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Introduzione
La presente Tesi di ricerca è stata svolta partendo da un interesse della
sottoscritta verso le tematiche riguardanti il mondo LGBT, poco o per nulla
affrontate durante il percorso di studi universitario. Come riportato da Bernini,
infatti, una delle lacune del mondo accademico italiano sta appunto
nell’oscurare tali temi, mai affrontati o solo vagamente accennati nei curricula
universitari (Bernini, 2017). La presente Tesi è stata vista dalla sottoscritta
quindi come un’opportunità per approfondire scientificamente una parte del
sapere accademico poco conosciuta.
Coniugata con l’interesse verso questi argomenti, vi è oltretutto
l’accettazione e la difesa di una visione del genere come qualcosa che vada
oltre i dettami eteronormativi basati su stereotipi ritenuti in grado di definire cosa
è “femminile” e cosa è “maschile”.
Partendo da questi due punti, si è dunque deciso di indagare più
approfonditamente questi temi in relazione al contesto scolastico, andando a
interpellare chi la questione del genere la vive sulla propria pelle ogni giorno più
di chiunque altro: le persone transgender, le quali letteralmente transitano da un
genere all’altro.
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La presente Tesi si articola dunque prendendo avvio da una prima parte –
comprendente i primi tre capitoli – in cui vengono analizzati la cornice teorica, il
contesto sociale, culturale, politico e pedagogico – e da una seconda parte - in
cui viene presentata la ricerca svolta e viene illustrata una possibile prospettiva
futura a seguito di quanto emerso nel corso della Tesi.
Nel primo capitolo, infatti, si inizia definendo l’identità sessuale di una
persona, distinguendone dunque le tre componenti – sesso, genere e
orientamento sessuale – e gli aspetti di cui sono composte, passando poi alla
critica del binarismo/dimorfismo sessuale emersa tramite il discernimento dei
fenomeni riguardanti l’intersessualità, la transessualità e l’omosessualità, fino a
giungere infine alla definizione delle teorie queer, che hanno fatto della critica
all’eteronormatività (e dei concetti affini di omonormatività e transnormatività) il
loro perno per la decostruzione e la ricostruzione della struttura sociale attuale.
Nel secondo capitolo si passa dunque alla presentazione del contesto
politico internazionale, con particolare riferimento ai moti di Stonewall avvenuti il
28 giugno 1969, e alle ripercussioni a livello europeo di tali avvenimenti. Nello
specifico, si farà riferimento alla collettivizzazione dell’esperienza trans e
all’emergere del fenomeno trans, presentando quindi i vari provvedimenti
legislativi dei Paesi europei. Si passa poi a un’analisi più approfondita del
contesto italiano, a partire dal periodo post-unitario fino ai giorni nostri,
illustrando quindi le quattro fasi dello sviluppo del fenomeno trans e la
promulgazione della L. 164/1982 in materia di riattribuzione e rettificazione del
genere, attraverso la presentazione delle sue peculiarità, sia positive che
negative. A conclusione del capitolo viene infine posta un’analisi del dispositivo
della teoria del gender e le ripercussioni dell’utilizzo di tale strumento sul
contesto italiano, in particolare quello scolastico.
Prendendo spunto quindi da tale analisi, nel terzo capitolo si indaga sul
fenomeno del bullismo omotransfobico tra le mura scolastiche italiane nelle sue
componenti – stereotipi, pregiudizi e, appunto, omotransfobia – e sulla visione
dell’infanzia come qualcosa di asessuale e innocente, che può portare in alcuni
casi ad azioni, in altri a omissioni di azioni da parte dei docenti e delle istituzioni
scolastiche. L’azione di contrasto al fenomeno del bullismo omotransfobico si
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inserisce in una prospettiva più ampia di educazione alle differenze, irrorata
dalle queer pedagogies, ovvero da quelle correnti pedagogiche che fanno capo
alle teorie queer presentate nel primo capitolo.
Prendendo come spunto il principio dello studio delle pratiche di lettura,
adottato come modello principale per l’analisi e il ripensamento dei modelli
educativi, si passa dunque alla seconda parte di questa Tesi, costituita, come
già anticipato, dall’illustrazione della ricerca sul campo tramite raccolta di storie
di vita di persone transgender, soprattutto per quanto riguarda il contesto
scolastico e dal ripensamento della prassi docente attraverso il prospetto di un
possibile progetto ispirato appunto all’educazione alle differenze.
Nel quarto capitolo, dopo aver individuato il paradigma ecologico come
cornice epistemologica della ricerca e la filosofica critica come capo ultimo,
vengono presentati il contesto della ricerca, i partecipanti ed infine i dati emersi
dal confronto delle storie raccolte.
Concludendo, si passa dunque al capitolo sul progetto ispirato
all’educazione alle differenze, che fa riferimento in primis a quanto prospettato
da Delors nel Rapporto all’UNESCO di metà anni Novanta sull’educazione del
nuovo millennio, quindi sulle competenze chiave europee e sulle life skills
prospettate all’inizio degli anni Novanta dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità. In particolare, è stato preso in considerazione lo sviluppo della
competenza europea sociale e civica in una classe quinta della scuola primaria,
attraverso una progettazione in grado di intersecarsi con gli argomenti affrontati
trasversalmente da più discipline e, allo stesso tempo, lavorando in continuità
con i genitori delle classi coinvolte attraverso incontri periodici.
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1 Costruire a partire dalla base: i fondamenti teorici
1.1 Le basi dell’identità sessuale: sesso, genere e orientamento
sessuale
Come affermato e dimostrato da diversi studiosi in vari ambiti scientifici,
l’identità sessuale di un individuo si compone di ben tre aspetti, i quali sono
sesso, genere e orientamento sessuale. Con il termine sesso, la SIPSIS,
ovvero la Società Italiana di Psicoterapia per lo Studio delle Identità Sessuali, in
Il genere. Una guida orientativa fa riferimento alla componente biologica
dell’identità sessuale, ovvero “il corpo sessuato, determinato dall’insieme dei
caratteri fisici e biologici specifici che, all’interno di una stessa specie,
contraddistinguono maschi e femmine, in quanto diversamente preposti alla
funzione riproduttiva” (Ferrari, Ragaglia, & Rigliano, 2015, p.8). Il sesso in
questo caso viene definito in base alla mera funzione riproduttiva. Gli autori
infatti riconducono a questo concetto cinque fattori, i quali sono: i cromosomi
sessuali, gli ormoni sessuali, i genitali esterni, quelli interni ed infine il fenotipo
sessuale (ovvero la “conformazione complessiva del corpo”, come definito dagli
stessi studiosi). Per ognuno di questi fattori esistono tuttavia conformazioni
intermedie o altre rispetto al maschile e al femminile e gli stessi fattori possono
sommarsi in configurazioni che contraddicono gli standard della femminilità e
della mascolinità - come osservato da diversi studiosi, tra cui Lorenzo Bernini in
Le teorie queer. Un’introduzione (2017) – le quali mettono già in discussione la
visione binaria che ancora permea la ricerca occidentale attuale. In altre culture
(come quella degli hijra del Gujarat, in India), invece, la presenza di sessi
sovrannumerari non costituisce fonte di ambiguità, in quanto si ritiene che
persone con un terzo sesso possano ricoprire ruoli di genere diversi rispetto a
quelli tradizionalmente riconosciuti come femminili o maschili (Schultz &
Lavenda, 2015).
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La componente biologica è strettamente interconnessa con quella socio-
culturale, ovvero il genere, il quale per definizione è “l’insieme delle differenze
tra uomini e donne, che le società costruiscono a partire dalle differenze tra
corpo maschile e femminile […]. Il genere perciò riguarda gli aspetti che, in
modo variabile da cultura a cultura e sulla base di diversi gradi di obbligatorietà,
permettono di identificare gli individui maschi come uomini e le femmine come
donne. Tali differenze tra uomini e donne sono mediate da simboli, abitudini,
norme, e sono sostenute e continuamente ricreate da rituali collettivi, pratiche
sociali, comportamenti individuali” (Ferrari, Ragaglia, & Rigliano, 2015, pp.8-9).
In tutte le culture sono rintracciabili, infatti, distinzioni di ruolo legate al genere,
le quali orientano e definiscono la socializzazione di bambini e bambine sin
dalla nascita, basti pensare alla domanda che viene posta quasi
istantaneamente ai neogenitori nei riguardi di un figlio appena nato: “è maschio
o femmina?” (Batini & Santoni, 2009).
Il concetto di genere scardina, da un lato, l’idea che basti appartenere a
uno dei due sessi per essere uomo o donna e, dall’altro, si differenzia dal
concetto di condizione femminile in quanto sposta il centro dell’attenzione dalla
“donna” al “rapporto” tra i due sessi, assumendo e facendo propria quindi la
critica al determinismo biologico e portando alla luce la componente relazionale
alla base della costruzione dei ruoli maschili e femminili (Ruspini, 2017).
La donna infatti non viene più vista in una posizione di inferiorità rispetto
all’uomo, bensì come elemento complementare a quello maschile. Questa
visione, di provenienza femminista, rivoluziona quindi i rapporti tra i due generi,
basati non più sul potere e sulla subordinazione di uno dei due sull’altro, ma
sulla complementarietà che esiste tra il maschile e il femminile.
Sempre secondo la SIPSIS, il genere si compone a sua volta di tre fattori che,
come quelli sessuali, possono sommarsi in combinazioni incoerenti rispetto agli
standard del maschile e del femminile. I fattori in questione sono: identità di
genere, ruolo di genere e genere anagrafico. L’identità di genere corrisponde
all’identificazione del soggetto a una categoria socialmente riconoscibile tra
quelle riportate di seguito:
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- cisgender (che si riconosce nel genere corrispondente al suo sesso
biologico);
- transgender (che si identifica nel genere opposto al suo sesso
biologico o in un genere intermedio tra il maschile e il femminile);
- gender fluid (ovvero che in un arco di tempo oscilla tra il maschile e il
femminile);
- gender questioning (incert* sulla propria identità di genere);
- agender (né maschio né femmina);
- genderqueer/genderfuck (consapevolmente e provocatoriamente ostile
agli standard del maschile e del femminile) (Bernini, 2017);
Per ruolo di genere e genere anagrafico s’intendono rispettivamente la
manifestazione esteriore del genere secondo le convenzioni sociali, che può
essere maschile, femminile o androgina, e il marcatore di genere che compare
in anagrafe e sui documenti ufficiali. Identità di genere, ruolo di genere e genere
anagrafico non sempre sono necessariamente coerenti. Le possibilità di
espressione di genere sono quindi varie, tante quante risultano dalle molteplici
combinazioni possibili tra questi tre aspetti. Esse possono inoltre restare
invariate nel tempo o cambiare nel corso della vita di un soggetto.
Il rapporto esistente tra sesso e genere è quindi un rapporto di
interdipendenza, in quanto il genere è intriso di implicazioni biologiche (basti
pensare all’etimologia della parola genere, proveniente dal latino genus e dal
greco genos - famiglia, specie -, i quali a loro volta rimandano a gen, ovvero
generare), ma anche dalle influenze esercitate dall’esperienza, dai rinforzi
sociali, dalle sollecitazioni o dalla mancanza di esse. Il genere si configura
quindi come concetto di unione, sintesi e confronto, in quanto serve a trattare
contemporaneamente uomini, donne e i rapporti tra gli stessi. L’essere donna e
l’essere uomo sono il prodotto di un processo storico che ha attraversato le
diverse culture e società, all’interno delle quali sono stati diversamente definiti
nel corso degli anni il maschile e il femminile. Tra sesso e genere vi è quindi un
rapporto interdipendente che è anche storico e dinamico. Le cosiddette
relazioni di genere – tutte quelle relazioni sociali tra donne e uomini e che
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riassumono le loro posizioni relative nella divisione di risorse e responsabilità,
benefici e diritti, potere e privilegi – sono in costante cambiamento, così come
variano tra culture le norme sociali che regolano e approvano i comportamenti
individuali. Il concetto di genere non traduce quindi soltanto un concetto, bensì
si configura come un modo di definire e percepire la realtà, che sottende
continuamente concezioni del maschile e del femminile, permettendo dunque
una riflessione teorica a livello micro e macrosociale. Vale la pena menzionare
in questa sede il contributo dell’antropologa Marilyn Strathern, la quale, insieme
ad altri antropologi, ha sostenuto che le particolari relazioni esistenti tra maschi
e femmine in una società vanno considerate solo come un esempio di
simbolismo di genere (Schultz & Lavenda, 2015). Il genere si configura dunque
come insieme di categorizzazioni, artefatti, pratiche, idee per definire più ampi
sistemi di relazioni sociali, che attingono all’immaginario sessuale, quindi alla
conformazione dei genitali (ivi).
La terza componente dell’identità sessuale è, infine, l’orientamento
sessuale, ovvero la direzione del desiderio sessuale di una persona, la quale
non interferisce con la sua identità di genere. Viene chiarito infatti dalla SIPSIS
che esso “non c’entra con la forma di sé, bensì con la forma e l’immagine
sessuata dell’altro e quindi il rapporto con l’altro. Da quanto detto risulta chiaro
che la persona omosessuale, nel vivere serenamente la propria identità, non
nega affatto l’esistenza del maschile e del femminile: una donna omosessuale,
per esempio, si sente donna, è attratta da altre donne, ma ciò non significa che
provi un’intrinseca avversione per gli uomini” (Ferrari, Ragaglia, & Rigliano,
2015, p.11). Gli orientamenti sessuali identificati finora sono quello
eterosessuale, omosessuale e bisessuale, che rispettivamente vengono
rappresentati da tre modelli sessuali, eterosessualità, omosessualità e
bisessualità. Con eterosessualità si intende l’insieme delle caratteristiche
personali e degli eventi correlati alla scelta di avere e vivere relazioni di amore,
cura, intimità con un partner di sesso biologico opposto al proprio, mentre con
omosessualità si definisce “il complesso delle caratteristiche personali e dei
fenomeni relativi alla scelta di vivere relazioni di aiuto e cura, affettive, di intimità
con partner del proprio sesso biologico” (Ruspini, 2017, p.35). La bisessualità