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CAPITOLO I
L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA
Per raggiungere il successo di mercato, le imprese hanno la necessità di innovarsi
determinando un innalzamento degli standard competitivi in molti settori. Allo stesso
tempo, l’innovazione ha permesso alla società: di ottenere risultati sempre più positivi
consentendo ai consumatori di poter usufruire di un’ampia varietà di prodotti e servizi,
ha esteso e migliorato la produzione di generi alimentari e di beni di prima necessità
permettendo anche la diffusione di nuove cure mediche per proteggere la salute umana e
inoltre, l’innovazione ha permesso di poter viaggiare mantenendo sempre costante la
comunicazione con qualsiasi parte del mondo.
Il prodotto interno lordo (PIL) è un indicatore dell’impatto complessivo
dell’innovazione tecnologica. Questo indica il valore complessivo dei beni e servizi
realizzati sul territorio nazionale in un anno, calcolato al prezzo di acquisto per il
consumatore finale. Una serie di studi condotti negli Stati Uniti ha dimostrato che il tasso
storico di crescita del PIL non è solo frutto della crescita dell’impiego dei fattori in termini
di lavoro e capitale. L’economista Robert Merton Solow, nel 1957, ha ipotizzato che la
componente di crescita del PIL non spiegata, chiamata componente “residua”, è
determinata proprio dal progresso tecnologico. L’innovazione tecnologica, infatti,
permette la crescita della produzione ottenuta da una precisa quantità di lavoro e capitale
impiegato. L’ipotesi di Solow non fu però subito accettata. Solamente nel 1981, anno in
cui Solow ricevette il premio Nobel per l’economia, si è stabilito che il fattore residuo è
determinato proprio dal cambiamento tecnologico.
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Tuttavia, l’innovazione tecnologica può provocare delle esternalità negative. Queste sono
dovute al fatto che alcune tecnologie di produzione possono accrescere il fenomeno
dell’inquinamento, dannoso per la salute dei cittadini che risiedono nei pressi di
fabbriche. Ad esempio, le tecnologie adottate nell’agricoltura e nella pesca possono
comportare danni di natura ambientali come fenomeni di erosione e distruzione di habitat
naturali; anche le tecnologie adottate nella medicina possono portare alla comparsa di
nuove forme batteriche difficili da combattere.
L’innovazione tecnologica viene quindi definita come la creazione di una nuova
conoscenza che consente di risolvere problemi e di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Tuttavia, l’applicazione di questa nuova conoscenza avviene in modo troppo rapido e
impulsivo e non presta attenzione alle possibili conseguenze o ad eventuali soluzioni
alternative che potrebbero ridurre gli effetti negativi.
Molte imprese, nell’intento di volersi innovare, si precipitano nello sviluppo di nuovi
prodotti senza però stabilire delle strategie chiare e realizzare dei progetti fattibili. In
questo modo, le imprese rischiano di avviare più progetti di quanti effettivamente possono
gestire oppure di intraprendere percorsi non adatti perché non si possiedono le risorse
necessarie oppure sono poco coerenti con gli obiettivi dell’impresa. Tutto questo
determina un allungamento dei cicli di sviluppo e una maggiore probabilità di fallimento.
Nonostante l’innovazione viene descritta come un processo spontaneo e non strutturato,
in realtà questa convinzione risulta fallace e si dimostra che gli innovatori di successo si
avvalgono invece di strategie di innovazione bene determinate.
Diversi studi hanno dimostrato che la maggior parte delle idee innovative non si trasforma
in nuovi prodotti realizzabili sotto il profilo tecnico, ma solo una idea su qualche migliaio
riesce a raggiungere i risultati stabiliti. Tra quelle idee che si riescono a realizzare, solo
alcuni generano un rendimento di mercato adeguato agli investimenti. Un particolare
studio, utilizzando i risultati ottenuti dalle precedenti ricerche sul successo di una
innovazione e i dati dei brevetti, ha dimostrato che sono necessarie circa 3000 idee prima
di ottenere un prodotto nuovo e di successo. Per questo motivo, il processo di innovazione
viene schematizzato attraverso un imbuto (Figura 1.1), all’interno del quale entrano una
grande quantità di idee, ma solo alcune riescono a superare tutte le tappe del processo di
sviluppo e a fuoriuscire dall’altra estremità dell’imbuto.
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Figura 1.1: L’imbuto dell’innovazione
In uno studio condotto su 116 imprese che realizzano innovazioni business-to-business
(prodotti destinati ad altre imprese del mercato piuttosto che al consumo finale), Abbie
Griffin ha stabilito la tempistica necessaria per realizzare un nuovo prodotto. Si è stimato
che la durata del ciclo di sviluppo dipende dal livello di innovazione del prodotto che si
vuole realizzare: il tempo di sviluppo aumenta al crescere del contenuto innovativo del
prodotto. In media sono necessari circa 6-8 mesi per apportare miglioramenti incrementali
ad un prodotto già consolidato e circa 22 mesi per miglioramenti più significativi. Per
realizzare invece prodotti totalmente nuovi e innovativi sono necessari tempi più lunghi
che ammontano a circa 53 mesi.
L’elaborazione di una ottima e attenta strategia può portare ad un miglioramento del tasso
di successo delle innovazioni di un’impresa. I progetti innovativi dovrebbero essere
coerenti sia con le risorse possedute dall’impresa sia con gli obiettivi finali che essa vuole
raggiungere, facendo leva sulle competenze chiave (core competency) per conquistare
l’intento strategico. Sia la struttura organizzativa dell’impresa sia i sistemi di controllo
dovrebbero contribuire alla generazione di idee innovative e inoltre, dovrebbero fare in
modo che queste siano di efficiente realizzazione.
Affinché si possa raggiungere il successo dei progetti, dal punto di vista tecnico e
commerciale, è necessario che il management:
• abbia una attenta conoscenza delle dinamiche dell’innovazione;
• realizzi una strategia di innovazione ben strutturata;
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• formuli in modo corretto i processi di implementazione della strategia di
innovazione.
All’interno di questo capitolo si vuole, in primo luogo, analizzare le fonti
dell’innovazione, individuando da dove nascono le grandi idee, in quale modo le imprese
possono avviare la creatività e qual è il ruolo che hanno i clienti, le istituzioni pubbliche,
le università e le reti di collaborazione per creare e sviluppare un’innovazione. Si
introdurranno poi le varie tipologie di fonti di innovazioni, in particolar modo analizzando
il ruolo del singolo inventore, delle imprese, della ricerca con finanziamento pubblico e
dei collaborative networks.
Successivamente, si analizzeranno i modelli e le varie forme di innovazione tecnologica
e i diversi percorsi evolutivi dell’innovazione, in particolare le curve a S della diffusione
e del miglioramento di una tecnologia e i cicli tecnologici. Si approfondiranno poi le 5
categorie di adottatori di una tecnologia.
Infine, si illustreranno gli obiettivi del processo di sviluppo di un nuovo prodotto e inoltre
si analizzeranno le due tipologie di processo di sviluppo: in sequenza e in parallelo.
1.1. Le fonti dell’innovazione
L’innovazione può nascere da molte fonti diverse. Questa può generarsi dalla mente degli
individui come, ad esempio, gli inventori e utilizzatori di un prodotto, che ricercano da
soli soluzioni migliori per soddisfare i propri bisogni; dalle ricerche delle università, dagli
enti pubblici, dagli incubatori di imprese e dalle fondazioni private. Le imprese stesse,
disponendo di molte risorse rispetto ad un singolo individuo e di sistemi di management
che sono in grado di gestire queste risorse e di fare in modo che queste raggiungano un
obiettivo comune, rappresentano un motore fondamentale dell’innovazione. Le imprese
sono fortemente spinte a realizzare prodotti e servizi innovativi per potersi differenziare
dalla concorrenza. In realtà, un altro potente e significativo motore di innovazione, che è
rappresentato dalle relazioni e dai collegamenti fra le diverse fonti, sono i network di
innovatori che costituiscono il fattore più potente del progresso tecnologico.
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Le fonti di innovazione vengono viste come un sistema complesso in cui una singola
innovazione può essere stata determinata da uno o da più attori del sistema e soprattutto
dai collegamenti e dalle relazioni tra i diversi soggetti che appartengono al sistema a rete
dell’innovazione (Figura 1.2).
Figura 1.2: Il sistema delle fonti di innovazione
La creatività è la base per determinare l’innovazione. Questa viene definita come la
facoltà di generare idee nuove, ovvero la capacità di realizzare un “qualcosa” di utile e
nuovo, che deve possedere caratteristiche diverse rispetto a qualcosa precedentemente
realizzato. Il livello di innovazione di un prodotto può essere dato o da una modifica ai
prodotti già realizzati in precedenza, ma anche dalle esperienze passate del mercato.
Un prodotto non è innovativo al livello globale: questo potrebbe essere nuovo solamente
per chi lo ha realizzato, ma già conosciuto da altri; oppure potrebbe essere innovativo per
il mercato locale, ma già affermato nel resto del mondo. Tuttavia, i prodotti maggiormente
innovativi vengono visti come nuovi sia per chi li realizza, per il mercato cui è destinato
e per tutta la società.
La creatività può scaturire da un solo individuo. In questo caso, questa è determinata
dalla capacità intellettuale, dalle conoscenze e informazioni, dalla personalità e
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motivazione che sono possedute dal singolo. L’individuo deve essere in grado di
osservare i problemi da prospettive diverse, riconoscere e selezionare le idee che possono
avere maggiore possibilità di successo e comunicare e convincere gli altri che queste idee
meritano di essere concretizzate. Le conoscenze che devono essere possedute non devono
essere né troppo limitate né troppo approfondite: nel primo caso si rischia di non riuscire
a comprendere a pieno il problema e quindi a risolverlo, nel secondo caso vi è il pericolo
di rimanere intrappolati in schemi logici e paradigmi dominanti. Accade spesso che chi
possiede un basso livello di conoscenza possa realizzare soluzioni più creative rispetto a
quelle che potrebbe suggerire un esperto. Gli individui più creativi sono soliti a prendere
le proprie decisioni in modo originale e allo stesso tempo ripongono molta fiducia nelle
proprie capacità e possiedono una notevole volontà e impegno nel voler superare
difficoltà e ostacoli che possono presentarsi durante la realizzazione dell’idea.
Quando si lavora su qualcosa che piace e interessa, si utilizza maggiormente la creatività.
Per liberare completamente il potenziale creativo è necessario coltivarlo in un ambiente
in cui le idee creative vengono valorizzate e riconosciute.
La creatività non è solo di un singolo, ma può essere propria di una organizzazione.
Questa è composta della creatività degli individui che costituiscono l’organizzazione, dei
loro processi sociali e delle condizioni di contorno che influenzano il modo in cui questi
individui si comportano e interagiscono tra loro.
La cassetta dei suggerimenti è il metodo utilizzato dalle imprese per far emergere la
creatività dei loro dipendenti. L’azienda giapponese Honda utilizza un sistema di raccolta
di idee che incoraggia il personale a presentare le proprie idee ottenendo riconoscimenti
non economici ma morali. Colui che ha presentato l’idea vincente diventa il responsabile
della realizzazione dell’innovazione. Si è stimato che circa il 75% delle idee presentate
vengono poi realizzate.
I sistemi di raccolta delle idee hanno l’obiettivo di stimolare i dipendenti ad avviare
attività creative come lo sviluppo di scenari alternativi per la risoluzione di problemi.
Questi sistemi di raccolta delle idee sono caratterizzati da costi molto bassi e sono
considerati solo il primo passo affinché si possa stimolare la creatività dell’uomo.
L’innovazione consiste nella trasformazione di una idea in prodotti e processi nuovi.
L’idea innovativa deve rispecchiare e sottostare alle risorse e alle competenze possedute
dall’impresa affinché si possa trasformare l’idea in qualcosa di concreto e materiale.
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Si considera successivamente il ruolo dei singoli individui, innovatori e utilizzatori finali;
in seguito, si studierà l’innovazione organizzata dalle imprese, università e enti pubblici
di ricerca.
L’inventore
L’inventore risulta essere uno scienziato interessato soprattutto ai ragionamenti teorici e
astratti e con un entusiasmo volto alla risoluzione dei problemi. L’essere più introversi
può rendere questi soggetti più interessati a risolvere problemi piuttosto che interagire
nella sfera sociale. Diversi studi hanno dimostrato che inventori di grande successo
possiedono i seguenti caratteri:
• una approfondita conoscenza degli strumenti e dei processi produttivi
fondamentali del settore in cui si specializzano. Tuttavia, gli inventori non si
limitano a studiare un solo settore ma sono inclini ad ampliare le proprie
conoscenze anche in settori diversi;
• grande curiosità e interesse a risolvere problemi;
• predisposizione a mettere in discussione le ipotesi esistenti;
• ricerca di soluzioni globali piuttosto che particolari.
Un inventore può dedicare anche tutta la sua vita allo sviluppo di strumenti o processi
creativi, ma solamente alcuni vengono brevettati e realizzati.
Le innovazioni ideate dagli utilizzatori
Accade spesso che un’innovazione provenga anche da un utilizzatore di un prodotto o di
una tecnologia. Questo accade perché gli utilizzatori possiedono una buona conoscenza
dei propri bisogni e sono spinti ad apportare modifiche a prodotti già esistenti, a rivolgersi
ai produttori proponendo variazioni alle caratteristiche del prodotto, ad esempio
modificando il design, e addirittura proporre prodotti completamente nuovi che talvolta
possono far nascere nuovi settori.
Ad esempio, tre velisti olimpionici hanno progettato un modello di barca a vela di piccole
dimensioni, chiamato Laser, che ha conquistato successivamente grande popolarità. I tre
velisti hanno sfruttato le proprie esperienze e hanno ricercato le caratteristiche necessarie
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che doveva possedere l’imbarcazione. Questa risulta infatti semplice, facile da trasportare
con costi bassi ma elevate prestazioni.
Le attività di ricerca e sviluppo delle imprese
Una delle più importanti fonti di innovazione è costituita dalle attività svolte dai laboratori
di ricerca e sviluppo. Nel linguaggio economico i due termini ricerca e sviluppo vengono
spesso usati insieme, tuttavia ciascuno è relativo a realtà diverse ma sempre collegati
all’innovazione.
In particolare, la ricerca comprende sia quella di base (ricerca pura), che vuole
comprendere meglio un argomento o approfondire la conoscenza di un’area scientifica,
sia quella applicata, volta all’aumento della comprensione di un problema per poter
soddisfare un bisogno.
Con il termine sviluppo si intende invece l’insieme di tutte le attività che fanno in modo
che la conoscenza si applichi alla realizzazione di nuovi prodotti e processi.
La Ricerca e Sviluppo (R&S) indica quindi una serie di attività che vanno dalla ricerca
sperimentale fino allo sviluppo vero e proprio dell’innovazione. Diversi studi hanno
dimostrato che la R&S sia uno strumento fondamentale di innovazione: presenta una
correlazione positiva con il tasso di aumento dei ricavi, con le vendite date da nuovi
prodotti e con la redditività dell’impresa.
Gli studiosi di innovazione, intorno al 1950, avevano individuato un approccio science
push alla ricerca e sviluppo. Secondo questo approccio, l’innovazione si caratterizza di
una sequenza di operazioni: la scoperta scientifica, la progettazione, l’attività di
produzione e il marketing. Successivamente, intorno agli anni Sessanta, si è sviluppato
un secondo approccio: il modello demand pull della R&S. Questo approccio prevedeva
che l’innovazione era guidato dalla domanda dei potenziali utilizzatori dell’innovazione,
in modo tale che si realizzano nuovi prodotti in linea con i problemi e i suggerimenti dei
clienti. Tuttavia, entrambi questi modelli furono fortemente criticati.
Studi recenti hanno dimostrato che le imprese che attuano processi di innovazione
utilizzano una grande quantità di fonti e di idee, tra cui:
• la R&S in house, realizzata all’interno dell’organizzazione;
• le relazioni con i clienti e gli utilizzatori;