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Parte Terza
Human Library: dove i libri sono le persone
1. Un dispositivo di narrazione per la decostruzione dei pregiudizi
1.1. Pregiudizio, stereotipo e discriminazione
Tutti siamo attraversati, a volte abitati in modo permanente o recidivo, da
forme stereotipate di pensiero e da pregiudizi, anche perché sembra evidente
che i meccanismi di categorizzazione siano necessari per permetterci di
conoscere la realtà.
In questo senso, la semplificazione operata da stereotipi e pregiudizi è
un'approssimazione accettabile solo se accompagnata da occasioni di
articolazioni e ri-articolazione dei pensieri stereotipati o pregiudizi.
A volte, però, queste forme di semplificazione si radicano al punto da
generare una progressione pericolosa che può giungere fino a vere e proprie
discriminazioni.
Negli ultimi decenni il pregiudizio è stato studiato principalmente come
fenomeno collettivo o socialmente condiviso.
Prospettive importanti sono state l'approccio socioculturale di Minus, la
teoria del conflitto realistico
1
, e più recentemente, le teorie dell'identità
sociale e dell'auto-categorizzazione
2
.
Sebbene si sia presa in considerazione la visione del pregiudizio, non tanto
inteso come fenomeno individuale ma come mancato riconoscimento di un
1
R. A. LeVine, D. T. Cambell, Ethnocentrism: Theories of conflict, ethnic attitudes, and group behavior,
Hoboken: John Wiley e Sons, 1972.
2
J. C. Turner, M. Hogg, P . Oakes, S. Reicher, M. Wetherell, Rediscovering the social group: A self-
categorization theory, Oxford, England: Basil Blackwell, 1987.
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gruppo di persone meno favorevole a un gruppo esterno o minoranza
tendono ad essere meno favorevoli ad altri gruppi esterni o minoranze, la
risposta della pedagogia tali fenomeni deve essere un atto di educazione
permanente avente come obiettivo quello di agire sullo sviluppo di un
pensiero critico, prima individuale e poi collettivo che veda il pregiudizio
come un fenomeno individuale, per accompagnare gli individui nella loro
propensione ad adottare atteggiamenti prevenuti ed etnocentrici
3
.
Se gli stereotipi sono credenze generalizzate sui gruppi e sui loro membri, i
pregiudizi sono reazioni emotive sfavorevoli o valutazioni dei gruppi e dei
loro componenti e la discriminazione interpersonale e il trattamento
differenziato da parte dell'individuo nei confronti di alcuni gruppi e dei loro
componenti rispetto ad altri gruppi o ai loro membri.
Gli stereotipi sono una percezione generalizzata, semplificata e distorta di
un aspetto della realtà, che favorisce il sorgere e il mantenimento di
pregiudizi, permettono di economizzare il pensiero, per mantenere il proprio
sistema di valori.
Lo stereotipo, dunque, richiede da un punto di vista cognitivo, uno sforzo
ridotto, mentre da un punto di vista motivazionale produce una buona
visione di sé.
Il pregiudizio deriva anch'esso dai normali processi cognitivi e
motivazionali che caratterizzano tutti gli esseri umani.
Dal punto di vista psicologico consiste in una valutazione immotivata,
generalmente rigida, della realtà, resistente a smentire e dimostrazioni
contrarie esso è funzionale a emettere un giudizio negativo su altri, creare
separazione e giustificare discriminazioni tra gruppi.
3
M. Catarci, M. Fiorucci, Il mondo a scuola. Per un’educazione interculturale, Roma, Conoscenza, 2015.
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Il pregiudizio è un'idea preconcetta che non è supportata da ragione o
esperienza ma si basa su stereotipi, sono schemi di caratteristiche
psicologiche impiegati dai percettori sociali per elaborare le informazioni
per quanto riguarda gli altri.
Tale assunto viene riportata da Hannoth quando afferma che le nostre
preferenze individuali, le nostre abitudini culturali e i nostri pregiudizi ci
impediscono di stabilire un rapporto empatico con l'altro, come le
circostanze richiederebbero.
La discriminazione comunemente è il risultato finale di un pregiudizio: un
giudizio o una prospettiva negativa preformata.
Il pregiudizio porta l'individuo a guardare persone o gruppi di persone come
inferiori e spesso comporta un comportamento negativo attivo verso un
soggetto.
Superare la soglia di questo margine, tra il se e l'alter, e farne un approccio
educativo, per non rimanere intrappolati in discorsi vuoti sulle differenze.
Per Hooks il margine è lo spazio di apertura radicale dove resistenza e
liberazione possono prendere forma e dove l'oppressione di chi il margine
lo vive può diventare sperimentazione e opportunità generatrice, il che
significa attraversare la sofferenza per aprirsi alle possibili alternative e alla
creatività.
Questo implica superare alienazione e straniamento, e progettare uno spazio
educativo condiviso e co-progettato che possa rendere possibili prospettive
sempre differenti e in continuo cambiamento, un luogo in cui si disvelano
nuovi modi di guardare alla realtà, al confine della differenza.
Se il pregiudizio svolge il ruolo di un imbuto per la produzione del pensiero
sulla realtà, sulle relazioni, sull'altro in generale, la narrazione e in
particolare la narrazione biografica può essere paragonata a una prisma che
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produce attraverso le sue molteplici angolature, riflessi, colori, suggestioni,
tutte vere, che descrivono in modo plurale la realtà stessa.
Se i pregiudizi, dunque, sono il punto di partenza della costruzione dei libri
umani, è molto evidente come questi scompaiono sia nelle narrazioni degli
episodi che i libri umani mettono a disposizione dei lettori, sia nei titoli dei
libri stessi, sia nella promozione e nell'allestimento del dispositivo in
generale.
I lettori che accedono a una Biblioteca Vivente non colgono subito, e forse
neanche alla fine della loro consultazione, di essere all'interno di un
meccanismo che intende smuovere pregiudizi e sguardi stereotipati.
Questo sia per rispettare il piacere e la leggerezza dell’esperienza della
lettura, sia per garantire l’efficacia del dispositivo stesso riguardo il suo
intento principale.
1.2. Il dispositivo della Human Library come risposta pedagogica
Una biblioteca umana è un dispositivo di narrazione per decostruire i
pregiudizi e rimuovere ogni forma di stigmatizzazione.
I libri sono le persone che raccontano ai lettori la loro storia personale, i loro
vissuti difficili, esperienze negative che gli hanno fatti crescere.
È uno spazio internazionale in cui i soggetti attivano un processo di
apprendimento reciproco.
L'obiettivo principale è la rimozione delle pressioni sociali legati alla
stigmatizzazione di soggetti che ricoprono per senso comune, pregiudizi e
stereotipi della quotidianità attraverso la promozione di atteggiamenti
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inclusivi da parte di chi ha esperito o chi ha identificato uno stigma o un
pregiudizio.
Il meccanismo viene inventato negli anni 80 da un gruppo di giovani danesi,
in risposta a un gesto violento subito da un loro amico
4
.
Subito lo strumento viene riconosciuto dal Consiglio d'Europa come buona
pratica interculturale e inizia così a viaggiare, prima in sordina e più
recentemente con maggiore forza, in giro per il mondo.
Funziona come una normale biblioteca: i visitatori possono sfogliare il
catalogo alla ricerca dei titoli disponibili, scegliere il libro che desiderano
leggere per poi prenderlo in prestito per un periodo di tempo limitato.
Dopo la lettura, restituiscono il libro in biblioteca e, se vogliono, possono
prendere in prestito un altro.
L'unica differenza è che nella Biblioteca Vivente i libri sono persone e la
lettura consiste in una conversazione, un incontro di natura dialogica che
mette in campo la narrazione dei racconti autobiografici dei libri umani e
l'ascolto partecipe e interrogante del lettore.
Abbiamo esplicitato che Biblioteca Vivente si sostanzia nell'interazione tra
tre ingredienti principali: pregiudizi, narrazione biografica e relazione.
L'approccio interculturale propone di avventurarsi intenzionalmente e
interagire con le periferie del noto e interpretarne storie e significati.
Nell'incontro interculturale si corre il rischio di cadere nel conflitto generato
da diverse e contemporanee interpretazioni culturali dello stesso oggetto,
che sia gesto, parola, valore, comportamento, contesto, spazio o
negoziazione, materiale di ogni relazione tra le persone.
4
https://humanlibrary.org/about/the-early-years/
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In ogni caso nella relazione interculturale i due soggetti arrivano da
presupposti differenti, lontani e a volte anche contraddittori o ignoti.
Ed è proprio nella narrazione e nell'incontro tra persone e racconti che
diventa possibile entrare in quelle periferie del noto e provare ad ascoltare e
comprendere storie, significati, sfumature altrimenti difficilmente
percepibili.
Nel processo di formazione dei libri umani, la centralità è posta sul soggetto
che racconta la sua storia, sulla stretta e imprescindibile relazione tra
materiale biografico e autobiografico prodotto e soggetto costruttore della
storia che seleziona e costruisce i nessi, i contenuti e i significati attraverso
i quali la storia prende forma.
Il percorso di costruzione di Biblioteca Vivente offre ai libri umani spazi,
tempi e sollecitazioni per entrare in relazione con la propria storia attivando
diverse operazioni: la raccolta e selezione delle tante esperienze che
potrebbero diventare storia, il recupero mnestico di varie differenti materiali
biografici necessari per potersi raccontare e la loro messa in storia, la scelta
della forma e delle connessioni attraverso le quali organizzare i materiali, le
esperienze e i tratti biografici scelti come significativi in relazione alla
mappa dei pregiudizi individuata.
Nella composizione di testi narrativi biografici, l'attenzione non è sulla
ricerca della verità storica ma sulla coerenza significativa, quella coerenza
di significati che ogni soggetto ricerca nella narrazione e costruzione della
propria storia.
Lavorare alla costruzione di narrazioni biografiche diventa occasione, per i
libri umani, per apprendere dalla loro storia che è in divenire, affinando la
competenza retrospettiva e introspettiva attraverso cui collezionare fatti in
funzione del bisogno di rappresentarsi in due sensi: longitudinale, attraverso
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l'individuazione di passaggi, scansioni temporali, riorganizzando il
materiale autobiografico per rintracciarvi cambiamenti ed evoluzioni;
simbolicamente, attraverso l'individuazione di eventi critici o cruciali,
momenti di svolta o rottura che permettono narrazioni differenti rispetto a
rappresentazioni di sé più consolidate.
La narrazione, tanto nel percorso di formazione dei libri umani, quanto
nell'evento biblioteca vivente, non è mai un evento isolato.
Ci si racconta sempre attraverso gli altri, ogni narrazione ha sempre un
interlocutore, reale o potenziale e ogni incontro con lettori diversi genera
una narrazione che non è mai uguale alla precedente.
Oltre al libro umano, è centrale anche il ruolo dell'ascoltatore che si fa
specchio parlante, che propone un ascolto dialogico, instaura una
conversazione, pone domande e talvolta, si unisce anche alla narrazione
proponendo frammenti della propria storia.
Al lettore, nel momento in cui si fa ascoltare, è richiesta una sospensione
del giudizio, una partecipazione critica e interessata attraverso cui
avvicinarsi alla storia, alle emozioni, ai pensieri del libro umano.
La comprensione si costruisce attraverso il dialogo che radica i suoi
contenuti nell'esperienza e nella vita di libro umano e lettore che senza
esimersi dal d'interpretare, traduce l'interpretazione in un atto di
comunicazione e condivisione, aiutando a compiere un passaggio
progressivo dal parlare al pensare
5
.
Il racconto del libro umano, mai monologo, apre anche alla possibilità di
riconoscersi grazie a quanto si scopre di saper o poter raccontare.
5
S. Bella, Autobiografie sulla strada, in D. Demetrio, L’educatore auto(bio)grafo, Milano, Unicopli, 1999.
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La narrazione della propria storia diventa occasione per ritrovare la dignità
dell'uso della prima persona.
La parola crea, trasforma e corrisponde al dominio di possibilità di ogni
soggetto: prendere la parola significa acquisire visibilità e potere, esercitare
capacità decisionale nello scegliere cosa e come raccontare.
Marcel Proust diceva che la lettura è una comunicazione in seno alla
solitudine.
Si tratta di una definizione che ogni appassionato lettore potrebbe amare e
sentire come proprio, perché evoca i due poli dell’esperienza della lettura:
la solitudine in cui il lettore si immerge, leggendo; la comunicazione
profonda e autentica che stabilisce con l’autore, trascendendo i limiti della
propria solitudine.
La lettura fa quello di cui talvolta la vita non è capace: permette di
trascendere i limiti, spesso angusti e autoreferenziali, del nostro mondo, per
incontrare o attingere il mondo dell’altro, seppure in sua assenza.
C’è, dunque, un’etica della lettura che nasce dalla capacità di comunicare
con l’altro o, meglio, dalla capacità di mettersi in ascolto dell’altro.
Nel solipsismo contemporaneo, in cui tutti sembrano più concentrati su sé
stessi, in cui il mondo è frammentato e ritagliato intorno a noi,
personalizzato fino all'eccesso, è importante se non necessario, aprire
finestre su mondi meno esplorati e conosciuti, sulle diversità, sulle storie
degli altri.
Di qui nasce la pratica delle biblioteche viventi.
Un libro traccia per la prima volta in Italia le coordinate di tale esperienza e
si pone come punto di riferimento pratico per la realizzazione.
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A scriverlo è Martino Baldi e il libro si intitola “come realizzare una
biblioteca vivente”, quasi a volerne sottolineare il carattere operativo e
concreto.
In realtà, il testo fa più di questo.
Il libro getta luce sulla genesi storica e sulla matrice culturale della pratica
delle biblioteche viventi; ne offre utili definizioni concettuali e tassonomie
e prende posizioni, anche polemiche, sul modo più o meno ortodosso di
concepire e declinare tali esperienze.
In particolare, suggerisce l'ipotesi di considerare il tema della diversità
nell'eccezione più libera possibile, non gravata da ipoteche negative o
frettolose assunzioni ma come sinonimo di ricchezza, al di là degli schemi
rigidi o stereotipi preconfezionati.
Questo aspetto richiederebbe, da parte dello stesso Baldi o di altri studiosi,
di avviare un dibattito sulla questione in esame: vale a dire, se la pratica
della biblioteca vivente intende concepirsi esclusivamente come racconto
delle diversità o anche come esperienza della diversità dei racconti.
Non bisogna scordare che proprio tanta parte della letteratura e della
filosofia contemporanea testimoniano del fatto che quello del diverso è
spesso, tragicamente, un viaggio attraverso il non-umano alla ricerca di un
ricongiungimento con un rinnovato senso di umanità.
E al contempo, peraltro verso, Baldi stesso sottolinea, delineando una
tassonomia delle possibili funzioni della biblioteca vivente, che questa
possa svolgere anche un compito d’intrattenimento non strettamente sociale,
capace di generare nuovi legami.
La biblioteca vivente è un'esperienza di lettura che non deve tradire la sua
originaria vocazione a essere una comunicazione in seno alla solitudine.