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CAPITOLO II
Elementi storici, teologico/testuali e normanti del Gloria in excelsis
«Il Gloria è un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello
Spirito Santo, glorifica e supplica Dio Padre e l’Agnello. Il testo di questo inno non può
essere sostituito con un altro. Viene iniziato dal sacerdote o, secondo l’opportunità, dal
cantore o dalla schola, ma viene cantato o da tutti simultaneamente o dal popolo
alternativamente con la schola, oppure dalla stessa schola. Se non lo si canta, viene recitato
da tutti, o insieme o da due cori che si alternano.
Lo si canta o si recita nelle domeniche fuori del tempo di Avvento e Quaresima; e
inoltre nelle solennità e feste, e in celebrazioni di particolare solennità»
35
.
L’ordinamento Generale del Messale Romano, sottolineando il carattere particolarmente
antico di questo inno, fa comprendere immediatamente come sia comprensibilmente più
complesso ricostruirne per intero le vere origini e i passaggi cruciali che hanno portato al suo
attuale uso liturgico. Di seguito si proverà a ricostruirne i passaggi principali attraverso le fonti
documentali che ne hanno attestato l’uso nel corso dei secoli, se ne metterà in luce la profondità
liturgica e si farà riferimento alle norme liturgiche che ne regolano l’uso.
Il Gloria in excelsis o Hymnus angelicus
36
è sicuramente uno dei cantici innici più ispirati
che abbia la liturgia romana. La sua composizione, di creazione cristiana, per lo stile è
assimilabile ai cosiddetti psalmi idiotici (come il Te Deum
37
e il Te decet laus) i quali si
differenziano dai salmi ispirati per il carattere personale della composizione
38
. Esso rispecchia
le caratteristiche antiche dell’inno: una lode cantata e rivolta alla divinità.
1. Elementi storici
1.1 Un inno mattinale
La prima attestazione in greco del Gloria, è riconducibile a quella contenuta nelle
Constitututiones Apostolorum
39
(380), ove nel libro VII è riportato il primo testo dell’inno. Esso
non è primariamente utilizzato nella liturgia eucaristica, bensì è inserito nella liturgia
35
ORDINAMENTO GENERALE DEL MESSALE ROMANO (OGMR), 53.
36
Sull’origine di questo appellativo se ne darà spazio più avanti.
37
Cf. J. SILVESTRE VALOR, La santa messa. Il rito della Celebrazione Eucaristica [Per la vita del Mondo], Città
del Vaticano 2022, 102.
38
Cf. C. SOLANGE, Messa, in A. BASSO, Dizionario Enciclopedico della Musica e dei Musicisti, Torino 1984, 102.
39
«Questo VII libro, che sviluppa la lettera della Didachè, ci dà pure un testo del Sanctus e una lode che contiene
il Nunc dimittis». (R. BÉRAUDY, La Chiesa in Preghiera. Introduzione alla Liturgia [Nuovo corso di teologia
sistematica 8], Grottaferrata 1966, 375).
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mattinale
40
(ύμνóς όρθρινος). Tale impiego risulta confermato dall’ampio utilizzo a
Gerusalemme ed Alessandria, secondo la testimonianza del Codex Alexandrinus (V sec.)
41
.
«Questo fu ed è tuttora il suo posto nella liturgia greca, in quella celtica ed in altre liturgie»
42
,
difatti tuttora gli orientali cantano il Gloria nell’ufficio dell’Orthros e nella liturgia milanese
(con un testo molto affine a quello delle Costituzioni) è stato in uso sino a San Carlo Borromeo
XVI sec.
43
.
Le due testimonianze sono utili a comprendere anche la costruzione strutturale del testo,
potendo mettere in evidenza alcune variazioni filologiche sostanziali le quali rivelano attraverso
l’interpolazione e l’aggiunta di frasi, la fiorente evoluzione teologica dei primi secoli. Per tali
ragioni risulta utile mettere brevemente a confronto le due testimonianze del testo originale in
greco, nella rispettiva traduzione latina
44
.
Constitututiones Apostolorum Codex Alexandrinus
1 Gloria in excelsis Deo
Et in terra pax,
hominibus bona voluntas.
Gloria in excelsis Deo
Et in terra pax,
hominibus bona
voluntas.
2 Laudamus te
Himnodicimus te,
benedicimus te,
glorificamus te,
adoramus te,
Laudamus te
glorificamus te,
adoramus te,
3 Per magnum Pontificem
Te, ens deum, ingenitum, unum,
inacessiblem, solum
Gratias agimus tibi
4 Propter magnam Gloriam tuam Propter magnam
Gloriam tuam
5 Domine, rex coelestis
Deus Pater omnipotens.
Domine, rex coelestis
Deus Pater omnipotens.
6 Domine Fili unigenite
Jesu Christe
Et sancte Spiritus
7 Domine Deus
Pater Domini Agni immaculati,
Domine Deus,
Agnus Dei,
Filius Patris,
8 Qui tollit peccatum mundi,
suscipe deprecationem nostram,
Qui tollis peccata mundi
misere nobis.
40
Cf. M. RIGHETTI, Manuale di Storia Liturgica, I, Milano 1964, 241.
41
Cf. A. NOCENT, Il Gloria, in La liturgia, eucaristia: teologia e storia della celebrazione [Anàmnesis, 3/2],
Genova 1983, 204.
42
G. DURET. La messa romana, in R. AIGRAIN (cur.), Enciclopedia liturgica [Multiformis Sapientia, 9], Cuneo
1957, 475.
43
Cf. M. RIGHETTI, Manuale di Storia Liturgica, I, 241.
44
Per i riferimenti specifici si veda: M. RIGHETTI, Manuale di Storia Liturgica, I, 238.
12
9 Qui tollis peccata mundi,
suscipe deprecationem
nostram.
10 Qui sedes super Cherubim Qui sedes ad dexteram
Patris, miserere nobis,
11 Quoniam tu solus sanctus, tu solus
Dominus,
Quoniam tu es solus
sanctus,
tu es solus Dominus,
Iesu Christe.
12 Deus et Pater Jesu Christi,
13 Dei omnis creatae naturae,
regis nostri,
14 Per quem tibi Gloria,
honor et adoratio.
In Gloria dei Patris.
Come si evince dal confronto dei testi, è possibile riscontrare che:
- Il testo delle costituzioni si rivolge interamente al Padre e ciò fa supporre che il testo
sia più vicino alle correnti eretiche ariane e subordinazioniste;
- nel testo delle costituzioni la persona del Figlio, anche se chiamato “Dio di tutto il
creato” risulta quasi scomparire nella glorificazione di Dio Padre;
- il testo presente nella versione delle costituzioni risulta privo di riferimenti allo Spirito
Santo, che invece si ritroverà nella versione alessandrina;
- il riferimento allo Spirito Santo presente al centro del testo alessandrino, lo si ritroverà
alla fine dell’inno nella versione attuale;
- il testo alessandrino, benché rivolto alla glorificazione del Padre, unisce ad essa la
supplice preghiera del Figlio che come lui viene riconosciuto santo e Signore.
Alcuni studiosi, al netto di tale analisi, propendono per una maggiore antichità ed
autenticità della versione riportata nel codice alessandrino rispetto a quello delle costituzioni,
evidentemente interpolato per eliminare i riferimenti diretti alla divinità di Cristo e alla
uguaglianza sostanziale con il Padre
45
.
1.2 Parte integrante dell’Ordinarium Missae
La più antica testimonianza del Gloria nella versione latina, è quella riportata
nell’Antifonario di Bangor (690), sembra attribuito ancora ad un uso nella liturgia mattutina e
45
È questa la conclusione dello studio condotto da Capelle e Lebreton citati in M. RIGHETTI, Manuale di Storia
Liturgica, I, 240.
13
dei vespri. Il testo attuale del messale romano è molto vicino a questa fonte. Secondo alcuni
studiosi però, il suo uso nella liturgia eucaristica era già presente.
Codice di Bangor
46
1. Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis.
2. Laudamus te; benedicimus te; adoramus te; glorificamus te; magnificamus te.
3. Gratias agimus tibi propter magnam misericordiam tuam, Domine, rex caelestis,
Deus pater, omnipotens.
4. Domine, Fili unigenite, Iesu Christe, Sancte Spiritus Dei. Et omnes dicimus. Amen
5. Domine, Fili Dei Patris, agne Dei, qui tollis peccatum mundi, miserere nobis.
6. Suscipe orationem nostram; qui sedes ad dexteram Dei Patris, miserere nobis.
7. Quoniam tu solus sanctus, tu solus Dominus, tu solus gloriosus cum Spiritu Sancto in
Gloria Dei Patris. Amen
Nel Liber Pontificalis (530) un primo utilizzo dell’inno all’interno della liturgia papale
viene attribuito a papa Telesforo (125-136) durante la messa in occasione del Natale: «Ante
sacrificium hymnus diceretur angelicus, hac est: Gloria in excelsis Deo»; ma questa
attestazione al netto di una corretta interpretazione sembra essere il tentativo di una
retrodatazione assurda, perché non era ancora celebrata la festa del Natale
47
la quale ha iniziato
a celebrarsi a Roma nel IV sec. L’utilizzo natalizio del Gloria è confermato comunque nei
sermoni di S. Leone Magno sul Natale
48
. Tale legame con la festa del Natale è evidentemente
suggerito dal vangelo di Luca che nel contempo è il riferimento biblico per la solennità
dell’incarnazione e fornisce l’incipit dell’inno. Probabilmente i primi usi all’interno della
Messa sono attribuibili a S. Ilario, che successivamente al suo esilio in Frigia, ne diffuse una
versione in Gallia intorno al 363
49
.
È più sicuro attribuire il definitivo ingresso del Gloria nella liturgia eucaristica a papa
Simmaco (498-514), come testimoniato nel Liber Pontificalis, il quale ne estese l’utilizzo alle
domeniche e alle feste dei martiri. Il legame con le feste dei martiri, nasce dal considerare il
giorno della morte di un martire, il suo dies natalis e così collegare l’incarnazione di Cristo
(mistero del Natale) con la sua morte e risurrezione (mistero della Pasqua). A testimonianza di
46
J. A. JUNGMANN, Missarum Solemnia. Origini, liturgia, storia e teologia della Messa romana, Casale 1963
2
[Milano 2004], 285.
47
Cf. G. DURET. La messa romana, 102; F. RAINOLDI, Psallite Sapienter. Note storico liturgiche e riflessioni
pastorali sui canti della messa e della liturgia delle ore [Psallite Sapienter, 1], Roma 1999, 138.
48
Cf. L. MAGNO, In Nativitate Domini, VI, in PL 54, 287.
49
Cf. M. RIGHETTI, Manuale di Storia Liturgica I, 241.
14
ciò Gregorio di Tour (538-594) attesta che in occasione del ritrovamento delle reliquie del santo
martire Mallosus, il popolo e il clero proruppero nel canto del Gloria
50
.
Il canto del Gloria inizialmente riservato alla liturgia papale nella quale il pontefice lo
preintonava rivolto al popolo
51
, via via viene inserito come privilegio della messa presieduta
dal Vescovo
52
, mentre ai presbiteri non era concesso recitarlo, se non esclusivamente nella
messa pasquale («Item dicitur Gloria in excelsis Deo, si episcopus fuerit, tantum in die
dominico, sive diebus festivi; a presbyteris autem minime dicitur, nisi solo in pascha»). «L’ordo
15, attesta una disciplina più larga, senza dubbio gallicana: il semplice sacerdote è autorizzato
a cantarlo negli stessi giorni in cui lo canta il vescovo»
53
. Con molta probabilità agli inizi si
trattava di intonazioni con formulazioni quasi salmodiche in alternanza, ciò per favorire la
memorizzazione e la cantabilità del testo
54
. La forma musicale del Gloria porta con se
testimonianze di quanto questo stile sia stato pervasivo per un certo periodo. Vi è testimonianza
di ciò ad esempio nel repertorio dell’ordinario gregoriano più antico ad esempio il Gloria IV
(GS 30) e il Gloria XV (GS 21).
50
Cf. GREGORIO DI TOUR, De Gloria confessorum, PL 71, 878.
51
Cf. M. RIGHETTI, Manuale di Storia Liturgica, I, 242. Ordo Romanus IV , 53.
52
Cf. Ordo Romanus II, 9; IV , 102.
53
R. BÉRAUDY, La Chiesa in Preghiera. Introduzione alla Liturgia, 376.
54
Cf. F. RAINOLDI, Psallite Sapienter. Note storico liturgiche e riflessioni pastorali sui canti della messa e della
liturgia delle ore, 138.