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CAPITOLO 2: I Poli Universitari Penitenziari
In questo capitolo esploreremo una realtà spesso poco conosciuta: i Poli
Universitari Penitenziari. Avvalendoci della letteratura disponibile, ne forniremo una
definizione chiara e approfondiremo come possano rappresentare un'opportunità per
la rieducazione dei detenuti.
Inizieremo con una panoramica storica, concentrandoci sulla formazione dei
primi poli universitari penitenziari di Torino e Prato, che andremo poi ad analizzare
nel paragrafo 2.2.
Infine, esamineremo come l'istruzione possa essere utilizzata come strumento
di rieducazione all'interno delle carceri, al fine di promuovere una maggiore
partecipazione degli individui alla società e prevenire la recidiva, discutendo i
potenziali vantaggi e le sfide che i poli universitari penitenziari possono presentare,
sia per i detenuti che per la società nel suo complesso.
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2.1 La nascita dei primi Poli Universitari Penitenziari
Con il termine Polo Universitario Penitenziario si intende “un sistema di
servizi e opportunità offerti dall’Università, con la disponibilità
dell’Amministrazione Penitenziaria, ulteriori o sostitutivi rispetto a quelli
normalmente fruibili dagli studenti, proposto in modo strutturale e organizzato sulla
base di apposite convenzioni, volto a superare gli ostacoli che obiettivamente si
frappongono ad un effettivo esercizio del diritto allo studio universitario da parte di
chi è in esecuzione penale.”
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Questo significa, quindi, che l’Università “entra” in carcere. Non si tratta solo
di detenuti che, facendo valere il loro diritto, si iscrivono all’Università: il Polo
Universitario Penitenziario è Università in carcere, attuata attraverso forme di
didattica e amministrazione adeguate al contesto carcerario.
Nell’immaginario collettivo, al carcere si associa da sempre un’idea di
punizione e restrizione, cosa che può andare in netto contrasto con l’idea di libertà
connessa con ciò che l’Università può offrire, ovvero degli spazi per crescere,
conoscere, emanciparsi.
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Le attività di formazione all'interno delle carceri spesso risultano inefficienti
dal punto di vista tecnologico ed economico. Per questo motivo, si è ritenuto
opportuno in passato concentrare, in alcune carceri selezionate, alcune attività come
lo studio creando così una tendenza alla specializzazione delle carceri e alla
concentrazione dei detenuti in particolari istituti carcerari sulla base della loro
attività di studio, di lavoro, e via dicendo. I PUP, ovvero i poli universitari
penitenziari, originariamente espressione di questa tendenza, miravano a riunire in
27
Stati Generali dell’Esecuzione Penale, Tavoli Tematici, Tavolo 9 – istruzione,
cultura, sport, in
https://www.giustizia.it/resources/cms/documents/sgep_tavolo9_relazione.pdf , p.
48 (ultima consultazione il 6\03\2023)
28
G. Pastore, Interazioni comunitarie tra il dentro e il fuori, in A. Salvini (a cura
di), Dinamiche di comunità e servizio sociale, Pisa, Pisa University Press, 2016, p.
159-176.
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poche carceri i detenuti che desideravano studiare a livello universitario, così da
poter fornire loro un ambiente più adatto.
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Tuttavia, ciò che si realizza non corrisponde sempre all'intenzione iniziale,
come si può leggere nel testo sopracitato. (Friso - Decembrotto, 2018, p.151)
Il delegato del magnifico rettore per il Polo universitario penitenziario di
Bologna, Giorgio Basevi, spiega che i vantaggi di concentrare i PUP in poche
carceri derivano dalle forti economie di scala, dovute ai costi elevati che
caratterizzano l'istituzione di una sede universitaria. Tali costi sono aumentati dal
fatto che l'istituzione è vincolata a mettere insieme studenti diversi per tipologie di
reato, particolari caratteristiche del loro status giudiziario (come i collaboratori di
giustizia), differenza di sesso e così via. Pertanto, creare una buona biblioteca
universitaria oppure offrire lezioni per pochi studenti diventa molto costoso, poiché
questi studenti difficilmente possono essere raggruppati in classi come in un'aula
universitaria tradizionale.
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Negli ultimi anni, anche le università come le imprese hanno iniziato a
prestare maggiore attenzione al concetto di bilancio sociale, ovvero all'insieme di
attività non strettamente legate alla loro missione originaria. Nel mondo accademico,
anche le università più piccole stanno ora lanciando progetti di poli universitari
penitenziari, avvicinandosi a carceri con pochi detenuti e quindi pochi potenziali
studenti.
Sebbene questa iniziativa rappresenti una mossa positiva verso l'inclusione sociale e
l'accesso all'istruzione, potrebbe non essere la scelta economica e sociale più
efficiente. Secondo le direttive del Ministero della Giustizia, la concentrazione
basata sulle economie di scala sarebbe la soluzione migliore per perseguire questi
obiettivi sociali, ad un costo minore e con maggiore efficacia, così da perseguire il
vero obiettivo di questo progetto, ovvero quello di permettere alle persone detenute
di godere del diritto all’istruzione universitaria nelle migliori modalità.
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29
V. Friso, L. Decembrotto (a cura di), Università e carcere. Il diritto allo studio tra
vincoli e progettualità, Guerini Scientifica, Milano, 2018, p. 151.
30
ivi, p. 152.
31
ivi, p. 153.
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Il primo Polo Universitario Penitenziario nasce nella Casa Circondariale “Le
Vallette” di Torino nel 1998, grazie alla collaborazione tra il tribunale di
Sorveglianza, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria
(PRAP) del Piemonte e della Valle d’Aosta e l’Università di Torino. Questa
esperienza è frutto di una lunga attività di volontariato a sostegno dei detenuti iscritti
all’università, avviata da alcuni docenti e amministrativi della Facoltà di Scienze
Politiche dell’Ateneo Torinese negli anni ‘80, per rispondere alla richiesta di alcuni
detenuti di riprendere gli studi universitari interrotti.
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Il secondo Polo Universitario Penitenziario viene istituito in Toscana, presso la
Casa Circondariale di Prato, nel 2000, grazie al protocollo di intesa tra l’Università
degli Studi di Firenze, la Regione Toscana e il Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria. Questo segna l'inizio del percorso che porterà all'istituzione di altri
due PUP: nella Casa Circondariale di Pisa e nella Casa di reclusione di San
Gimignano, con protocolli d’intesa stipulati dall’Università di Pisa e quella di Siena.
Il caso toscano si denota per la sua particolarità all’interno del panorama dei Poli
Universitari Penitenziari perché il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione
Penitenziaria della Toscana e le Università di Firenze, Pisa e Siena hanno firmato il
27 gennaio 2010 un nuovo protocollo d’intesa per la costituzione del “Polo
Universitario Penitenziario della Toscana”, un sistema integrato di coordinamento
delle attività volte a consentire ai detenuti e agli internati negli istituti penitenziari
della Toscana il conseguimento di titoli di studio universitari.
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32
G. Pastore, Pratiche di conoscenza in carcere. Uno studio sui Poli Universitari
Penitenziari, in “The Lab’s Quarterly” n. 3, 2017, luglio-settembre, in
https://www.academia.edu/35580871/Pratiche_di_conoscenza_in_carcere_Uno_stud
io_sui_Poli_Universitari_Penitenziari (ultima consultazione il 6\03\2023)
33
Testo completo dell’ultimo protocollo di intesa:
https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_7_1.wp?facetNode_1=1_1(2010)&facetN
ode_3=1_1(20100127)&facetNode_2=1_1(201001)&previsiousPage=mg_1_7&cont
entId=SCA144921 (ultima visualizzazione il 6\03\2023)
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Il Polo Regionale è stato istituito per promuovere l’integrazione del lavoro
universitario a livello regionale e offrire maggiori possibilità ai detenuti.
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Attualmente, i Poli Universitari Penitenziari sono presenti in oltre 80 istituti
penitenziari e coinvolgono 40 atenei in tutta Italia. La CNUPP, ovvero la
Conferenza Nazionale dei Delegati dei Rettori per i Poli Universitari Penitenziari,
istituita presso la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) nel 2018,
si occupa di coordinare i responsabili delle attività di formazione universitaria in
carcere. Nella tabella fornita dal sito della CNUPP, si possono trovare gli atenei
impegnati nella formazione universitaria penitenziaria, gli istituti in cui vi sono
iscritti gli studenti universitari e il numero di studenti iscritti nell'anno accademico
2021-2022.
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Tabella n. 1 - Università impegnate nella formazione universitaria, istituti
penitenziari con studenti iscritti, numero iscritti a.a. 2021\2022.
Università impegnate Istituti in cui vi sono iscritti N° studenti iscritti (a.a. 2021-2022)
Università di Torino
(referente: Franco Prina)
-Casa Circondariale “Le Vallette” -
Lorusso e Cutugno di Torino
(Piemonte)
-Casa di Reclusione Rodolfo Morandi
di Saluzzo (Piemonte)
-Casa Circondariale di Padova
(Veneto)
66 studenti iscritti in totale
Università del Piemonte Orientale
(referente: Pierfrancesco Arces)
-Casa Circondariale Cantiello e Gaeta
di Alessandria (Piemonte)
0 studenti iscritti in totale
Università di Genova
(referente: Renzo Repetti)
-Casa Circondariale Marassi (Liguria)
-Casa Circondariale Pontedecimo
(Liguria)
-Casa di Reclusione di Sanremo
(Liguria)
35 studenti iscritti in totale
Università di Milano Bicocca
(referente: Maria Elena Magrin)
-Casa Circondariale di Milano-Opera
(Lombardia)
-Casa di Reclusione di Bollate
(Lombardia)
-Casa Circondariale di Monza
(Lombardia)
-Casa Circondariale Costantino Satta
di Ferrara (Emilia-Romagna)
40 studenti iscritti in totale
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G. Pastore, Pratiche di conoscenza in carcere. Uno studio sui Poli Universitari
Penitenziari, in “The Lab’s Quarterly” n. 3, 2017, luglio-settembre, in
https://www.academia.edu/35580871/Pratiche_di_conoscenza_in_carcere_Uno_stud
io_sui_Poli_Universitari_Penitenziari (ultima consultazione il 6\03\2023)
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Atenei aderenti alla CNUPP, in https://www.crui.it/delegati.html (ultima
consultazione il 6\03\2023)