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Introduzione:
Il presente lavoro si colloca a compimento di un percorso di crescita personale e
professionale che mi ha permesso di conoscere ed approfondire la teoria, le tecniche
e la pratica del Counseling Umanistico.
Nonostante il problema della dipendenza affettiva sia molto vasto ed investa svariate
situazioni, ho deciso di affrontare questo tema nell’ambito della relazione di coppia
in virtù del fatto che questo viaggio rappresenta la sintesi di un processo personale:
ho vissuto questo tema da vicino e l’ho sentito davvero con il cuore.
Ho deciso, nello specifico, di impostare il presente lavoro di tesi sui diversi strumenti
che il Counseling offre per supportare una persona che si trova ad attraversare
questo momento di forte difficoltà. Alla luce del fatto che al giorno d’oggi la
dipendenza affettiva è annoverata come uno dei problemi più ricorrenti in una coppia,
ritengo che l’intervento di un Counselor possa davvero fare la differenza
nell’affrontare la sofferenza e dare una svolta decisiva al proprio percorso di vita.
Nella prima parte di questo elaborato affronto la dipendenza affettiva all’interno della
relazione di coppia prendendo in esame le cause da cui ha origine, le sue
caratteristiche peculiari e le conseguenze che comporta. Successivamente focalizzo
l’attenzione sugli strumenti di cui il Counseling può servirsi per affiancare il
dipendente affettivo nel superamento di questa problematica, addentrandomi nel
descrivere dettagliatamente quali sono gli approcci a cui questo processo può rifarsi.
Infine, offro un breve cenno sulla pratica della Mindfulness come efficace
integrazione al colloquio di aiuto.
L’obiettivo che mi propongo di perseguire con questo scritto è di approfondire la
relazione di aiuto esplorando ed esaminando come il Counselor possa, non tanto
risolvere il problema dell’altro, ma offrirgli gli strumenti di consapevolezza, di
conoscenza di sé e di potenziamento delle proprie risorse, per riuscire ad affrontare
e superare il problema della dipendenza affettiva.
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Cap. 1: La dipendenza affettiva nella coppia
“L’amore è come uno specchio.
Quando ami qualcuno, tu diventi il suo specchio e
lui il tuo…. E specchiandoti nel reciproco amore
vedi l’infinito” (Leo Buscaglia)
1.1 La coppia
Considerato che il problema della dipendenza affettiva è molto ampio e abbraccia
diverse situazioni, ho scelto di affrontare questo tema nell’ambito specifico della
relazione di coppia per poi portare la riflessione sugli strumenti messi a disposizione
dal Counseling per fronteggiarla.
Prima di addentrarmi nel vivo di questa problematica, è necessario però
comprendere cosa si intende per coppia. Si parla di coppia quando vi è un’interazione
tra due individui che creano una relazione affettiva e che decidono di condividere la
propria vita. Dopo un’iniziale fase di innamoramento, entrambi i partner si impegnano
per contribuire al benessere della coppia e di sé stessi, come individui singoli e
accoppiati.
Gli elementi che contraddistinguono una coppia sono molteplici, a partire dalla
capacità che entrambi i partner devono avere di ascoltarsi e comprendersi
reciprocamente, l’essere in grado di comunicare efficacemente e in modo onesto le
proprie emozioni all’altra parte e a sé stessi, il sostenersi a vicenda, l’avere fiducia e
il rispettarsi l’un l’altro. Un ulteriore requisito, altrettanto importante e necessario
affinché si possa parlare di coppia, è che ognuno dei due partner mantenga la propria
identità. Ne consegue che ciascun componente della relazione debba avere degli
spazi propri, da dedicare solo a sé stesso, per curare e soddisfare i propri interessi e
le proprie passioni, vivendo esperienze anche al di fuori della coppia e senza che
nulla venga tolto alla ricchezza della condivisione.
Un rapporto affettivo “sano” presuppone infatti l’essere aperti e ricettivi nei confronti
dell’Altro e dei suoi spazi individuali, l’avere cura e rispetto di sé, l’essere consapevoli
delle singole diversità per scegliere poi di giungere insieme ad un’integrazione delle
differenze senza annullarsi o essere annullati. Una delle condizioni essenziali
affinché una coppia possa vivere una relazione serena, è proprio che entrambi i
partner riescano ad entrare in relazione con l’Altro senza perdersi. Rispettare la
reciproca unicità, percepirsi uniti ma considerarsi un Sé diverso e separato dall’Altro,
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permette alle due parti di entrare in una sana intimità e di creare un’alleanza di coppia
senza però mai dimenticarsi dei propri bisogni. Pur completandosi, i due partner
devono essere in grado di contare su loro stessi: in una coppia “sana”, nessuno dei
due individui esige che l’altro sia un’ancora di salvezza, poiché lui stesso sa essere
il punto di riferimento di sé stesso.
Se, al contrario, uno dei due individui arriva invece a confondere la propria identità
con quella dell’altro fondendosi ad esso/a, allora lo scambio continuo che permette
alla coppia di mantenere vivo il rapporto viene inesorabilmente meno. La conseguenza
è una coppia che risulta “disfunzionale”, che perde ogni elemento di crescita
alimentando, giorno dopo giorno, i presupposti per una separazione. L’Altro diviene
così un prolungamento e una parte inscindibile di sé, che impedisce la piena
realizzazione e l’espressione della propria autenticità. Anziché essere opportunità di
scambio, serenità e appagamento, un rapporto di coppia disfunzionale si delinea come
mancanza di reciprocità e fonte di forte sofferenza per le persone che ne sono
protagoniste in quanto, una volta instauratasi la relazione, questa diviene il centro
della loro esistenza, il punto attorno cui far ruotare le loro scelte, come se, senza la
persona amata, l’individuo fosse incapace di procedere in modo autonomo.
Una relazione impostata sulla simbiosi è invero doppiamente pericolosa: in primo
luogo per sé stessi, perché si rischia di perdersi nella fusione dell’Altro fino ad
annullarsi completamente e, in secondo luogo, per la coppia, in quanto distrugge ogni
desiderio di condivisione rischiando di portare all’allontanamento del partner e alla
rottura del rapporto.
Da questa prospettiva si può senza dubbio affermare che l’amore autentico si basa
sulla libertà, sulla capacità di saper sostare tanto nell’intimità quanto nell’autonomia,
mentre l’amore dipendente si poggia sulle pretese, sulla fusione e sulla costrizione,
finendo per rovinare la magia dello scambio.
1.2 La dipendenza affettiva: peculiarità e conseguenze
Con il termine “dipendenza affettiva” si delinea quella condizione relazionale negativa
caratterizzata da un’assenza cronica di reciprocità nella vita affettiva, che viene così
vissuta nell’idealizzazione dell’Altro e nella simbiosi, provocando malessere
psicologico e fisico invece che benessere. In certi momenti della vita può capitare di
ritrovarsi ad essere in qualche modo dipendenti da qualcuno, ma questo tipo di
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connessione è da considerarsi utile e positiva solo se transitoria, finalizzata al
superamento di una precisa difficoltà o se legata alla primordiale fase
dell’innamoramento, diventando invece un problema quando si traduce in un
atteggiamento continuativo e ripetitivo. Quando la dipendenza descrive infatti un modo
di essere e di porsi nella relazione, ecco che allora diventa uno spettro che impedisce
di vivere una relazione “sana”. Si può pertanto descrivere la dipendenza affettiva come
uno stato mentale pervasivo in cui la persona vive imprigionata nella convinzione che
senza l’Altro non sia possibile sopravvivere.
Il dipendente affettivo vive la relazione come indispensabile e necessaria, ritenendo
che nulla abbia significato nella propria vita se non vissuto o condiviso insieme a
colui/colei che ama in maniera del tutto funzionale. Utilizzo volutamente la parola
“funzionale” poiché “nella dipendenza non ci si attiene all’amore come desiderio,
accettazione dell’imprevedibile risposta dell’altro, ma si vuole esercitare ogni pretesa
nell’aspettativa che l’altro sia rispondente ai nostri bisogni”
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. La dipendenza affettiva
esprime infatti un eccessivo bisogno di avere sempre l’Altro vicino per ricevere
rassicurazioni, per sentirsi protetti, accuditi, per accudire, controllare e manipolare. La
persona che ne soffre perde autonomia emotiva e comportamentale, tende a
compiacere l’Altro e a controllare di continuo l’altrui e il proprio comportamento. Il
dipendente affettivo è una persona estremamente passiva ma allo stesso tempo
soffocante, gelosa, spesso bugiarda, intimidatoria e a volte addirittura violenta.
Il timore che si cela dietro questi comportamenti disfunzionali è quello di non essere
accettato, di essere rifiutato o abbandonato, di perdere, in sostanza, l’oggetto del
proprio “amore”. In relazioni improntate alla dipendenza, il temporaneo
allontanamento del partner causa nel soggetto che ne soffre un’enorme sofferenza,
l’idea di perdere l’Altro diventa un’ossessione e ogni altro rapporto vissuto dall’altro
individuo viene considerato come un potenziale pericolo. Il soggetto dipendente cerca
in tutti i modi di apparire perfetto agli occhi dell’Altro e di controllare in modo eccessivo
ogni suo comportamento e pensiero per evitare la separazione che, per lui, sarebbe
insostenibile e fonte di un vuoto incolmabile.
La dipendenza affettiva si esprime anche in una condizione di assoluta dedizione
all’Altro, tanto da determinare la progressiva riduzione dei propri spazi di indipendenza
e portando il soggetto dipendente a perdere via via interesse per tutto ciò che non
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Nanetti F., La dipendenza affettiva. Edizioni Pendragon, 2015. Cit. pag. 8
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riguardi il partner. Avere vicino la persona amata diventa l’unico scopo della vita ma,
allo stesso tempo, anche un mero alleviamento temporaneo della propria insicurezza
e sofferenza. Il rifiuto, reale o immaginato, dell’Altro e la continua sensazione di non
essere amato alimentano sempre più la condanna della dipendenza affettiva. Chi ne
è affetto non è in grado di apprezzare l’amore nella sua profondità ed intimità
ritrovandosi a vivere quello che possiamo affermare essere l’esatto contrario di un
amore autentico.
Prima di proseguire con l’analisi di un argomento così complesso, mi preme a questo
punto accennare la distinzione tra le tre principali tipologie di dipendenza affettiva che
si possono alternare nel corso della vita o addirittura nel corso di una medesima
relazione: mi riferisco alla “dipendenza manifesta”, “dipendenza latente” e
“dipendenza evitata”.
Nella “dipendenza manifesta” il soggetto dipendente vive nella continua illusione di
poter cambiare l’Altro e nella paura di deludere e non essere all’altezza del partner.
Conduce la propria vita all’insegna di un apparente perfezionismo, preoccupandosi
prima delle necessità dell’Altro rispetto alle proprie, prodigandosi per lui,
dimenticandosi i propri bisogni e il proprio valore. Nega ogni desiderio e interesse,
vive nel vittimismo e nella compiacenza dell’Altro, dimenticando sé stesso. Arriva a
tollerare umiliazioni, minacce, sopraffazioni, infedeltà e addirittura violenze pur di non
perdere il partner e sperimentare così il vuoto della solitudine.
Nella “dipendenza latente” il soggetto dipendente tende a svalutare, ad umiliare l’Altro
e ad imporsi su di esso tramite un controllo ossessivo, avanzando eccessive pretese,
manifestando gelosia, minacciando e colpevolizzando. Così facendo, rende l’altra
persona sempre più bisognosa e incapace di provvedere a sé stessa. Ecco perché
molto spesso il dipendente latente vive un rapporto di coppia con una persona che
diventa a lui complementare: il dipendente manifesto.
Nella “dipendenza evitata” invece il soggetto dipendente vuole evitare di sentirsi in
colpa o incapace di corrispondere alle aspettative altrui e mette così in atto
atteggiamenti finalizzati a distanziarsi emotivamente dall’Altro per paura di sviluppare
un’eccessiva dipendenza.
Di norma, a meno che non ci si identifichi come dipendenti manifesti, latenti o evitanti
cronici, è del tutto possibile oscillare da una modalità ad un’altra durante il corso della
vita. Il problema nasce quando un soggetto rimane fisso su una di queste modalità,
facendosi totalmente guidare da esse.