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CAPITOLO PRIMO
Il prestigio della moda italiana nel mondo e in Russia
La moda nasce in occidente a metà del 1300 come fenomeno sociale. Avviene cioè il
passaggio dalla concezione dell’abito come costume, immutabile in forma, colori e
tessuti e creato unicamente in vista della sua funzione pragmatica, all’abito come forma
di comunicazione sociale e autonoma, personalizzato con colori, particolari ed accessori
[Pizza, 2010: 11].
Nel corso della storia della moda, assistiamo nel XIX secolo all’emergere della Haute
Couture. L’uso di questo termine impone una riflessione sulla non corrispondenza con
alta moda in italiano. Sebbene a livello lessicografico, il calco risulti ben riuscito,
«Couture indica anche nel gergo internazionale della moda l’arte del couturier...noi non
abbiamo una parola che traducendo la parola couture renda l’arte del vestire la donna
contenuta nelle espressioni haute couture, maison de couture ecc...» [Monelli in Zanola,
2020:13]. Se essa infatti nasce per designare la confezione di abiti di lusso su misura,
quindi creazioni irripetibili, dando vita ad un certo tipo di sistema, l’alta moda altro non
è che l’applicazione di questo sistema alla moda italiana, ma con la possibilità che le
creazioni possano essere ripetibili [Zanola,2020:13]. Per di più, se il couturier è colui
che prende parte al processo di creazione del prodotto haute couture, il corrispettivo
italiano, stilista, è più concentrato sull’aspetto della creazione di uno stile particolare
associato all’intera collezione, piuttosto che sull’artigianalità della manifattura e
l’unicità del capo [Segre Reinach in Stanfill, 2015:62]. Per di più, La parola stilista non
trova una traduzione in altre lingue, perciò in inglese è convenzionalmente tradotta
come “fashion designer”. Tuttavia, questo termine rappresenta la chiave di lettura per
comprendere l’identità della moda italiana e il suo sistema prèt-à-porter di matrice
milanese [Segre Reinach in Stanfill, 2015:62)].
1.1 BREVE STORIA DELLA MODA ITALIANA DALLE SORELLE FONTANA
ALL’EXPORT DEL MADE IN ITALY
Fatta questa premessa, vogliamo riproporre per ordine le tappe della storia della moda
italiana.
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Sebbene un tentativo di creare una moda nazionale svincolata dall’influenza di quella
francese ci fosse stato nel Risorgimento, senza avere alcun seguito, è agli inizi del
Novecento che si verifica l’evento catalizzatore, grazie alla sarta lombarda Rosa
Genoni, la quale, all’Esposizione Internazionale di Milano nel 1906, presentò un'
originale collezione ispirata alle opere di pittori italiani rinascimentali [Gnoli, 2005:17].
Nel 1935 il fascismo costituì l’Ente nazionale della moda, individuando il percorso da
seguire per lo sviluppo di una moda italiana, ma non avendo di fatto un mercato adatto,
che non poteva essere quello nazionale per via dell’arretratezza sociale del paese, né
quello europeo, visto il predominio di Francia ed Inghilterra in questo settore
5
.
Fu solo nel secondo dopoguerra che l’Italia trovò il “terreno fertile” per la crescita del
settore, visto che la Francia, nonostante la sua posizione dominante, si trovò a dover
ristabilire la propria immagine e i contatti commerciali e l’Italia si vide incentivata nei
rapporti con gli Stati Uniti grazie agli accordi nel piano Marshall.
Il 12 febbraio 1951 il conte Giovan Battista Giorgini organizzò a Firenze il First Italian
High Fashion Show, per presentare abiti e accessori italiani ai compratori americani. In
questo periodo, il legame tra la tradizione artistica italiana (soprattutto cinquecentesca) e
il gusto della moda dell’epoca, continuò ad essere evidente nelle varie creazioni di
moda.
Parallelamente alle sfilate proposte a Firenze, una vasta schiera di stelle del cinema
hollywoodiano porta in alto il successo delle prestigiose sarte di Roma, fra le quali
spiccano le sorelle Fontana. Insieme a loro, anche alcune nobildonne della capitale
intrapresero la carriera nel mondo della moda; fra esse ricordiamo la baronessa Clarette
Gallotti, conosciuta come “la tessitrice dell’isola” e la principessa russa Irene Galitzine.
Il grande successo sul mercato americano, in un periodo in cui il settore tessile era
ormai secolare, ma l’industria dell’abbigliamento soltanto allo stato embrionale, portò
ad una rivoluzione che consistette nell’abbandonare il sistema francese del singolo capo
su misura e a concretizzarsi nella soluzione creativa del ready-to-wear italiano: capi di
qualità destinati al consumo di massa. Anche il settore della distribuzione fu
rivoluzionato dalla «boutique fashion formula» [Caratozzolo in Stanfill, 2005:55], cioè
la diffusione di boutique esclusivamente italiane in tutto il mondo (in particolare negli
Stati Uniti), all’interno delle quali traspariva chiaramente il nuovo stile nazionale,
5
Merlotti, https://www.treccani.it/enciclopedia/i-percorsi-della-moda-made-in-italy_%28Il-Contributo-
italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Tecnica%29/, consultato il 5.05.2022
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specie nelle stampe di Pucci e Simonetta, che si ispiravano esplicitamente al
Rinascimento o a paesaggi italiani.
D’altra parte, i creatori che invece decisero di rimanere nell’ambito dell’alta moda, ne
trassero comunque beneficio, perché la differenza con il ready-to-wear ne elevò lo
status. A maggior ragione, vollero distinguersi entrando in collaborazione con degli
artisti, come tutt’ora accade ad esempio per la casa di moda Valentino Garavani
[Caratozzolo in Stanfill, 2005:46-57].
La svolta decisiva per l’industria della moda si verifica fra gli anni ’70 e ’80 del
Novecento, quando il centro della produzione e le case di moda si concentrano nell’area
del milanese. Già la contestazione giovanile degli anni ’60, manifestando una tendenza
di stile che venne definita “antimoda”, aveva dato impulso alla creazione di abiti pensati
esclusivamente per i giovani (pensiamo ad esempio a Fiorucci, Benetton e Robe di
Kappa). È in questo contesto miscellaneo che nasce la figura dello stilista, fautore di
uno stile in linea con la società ed anticipatore dei gusti, incarna la prova tangibile del
fatto che l’Italia ha acquisito una propria identità nel mondo della moda, che la rende
unica rispetto a qualsiasi altro paese al mondo. Da questo periodo in poi, l’abito non
riflette più il ruolo di chi lo indossa o l’occasione d’uso, ma diventa più comodo e
informale, proponendosi come obiettivo la soddisfazione del consumatore (Marangoni,
1998:208-305).
Nel 1965 Giorgini si dimette e la Camera nazionale della moda (l' associazione senza
scopo di lucro che disciplina, coordina e promuove lo sviluppo della Moda Italiana,
fonte: https://www.cameramoda.it/it/associazione/cnmi/, consultato il 08.05.2022)
decide che a Roma avrebbe sfilato l’alta moda, mentre a Firenze il prêt-à-porter e la
maglieria. A fronte di ciò, Milano e Torino fondarono delle fiere per la presentazione
dei prodotti di lusso nel 1969. Ma fu la presenza di riviste come Vogue Italia, Harpers
Bazaar e Novità, insieme ai grandi fotografi di moda e alla crescente importanza dei
saloni espositivi che resero Milano la capitale della moda italiana. Fino quasi alla fine
del secolo, le passerelle di Milano, sulle quali si spostano definitivamente gli
appuntamenti dedicati al ready-to-wear femminile, vedono l’affermarsi di griffe italiane
oggi note in tutto il mondo come Armani, Prada ed altri.
A fine anni ’90, con la morte di alcuni di questi importanti personaggi e l’imperversare
della crisi economica, il consumatore italiano si indirizza verso le catene del cosiddetto
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fast fashion italiana
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, mentre le grandi firme sussistono in una condizione di
“delocalizzazione” del Made in Italy, perché le grandi case di moda vengono cedute ad
holding straniere7 e gli stilisti si trovano a far fronte alla nuova sfida di disegnare per un
pubblico soprattutto estero, orientandosi negli ultimi anni verso i nuovi mercati di
Russia e Cina, come ad esempio Valentino, che è stato acquistata dalla alla società
Mayhoola for Investments del Qatar nel 2012
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.
1.2 BREVE STORIA DELLA MODA RUSSA DALL’EPOCA ZARISTA ALLA
MERCEDES-BENZ FASHION WEEK
Per poter risalire agli albori della nascita della moda russa, bisogna guardare all’epoca
di Pietro il Grande (XIII sec.), quando quello che è stato definito “l’antico costume
russo”, fu bandito con un decreto e i cortigiani e cittadini di San Pietroburgo furono
obbligati ad indossare gli abiti di moda in Europa. Fu soprattutto sua figlia, Elizabeta
Petrovna, a diffondere in Russia la passione per la lingua francese e lo stile parigino.
Nel XIX secolo, si diffondono le prime riviste di moda che riportavano le tendenze
francesi, ed è soprattutto l’alta borghesia ad esserne più coinvolta. Aprono a Mosca e
San Pietroburgo negozi specializzati per l’abbigliamento femminile di fattura francese e
per l’abbigliamento maschile di fattura inglese. Tutte le novità che erano importate
dall’estero in fatto di moda venivano comunque adeguate alla cultura e alle tradizioni
religiose e morali del paese. La moda diventa subito un fenomeno di massa,
pubblicizzata attraverso la fotografia e una stampa sempre più specializzata. Verso la
fine del secolo il ready-to-wear si affianca alle produzioni casalinghe di abiti, che
contavano sui cartamodelli europei pubblicati sui giornali. La domanda cresce a tal
punto da favorire l’apertura del GUM sulla Piazza Rossa a Mosca e di una galleria di
negozi a San Pietroburgo.
Pioniera della moda russa autoctona è Nadežda Lamanova, la quale apre il suo atelier a
Mosca nel 1885 e dopo la rivoluzione si trova a dover lavorare sotto l’egida del governo
sovietico. Decide di dare espressione alla richiesta di uno stile nazionalistico integrando
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Merlotti, https://www.treccani.it/enciclopedia/i-percorsi-della-moda-made-in-italy_%28Il-Contributo-
italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Tecnica%29/, consultato il 14.04.2022
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https://www.panorama.it/news/economia/valentino-comprata-dall-emiro-del-qatar, consultato il
14.04.2022
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la moda con l’arte russa. Si dice che addirittura abbia collaborato direttamente con
artisti russi, come Lev Baksts per esempio. È tutt’ora nota soprattutto per aver disegnato
i costumi della compagnia Ballettes Russes.
Sulla sua scia, a rafforzare l’identità della nuova moda russa, Tatin, Popova e Stepanova
si ispirano alle avanguardie russe (Cubofuturismo, Astrattismo e Costruttivismo),
evidenti soprattutto nei bozzetti e nelle linee sartoriali. Tatin in particolare, si premurò
di progettare nei dettagli abiti per la produzione di massa, che oltre ad essere innovativi
nell’estetica, potessero essere abbastanza economici e di semplice assemblaggio [Berg
Encyclopedia of World Dresses, 2010: 332-363].
L’apice della produzione forzata si ebbe intorno al 1935 con il movimento stacanovista,
portato avanti anche da donne come Marusia Makarova, la quale reinvestiva gran parte
del proprio stipendio nel proprio guardaroba, ostentando l’immagine di una donna
progressista, dedita al duro lavoro e al passo con le tendenze della moda.
Durante i primi anni della Guerra Fredda venne ripreso il rigetto bolscevico per la
moda occidentale e venne proposto uno stile semplice e funzionale, che non
evidenziasse differenze di classe e che allo stesso tempo rispecchiasse lo stato di
avanzamento scientifico e tecnologico del paese. Così i capi proposti dalla moda
sovietica somigliano a quelli maschili e scelgono toni neutri, senza dare troppo spazio
alla creatività. Vennero indetti anche “incontri sulla moda socialista”, che a detta di
Bartlett somigliavano all’unione di una sfilata di moda con un Congresso Comunista,
nelle quali la competizione era rigidamente basata sull’appropriatezza dei materiali
impiegati, il minor spreco, la qualità tecnica e infine la realizzazione estetica.
Tuttavia, a partire dagli anni ’60, il diffuso sentore della futura crisi del regime detta un
ritorno alla moda occidentale. Nel 1967 viene organizzato a Mosca il Festival
Internazionale della Moda, in cui partecipano collezioni sia dell’est che dell’ovest
Europa. Slava Zaytzev, direttore artistico dell’ODMO (Unione di tutte le Case della
Moda in Russia. La carica massima alla quale uno stilista russo di quel periodo storico
potesse aspirare), riprende nelle sue collezioni l’idea dei motivi etnici lanciati dalla
Lamanova, diventando così la rappresentante della moda sovietica nel resto del mondo.
È solo con la caduta del Muro di Berlino (1989) che la moda torna ad essere
internazionale [Lanzi, 2014:10-34]. Negli anni ’70 la Russia attraversa un periodo di
crisi che investe anche questo settore, il quale rifiorirà nuovamente negli anni ’90 grazie
11
a designer come Valentin Yudaškin (allievo della Zaytzev) e Alena Akhmadullina, le
cui creazioni rievocano la storia russa [Berg Encyclopedia of World Dresses, 2010:
375].
Attualmente Mosca ospita la Mercedes-Benz Fashion Week, durante la quale sfilano le
nuove proposte del mercato russo della moda
9
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1.3 VALENTINO E DOLCE&GABBANA: EMBLEMI DELLA MODA ITALIANA
NEL MONDO
La creazione del marchio Valentino Garavani (1959) risale all’epoca d’oro dell’alta
moda romana. Il suo successo fu dovuto, oltre che al genio creativo del fondatore e al
contesto sociopolitico favorevole, alla posizione centrale del suo atelier nella capitale e
alla collaborazione con Giancarlo Giammetti, al quale delegò completamente la
gestione dell’aspetto finanziario dell’azienda
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Ciò che lo contraddistingue sono l’ibridismo estetico, il simbolismo e la concezione
della moda come aspetto fondamentale della cultura. Egli si ispira alle opere d’arte
dell’età tardo-ellenistica romana, al mondo della natura, fatto di fiori, animali, e la
geografia nella sua interezza; nelle sue collezioni è possibile percepire un intento
esplorativo verso culture diverse da quella occidentale come quella asiatica o russa.
Nella concezione di Valentino, l’aspetto artistico, simbolico e culturale si fondono nelle
creazioni di moda. Ne è un esempio l’abito creato durante la Guerra del Golfo (poi
esposto all’Ara Pacis nel 2009) con la parola “pace” scritta su di esso in tutte le lingue
del mondo [Dugo, 2016:85-93].
Il couturier si ritira nel 2007, lasciando la direzione artistica della maison a Pierpaolo
Piccioli e Maria Grazia Chiuri, precedentemente responsabili della collezione scarpe ed
accessori. La coppia creativa rinnova l’estetica del marchio rendendolo molto
concettuale, ma mantenendo l’allure romantica che lo ha sempre contraddistinto. Il
processo di modernizzazione avviene a livello tecnico rendendo couture t-shirts,
cerniere in vista e accostando fra di loro materiali dall’effetto aggressivo con altri molto
delicati. Un’altra innovazione è quella di continuare l’impostazione artistica della
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https://it.femalevogue.com/8723616-moscow-fashion-week-will-open-with-a-gala-
show#:~:text=La%20settimana%20della%20moda%20di%20Mosca%20si%20sta%20sviluppando%20e,
Week%20%C3%A8%20Made%20in%20Russia, consultato il 13.04.2022
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https://it.wikipedia.org/wiki/Valentino_(azienda), consultato il 5.05.2022
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maison aprendosi a collaborazioni con artisti e designer, allo scopo di creare pezzi che
raccontino del dialogo creatosi fra le due parti [Frisa, 2011:135].
Nel 2016, con l’uscita di Maria Grazia Chiuri, Piccioli rimane l’unico direttore creativo.
Egli afferma di voler traghettare la Maison verso una nuova forma di umanesimo che
produce l’innovazione sulle basi di una tradizione ben salda.
Attualmente il marchio è distribuito in tutto il mondo attraverso una fitta rete
commerciale che comprende anche una propria online-boutique disponibile in varie
lingue e con spedizioni verso tutti e cinque i continenti
11
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Dolce&Gabbana appartiene invece al circuito degli stilisti del prèt-à-porter milanese. Il
marchio prende il nome dai suoi creatori Domenico Dolce, figlio di un sarto
palermitano trasferitosi a Milano, e Stefano Gabbana, figlio di un tipografo milanese e
amante della Sicilia, in quanto meta prediletta per le vacanze dell’infanzia. È proprio
questo comune amore per l’isola a fare da riferimento per le caratteristiche estetiche del
marchio, oggi considerato ambasciatore dello stile italiano nel mondo [Jones,2009146].
Il loro stile viene descritto come «a touch of Sicilian passion, in the manner of Sophia
Loren: an affermative, even aggressive feminine eroticism, adult and dominant» («un
tocco di passione siciliana, alla maniera di Sophia Loren: un erotismo femminile
affermativo, a volte aggressivo, adulto e dominante»
12
). [Vinken, 2004:91]. I loro
modelli estetici di riferimento sono l’immagine folklorica della ragazza siciliana (calze
nere coprenti, pizzo nero, gonne contadine, scialle con frange), il bandito siciliano
(completi rigati, coppole, qualità sartoriale) e la seduttrice mediterranea (bustini, tacchi
alti, intimo in vista), [Jones,2009:146]. È questo giocare sui contrasti, anche con una
certa ironia, a rendere unico e riconoscibile il loro stile. Fra di essi, l’aspetto che forse
ha suscitato più scalpore è stato quello di aver reso parte del vestiario quotidiano
indumenti concepiti come intimo femminile, mettendo bene in mostra le linee del busto
e il seno. Questo atteggiamento ha incontrato il favore di diverse star che lo hanno reso
celebre, fra le quali Madonna, per esempio [Vinken, 2009:92-97].
Al contrario di Valentino, non è registrato nella Haute Couture ufficiale di Parigi, ma ha
aggiunto negli ultimi anni, oltre a quella prèt-à-porter, una collezione Alta Moda che
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https://www.valentino.com/it-it/world-of-valentino/creative-direction, consultato il 1.05.2022
12
traduzione nostra
13
viene fatta sfilare ogni anno scegliendo come sfondo i più bei panorami delle città
italiane, elemento che ne rafforza ulteriormente l’identità e il prestigio.
Anch’esso vanta una distribuzione capillare e una fama mondiale, nonché un e-
commerce ben organizzato per la vendita a livello mondiale
13
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1.4 LA MODA ITALIANA IN RUSSIA COME INCONTRO FRA CULTURE
Mentre la moda italiana è da tutti riconosciuta per la qualità dei tessuti e della
manifattura unita a quella del design e il carattere meno formale rispetto alla moda
francese [Brannon, 2012:241] la moda russa è, come abbiamo visto, ancora in via di
affermazione entro i limiti nazionali e identificata all’estero attraverso singoli capi che
son diventati simboli dello stile russo, come il colbacco (shapka), il kokoshnik (una
tradizionale tiara di stoffa già in uso nell’antica Rus’) e il platok ( tipico fazzoletto con il
quale le donne russe si coprono il capo nei mesi freddi), [Khromtcenko,2009:12,19].
Proprio perché la Russia si è sempre approvvigionata dall’Europa in fatto di vestiario e
ancora oggi mantiene una notevole apertura alle tendenze occidentali, lo stile italiano si
integra perfettamente all’interno del nuovo panorama della moda russo, così come alle
esigenze del mercato. Per di più, il Made in Italy è molto apprezzato nel settore del
lusso per via del processo di qualificazione del prodotto sul valore della sua
artigianalità, un concetto che ha contribuito negli ultimi anni all’incremento delle
vendite sul mercato asiatico [Benini,2016. 1-3].
In realtà, le manifatture italiane erano molto apprezzate in Russia già ai tempi degli zar.
A partire dal XV secolo in poi, i rapporti fra la Russia e alcune città italiane (specie
Venezia) hanno garantito la presenza di tessuti italiani sul mercato del lusso russo. Si
trattava soprattutto di elaborati velluti e broccati, i quali erano riservati alla confezione
degli abiti dello zar, il patriarca, la famiglia reale e i cortigiani più in vista.
La
lavorazione di tali tessuti era apprezzata a tal punto che venne creata una terminologia
specifica per distinguerli sulla base del tipo della loro lavorazione (e quindi sul grado di
preziosità). I tessuti operati a diverse altezze di pelo erano chiamati dvoemorkhij e rytyj,
mentre i broccati venivano distinti in assamiti (con oro filato), altabas (con oro tirato),
objar (con lamine d’argento) [Vyshnevskaja, 2009:61-74].
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https://world.dolcegabbana.com/it/?_gl=1*auli1t*_ga*MTkxODcxNDExOC4xNjUwMDE5MzM4*_ga
_2S6SQZ66CV*MTY1MDAxOTMzNy4xLjAuMTY1MDAxOTMzNy42MA.. , consultato il 3.05.2022