Introduzione
L’elaborato si propone come un’analisi che esula da un semplice elenco storico dei fatti
che hanno costituito la tanto dibattuta, contestata, anche stereotipata, Santa Inquisizione.
L’ufficio tra l’altro non è caratterizzato da una visione statica e unitaria, ma anzi questa
risulta essere estremamente mutevole, anche a causa della lunga permanenza storica
dell’istituzione, escludendo dunque una visione “monistica” consistente in unico e
immutabile Ufficio, come comunemente è d’uso pensare.
Il tema dell’operato del Santo Uffizio infatti non può essere affrontato senza aver
chiarito in maniera puntuale e completa le dinamiche che hanno costituito a livello
storico il concetto di sovranità, e soprattutto la definizione stessa che ha portato alla
genesi del fenomeno, studiata tra l’altro dai più importanti accademici, filosofi e giuristi
di ogni periodo cronologico.
Alle questioni in ordine alla sovranità e alle modalità di esercizio del potere vanno
aggiunti ulteriori aspetti definitori, come quelli inerenti alle vicende storiche interne alla
stessa Chiesa Cattolica e alla cristianità, come la genesi della lotta alle eresie o la
riforma protestante (e la conseguente controriforma). Questi ultimi eventi hanno portato
a numerosi aspetti da sottolineare nelle dinamiche che hanno accompagnato l’azione
inquisitoriale nel corso dei secoli, come ad esempio la diffusione (e conseguente
“rogo”) dei libri proibiti in diversi importanti centri del nostro Paese (tra cui Venezia) o
i rapporti tra le varie confessioni religiose nell’alveo del cristianesimo “ereticale” e la
Chiesa Cattolica, che porterà ad eventi anche di notevole drammaticità. Basti pensare ad
esempio alla repressione degli ugonotti avvenuta in Francia.
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Le vicende del Santo Ufficio non passano solo dai corsi storici, ma anche se non
soprattutto da uno studio approfondito degli atti processuali veri e propri, nonostante
una parte delle fonti sia andata irrimediabilmente perduta. I documenti a noi pervenuti ci
riportano un ritratto del giudice inquisitore, dei suoi rapporti con la Chiesa Cattolica, del
suo ruolo processuale, dei suoi compiti e anche delle dinamiche intercorrenti tra i vari
ordini ecclesiastici, i veri protagonisti della prima inquisizione medievale, in costante
incontro-scontro fra loro.
Lo stretto rapporto tra sovranità e lotta alle eresie finalizzata ad un dominio della Chiesa
Cattolica sul piano sia spirituale che temporale (di cui la Santa Inquisizione rappresenta
il “braccio esecutore”) può essere colto ad esempio in uno dei comuni denominatori
dell’analisi effettuata nell’elaborato, ovvero l’opera di Jean Bodin.
L’autore rappresenta uno dei personaggi che più ha contribuito alla definizione del
concetto di sovranità moderna e di assolutismo monarchico, ma lo stesso nei suoi scritti
effettua uno studio trasversale tra il percorso storico della sovranità e la concezione di
“unicità” che caratterizza da sempre la propria idea riguardo il tema esaminato.
Non possiamo tra l’altro ignorare l’influenza nella tesi del giurista e filosofo francese
proprio della repressione antiereticale, che condurrà il medesimo verso la teorizzazione
dello Stato assoluto proprio in quanto unica forma di Stato idonea a poter far cessare le
laceranti guerre religiose del XVI secolo.
Il Santo Ufficio e la Chiesa Cattolica in genere si insinuano dunque proprio nelle
complesse trame che caratterizzano la sovranità prima medievale e poi moderna,
nell’articolato meccanismo di poteri, contrapposti ma anche affiancati, che portano alle
più svariate dinamiche storico-politiche. Risulta essere proprio questo uno dei principali
motivi che porta l’Inquisizione (almeno nell’accezione storica del termine) nelle sue
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varie forme ed articolazioni territoriali, a rimanere salda nel proprio potere repressivo
per oltre sei secoli.
Dall’Inquisizione altomedievale che sfrutta l’incompiutezza giuridica del periodo
storico in questione, tanto da far emergere sulla scena politica figure totalmente nuove
ed inedite nel ruolo inquisitorio ed apicale come gli ordini ecclesiastici, alle dirette
dipendenze di vescovi e papi, si passa a quella moderna condotta invece dai sovrani, in
particolar modo l’arcinota Inquisizione Spagnola, istituita dai regnanti iberici Isabella I
di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. La lettura dell’elaborato permette di comprendere
appieno il legame inscindibile tra la sovranità, nell’inquadramento sia storico sia
filosofico ed ancora giuridico, e un’analisi della storia e della struttura della Santa
Inquisizione come quella in questa sede effettuata.
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CAPITOLO I La nascita dell’Inquisizione
1.1 Genesi e istituzionalizzazione dell’Inquisizione “medievale”
L'immagine popolare, che permane sino ad oggi, riguardante il Sant'Ufficio
dell’Inquisizione (dal termine latino inquirere, ovvero indagare, investigare) richiama
quella riferibile allo Stato totalitario, in cui è presente un insindacabile rapporto di
subordinazione dei governati nei confronti del monarca. Per certi versi si potrebbe
definire come un vero e proprio organo accentratore dei tre principali poteri (legislativo,
esecutivo e giudiziario) appartenente ad un definibile totalitarismo “confessionale”. A
questo proposito possono essere non difficilmente desumibili le dinamiche intercorrenti
in tal contesto: trattasi di un’ideologia inculcata sin dai primi anni di educazione
dell’individuo e alla quale obbedire in maniera cieca e incondizionata. In caso di
dissidenza le uniche conseguenze concepibili possono essere emarginazione,
repressione, perfino carcere e torture.
Pur non potendo contestare una almeno parziale fedeltà della rappresentazione sopra
indicata alla verità storica ricostruita dalle numerose fonti pervenute (si stima al 1963
con il lavoro di ricerca di Emile Van der Vekene l’esistenza di circa 1950 titoli, di cui
629 pubblicati già nel XIX secolo, da parte di autori delle più svariate nazionalità), non
si può d’altro canto non constatare come una buona parte delle immagini con cui si
rappresenta volgarmente l’Inquisizione medievale sia da definire come eccessivamente
stereotipata.
La principale giustificazione dell’ultima affermazione si può rinvenire in un fattore
squisitamente cronologico: l’Inquisizione spagnola, la più rilevante, è durata più di tre
secoli, in un periodo che si può ricomprendere tra il 1479, anno immediatamente
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successivo all’istituzione dell’Ufficio ad opera di papa Sisto IV, e il 1834, data di
definitiva abolizione dopo la temporanea soppressione nel periodo napoleonico, durata
sette anni a partire dal 1808
1
.
In realtà l’istituzione dell’Inquisizione si può collocare in un periodo ancora precedente,
coincidente con l’anno 1179, durante il quale presso il Concilio Lateranense III troverà
la genesi il canone Sicut ait beatus Leo, seguito qualche anno più tardi dalla decretale
Ad Abolendam (risalente al 1184), emanata dal papa Lucio III durante un incontro con
Federico I. Il passo fondamentale avviene però nel 1199 con l’emanazione della
decretale Vergentis in senium ad opera di papa Innocenzo III, in cui si equipara il
crimine di eresia a quello di lesa maestà (crimen lesae maiestatis).
Ha origine così quella che potremmo definire “inquisizione medievale”, con la nomina
diretta papale del giudice inquisitore, fase che perdurerà sino alla nascita
dell’inquisizione spagnola (ed un secolo dopo della portoghese) nel XV secolo. La
successiva tappa sarà difatti caratterizzata dall’intervento dei sovrani (e non più del
papa) nella nomina dei componenti dell’Ufficio.
All’inizio del XIII secolo la legislazione antiereticale entra ufficialmente a far parte
dell’ordinamento canonico. Gregorio IX (1227-1241) istituisce il negotium inquisitionis
(o officium inquisitionis, o ancora inquisitio haereticae pravitatis), che troverà una
compiutezza istituzionale all’inizio del secolo successivo. Nel medesimo periodo il
titulus De Hereticis entra a far parte del Liber Extra, la raccolta ufficiale di decretali
pontificie, concretizzando definitivamente il fenomeno menzionato poco sopra.
Nel 1254 avviene una precisa scelta organizzativa, corrispondente alla divisione
dell’Italia in due zone inquisitoriali: la Lombardia con Bologna e Ferrara sino a Genova
1 B. Bennassar, L’Inquisizione spagnola, BUR Rizzoli, Milano, 1979, pp. 1 ss.
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corrispondente alla giurisdizione dei frati Predicatori, e la Marca Trevisana, la Romagna
e la Marca d’Ancona affidate ai frati Minori. Fautore del cambiamento in questione è
papa Innocenzo IV con la “Licet ex omnibus”. I primi in Lombardia si riveleranno
decisivi per l’affermazione istituzionale del Tribunale dell’Inquisizione. A prevedere
l’importante svolta adottata da Innocenzo IV è già una sua lettera, risalente al 1227,
destinata al podestà e al popolo lombardo e riguardante i pericoli dell’haeretica
pravitas.
In una successiva missiva del 1232 destinata ad un tale Frate Predicatore Alberico il
pontefice fornisce invece la definizione formale di inquisitor haeretice pravitatis, colui
che svolgerà il compito di giudice inquisitore. A conferire una certa strategicità circa la
materia trattata al territorio della Lombardia contribuiranno due principali aspetti. Il
primo è rappresentato dal conflitto tra papato e impero, particolarmente intenso
nell’area geografica considerata, che dopo la morte di Federico II di Svevia accelererà
l’iter istituzionale finalizzato all’affermazione dell’Inquisizione. Il secondo punto
inerisce invece alla notevole presenza all’interno del territorio lombardo di popolazioni
considerate “eretiche” dalla Chiesa di Roma, su tutte valdesi e catari. Proprio la
repressione di questi ultimi porterà all’emanazione della bolla papale Ad Extirpanda del
1252, destinata ai territori amministrati dai Frati Predicatori. L’atto pontificio trae la
propria denominazione dalla finalità, ovvero quella di “estirpare” tramite una cruda
repressione le popolazioni cristiane non cattoliche presenti in Lombardia, e la
haereticae pravitatis zizania
2
.
2 Bolla Papale “Ad Extirpanda”, 1252: “ad extirpanda de medio Populi Christiani haereticae pravitatis
zizania, quae abundantius solito succreverunt, superseminante illa licentius his diebus hominis inimico
tanto studiosius, juxta commissam nobis sollucitudinem insudare proponimus, quanto perniciosius
negligeremus eadem in necem catholici seminis pervagari. Volentes autem, ut adversus hujusmodi
nequitiae operarios consurgant, stentque nobiscum Ecclesiae filii, ac Orthodoxae fidei zelatores,
Constitutiones quasdam extirpationem haereticae pestis edidimus, a vobis ut fidelibus ejusdem Fidei
defensoribus exacta diligentia observandas, quae seriatim inferius continentur”
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L’uccisione del frate predicatore Pietro da Verona nel 1252 porta ad un ulteriore
inasprimento delle misure repressive nei confronti delle popolazioni perseguitate, anche
attraverso un netto ampliamento dei poteri propri degli inquisitori. Questi costituiscono
in detta fase storica personalità d’eccezione nominate direttamente dal papa, che ha con
gli stessi un contatto diretto. Una prova riguardo ciò è rappresentata dal ricco scambio
epistolare tra il pontefice e frate Raniero da Piacenza, un inquisitore ex cataro, dal quale
si desume un progressivo delineamento dei compiti propri dell’inquisitore, ormai
prossimo a divenire un compiuto soggetto istituzionale.
La repressione anti-eretica nel resto della Penisola avrà un maggiore impulso per mano
di papa Alessandro IV (1254-1261). Quest’ultimo, essendo stato anche cardinale
protettore dei Frati Minori, ha rafforzato durante il proprio pontificato il potere
dell’ordine incaricato di amministrare la zona inquisitoriale dell’Italia nord-orientale e
centrale
3
.
L’operato dei Frati Minori è stato però tutt’altro che privo di scandali e controversie.
Nel 1302 si segnala infatti un’ambasceria condotta dal vescovo piacentino Ottobono de’
Razzi volta a segnalare al papa Bonifacio VIII, i soprusi degli inquisitori francescani
avvenuti nel territorio di Padova, Venezia, Verona e Friuli
4
. L’ordine è accusato di
estorsioni a danni di fedeli e non, mancate segnalazioni al vescovo competente e
occultamento di documenti propri dell’ufficio.
Il primo giugno giunge il provvedimento del pontefice, che ordina la sospensione in via
cautelativa dei Frati Minori dall’incarico, e che successivamente porterà all’arresto di
due fondamentali frecce nell’arco dell’inquisizione francescana, ovvero Boninsegna da
3 M. Benedetti, “Inquisizione (età medievale) e la Chiesa in Italia, in Dizionario Storico Tematico La
Chiesa in Italia, Volume I - Dalle Origini All'Unità Nazionale, Associazione Italiana dei Professori di
Storia della Chiesa, Roma, 2015, pp. 1 ss.
4 “in Marchie Tarvisine sive Sancti Antonii seu Venetiarum provincia”
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Trento e Pietrobono Brosemini. Dodici giorni dopo Bonifacio VIII affida al vescovo di
Saintes Guido di Neuville l’incarico di condurre un’inchiesta circa la condotta degli
inquisitori coinvolti nello scandalo. Il procedimento si conclude in breve tempo con la
definitiva revoca dell’incarico inquisitorio nei confronti dei Frati Minori, sostituiti nella
provincia in questione dai Frati Predicatori.
La condotta dell’ordine subentrante non sarà però più limpida e corretta di quella tenuta
dai predecessori, sino a generare nel biennio 1307-1308 una nuova inchiesta, seppur
prevalentemente fiscale, ad opera del papa Clemente V, affidata al chierico della camera
apostolica maestro Giovanni da Bologna e all’ufficiale di curia Guglielmo di Balait. Gli
abusi accertati dei Frati Predicatori (non solo nel territorio già considerato
precedentemente, ma anche in Lombardia) porteranno ad un esito simile al caso
precedente e al ritorno della gestione diretta dei vescovi in materia di inquisizione.
Un caso che conferma il nuovo assetto organizzativo avviene il 18 ottobre 1310, con il
vescovo di Padova che ricopre il ruolo di iudex ordinarius nella repressione dell’eresia.
In ogni modo la gestione parallela a quella dell’ordine francescano del ruolo inquisitorio
da parte dell’autorità ecclesiastica considerata rappresenta una prassi ben precedente
alla decisione di Clemente V
5
.
Da parte degli ordini di frati, veri e propri protagonisti dell’inquisizione medievale del
XIII secolo, si possono annoverare varie scritture che attestano il ruolo di primo piano
nel contesto esaminato, nonché l’abilità di perfetta lettura dei meccanismi giuridico-
amministrativi dell’inquisizione italiana.
Tra la documentazione (libris aliis seu scripturis autenticis sive publicis instrumentis)
che Bonifacio VIII ha ordinato di raccogliere per mano di Guido di Neuville possiamo
5 A. Rigon, “Frati minori, inquisizione e comune a Padova nel secondo Duecento”, in “Il “Liber
contractuum” dei frati minori di Padova e di Vicenza (1263-1302)”, a cura di E. Bonato - E. Bacciga,
Roma, 2002, pp. 5-35
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sicuramente rinvenire le più importante fra le scritture attinenti all’amministrazione
inquisitoria dei Frati Minori: il Liber contractuum e il Liber possessionis. Tali
documenti formalmente sono di appartenenza comunale, in quanto stilati da “sapientes”
con l’ausilio di notai con finalità di interesse del Comune medesimo, ma sono stati
conservati dai frati, e perciò gli stessi vantano una titolarità di fatto sugli scritti
esaminati.
Va sottolineato a riguardo l’aspetto che prevede l’occultamento delle registrazioni
finanziarie effettuate dai frati attraverso una fitta rete di intermediari mediante
operazioni patrimoniali volte a non rendere palese il ruolo dei religiosi all’interno di tali
complessi affari, posti in aperta contraddizione con la professione di povertà. Contrasto
che non è stato affatto ignorato dal Comune, che nella compilazione dei due libri ha
denunciato non soltanto l’ufficio dell’inquisizione ma l’intero ordine dei frati Minori di
Padova e di Vicenza.
Dai due testi difatti emerge un carattere di vera e propria denuncia verso l’operato dei
frati da parte del Comune, che non si limita a narrare e registrare ma che appone un vero
e proprio risalto alla condotta fraudolenta di commissari testamentari, guardiani,
custodi, soprattutto in riferimento al convento di Sant’Antonio presso Padova. Ad
esempio, è narrato il caso di un benestante signore, Aicardino da Litolfo, che ha affidato
alla gestione dei Frati Minori di Padova la cospicua somma di dodicimila lire, destinata
a titolo di eredità alle nipoti, trattenuta per due terzi dagli ecclesiastici
6
.
Appare quindi più che evidente come l’evoluzione dell’Ufficio inquisitorio e dell’azione
di inquisizione stessa proceda di pari passo con l’individuazione e successiva
repressione delle eresie, in particolar modo quella catara, che agisce su un piano
6 Ibidem
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