere i civili e quelli che sono hors de combat
46
.
Si applica, come vedremo, anche a situazioni di occupazione belligerante:
impongono obblighi alla potenza occupante su un territorio occupato.
Il diritto umanitario internazionale, infine, vincola tutte le parti in conflitto armato,
compresi i gruppi armati non statali.
Le fonti fondamentali del diritto umanitario internazionale sono le quattro
convenzioni di Ginevra del 1949 e i loro due protocolli aggiuntivi del 1977.
Israele è Stato-membro delle Convenzioni Ginevra del 1949, ma non è parte del
protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo alla
protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali ossia il Protocollo aggiuntivo
I del 8 giugno del 1977; e protocollo aggiuntivo alle convenzioni di Ginevra del 12
agosto 1949, relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali,
ossia il Protocollo aggiuntivo II del 12 Dicembre del 1977.
Tuttavia, Israele è vincolato dalle norme dei protocolli addizionali I e II, che fanno
parte del diritto internazionale consuetudinario e quindi obbligatorio per tutte le parti in
conflitto armato pur non essendo firmataria.
Rispetto ad Israele , Hamas non è parte dei trattati internazionali e vediamone il
perché.
La capacità di concludere accordi internazionali compete, oltre che agli Stati, anche ad
altri soggetti di diritto internazionale come le organizzazioni internazionali e i
movimenti di liberazione nazionale.
La soggettività internazionale, che racchiude anche la capacità di concludere accordi, è
riconosciuta ai movimenti di liberazione nazionale che lottano per l’autodeterminazione
e che siano rappresentanti legittimi di un popolo la cui autodeterminazione è negata.
La prassi in materia è abbastanza consistente e ha riguardato anche i trattati conclusi fra
l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) e dello Stato di Israele.
La questione Palestinese è complicata ma per collegarci alla natura di Hamas possiamo
fare questo tipo di discorso.
34
47
Ronzitti N. Introduzione al diritto internazionale ,Giappichelli,2004
48
Pforst E. Creazione di zona pace e stabilità all’ue, Roma 2006
49
Crawford J..The Creation of States in International Law, Oxford 2006
50
Sia i Regolamenti de L’Aia sia le Convenzioni di Ginevra trovano applicazione esclusivamente
ai conflitti interstatali che coinvolgono Stati parti, o comunque Stati che abbiano accettato di
conformarsi alle norme convenzionali (v. l’art. 2, par. 3, comune alle quattro Convenzioni di
Ginevra). Il I Protocollo addizionale del 1977 estende l’applicazione del regime dei conflitti armati
internazionali ai conflitti fra Stati e Movimenti di liberazione nazionale che abbiano espressamente
accettato di rispettare tali regole (v. l’art. 96 del I Protocollo).
51
A.Annoni L’applicazione del regime giuridici dell’occupazione nei Territori palestinesi occupati
L’Olp è l’ente che rappresenta il popolo palestinese, ormai riconosciuta
internazionalmente come entità che ha il diritto dell’autodeterminazione dei popoli sia
dall’Assemblea Generale sia dalla Corte Internazionale di Giustizia.
L’Autorità Nazionale Palestinese ,nata con gli accordi di Oslo del 1993, è totalmente
separato dall’Olp e ha una limitata autonomia che esercita sul piano interno.
47
Quindi tra le due a stipulare gli accordi internazionali è l’Olp e non l’Anp
48
.
La situazione però, si è aggravata con la presa di potere di Hamas nel 2006 .
Va ricordato che ,ancora oggi, i negoziati diplomatici tra Israele e Palestina sono
sempre condotti da una parte dallo Stato ebraico, ossia Israele ,dall’altra dall’Olp.
Mentre l’Anp ,su cui oggi vi è Hamas, è un’ ente privo di soggettività giuridica.
49
Ulteriore prova di ciò è data dalla circostanza che Gaza sia ancora occupata, dunque,
non possiamo qualificare come “conflitto internazionale” la guerra fra Hamas ed
Israele.
Le norme sui conflitti armati internazionali sono concepite per essere applicate a
conflitti di natura “simmetrica”, che vedono schierate in campo le forze armate di
soggetti “omologhi” dell’ordinamento internazionale, che si confrontano nel rispetto
delle norme internazionali e disciplinano la condotta delle ostilità
50
.
Per questo motivo, le milizie di Hamas non sono obbligate a conformarsi alle norme di
diritto umanitario, ed anzi fanno degli attacchi contro i civili la loro principale strategia
militare.
Nonostante Hamas sostenga di agire nell’interesse della popolazione palestinese, la
comunità internazionale nega ad Hamas qualsiasi soggettività internazionale .
51
35
52
Secondo la dottrina classica espressa dalla celebre formula vatteliana, «quiconque maltraite un Citoyen
offense indirectement l’Etat, qui doit protéger ce Citoyen» (de Vattel, E.,Le Droit de Gens, ou Principe de
la Loi naturelle, appliqués à la conduite et aux affaires des nations et des souverains, Paris, 1758). In
base alla suddetta finzione, il diritto di intervenire per “fare giustizia” dei diritti/interessi dell’individuo
violati da parte di uno Stato straniero non appartiene al soggetto direttamente leso, bensì al suo Stato di
cittadinanza. E ciò perché la violazione dei diritti del cittadino costituisce una violazione (indiretta) del
diritto proprio dello Stato al rispetto delle norme internazionali che stabiliscono obblighi in materia di
trattamento degli stranieri (essendo ormai definitivamente superata la concezione per cui gli individui
sarebbero “beni” dello Stato ed esso agirebbe a protezione di suoi beni). Questo implica che il
presupposto per l’esercizio del diritto dello Stato di intervenire in protezione diplomatica è l’esistenza di
una violazione di norme di diritto internazionale (Battaglini, G.,Protezione diplomatica(voce), inEnc.
giur. Treccani, Roma, 1991, pp. 1-11).
53
È l’obbligo posto a carico di tutti gli Stati di non interferire negli affari interni di un altro Stato. Il
principio diNon ingerenzavieta tutti quegli interventi volti ad influenzare lescelte di politica interna e
internazionaledegli Stati e trova il suo fondamento nel principio che stabilisce l’uguaglianza sovrana di
tutti gli Stati. Il principio dinon ingerenzasi distingue da quello dinon interventoperché quest’ultimo
attiene principalmente al rispetto dell’integrità territoriale dello Stato, mentre l’obbligo di non ingerirsi
negli affari interni di uno Stato può assumere rilevanza anche sotto altri profili (ad esempio è considerata
ingerenza l’aiuto fornito a gruppi di ribelli). In https://www.laleggepertutti.it/dizionario-giuridico/non
ingerenza#:~:text=Non%20ingerenza%20%5Bprincipio%20di%5D%20(d.&text=Il%20principio%20di%
20Non%20ingerenza,sovrana%20di%20tutti%20gli%20Stati.
54
G. Venturini, Diritto umanitario e diritti dell’uomo, cit., p. 51. L’autrice mette in risalto come esista
anche un’altra nozione di diritti umani, con cui si indicano quelle “situazioni giuridiche soggettive che
vengono riconosciute a beneficio dei singoli negli ordinamenti statali”.
55
La Corte internazionale di Giustizia ha applicato il principio della lex specialis (si intende, del diritto
umanitario nei confronti del diritto internazionale dei diritti umani) oltre che nel citato parere sulla
legittimità della minaccia o dell’uso delle armi nucleari, nel parere 9 luglio 2004, Conseguenze giuridiche
della costruzione di un muro nel territorio occupato della Palestina, in “ICJ Reports”, 2004, p. 136 ss.
56
I citati articoli della Carta Onu del 1945 si collegano all’art.27 della American Convention on Human
B Il dir itto inte r naz ionale de i dir itti umani. Il diritto internazionale ha sempre
messo in secondo piano i rapporti tra lo Stato e l’individuo, ad eccezione delle norme
sulla protezione diplomatica
52
, sulla base del principio della ‘non ingerenza degli affari
interni’.
53
Con l’espressione diritto internazionale dei diritti umani ci si riferisce a quella
parte del diritto internazionale, pattizio e consuetudinario, che impone agli stati il
rispetto dei diritti degli individui
54
. Si tratta di un diritto diverso, non sovrapponibile al
diritto umanitario, anche se vi è un rapporto di genus e species tra i due.
55
La tutela dei diritti umani rientrava nella sfera di competenza interna di ogni singolo
Stato. Solo a causa delle flagranti violazioni dei diritti umani commesse durante il
secondo conflitto mondiale, la loro tutela è divenuta oggetto di norme internazionali.
La Carta delle Nazioni Unite del 1945 conteneva, nel preambolo e nei primi articoli
(ART 1. E 2) riferimenti ai diritti fondamentali dell’uomo ed esortava le nazioni a
sviluppare relazioni amichevoli, fondate sul diritto all’autodeterminazione dei popoli, e
a promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per
tutti, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione.
56
36
Rights che recita al primo comma: “In tempo di guerra, pericolo pubblico o altra emergenza che
minaccia l'indipendenza o la sicurezza di uno Stato Parte, lo Stato può adottare misure in deroga agli
obblighi assunti in forza della presente Convenzione nell'estensione e per il periodo di tempo
strettamente richiesti dalle esigenze della situazione, a condizione che tali misure non siano incompatibili
con i suoi ulteriori obblighi secondo il diritto internazionale e non comportino discriminazioni sulla base
di razza, colore, sesso, lingua, religione o origine sociale.” American Convention on Human Rights,
1978
57
Tale articolo al primo comma recita: “Nessuno può essere condannato per azioni od omissioni che, al
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è uno standard ideale che le nazioni di
tutto il mondo condividono, ma non ha forza di legge. Pertanto, tra il 1948 ed il 1966, il
compito principale della Commissione delle Nazioni Unite è stato quello di creare un
corpo di leggi internazionali sui diritti umani basato sulla Dichiarazione stessa e di
istituire i meccanismi necessari a farne osservare l’attuazione e l’uso.
La Commissione sui Diritti Umani ha creato due importanti documenti: il Patto
Internazionale sui Diritti Civili e Politici (o ICCPR) e il Patto Internazionale sui Diritti
Economici, Sociali e Culturali (o ICESCR). Il Patto Internazionale sui Diritti Civili e
Politici è stato adottato a New York il 16 dicembre 1966 ed è entrato in vigore a livello
internazionale il 23 marzo 1976. Ne sono parte 193 Stati. Il Patto Internazionale sui
Diritti Economici, Sociali e Culturali è stato redatto dal Consiglio economico e sociale
delle Nazioni Unite. È stato adottato nel 1966 ed entrato in vigore il 3 gennaio 1976.
Entrambi, come detto in precedenza, divennero leggi internazionali nel 1976.
Insieme alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, questi due Patti costituiscono
la base del Diritto Internazionale dei diritti Umani.
Menzione onorevole sui diritti umani va applicata, anche, per la Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e
della American Convention on Human Rights (Convenzione Americana). La CEDU è
stata adottata a Roma il 4 novembre 1950 ed è entrata in vigore a livello internazionale
il 3 settembre 1953. La CEDU, per il momento, è composta da 46 Stati. La
Convenzione Americana è entrata in vigore il 18 luglio 1978 ed è, attualmente,
costituita da 24 Stati.
Le disposizioni che gli Stati possono opporre ai loro obblighi in materia di diritti
umani per motivi di emergenza nel corso dei conflitti armati sono confermate dai
seguenti articoli:
· L’art. 15 del Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite
57
,
37
momento in cui venivano commesse, non costituivano reato secondo il diritto interno o il diritto
internazionale. Così pure, non può essere inflitta una pena superiore a quella applicabile al momento in
cui il reato sia stato commesso. Se, posteriormente alla commissione del reato, la legge prevede
l’applicazione di una pena più lieve, il colpevole deve beneficiarne.” Patto internazionale relativo ai
diritti civili e politici ,1976
58
Tale articolo recita:” “1. Nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù. 2. Nessuno
può essere costretto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio. 3. Non è considerato “lavoro forzato
od obbligatorio” ai sensi del presente articolo: (a) il lavoro normalmente richiesto a una persona
detenuta alle condizioni previste dall’articolo della presente Convenzione o durante il periodo di libertà
condizionale; (b) il servizio militare o, nel caso degli obiettori di coscienza nei paesi dove l’obiezione di
coscienza è considerata legittima, qualunque altro servizio sostitutivo di quello militare obbligatorio; (c)
qualunque servizio richiesto in caso di crisi o di calamità che minacciano la vita o il benessere della
comunità; (d) qualunque lavoro o servizio facente parte dei normali doveri civici.” CEDU,1953
59
Tale articolo al secondo e terzo comma recita: “La norma precedente non autorizza alcuna deroga
rispetto ai seguenti articoli: 3 (diritto alla personalità giuridica); 4 (diritto alla vita); 5 (Diritto ad un
trattamento umano); 6 (libertà dalla schiavitù); 9 (irretroattività della legge penale); 12 (libertà di
coscienza e religione); 17 (diritti della famiglia); 18 (diritto al nome); 19 (diritti del bambino); 20 (diritto
alla nazionalità); 23 (diritti di partecipazione politica); o delle garanzie giudiziarie essenziali per la
protezione di tali diritti.” “Ogni Stato Parte che si avvale del diritto di deroga deve immediatamente
informare gli altri Stati Parti attraverso il Segretario Generale dell'Organizzazione degli Stati Americani
di quali disposizioni ha disposto la sospensione, nonché le ragioni che hanno motivato la deroga e la
data in cui essa dovrà cessare.” American Convention on Human Rights,1978
60
https://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/Introduzione-al-diritto-internazionale-penale/327
· L’art. 4 della Convenzione europea sui diritti fondamentali
58
,
· L’art.27 della Convenzione americana
59
.
C Il dir itto pe nale inte r naz ionale
Il diritto penale internazionale è diventato uno strumento necessario per
l'applicazione del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti
umani stabilendo la responsabilità penale individuale per tutte le violazioni dei suddetti
diritti
60
.
Tutti gli individui (sia i civili sia i militari) possono essere ritenuti penalmente
responsabili della violazione di questi diritti.
I procedimenti penali e le sanzioni hanno una funzione deterrente e offrono una misura
di giustizia per le vittime di violazioni.
La comunità internazionale, infatti, considera la giustizia come meccanismo efficace di
responsabilità e di equilibrio di fronte agli abusi e all'impunità sui più deboli.
I reati di diritto internazionale sono definiti nei trattati e nel diritto consuetudinario
internazionale, invece le violazioni delle norme umanitarie fondamentali sono
applicabili in tutti i tipi di conflitto comportando responsabilità penale individuale
secondo il diritto consuetudinario.
38
61
ICTY,The Prosecutor v. Dusko Tadić,IT-94-1-AR72, Appeals Chamber, Decision, 2 October 1995;
available onhttp://www.un.org, footnotes omitted]
62
Art 147 IV Convenzione di Ginevra del 1948
63
Già l'Accordo di Londra del 1945 , istitutivo del Tribunale di Norimberga, identificava tre categorie di
crimini (quelli contro la pace - alias guerra di aggressione; quelli contro l’umanità - tra cui il genocidio - e
quelli di guerra), ripresi successivamente dagli Statuti dei Tribunali speciali per la ex Iugoslavia nel 1993
e per il Tribunale Internazionale per il Ruanda nel 1994, entrambi istituiti dal Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite, che elencano le seguenti fattispecie criminose: violazioni gravi delle Convenzioni di
Ginevra del 1949, violazioni delle leggi e consuetudini di guerra, genocidio, crimini contro l’umanità (il
Tribunale per la ex Iugoslavia); genocidio, crimini contro l’umanità, violazione dell’art. 3 comune alle
Convenzioni di Ginevra del 1949 e al II Protocollo addizionale del 1977 (Tribunale per il Ruanda).
La Camera d'Appello ha dichiarato: "Tutti questi fattori confermano che il diritto
internazionale consuetudinario impone la responsabilità penale per le gravi violazioni
dell'articolo 3 comune [delle 4 Convenzioni di Ginevra], integrate da altri principi
generali e regole sulla protezione delle vittime di conflitti armati interni, e per la
violazione di alcuni principi e regole fondamentali riguardanti i mezzi e i metodi di
combattimento nei conflitti civili."
61
L'articolo 147 della Quarta Convenzione di Ginevra definisce come gravi violazioni:
quelle riguardanti uno degli atti seguenti, se commessi contro persone o cose protetto
dalla presente convenzione: uccisioni intenzionali, torture o trattamenti inumani,
compresi gli esperimenti biologici, che provocano intenzionalmente gravi sofferenze o
lesioni corpo o salute, espulsione o trasferimento illecito o detenzione illegale di un
protetto costringere una persona protetta a servire nelle forze di una Potenza ostile, o
intenzionalmente privare una persona protetta dei diritti di un processo equo e regolare
prescritti nella presente Convenzione, presa di ostaggi e distruzione e appropriazione
di beni, non giustificato da necessità militari e effettuato illegalmente e
volontariamente.
62
Il diritto internazionale penale qualifica come gravi violazioni: crimini di guerra,
crimini contro l'umanità e il genocidio.
63
Tali violazioni sono elencate nello Statuto di Roma del Tribunale della Corte penale
internazionale.
Esso è stato adottato a Roma il 17 luglio del 1998 ed è entrato in vigore dal 2002.
La possibile applicazione dello Statuto di Roma al conflitto di Gaza è però ancora in
discussione.
39
64
N. Ronzitti, Diritto internazionale dei conflitti armati, cit., p. 230.
65
N. Ronzitti, Op. citata cit., pp. 319-321
1.1 T ute la de i c iv ili
Dopo questa breve sintesi sui tre campi di azione del diritto internazionale si può
passare ad indicare la disciplina del trattamento dei civili.
Per fare ciò si deve trovare una fonte giuridica capace di giustificare l’applicazione
dell’assistenza e della protezione alle vittime in situazioni di disordini e tensioni interne,
di sommosse o atti di violenza.
Queste circostanze sono riscontrabili sia per il diritto umanitario sia per il Diritto
Internazionale dei Diritti umani.
Le norme che disciplinano tale fattispecie nel diritto internazionale umanitario vanno
rintracciate:
· nella IV Convenzione di Ginevra del 1929,
· art 3 comune alle 4 Convenzioni di Ginevra del 1949
· e nel I Protocollo del 1977.
Le Parti II e III della IV Convenzione di Ginevra dettano norme sulla protezione
generale della popolazione contro gli effetti della guerra, in particolare lo statuto e
trattamento delle persone protette.
Però, non disciplinano le norme “sulla protezione dei civili che si trovino nel
territorio del nemico contro gli effetti delle operazioni militari”.
64
L’art 3 comune alle Convenzioni di Ginevra del 1949 si limita a fissare alcuni diritti
minimi inderogabili, limiti largamente superati dai diritti minimi garantiti dagli
strumenti internazionali di protezione dei diritti umani, il cui nucleo centrale ha oggi
carattere cogente.
65
L’art. 48 del I Protocollo del 1977 ,nel titolo IV sezione I definito proprio
“Protezione generale contro gli effetti delle ostilità”, recita così :“Allo scopo di
assicurare il rispetto e la protezione della popolazione civile e dei beni di carattere
civile, le Parti in conflitto dovranno fare, in ogni momento, distinzione fra la
40
66
Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle
vittime dei conflitti armati internazionali ,1977
67
Art 20 di Tale protocollo così recita “Le rappresaglie contro le persone e i beni protetti dal presente
Titolo sono vietate.” ,Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla
protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali ,1977
68
L’art 75 paragrafo 2 chiamato garanzie fondamentali recita così:[…. sono e resteranno proibiti in ogni
tempo e in ogni luogo i seguenti atti, siano essi commessi da agenti civili o militari: le violenze contro la
vita, la salute e il benessere fisico o psichico delle persone..]Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di
Ginevra del 12 agosto 1949 relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali,1977
69
Khashiev e Akaieva c. Russia(ricorsi nn. 57942/00 e 57945/00),Issaieva,Yussupova e Bazaieva c.
Russia(nn. 57947/00, 57948/00 e 57949/00) eIssaieva c. Russia(n. 57950/00)
70
L. Pisciotta, La tutela dei diritti umani in tempo di conflitti armati non internazionali. La
giurisprudenza di due Corti a confronto, in “Rivista di diritto internazionale”, LXXXXIX, 3, 2006, p.742.
popolazione civile e i combattenti, nonché fra i beni di carattere civile e gli obiettivi
militari, e, di conseguenza, dirigere le operazioni soltanto contro obiettivi militari.”
66
Dunque, questo articolo pone le basi alla tutela dei civili e afferma che solamente i
combattenti possono essere fatti oggetto di violenza bellica. Ancora, lo stesso Protocollo
vieta le rappresaglie sui civili (art. 20)
67
, la cattura di ostaggi e le punizioni collettive
(art. 75, par. 2).
68
I divieti di rappresaglia e di punizioni collettive e la distinzione tra obiettivi militari e
non, costituiscono innovazioni tra le più significative introdotte dal primo Protocollo.
Analizziamo ora la controparte del diritto internazionale dei diritti umani in seno alla
tutela dei civili. Come ben sappiamo il diritto le norme fondamentali a tutela dei diritti
umani trovano la loro applicazione anche nel corso dei conflitti armati.
La Corte di Strasburgo, in alcune sentenze relative alla repressione sviluppata in
Cecenia dall’esercito russo
69
, ha fondato la propria competenza sugli articoli 2 e 3
della CEDU, che sanciscono il diritto alla vita, individuando tra le ipotesi in cui “la
morte non si considera inflitta in violazione” di tale diritto l’ipotesi in cui l’uso della
forza risultasse assolutamente necessaria per “reprimere, in modo conforme alla legge,
una sommossa o una insurrezione”.
In tal modo la Corte, senza neppure far cenno del diritto umanitario, ha potuto
riconoscere il mancato rispetto da parte dell’esercito del requisito di assoluta necessità
dell’azione di repressione armata, requisito che deve sussistere “non solo nella
decisione di ricorrere alla forza ma anche nella pianificazione ed esecuzione
dell’azione”
70
. In tal modo i giudici di Strasburgo hanno, per così dire, aggirato i limiti
41
71
N. Ronzitti, Diritto internazionale dei conflitti armati, cit., pp. 319-321.
72
Vedi, tra le varie, Corte interna americana dei diritti dell’uomo: 15 giugno 2005, Comunità Moiwana
c. Suriname; 5 luglio 2005, 19 commercianti c. Colombia; 15 settembre 2005, Massacro di Mapiripan
c. Colombia. www.corteidh.or.cr.
73
sono una serie di trattati internazionali stipulati in occasione di due conferenze internazionali per la
pace e per discutere i principi del ius ad bellum che si sono tenute all'Aja nel 1899 e nel 1907.
del diritto umanitario, in particolare ove si verta di conflitti a carattere non
internazionale, per assicurare una più effettiva tutela dei diritti fondamentali.
71
La Corte interna americana ha operato diversamente, utilizzando il diritto umanitario
(nel caso l’art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra) come strumento interpretativo
della Convenzione americana dei diritti dell’uomo, e ciò in relazione alla gravi
violazioni dei diritti umani condotte dell’esercito e dei gruppi paramilitari di Paesi
centro e sud-americani nelle crisi dei passati decenni
72
.
Così, la stessa Corte ha posto sullo Stato in causa l’obbligo di indagare sui fatti e
punire i responsabili per crimini di guerra o contro l’umanità.
Pur nella loro diversità, le scelte operate dalle due Corti condividono il fine di
garantire una effettiva tutela di persone che altrimenti, a causa della macchinosità dei
meccanismi di applicazione del diritto umanitario, e della loro sostanziale debolezza in
caso di conflitti a carattere non internazionale non ne avrebbero potuto godere.
I risultati del nuovo corso paiono, del resto, incoraggianti.
Tuttavia, questi stessi diritti mancano di disposizioni particolari che regolino, per
esempio, la protezione e l’assistenza dei feriti e dei malati, il divieto delle deportazioni,
degli arresti massicci o della presa di ostaggi, le limitazioni all’uso della forza da parte
dei corpi della polizia e delle forze dell’ordine.
Non sono del tutto regolate nemmeno le garanzie giudiziarie, che impediscano
l’impiego delle procedure dell’integrità fisica e morale degli individui.
Quindi in tale mancanza interviene attraverso una norma generale, ossia l’Art. 3
comune alle quattro Convenzioni di Ginevra, il diritto umanitario.
1.2 C onv e nzioni inte rnazionali armi c onv e nzionali e non
Alle due convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907
73
, si aggiungono le Convenzioni
sul disarmo e sulla messa al bando di determinate tipologie di armi.
In particolare, ricordiamo:
42
74
La prima è la Convenzione sul divieto dello sviluppo, produzione e stoccaggio di armi batteriologiche
o a base di tossine e sulla loro distruzione, Londra, Mosca e Washington, 10 aprile 1972, entrata in vigore
a livello internazionale il 26 marzo 1975.
La seconda è la Convenzione sul divieto di sviluppo, produzione, stoccaggio e impiego di armi chimiche
e sulla loro distruzione, Parigi, 13 gennaio 1993, in vigore a livello internazionale dal 29 aprile 1997.
75
Convenzione sul divieto d’impiego, stoccaggio, produzione e trasferimento di mine antipersone e sulla
loro distruzione, Oslo, 18 settembre 1997, in vigore a livello internazionale dal 1 marzo 1999
76
Trattato sulla non proliferazione nucleare, Londra, Mosca e Washington, 1 luglio 1968, in vigore a
livello internazionale dal 5 marzo 1970)
· le due Convenzioni sulla messa al bando delle armi batteriologiche e tossiche del
1972 (BWC) e del 1993 (CWC);
74
· la Convenzione sulla messa al bando delle mine antiuomo
75
· e il Trattato sulla non proliferazione nucleare.
76
A L e ar mi c onve nz ionali
La Conferenza diplomatica di Ginevra è avvenuta nel 1980.
Gli studiosi del diritto internazionale umanitario definiscono questo avvenimento
come un anno fondamentale nella disciplina internazionale delle armi convenzionali.
La normativa fino ad allora vigente, il cui ultimo intervento risaliva al 1907, non
considerava i 70 anni di progressi tecnologici nel settore degli armamenti convenzionali
e di conseguenza l’evoluzione giuridica nel campo del Diritto internazionale
Umanitario.
Solo nel 1980, precisamente il 10 ottobre con la Convenzione sul “Divieto e la
limitazione dell’impiego di talune armi classiche, capaci di causare effetti traumatici
eccessivi o di colpire in modo indiscriminato”, viene finalmente regolamentato il tema
delle armi convenzionali .
Questa Convenzione è nota anche come Convenzione CCW (Certain Conventional
Weapons)
La CCW, quindi, proibisce o limita l’utilizzo, secondo i principi del Diritto
Umanitario Internazionale, di alcune armi convenzionali considerate particolarmente
dannose e/o suscettibili di provocare effetti indiscriminati sulla popolazione civile.
Essa è uno strumento flessibile e dinamico, basato su una piattaforma di base da
integrare, nel corso degli anni, con nuovi Protocolli in grado di fornire risposte concrete
all’esigenza di porre un freno all’uso di armi convenzionali.
43
Si tratta di un allegato alleConvenzioni di Ginevra del 12 agosto1949.
È stata adottata il 10 ottobre del 1980, firmata il 10 aprile del 1981 ed è entrata in
vigore il 2 dicembre del 1983.
Si compone di una Convenzione-Quadro che è costituita da disposizioni generali e di
cinque Protocolli che stabiliscono divieti o limitazioni sull’uso e sulle tipologie delle
seguenti armi:
- Armi intese a ferire con l’uso di frammenti non rilevabili nel corpo tramite
raggi X (Protocollo I del 1980);
- Mine e trappole e altri dispositivi (Protocollo II del 1980);
- Armi incendiarie (Protocollo III del 1980);
- Laser accecanti (Protocollo IV del 1995);
- Residuati bellici esplosivi (Protocollo V del 2003).
Attualmente, la Convenzione annovera 125 Stati Parte, tra cui tutte le maggiori
potenze militari, e 4 firmatari.
I singoli Protocolli invece contano da 96 a 118 ratifiche.
Una versione emendata del secondo Protocollo è stata adottata il 3 maggio 1996 ed è
entrata in vigore il 3 dicembre 1998, col fine di limitare ulteriormente l’utilizzo delle
mine.
Il 3 dicembre 1997 ad Ottawa venne firmato e costituito un Trattato, chiamato
Trattato di Ottawa, che in alcuni dei suoi punti mirava al raggiungimento di un bando
totale delle mine antiuomo.
Con l’adozione del Trattato di Ottawa del 1997 moltissimi Stati tra cui le maggiori
potenze non hanno ratificato la versione emendata del secondo Protocollo del 1977.
La caratteristica particolare della CCW è costituita dalla sua flessibilità – l’adesione
ai vari Protocolli varia tra gli Stati che hanno ratificato la Convenzione- quadro, e al suo
continuo adattamento rispetto ai cambiamenti politici e tecnologici nell’uso della forza.
Il trattato originale si applicava solo a casi di conflitto armato internazionale, in cui le
parti in guerra erano solo Stati.
Alla luce della crescente diffusione di conflitti interni (ad esempio le guerre civili o
etniche), nel 2001 gli Stati membri della CCW adottarono una modifica, entrata in
44
77
Emendamento dell’articolo I della Convenzione,2001
https://www.unog.ch/80256EDD006B8954/%28httpAssets%29/B20A03F9D7163A5BC12571DC0064F8
43/$file/AMENDED+ARTICLE+1.pdf
vigore nel maggio 2004, che ha reso le sue disposizioni applicabili a casi di conflitto
armato “non-internazionale”, ciò è rinchiuso nell’Emendamento dell’articolo I della
Convenzione.
77
Dal punto di vista istituzionale, la CCW riflette la sua particolare struttura per cui la
partecipazione allo strumento quadro e ai vari Protocolli non necessariamente
coincidono.
Questo ha dato origine a una molteplicità di regimi legali che funzionano
parallelamente.
Tutti i membri della Convenzione partecipano alle Riunioni di Stati parte annuali (e
alle Conferenze di revisione quinquennali), il cui compito è quello di esaminare lo
status di attuazione della CCW e dei suoi Protocolli, considerare il lavoro svolto dal
Gruppo di Esperti Governativi (istituito nel 2001) e determinare il mandato del Gruppo,
che può consistere nell’analisi di una tematica o sistema d’arma particolari, o nella
negoziazione di un nuovo Protocollo.
Il secondo e quinto Protocollo hanno meccanismi istituzionali propri, che includono
conferenze annuali e, nel caso del secondo, la possibilità di creare organi sussidiari (i cd
gruppi di esperti) e, nel caso del quinto, riunioni di esperti incaricati di esaminare
problemi specifici incontrati nell’attuazione del Protocollo.
Negli anni Novanta, parallelamente alla Convenzione CCW del 1980, si è sviluppato
anche un altro processo di limitazione degli armamenti, promosso da quei Paesi che
chiedevano uno standard umanitario più elevato nel settore.
Questo percorso alternativo di codificazione, che si sia formato al di fuori del
tradizionale quadro delle Nazioni Unite, ha portato alla stipula delle Convenzioni sulle
mine antiuomo (1997) e sulle cluster munitions (2008).
Quindi è importante verificare quali armamenti convenzionali siano stati oggi messi
al bando e il loro uso sia stato limitato o reso totalmente illegale dalla comunità
internazionale.