2
culturali e si è notata la tendenza degli Stati ad
autolimitare il loro potere attraverso il riconoscimento di
una sfera di libertà individuali e con l’assoggettamento a
regole comuni di diritto internazionale e a trattati
internazionali volti ad assicurare la tutela dei diritti
individuali e collettivi dei soggetti posti nell’orbita
statuale, con la limitazione della sovranità stessa degli
Stati. Tale limitazione, data l’eterogeneità dei sistemi e la
diversificazione delle aree di riferimento, può assumere
una diversa graduazione in relazione alle misure adottate
dai vari sistemi a vantaggio dei cittadini e tendenti ad
assicurare ad essi una serie di benefici diretti.
Il fondamento giuridico della cittadinanza è pertanto
costituito dal diritto interno. Infatti, principio indiscusso
del diritto internazionale è quello in base al quale
ciascuno Stato determinale condizioni che una persona
deve soddisfare ai fini della concessione della
cittadinanza nel suo ambito. Ciò non significa che ogni
Stato possa conferire la cittadinanza secondo il proprio
arbitrio. E’ evidente che, ai fini della qualifica relativa e di
3
una valutazione omogenea dei requisiti e delle condizioni
che l’individuo deve soddisfare per ottenerla, si rende
necessario intensificare le intese e gli accordi
internazionali in materia di cittadinanza onde pervenire
ad una disciplina per quanto possibile uniforme della
complessa materia, anche per evitare conflitti di leggi e di
giurisdizione fondate sulla nazionalità.
In passato si tendeva ad accentuare la posizione di
pura soggezione e di sudditanza dei nazionali rispetto agli
Stati di appartenenza, ad anche l’istituto della protezione
diplomatica e l’esercizio di un’azione giudiziaria
internazionale erano concepiti come uno strumento per
far valere un diritto dello Stato piuttosto che come un
mezzo di tutela diretta degli interessi individuali. Il diritto
internazionale era infatti considerato un diritto inter-
statuale e faceva leva su interessi principalmente
statuali.
Nell’evoluzione del fenomeno organizzativo a livello
internazionale, si è accentuata la tendenza ad attribuire
un peso crescente all’iniziativa individuale, anche ai fini
4
di un maggior coordinamento di essa sul piano
internazionale. Ciò si desume dall’importanza che sono
venute ad assumere le organizzazioni internazionali non
governative, in quanto espressione di esigenze ed
interessi individuali, piuttosto che di interessi peculiari
delle istituzioni statali.
L’individuo, in quanto centro motore di iniziative
politiche, economiche e culturali, svolge una funzione di
stimolo e di impulso sulle funzioni dei governi degli Stati,
orientandole a fini sociali sul piano internazionale, per
cui la posizione individuale nei sistemi interni degli Stati
non può ridursi ad un mero stato di soggezione nei
confronti dello Stato di appartenenza, fermo restando il
potere dello Stato medesimo di esercitare un controllo sul
suo operato in base alle norme del proprio ordinamento
giuridico, e di pretendere da esso l’adempimento di alcuni
doveri, con estensione variabile a seconda del rapporto
intercorrente tra l’individuo e lo Stato, ed in conformità
con gli impegni assunti dallo Stato mediante accordi
internazionali.
5
CAPITOLO I
LA CITTADINANZA FRA DIRITTO INTERNO E
DIRITTO INTERNAZIONALE
IL CONCETTO DI CITTADINANZA
L’appartenenza ad uno Stato, in quanto vincolo
giuridico stabile tra l’ordinamento statuale e l’individuo,
ed in quanto presupposto del medesimo alla vita politica
e ai diritti ad essa collegati, trova compiuta espressione
nel concetto di cittadinanza
1
.
E’ impossibile giungere ad una definizione univoca
del concetto di cittadinanza valida per tutti gli
ordinamenti statali ed anche per l’ordinamento
internazionale. Ciò potrebbe essere raggiunto solo per via
indiretta, svolgendo un’analisi delle norme relative
all’acquisto e alla perdita della cittadinanza stessa nei
vari ordinamenti statali.
1
A.Maria Del Vecchio, Problematiche derivanti dal vincolo di
cittadinanza a livello internazionale, in Rivista Internazionale dei
diritti dell’uomo, III, Anno XI, Sett.-Dic.98, p.670.
6
Limitando l’indagine agli ordinamenti statali,
all’interno della varietà di situazioni giuridiche che hanno
contraddistinto la qualità di cittadino nelle diverse
epoche e nei diversi Stati, si possono cogliere due
elementi fondamentali inerenti il concetto di cittadinanza.
Il primo è quello della soggezione stabile e permanente
del cittadino ad un’autorità statale, ed il secondo è quello
della partecipazione dello stesso ad una comunità politica
organizzata
2
.
Ciò comporta la destinatarietà di diritti e di doveri
differenti rispetto a quelli degli stranieri.
All’epoca delle città greche e di Roma repubblicana,
la cittadinanza era il presupposto per la partecipazione
alla vita politica ed era trasmessa per filiazione.
Nell’epoca feudale, i vincoli di soggezione si moltiplicano e
il rapporto di sudditanza che lega i signori e i loro
sottoposti all’autorità regia o imperiale diventa
fondamentale per l’attribuzione di diritti e doveri.
2
Clerici, voce Cittadinanza, in Nuovissimo Digesto delle discipline
pubblicistiche, III, Torino, 1989, p.113.
7
La rivoluzione francese opera una svolta al concetto
di cittadinanza, perché alla partecipazione del popolo alla
sovranità si collega l’attribuzione di diritti politici ai
cittadini, come anche si consolida la tendenza a
riconoscere diritti civili ad ogni individuo. Questo perché
lo Stato da patrimoniale si trasforma in Stato di diritto
3
.
La necessità di codificare le norme relative alla
cittadinanza nasce proprio in questo periodo, poiché si ha
l’estensione dei diritti politici ad una larga parte di
popolazione. Questo brevissimo excursus storico mostra
come numerosi fattori sociali e politici da sempre hanno
inciso sul concetto di cittadinanza, che si rivela
suscettibile di evoluzione a seconda della situazione
storica, sociale e politica di un territorio statale.
Alcuni profili dell’istituto della cittadinanza
sembrano consentire la riconduzione della stessa alla
categoria del rapporto giuridico, mentre altri sembrano
determinarne l’accostamento alla figura degli status.
3
Ivi, p.113.
8
La definizione di cittadinanza, come vincolo
giuridico-politico tra un individuo ed un’entità statuale,
sembra far ricondurre l’istituto alla categoria del rapporto
giuridico. Infatti, nell’ordinamento interno, sia l’individuo,
sia lo Stato, appaiono termini di relazioni intersoggettive
disciplinate dal diritto.
Comunque, non sembra poter accogliersi la tesi
secondo cui tale rapporto sarebbe di natura contrattuale,
poiché viene a mancare il carattere sinallagmatico del
rapporto, dal momento che lo Stato attribuisce la
cittadinanza secondo criteri che sono indipendenti dalla
volontà degli individui. Anche quando la volontà
individuale è ravvisabile, per esempio nel caso di
naturalizzazione, questa non è configurabile come volontà
negoziale, protesa ad incontrarsi con quella statale. In
questo caso la volontà individuale è tesa solo a porre in
essere i presupposti che la legislazione dello Stato
prevede come idonei per la concessione, in via del tutto
autonoma, della cittadinanza ad un individuo.
9
In definitiva, il rapporto di cittadinanza, trova
direttamente nella legge la sua origine e la sua
disciplina
4
.
Il problema di stabilire se la cittadinanza costituisca
un rapporto giuridico oppure uno status, può essere
risolto considerando che si tratta di un’antinomia più
apparente che reale. Nell’ordinamento interno, la
cittadinanza è sicuramente un rapporto giuridico, cioè
una relazione tra stato ed individuo, regolata dal diritto;
ma questa relazione è il presupposto per il sorgere, in
capo all’individuo, di una pluralità di diritti e di doveri,
connessi ad una peculiare sfera di capacità, in cui si
concretizza uno status. Si tratta di profili diversi di una
medesima realtà giuridica, il vincolo di cittadinanza, che
possono essere colti se si guarda il fenomeno da
angolazioni differenti.
Occorre precisare meglio la definizione di
cittadinanza, per evitare di fare confusione con quelle di
sudditanza e di nazionalità.
4
A.F. Panzera, Limiti internazionali in materia di cittadinanza,
Napoli, 1984, p.27-29.
10
La cittadinanza è il vincolo giuridico-politico tra
individuo ed entità statuale, ma esso, se riferito e
determinate epoche storiche o a determinati contesti
politici, viene indicato con il termine di sudditanza.
Questo termine si usa quando si vuole riferirsi ad un
rapporto di mera soggezione tra il suddito e l’ente
sovrano; ciò nell’epoca feudale, in quella delle monarchie
assolute, e in genere nei regimi totalitari.
Il termine di cittadinanza acquista diffusione dopo la
rivoluzione francese e l’affermarsi dei principi secondo cui
l’individuo partecipa alla determinazione dei sistemi
politici di tipo democratico, sebbene questo sia accaduto
anche anteriormente, ai tempi della Roma repubblicana o
dello Stato ateniese.
Cittadinanza e sudditanza presentano la
caratteristica comune del vincolo tra individuo e apparato
statale, ed in questo senso si oppongono al concetto di
nazionalità, intesa come legame fra individuo e nazione.
Per nazione s’intende un’individualità storica, con proprie
11
caratteristiche etniche, linguistiche e con proprie
tradizioni.
Questo concetto emerge in antitesi con quello di
Stato e comunque la nazionalità concerne un dato
storico-politico, mentre la cittadinanza e la sudditanza si
riferiscono ad un dato politico-giuridico
5
.
LA CITTADINANZA NEL DIRITTO INTERNAZIONALE
Si potrebbe pensare che esista una cittadinanza nel
diritto interno ed una nel diritto internazionale.
Quest’ultima dovrebbe essere regolata dalla consuetudine
internazionale e da dei trattati tra due o più Stati. Ma
nella realtà giuridica sono gli Stati che legiferano in
materia di cittadinanza e l’efficacia internazionale di
queste disposizioni è la semplice conseguenza del rispetto
che si deve ad una legislazione nella materia
correttamente emanata.
Ciò che in principio è sempre stato decisivo nella
legislazione sulla cittadinanza, è l’interesse statale ad
5
Ivi, p.31-32.
12
espandersi e ad aumentare al massimo la sfera di
controllo sulle persone e i beni del proprio Stato.
Le regole sulla cittadinanza sono l’argomento
costruito dalle autorità di uno Stato per giustificare
qualsiasi intervento riguardante le persone o i beni
situati su un territorio appartenente alla sovranità di un
altro Stato e, allo stesso modo, per difendersi dai possibili
tentativi d’ingerenza di un altro Stato negli affari
riguardanti il proprio territorio.
Il diritto internazionale è innanzitutto diritto tra gli
Stati e gli individui hanno da sempre giocato il ruolo di
oggetto delle relazioni internazionali, mancando di
capacità di agire per se stessi.
Gli Stati hanno reclamato per via diplomatica o
esercitato un’azione giudiziaria internazionale quando
hanno ritenuto verificarsi una lesione dei propri interessi,
riguardo a cittadini o beni del proprio territorio. In questo
caso lo Stato ha esercitato un proprio diritto, cioè il
diritto che ciascuno Stato ha di far valere, nella persona
del proprio cittadino, il diritto internazionale.
13
Quindi, si dà valore non alla lesione particolare ma
a quella subita dallo Stato.
In questa circostanza, il vincolo di cittadinanza
diviene il presupposto fondamentale della cosiddetta
“protezione diplomatica”.
Nell’epoca moderna, con lo sviluppo del commercio
internazionale, la facilità delle comunicazioni, il flusso di
emigrazioni, si sono moltiplicati i conflitti e le frizioni tra
gli Stati, soprattutto riguardo al trattamento dei cittadini
di uno Stato residenti nel territorio di un altro Stato.
LA COMPETENZA DEL DIRITTO INTERNO
La dottrina e la prassi più antiche appaiono
certamente orientate nel senso di affermare la
competenza de singoli Stati in materia di cittadinanza, e
di configurarla come competenza esclusiva
6
.
Oltre ad alcuni pareri di giureconsulti britannici del
1849, riguardanti la possibilità di un’eventuale perdita
6
A.F. Panzera, op.cit., p.36.
14
della cittadinanza britannica di individui che avessero
ottenuto la naturalizzazione in uno Stato estero, che
affermano che “ogni nazione ha il diritto esclusivo di
regolare persone e cose nel proprio territorio”
7
, sembra di
fondamentale importanza esaminare la giurisprudenza
della Corte permanente di giustizia internazionale.
Nel quadro di tale giurisprudenza, un ruolo
fondamentale assume il parere consultivo, reso dalla
Corte il 7 febbraio 1923, riguardo ai decreti di nazionalità
promulgati in Tunisia e nel Marocco nel 1921. La Corte
ha modo di affermare in questa circostanza che “dans
l’etat actuel du droit international, les questions de
nationalité sont, en principe, de l’avis de la Cour,
comprises dans ce domaine réservé”,
8
cioè nell’ambito
del diritto internazionale, le questioni di cittadinanza
rientrano, in principio, nel concetto di “dominio
riservato”, previsto dall’art.15, par.8, del Patto della
Società delle Nazioni.
7
Mc Nair, International Law Opinion, Vol. II, Cambridge, 1956,
p.14.
8
Publications de la C.P.J.I., série B, in Recueil des avis consultatifs,
n.4, p.24.
15
L’importanza dell’affermazione della Corte, per cui la
materia della cittadinanza rientra, in linea di principio,
nella competenza esclusiva degli Stati è innegabile.
La Corte ha ribadito i principi esposti nel parere
reso il 15 settembre 1923 sulla questione relativa
all’acquisto della cittadinanza polacca. Disattendendo la
tesi polacca sull’interpretazione del Trattato sulle
minoranze stipulato tra la Polonia e le Potenze alleate il
28 giugno 1919, la Corte ha affermato che “se in genere è
vero che uno Stato sovrano ha il diritto di determinare
quali persone saranno considerate come suoi cittadini, è
anche vero che questo principio non è applicabile che con
la riserva di impegni convenzionali”
9
.
9
Publications de la C.P.J.I., série B, n.7, p.16 (trad.).