Ultima Generazione:
rappresentazione mediale
di un problema politico
Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia,
Comunicazione
Dipartimento di Comunicazione e Ricerca
Sociale
Corso di laurea in Comunicazione, Valutazione
e Ricerca Sociale per le Organizzazioni
Giorgia Roccia
Matricola 1944408
Relatore Correlatore
Marco Binotto Isabella Pezzini
A.A. 2022-2023
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Introduzione
L’attuale panorama globale è caratterizzato da
crescenti preoccupazioni riguardo la crisi
ambientale e la sostenibilità del nostro pianeta. Per
questo motivo l’epoca moderna è (ed è stata)
caratterizzata dalla presenza di numerosi movimenti
ambientalisti che si sono occupati di tutela
dell’ambiente e promozione della sostenibilità
cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica e
promuovendo azioni per affrontare questa sfida
planetaria. I movimenti hanno attraversato varie fasi
di sviluppo, riflesso delle mutevoli dinamiche
sociali e delle crescenti sfide ambientali che ne
derivano, pur mantenendo caratteristiche innate e
comuni a tutti. Una tra queste è sicuramente la
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dimensione temporale ed è bene sottolinearla perché
vi sono movimenti che hanno attraversato diversi
decenni, se non secoli, ed hanno avuto modo di
assistere in prima persona alle diverse emergenze
climatiche che si sono registrate nel tempo. Questa
loro "testimonianza" ci aiuta a comprendere
l'evoluzione delle forme di attivismo climatico e ci
racconta anche delle varie sfumature dei movimenti
climatici che si sono succeduti nel corso degli anni.
Il primo capitolo si propone quindi di analizzare
storicamente il fenomeno dei movimenti
ambientalisti di massa. Saranno esplorati gli eventi
significativi partendo dalla società industriale degli
anni Sessanta e Settanta, nonché esplorando il
sistema consumistico e il movimento di protesta
della controcultura giovanile come sua controparte.
Si fa anche un accenno al ruolo dei primi mass-
media e della loro parte nel raccontare i danni inflitti
al pianeta da parte delle grandi industrie che stavano
nascendo. Questa parentesi è stata doverosa poiché
nel secondo capitolo di questa ricerca i mass-media
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sono stati oggetto di studio riguardo ai movimenti
ambientalisti analizzati in questo lavoro; la presente
ricerca è stata infatti condotta partendo proprio
dall’impatto che essi hanno avuto nella narrazione
delle attività di attivismo non violento di cui qui si
tratta. È stato poi necessario fornire una premessa
sull'ambientalismo degli anni Duemila per
introdurre i movimenti ambientalisti protagonisti
negli anni Venti del suddetto decennio e che qui
sono presi in esame: Extinction Rebellion, Fridays
For Future e Ultima Generazione. In particolare, si è
fatto riferimento alle condizioni climatiche che
hanno spinto i cittadini a intraprendere proteste e le
istituzioni governative a prendere provvedimenti,
menzionando anche gli aspetti internazionali come
il Protocollo di Kyoto. Accanto ad esso è utile
menzionare anche la Cop26 che si è svolta a
Glasgow nel 2021. Da questa conferenza ne è
scaturita una dichiarazione con la quale 39 paesi,
Italia compresa, si impegnano ad interrompere i
finanziamenti ai combustili fossili per ricavare
energia entro la fine del 2023 con l’obiettivo di
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arrivare ad utilizzare solamente energia derivante da
fonti rinnovabili entro l’anno 2030, come indicato
nell’accordo di Parigi. La menzione a queste due
conferenze è risultata imprescindibile poiché da esse
sono derivati i suddetti impegni dei Paesi
sottoscriventi ma che non si stanno rispettando e che
hanno portato questi tre movimenti a compiere gesti
e azioni eclatanti col fine di riportare all’attenzione
pubblica la crisi climatica e ciò che la sta causando.
Le notizie che oggi ci giungono, come verrà anche
evidenziato più avanti in questo lavoro, ci dicono
che solo pochi paesi tra i maggiori finanziatori
fossili al mondo stanno rispettando l’accordo preso
a Glasgow (Regno Unito, Francia, Svezia,
Danimarca, Canada, Nuova Zelanda, Finlandia) e
stanno man mano facendo una transizione
all’energia rinnovabile, mentre altri continuano le
loro politiche di finanziamento alle maggiori
industrie fossili e tra questi c’è proprio l’Italia, che
si posiziona sesta nella classifica dei finanziatori
fossili mondiali. A fronte di tutto questo, risulta
evidente come vi sia un rifiuto da parte della politica
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italiana, e dei vari governi che vi si sono succeduti,
di attuare e introdurre una riforma che azzeri in
modo permanente il finanziamento alle fonti di
energia fossile entro il 2023, un obiettivo che ormai
sembra non si possa più raggiungere.
La campagna Ultima Generazione: non paghiamo il
fossile nasce proprio dalla constatazione che lo Stato
italiano continui ad investire in un tipo di energia
che sta portando il pianeta al collasso. I membri del
movimento sono guidati dalla voglia di raggiungere
l’obiettivo di scuotere le coscienze dei cittadini ma
soprattutto dei governi. Le proteste non-violente che
mettono in atto derivano dall’accettazione del fatto
che delle semplici marce per clima, delle semplici
petizioni e dei semplici scioperi non bastino più per
lanciare un messaggio chiaro e diretto ma bisogna
polarizzare l’opinione pubblica sulle richieste che
vogliono fare al Governo e sembra che fino ad ora ci
stiano riuscendo grazie alla crescente attenzione
mediatica che stanno ricevendo.
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Una spiegazione del movimento Ultima
Generazione si incontra nella seconda parte del
primo capitolo, accompagnata dalle presentazioni di
Extinction Rebellion e Fridays For Future. Il lavoro
di ricerca, tuttavia, è stato condotto sulle azioni di
attivismo non-violento caratteristiche del primo
movimento: il punto di riferimento è stato il modello
delle arene pubbliche di Hilgartner e Bosk per
illustrare in quali di esse Ultima Generazione ha
giocato la sua partita per la conquista dell’agenda
setting. Un’arena è un ambiente dove i problemi
sociali sono in competizione per ricevere
l’attenzione che richiedono, infatti questa
affermazione ci dà già una risposta al perché il
movimento manifesti con le azioni clamorose
elencate e analizzate in seguito nel corso di questo
lavoro: vuole attirare l’attenzione, ma non su di sé,
bensì sulla crisi climatica.
Il secondo capitolo si apre quindi con la
rappresentazione di tre azioni che più di tutte, tra
quelle elencate nel primo capitolo, hanno
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polarizzato l’attenzione mediale sul movimento. Per
capire come ciò è stato possibile sono state
analizzate quattro arene: arena della stampa, arena
dei telegiornali, arena dei social media e arena dei
talk-show, alle quali sono stati dedicati specifici
paragrafi e all’ultima arena in particolare è stato
dedicato un vero e proprio capitolo a parte, il terzo.
Nel terzo capitolo si vuole evidenziare come i
programmi di approfondimento svolgano un ruolo
cruciale nell'interazione tra diverse arene, poiché
facilitano discussioni tra individui provenienti da
ambiti diversi, come la politica o il giornalismo. Essi
si trovano nella posizione di fornire la loro
competenza professionale e il loro pensiero critico
in un contesto progettato per favorire l'incontro, o
meglio, lo scontro, di questi due elementi
provenienti da persone che hanno opinioni
diametralmente opposte.
Infine, l’ultimo capitolo è dedicato all’esplicazione
delle conclusioni che da questo lavoro sono
scaturite, a cui si aggiunge una narrazione di eventi
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che hanno avuto luogo fuori dal calendario preso in
esame nel presente lavoro e già esplicato nel capitolo
1. Gli attivisti di Ultima Generazione non si sono
fermati ed hanno continuato a manifestare il loro
dissenso contro una politica e un sistema finanziario
che continuano ad investire nelle fonti fossili con
delle azioni prettamente concentrate a Roma e che
portano con loro dei messaggi metaforici che sono
prontamente spiegati sulle loro pagine social. Con
l’occasione si è valutato se il loro scopo di attirare
l’attenzione sul problema della crisi climatica sia
stato raggiunto, quindi si è cercato di ipotizzare
come potrebbe essere il futuro di Ultima
Generazione e delle loro battaglie nel caso in cui
questo non sia avvenuto ancora. Le loro azioni
porteranno il Governo italiano a smettere di
finanziare l’industria dei combustibili fossili?
L’Italia riuscirà a mantenere gli impegni presi
sottoscrivendo l’accordo di Parigi nel 2015?
Contribuirà, l’Italia, a mantenere la temperatura
globale sotto i 2°C entro il 2030? Sono domande a
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cui ancora non abbiamo una risposta ma la possiamo
costruire solo vivendo in modo più sostenibile.
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1. La crisi climatica come
problema sociale
La nascita dei movimenti ambientalisti non ha una
vera e propria data, tuttavia il 1962 segna un anno
importante per la consapevolezza ambientale in
quanto la biologa Rachel Carson fece uscire il libro
Silent spring, seguito da Science of survival di Barry
Commoner, che uscì nel 1964, in cui si denunciava
il pericolo degli antiparassitari e la strage di animali
che stavano provocando nel primo libro, e
l’espansione massiccia degli impianti di produzione
nel secondo. Il 1962 e il 1964 sono stati marcati
quindi come anni della consapevolezza perché
grazie a questi due scritti c’è stata una reazione a
catena di movimenti che sono nati e iniziative che si
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sono svolte negli anni immediatamente successivi
alla pubblicazione di questi saggi, autorevoli
campanelli d’allarme. I movimenti sociali come li
conosciamo noi oggi, infatti, sono nati negli anni
delle società industriali avanzate, ed erano quelli che
iniziavano a preoccuparsi di un mondo consumista
in cui erano ancora troppo evidenti le differenze tra
parti estremamente industriali e altre gravemente
sottosviluppate, nonché sfruttate per rendere il Nord
globale come tale.
I vari gruppi nati negli anni Sessanta (proseguendo
fino agli anni Settanta) del secolo scorso sono
diventati ben presto parte di quella controcultura
giovanile che lottava contro un sistema industriale
che stava anche danneggiando la natura, tra le altre
cose. Ne è un esempio il naufragio della petroliera
Torrey Canyon, avvenuto nel Canale della Manica
nel 1967, che ha visto migliaia di giovani accorrere
sul luogo dell’incidente per ripulire il disastro
ecologico che si era andato a creare. Questo evento
ha dunque fatto aprire gli occhi a molte persone,
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grazie all’ondata di ambientalismo che ne è scaturita
e che si è allargata in pochissimi anni: nel 1969,
infatti, fu avviata la Nuova Politica Ambientale e nel
1970 fu istituita la prima Giornata della Terra, che
ad oggi ancora si celebra ogni 22 aprile. Il 1973 ha
segnato l’anno della crisi petrolifera e da quel
momento la ripresa economica è stata al centro del
programma di governo di quasi ogni paese, che a
questo punto si è trovato di fronte alla scelta di quale
fonte energetica far uso, mentre dell’ondata
ambientalista sembrava non preoccuparsene più
nessuno. È negli anni Ottanta che si ha la ripresa
della lotta ambientalista grazie al ruolo sempre più
importante che stavano acquisendo i mass-media:
essi hanno contribuito a far conoscere in tutto il
mondo le notizie riguardo lo stato ecologico globale
e, soprattutto, ciò che lo stava deteriorando, tra cui
piogge acide, effetto serra e il tanto discusso buco
dell’ozono. Infine, dopo il disastro di Chernobyl del
1986, l’ambientalismo italiano ha vinto una delle
proprie battaglie quando, al referendum dell’8 e 9
novembre 1987, è stata ufficialmente abrogata la
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norma sulla localizzazione delle centrali nucleari,
segnando un aumento notevole di iscritti ad
associazioni come WWF e Legambiente e un
discreto aumento di consensi elettorali per i partiti
cosiddetti verdi
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Rivolgendoci all'importanza degli anni Duemila per
il contesto di questa analisi, esamineremo ora alcuni
sviluppi chiave che hanno portato la tematica della
lotta al cambiamento climatico fino ai giorni attuali.
In particolare, esploreremo i movimenti che hanno
guadagnato rilevanza e che si sono affermati come
principali promotori di slogan e obiettivi.
L’inizio del XX secolo, e le lotte ambientaliste
svolte in quegli anni, hanno avuto come punto di
partenza il protocollo di Kyoto, che imponeva
obiettivi vincolanti sulla riduzione delle emissioni di
gas serra di almeno l’8% rispetto al 1990, da attuare
entro il 2012. Si inizia anche a parlare dei danni che
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Federico Paolini, Saperi ambientali, urbanistici e decisioni
politiche in Italia, in Ventunesimo Secolo, Vol. 16, No. 40,
Rubettino Editore, Soveria Mannelli, 2017
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la deforestazione stava provocando al pianeta e alle
popolazioni indigene dell’Amazzonia, in quanto la
foresta rappresenta una risorsa cruciale per la
biodiversità e per la mitigazione del clima. Si arriva
poi alla nascita di movimenti contro le fonti fossili,
i quali evidenziano i disastrosi impatti ambientali
che esse hanno, soprattutto se usate in dose
massiccia da tutti gli stabilimenti industriali del
pianeta. Tra questi movimenti, vi sono tre attori
principali che attualmente si distinguono per il loro
impegno nella lotta ambientale: Extinction
Rebellion, Fridays For Future e Ultima Generazione.
Approfondiremo ulteriormente ognuno di essi in
seguito.
In ultima analisi, è utile sottolineare come i
movimenti ambientalisti nascano con caratteristiche
specifiche che ritroviamo spesso in ognuno di loro.
Raimondo Strassoldo, nel suo libro Le radici
dell’erba, ne evidenzia alcune che sono tipiche di
quasi tutti i movimenti. Lo spazio e il tempo sono
due dimensioni che riscontriamo sempre: è bene
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ricordare che i movimenti possono svilupparsi su
base locale o internazionale e durare pochi giorni
come diversi secoli. La caratteristica spaziale,
invece, la troviamo in stretto contatto con quella
numerica, perché risulta facile pensare che più un
movimento si allarga, più riceve adesioni, e
viceversa. In conclusione, ciascun movimento
dispone di una gamma di mezzi e modi che spesso
condividono tra di loro, ma che possono differire
nelle preferenze individuali di alcuni o di altri. Per
fare un esempio pratico a questo lavoro e
richiamando i sopramenzionati Extinction Rebellion
e Ultima Generazione, possiamo affermare che
questi usano i mezzi che Strassoldo chiama di azione
diretta e che prevedono l’azione collettiva di strada,
che include i frequenti blocchi stradali ai quali
ricorre Ultima Generazione
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Gli altri mezzi e modi menzionati dall’autore sono la cultura
e la comunicazione che includono l’elaborazione teorica, la
discussione e la diffusione di idee, informazioni e valori; la
ricerca scientifica che vede la comunità degli scienziati
contribuire al movimento con la loro professione; l’azione
politico-istituzionale in cui si collocano i gruppi di pressione e