5
CAPITOLO I
Vita di Gundling: La drammaturgia politica di Heiner Müller e il fallimento
dell’utopia socialista
«Io starei volentieri a cavallo del muro, con una gamba di qua, l’altra di là;
è forse una posizione schizofrenica, ma non ne trovo altre più realistiche».
1
Heiner Müller
1.1 La poetica di Heiner Müller: l’intuizione post drammatica e la
Zuschaueraktivierung
Il dramma di Heiner Müller Leben Gundling Friedrich von Preußen Lessings Schlaf
Traum Schrei (trad. it. Vita di Gundling Federico di Prussia sonno sogno grido di
Lessing) venne scritto nell’anno 1976 e pubblicato all’epoca della DDR. Fu messo in
scena per la prima volta a Francoforte sul Meno nel 1979.
Si tratta di un’opera che ancora oggi si presenta misteriosa sia dal punto di vista dei
contenuti che dal punto di vista della forma. È composta da nove scene e da quattro
macrotematiche che ruotano intorno ad altrettanti personaggi.
Il file rouge che tiene insieme l’articolata trama è rappresentato dal complicato rapporto
tra la figura dell’intellettuale ed il potere nel contesto della Prussia di Federico
Guglielmo I. In Vita di Gundling Müller prova a ripercorrere le radici dell’ideologia
socialista e, allo stesso tempo, si interroga sulla funzione del teatro e sui suoi limiti in
un contesto culturale e sociale nel quale si è ormai affermata una concezione del sapere
e dell’arte squisitamente post illuministica.
Nelle sue opere Müller si pone come obiettivo la creazione di una Mehrdeutigkeit, cioè
una pluralità di possibili significati, rifiutando in tal modo un’interpretazione
illuministica e razionale dell’arte. Con i suoi testi l’autore intende attivare la coscienza
dello spettatore (Zuschaueraktivierung) ed è proprio in questo specifico contesto che si
inserisce l’elevato simbolismo che caratterizza le sue opere.
1
H. Müller, Berlin Twohearted City, in Id., Werke, vol. VIII, Frankfurt, Suhrkamp,. 2005, p. 475.
6
Non sorprende, dunque, che Müller sia stato definito da autori del calibro di Hans-Thies
Lehmann quale protagonista indiscusso dello sviluppo del teatro post drammatico, il
quale si pone come scopo primario proprio la Gemeinschaftlichkeit der Verschiedenen.
L’utilizzo dell’espressione “teatro post – drammatico” suggerita da Hans-Thies
Lehmann
2
appare particolarmente congeniale alla descrizione dell’evoluzione della
scena teatrale tedesca degli ultimi decenni del XX secolo. Tale definizione consente non
solo di unire gli aspetti drammaturgici e scenici dell’arte teatrale, ma anche di lasciare
alle spalle la tradizionale antitesi tra modernismo e post-modernismo.
Tratto caratteristico del teatro post drammatico è certamente l’assenza di una diretta
corrispondenza tra l’opera e il mondo reale.
Il teatro post-drammatico degli anni Settanta si inserisce nel solco di alcune esperienze
che avevano caratterizzato gli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra
mondiale, quando alcuni autori ed artisti inaugurarono una inedita fase di
sperimentazione delle possibilità del teatro astratto
3
.
I contenuti delle opere post drammatiche sono caratterizzati da una costante
decomposizione del reale, che diviene oggetto di riflessione da parte dell’autore.
Contemporaneamente, gli elementi della scena tradizionale vengono separati - o meglio
isolati - per essere analizzati nella loro essenza dall’autore attraverso una costante opera
di innovativa sperimentazione.
L’influsso brechtiano, con il suo bagaglio colmo di spunti provenienti da correnti di
pensiero quali il dadaismo, il futurismo e l’espressionismo, ebbe una influenza decisiva
sulle opere di Heiner Müller.
Nella sua autobiografia l’autore racconta della sua ammirazione per Bertolt Brecht, con
il quale tentò senza successo di collaborare. Attualmente Müller è ancora considerato
dai critici letterari erede di Brecht.
Tuttavia, l’abbondante produzione letteraria dell’autore risentì anche dell’influsso di
altre personalità di spicco della letteratura internazionale, tra queste Shakespeare,
Majakovskij, Artaud, Beckett, Kafka, Dostoevskij e Nietzsche. Tutti questi autori
rappresentano il perno di quella che può essere considerata la base della concezione
2
H. Lehmann, P. Primavesi, Heiner Müller, Handbuch, Stuttgart, Verlag J. B. Metzler, p. 10.
3
Tra questi autori figura certamente il nome di Jacques Poliéri. Egli fu un regista francese nato a Tolosa
nel 1928. Artista creativo e pionieristico, egli fu tra gli ideatori della scenografia moderna, realizzando
palcoscenici di design fuori dal comune e spettacoli multimediali. Fu anche apprezzato per il suo ruolo da
teorico, con particolare riferimento all’opera “Scénographie nouvelle”.
7
poetica di Müller, ossia quello che egli definiva il suo costante «dialogo con i morti».
Con questa espressione l’autore allude al costante scambio e confronto con la
produzione artistico-letteraria che lo aveva preceduto. Con Brecht, però, Müller aveva
senz’altro un rapporto privilegiato.
Quando a Müller in un’intervista risalente all’anno 1983 venne chiesto, se si ritenesse
un allievo di Bertolt Brecht, egli rispose che l’autore citato era stato per lui una
Kläranlage, ossia un impianto di depurazione, un filtro che gli aveva consentito di
guardare con occhi nuovi alla storia e alla società in continuo mutamento.
4
In sostanza, Müller aveva avuto modo, attraverso Brecht, di comprendere la reale
funzione del teatro, quale strumento teleologicamente orientato ad influire sulla realtà
circostante attraverso un nuovo tipo di drammaturgia capace di penetrare la realtà.
Müller incontra – intellettualmente - per la prima volta Brecht nel 1948, quando Brecht
nel corso di una trasmissione radiofonica affermò «Il perpetrare provoca la distruzione,
la continuità provoca la distruzione. Le cantine non sono ancora state svuotate e già vi si
costruiscono case sopra. Non ci si è mai presi del tempo per svuotare le cantine perché
ci sono sempre nuove case sopra le stesse cantine».
5
L’influsso brechtiano rappresentò il perno fondamentale della poetica di Müller.
Invero, l’antitesi vecchio-nuovo divenne così centrale all’interno della sua produzione
artistica, da portare l’autore a coniare l’espressione “disfattismo costruttivo”.
Questa innovativa combinazione di termini si riferisce ad una precisa caratteristica
dell’opera Mülleriana. Il punto di partenza della sua produzione artistica - e ciò varrà
soprattutto per Vita di Gundling - è la crisi, la distruzione. La realtà che l’autore sceglie
di rappresentare all’interno della sua opera è quella di un’utopia in crisi, in quanto la
direzione autoritaria e illiberale presa dalla DDR è ormai giunta ad un punto di non
ritorno. Müller non può che costatare il fallimento di un’utopia nella quale aveva
inizialmente creduto e, per indurre il suo pubblico alla riflessione circa questa
attualissima tematica, egli mette in pratica alcuni espedienti drammaturgici assai
peculiari.
4
H. Müller, Werke 10 Gespräche 1965-1987, Frankfurt am Main, Suhrkamp,2008, p. 24.
5
M. Poggi, Heiner Müller Fatzer Bertolt Brecht in «Comparative Studies in Modernism», n.2, 2013, p.
42.
8
Tra le operazioni più singolari compiute da Müller nelle sue opere teatrali figura il c.d.
scollegamento della narrazione. Si tratta di una tecnica narrativa nella quale gli elementi
della narrazione non rientrano nel contesto di uno schema logico ed ordinato, ma si
presentano agli occhi del narratore in maniera frammentata.
Questo tipo di scrittura teatrale crea una rottura all’interno della narrazione, impedendo
così allo spettatore di collegare, attraverso i comuni strumenti della logica, le
informazioni che costui riceve. La Zuschaueraktivierung di Müller si inserisce proprio
nel contesto di questa sperimentazione.
Müller utilizza il teatro come uno strumento per mettere in discussione le forme chiuse
del sapere tradizionale, quel sapere che si era andato affermando in epoca post
illuministica. Da questo punto di vista Vita di Gundling rappresenta l’emblema di un
diffuso pessimismo che Müller rivolge al moderno illuminismo.
Per fare ciò, risulta indispensabile per l’autore la creazione di un canale di
comunicazione diretta con il pubblico. La drammaturgia mülleriana rappresenta dunque
un tentativo di ridefinire i rapporti tra attore e pubblico.
«Die Interpretation ist die Arbeit des Zuschauers, die darf nicht auf der Bühne
stattfinden. Dem Zuschauer darf diese Arbeit nicht abgenommen werden. Das ist
Konsumismus, dem Zuschauer diese Arbeit abzunehmen, das Vorkaufen. Das ist
kapitalistisches Theater. Aber es ist das Vorhandene und das Übliche»:
6
così Müller
definì il rapporto tra opera teatrale e spettatori nel corso di un dialogo con Olivier
Ortolani su «Theater heute» nel 1985.
In sostanza, l’interpretazione è da concepirsi quale diritto-dovere dello spettatore.
Pertanto, gli autori che si arrogavano il diritto di fornire agli spettatori la propria
personale interpretazione del reale erano considerati da Müller produttori di pezzi
teatrali “consumistici” e “capitalistici”. È in ciò che risiede la funzione politica del
teatro. Quando il regista sceglie di inserire in un dramma simboli teatrali lasciati alla
libera interpretazione dello spettatore, quest’ultimo potrà formulare e mobilitare con la
sola forza della propria fantasia e del proprio intelletto una rappresentazione alternativa
della realtà sociale in cui vive.
6
In lingua italiana la citazione potrebbe essere tradotta come segue: «Interpretare è compito del pubblico
e non può avvenire sul palco. Non bisogna privare lo spettatore di questo compito. Togliere questo
compito allo spettatore sarebbe consumismo, si tratterebbe di teatro capitalistico. Ma è questo che
succede abitualmente».
9
In sintesi, Müller si oppone con forza alla tradizionale interpretazione socialista dell’arte
come strumento per veicolare messaggi politici ossia la politische Kunst. Mentre la
politica è l’arte del possibile, l’arte teatrale ha a che fare con l’impossibile, con ciò che
non è probabile o scontato all’interno di un determinato contesto storico e sociale.
Il teatro diventa così un laboratorio all’interno del quale vengono create nuove fantasie
collettive.
L’interpretazione mülleriana della funzione del teatro non deve, però, essere
sovrapposta alla Spaltung des Publikums
7
di brechtiana memoria. Nel suo teatro Müller
sceglie di non fornire al pubblico né una, né plurime interpretazioni possibili del testo.
Müller non intende creare conflitti tra diverse posizioni in relazione a tematiche inserite
all’interno di una cornice fissa, né tantomeno l’autore desidera spingere gli spettatori ad
organizzarsi entro le categorie marxiste classiche.
Obiettivo della produzione mülleriana è la riproduzione della complessità della realtà
circostante, lasciando libero lo spettatore nella rielaborazione del materiale presente
sulla scena e della simbologia teatrale inserita all’interno della narrazione.
L’autore desidera un teatro politico democratico nel quale non esistano contrapposizioni
fisse, bensì varietà e molteplicità. È lo spettatore che porta con sé a teatro il suo vissuto
e la sua realtà storica, al fine di condividerli con la collettività. Le esperienze possono
essere fatte – secondo l’autore – solo nella dimensione collettiva.
8
In questo modo
Müller conferisce al teatro democratico il compito di mettere in discussione le strutture
portanti della società, per favorire la nascita di nuove e piccole entità collettive.
In altre parole: il teatro democratico contribuisce alla democratizzazione della realtà
politica, creando delle micro-comunità che sfidano le strutture sociali interne ed esterne
al teatro. All’interno di questa concezione utopica del potenziale del teatro lo spettatore
non esiste più in quanto cittadino-rappresentato, divenendo così soggetto protagonista
dell’arena politica.
Il tema dell’utopia resta una costante nell’intera opera del nostro autore. La questione
dell’utopia rimanda ad un interrogativo ben preciso: è possibile la creazione di un luogo
in cui sia possibile garantire in maniera permanente il bene? Müller osserva con una
certa dose di pessimismo la realtà che lo circonda, infatti, l’esperienza nazista e
7
B. Dewolfe, Aspekte des Charakterbegriffs im Werk von Bertolt Brecht, Portland State University, 1978,
p. 48.
8
Cfr. H. Müller, Gesammelte Irrtümer. Interviews und Gespräche. Frankfurt, 1986, p. 466.
10
l’esperienza socialista hanno di volta in volta deformato e rielaborato i due concetti di
“bene” e “male”, utilizzandoli a proprio uso e consumo per le finalità più disparate.
Data la natura malvagia degli uomini, l’utopia diventa dunque un qualcosa di
impossibile da raggiungere e, allo stesso tempo, una cosa alla quale non è possibile
rinunciare. Emblematico a tal proposito risulta un passo dell’opera D. Faust (frammenti)
di Lessing. In una scena centrale il dottor Faust chiede a sette spiriti infernali chi tra loro
sia il più veloce. Uno dopo l’altro, gli spiriti iniziano ad illustrare le proprie abilità: uno
racconta di essere veloce come la freccia della peste, un altro dice di essere tanto veloce
quanto lo sono le ali del vento. Tuttavia, sarà il settimo spirito ad avere la meglio sugli
altri, egli infatti risponde a Faust dicendo: «So schnell wie der Übergang vom Guten
zum Bösen».
9
Si comprende, dunque, che l’intervallo esistente tra bene e male è nullo, è
un intervallo privo di tempo e privo di spazio. Il bene implica sempre anche il male, e
viceversa. La distinzione tra bene e male viene determinata di volta in volta dal caso e
dalle coincidenze. Per tutte le utopie di Müller - che si tratti di utopie di natura politica,
sociale o artistica – vale una regola: ciò che vi è di buono nel mondo e nell’arte appare
non come U-topia, bensì come U-cronia. Il mondo che lo circonda, un mondo nel quale
tutto è misurato e controllato, ha perso le sue riserve di utopia. Il bene non trova spazio,
né tempo nel nostro mondo. L’idea è che l’utopia sia come un vortice, l’utopia è una
forza centrifuga che partendo dalla realtà circostante si muove verso l’esterno, verso una
dimensione futura ignota.
L’utopia, per la quale non c’è più spazio né tempo nel nostro mondo, appare nelle opere
dell’autore in una dimensione artistico-virtuale, in una sorta di non-tempo. Nelle opere
di Müller la dimensione utopica non è individuabile all’interno di una singola immagine
o di un determinato discorso, ma impregna la forma e la struttura delle opere.
Nel teatro di Müller, nel solco della tradizione dell’indistinguibilità tra bene e male a
partire dal Faust-Fragment di Lessing, ritorna un’antica distinzione: la velocità
rappresenta il male, mentre il rallentamento costituisce il bene. L’arte agisce come una
sorta di Zeitkollektor,
10
formando così una riserva di tempo (agevolatore del bene), in
questo modo l’arte partecipa alla salvezza del mondo. Il teatro di Müller rappresenta
l’inimmaginabilità e l’irrinunciabilità dell’utopia in questi termini: nell’insieme delle
9
G. Lessing, D. Faust: Fragmente und Berichte, Berlin, Berliner Bibliophilen-Abend,1988, p. 189.
10
H.Lehmann, P. Primavesi, Heiner Müller Handbuch. op. cit., p. 10.
11
catastrofi che colpiscono il mondo si accumula un tempo utopico, una controforza che si
oppone all’indifferente scorrere del tempo. In questo contesto, la drammaturgia
mülleriana diventa il dramma del non-tempo. Ma cosa vuol dire non-tempo? Il non-
tempo può essere descritto come un residuo indelebile, una perdita di tempo inserita
nella frenesia quotidiana di un mondo meticolosamente pianificato e misurato.
Per Müller il regno del non-tempo è rappresentato dal comunismo. Nel comunismo è
presente una grande quantità di tempo. «Zeit ist umsonst» affermava il nostro autore
nell’opera Die Umsiedlerin.
11
Si comprende, a questo punto, che l’utopia di Müller è
incarnata dal comunismo. È il comunismo a rappresentare il bene ovvero das Gute.
Tuttavia, questo bene ha un prezzo elevato, dal momento che l’ideale comunista può
essere raggiunto solo al costo di numerose vite umane. Ancora una volta si vede come
bene e male siano indissolubilmente legati. «Das tägliche Brot der Revolution ist der
Tod»,
12
queste le parole pronunciate a più riprese dal coro nell’opera Mauser. Il passo ci
fa comprendere come Müller avesse nel 1970 (anno della pubblicazione di Mauser) già
perso le speranze nella buona riuscita della DDR. Proprio per questo motivo lo stato
socialista non rappresenta per l’autore la realizzazione dell’utopia comunista, ma anzi,
proprio a causa del fatto che le persone che si sono occupate della sua realizzazione
sono meri esseri umani – e in quanto tale «nichts weniger als gut»
13
- anche il
comunismo non può essere un’utopia, ma solo una u-cronia, un non-tempo, uno spazio
temporale privo di esseri umani.
Si comprende, allora, che il tema dell’utopia è strettamente collegato alla dimensione
temporale. I drammi di Müller non presentano una trama lineare che scorre lungo una
linea del tempo che procede in avanti. Nelle sue opere è presente un gran numero di
figure, discorsi, azioni, urla, sogni che vengono collocati in un contesto che è al di fuori
del tempo. Come annunciato dal titolo dell’opera Die Hamletmaschine, i singoli
frammenti dei drammi di Müller sono dispositivi, piccole macchine che producono il
materiale che il drammaturgo somministra al suo pubblico. Vi sono alcune opere, le
quali già nel titolo contengono l’elenco delle Maschinen, un esempio lampante a tal
proposito è l’opera Leben Gundlings Friedrich von Preußen Lessings Schlaf Traum
11
H. Müller, Die Umsiedlerin oder Das Leben auf dem Lande, Rotbuch Verlag, 1975, p. 236.
12
H. Müller, Mauser, Rotbuch Verlag, 1978, p. 2-8.
13
H.Lehmann, P. Primavesi, Heiner Müller Handbuch. op. cit., p. 59.
12
Schrei. Il titolo non è un mero riassunto dell’opera, esso contiene la serie di dispositivi
che fungono per l’autore da motori del dramma. Nei suoi titoli l’autore richiama un
prodotto seriale all’interno di un sintagma disaggregato. Il sintagma è disaggregato
poiché il significato proprio dell’opera è acronico, questo perché i gesti e le frasi dei
suoi drammi richiamano un tempo virtuale. Questa tecnica consente allo spettatore di
immergersi in una dimensione temporale inafferrabile e anticonvenzionale. Quello delle
opere di Müller non è il tempo della storia, delle rivoluzioni, dei potenti, ma è il tempo
delle percezioni, è il tempo dell’io interiore di ciascuno di noi.
Già in Mauser (1970) l’autore accosta tre sequenze che, invece di essere associate a tre
momenti diversi di un’unica linea del tempo, si collocano all’interno di un’unica unità
temporale. Questa tecnica, la cosiddetta Montagetechnik, utilizza l’espediente del time-
lapse. L’autore spiega che «Man muss jetzt in einer Art Zeitraffer auf die Geschichte,
auf die Vergangenheitsgeschichte blicken».
14
La stessa tecnica viene adottata anche in molte altre opere, la vediamo impiegata ad
esempio nella sequenza Der Mann im Fahrstuhl dell’opera Der Auftrag (1980), nella
quale la Maschine (il dispositivo) è rappresentata da un ascensore. L’io narrante
all’interno dell’ascensore sta salendo per recarsi dal suo capo, ma nel corso della salita
il soggetto viene catapultato in un altro tempo. Ecco allora che l’affermazione di Müller
«Die Raumzeit der Kunst ist zwischen der Zeit des Subjekts und der Zeit der
Geschichte»
15
assume un significato assai profondo. Per Müller le utopie nascono nel
tempo individuale dell’esistenza del singolo, mentre il tempo della storia procede a
grande velocità. L’arte e la storia si ricollegano a due percezioni diverse del tempo,
rispettivamente il tempo della conoscenza e il tempo degli accadimenti. Queste due
diverse declinazioni del dato temporale non possono essere sincronizzate. È per questo
motivo che Müller cerca di infrangere il continuum temporale della storia. Il teatro
mülleriano concede alle singole figure un grande quantitativo di tempo, permettendo
loro di esistere su un arco temporale che attraversa interi secoli ed epoche storiche
differenti. Questa dimensione spaziotemporale, questa “u-cronia” dell’utopia non serve
a fissare scene, eventi, dialoghi rientranti nel fluire tradizionale della storia, ma consente
14
H. Müller, Gesammelte Irrtümer. op. cit., p.36.
15
H. Müller, Heiner Müller Material. Texte und Kommentare, Lipsia, Reclam, 1989, p. 92.