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INTRODUZIONE
L’argomento concordato con il mio paziente relatore, avv. prof. Nicola Pisani, ha tratto
necessariamente spunto dalla mia volontà di procedere a un lavoro di ricerca che potesse
congedarmi orgogliosamente e dignitosamente dalla mia carriera universitaria,
affrontando uno dei temi a me più cari sotto il profilo professionale oltre che accademico.
Gli sforzi dedicati alla repressione del fenomeno corruttivo nelle sue molteplici
sfaccettature, nonché la passione e l’entusiasmo che cerco di dedicare quotidianamente
alla difesa dei valori e principi che sorreggono faticosamente il nostro Paese, sono risultati
determinanti nella scelta di un argomento che potesse suscitare pari entusiasmo e una
appassionata attività di ricerca. L’introduzione del reato della corruzione per l’esercizio
della funzione, avvenuto con l’entrata in vigore della L. 190 del 2012, innestato sul tessuto
della cd. corruzione impropria di cui al preesistente art. 318 del codice penale, oltre a
rappresentare un autentico novum giuridico nel diritto penale sostanziale, ha costituito
forse il primo vero passo verso un contrasto deciso e strutturato alla criminalità corruttiva
da parte del legislatore italiano, frutto di un approccio razionale al problema della
corruzione e scevro da tentazioni populistiche, che spesso culminano in meri incrementi
delle cornici edittali.
L’elaborato prenderà avvio dall’analisi della corruzione nella sua dimensione storica,
nel tentativo di coglierne gli aspetti fondamentali nel mutamento degli assetti politico-
istituzionali, economici, culturali delle civiltà che ci hanno preceduto con un cenno sulle
testimonianze preziose della letteratura coeva. Verrà subito dopo affrontato il tema della
corruzione nei suoi profili empirico-criminologici, con la finalità di fornire un
inquadramento più esaustivo possibile del fenomeno criminale, avuto riguardo
all’eziologia, alle sue peculiarità e alle sue dinamiche, alla valutazione interpretativa degli
aspetti quantitativo-statistici, concludendo con una valutazione più specificatamente
qualitativa della fenomenologia corruttiva, ponendo l’accento sul percorso evolutivo che
ha contraddistinto il fenomeno criminale, traendo necessariamente spunto alle vicende
giudiziarie degli anni ’90, diffusamente conosciute come Tangentopoli, e come tale
trasformazione abbia comportato il radicale stravolgimento degli elementi cardine della
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corruzione codicistica, dai contenuti dell’accordo corruttivo, fino ad arrivare agli stessi
protagonisti e alle modalità realizzative dell’illecito.
Successivamente, la visuale si sposterà sull’analisi più strettamente giuridica, in
quanto la trattazione verterà sulle strategie di contrasto elaborate nel corso dei decenni
dal legislatore italiano, dall’assetto normativo dei codici Zanardelli e Rocco, fino ad
arrivare alle più recenti riforme dei delitti contro la pubblica amministrazione, ponendo
in particolare risalto il livello di sensibilità delle scelte di politica criminale nei confronti
degli orientamenti giurisprudenziali venutisi a delineare negli anni, quanto all’evoluzione
empirico-criminologica della corruzione già preliminarmente illustrata nel capitolo
introduttivo e l’adesione ai differenti paradigmi normativi di contrasto da parte del nostro
legislatore. Nel terzo capitolo si scandaglierà a fondo la figura di reato della corruzione
funzionale nei suoi elementi costitutivi, alla luce delle più importanti interpretazioni della
Suprema Corte, nei soggetti attivi del reato, nel bene giuridico tutelato e soprattutto nei
rapporti con le altre figure delittuose presenti nel codice penale vigente, in primis la
corruzione propria ex art. 319 del codice penale e la precedente corruzione impropria ante
riforma Severino. Verranno quindi ripercorse le pronunce di maggiore rilevanza,
attraverso le quali la Corte di Cassazione ha inteso tracciare gli orientamenti ermeneutici
fondamentali per stabilire con chiarezza l’alveo applicativo della corruzione funzionale e
dirimere eventuali punti controversi del dato normativo. Il quarto e ultimo capitolo sarà
dedicato ai risultati in termini di effettività penale ottenuti dall’entrata in vigore della
figura incriminatrice della corruzione funzionale, alle ripercussioni e i profili
criminologici attuali; si giungerà quindi alle conclusioni, nel tentativo di delineare
l’impatto sociale e criminologico della nuova fattispecie, a dieci anni dalla sua
introduzione nel codice penale italiano, distinguendone i punti di forza e i limiti
dell’impianto, ponendo l’accento su come l’art. 318 c.p., rappresentando un novum nel
nostro diritto penale sostanziale, abbia contribuito a rafforzare in maniera decisiva le
strategie di contrasto dello Stato verso l’infedeltà dei propri pubblici agenti e la «turpe
mercificazione» della pubblica funzione.
Questo lavoro, dopo iniziali difficoltà e ritardi imputabili a vicissitudini personali dello
scrivente, prende avvio il 19 luglio del 2022, a trent’anni dalla strage via D’Amelio.
L’assassinio dei giudici Falcone e Borsellino, ha rappresentato, per me come per molti,
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un autentico spartiacque della mia esistenza, poiché fu probabilmente allora che presi
tragicamente coscienza dell’ingiustizia, fu in quei giorni che compresi di come il
malaffare potesse corrodere alle fondamenta anche un prospero Paese paradigma di genio,
eccellenza, progresso e prosperità come l’Italia. Il tragico evento, collocandosi al culmine
di una sanguinosa stagione che sconvolse l’intero Paese, rappresentò il mio primo vero
confronto, da giovane adolescente, con ciò che non potrei definire diversamente se non
con la locuzione «male assoluto». La frequentazione sia della scuola media che del liceo
classico mi ha concesso l’immensa fortuna di incontrare docenti dotati di straordinaria
integrità morale, che hanno profondamente influenzato la mia crescita umana e culturale,
imprimendo alla mia personalità i tratti che oggi contraddistinguono la mia quotidiana
visione del mondo, improntata ai valori della giustizia e della libertà. In quegli anni
maturai la convinzione di dedicare la mia esistenza a combattere la criminalità e a
salvaguardare quei valori eretti a difesa dello Stato da parte della nostra Costituzione. Il
destino, spesso beffardo, ma che oggi voglio ringraziare, mi ha quindi concesso l’onore
più grande, quello di servire la Patria indossando con profondo orgoglio l’uniforme della
Guardia di Finanza, esaudendo così quel sogno consolidatosi nel corso dell’adolescenza
a ridosso dei giorni più bui per la nostra Repubblica.
Oggi, all’epilogo della mia carriera universitaria, vorrei che le pagine di questa mia
umile fatica raggiungano idealmente quei luoghi e quei momenti, lontani solo
geograficamente e cronologicamente, da qui e dal mio cuore.
A quel sacrificio, alla memoria di quei magistrati, alle ragazze e ai ragazzi delle forze
dell’ordine caduti nell’adempimento del loro dovere, ai figli più belli d’Italia e al loro
imperituro esempio, dedico pertanto questo mio lavoro.
1
CAPITOLO I
IL FENOMENO CORRUTTIVO IN ITALIA: PROFILI SOCIO-
CULTURALI E CRIMINOLOGICI.
1. LA DIMENSIONE STORICA E SOCIOLOGICA DELLA CORRUZIONE IN
ITALIA E NEL MONDO.
1.1. La corruzione nella storia: da Hammurabi a Mani pulite
1
.
Prima ancora di approfondire gli aspetti empirico-criminologici e giuridici attuali, è
parso doveroso ripercorrere lo sviluppo della corruzione nel corso dei secoli attingendo
alla storiografia ufficiale e senza tralasciare le tracce della letteratura coeva al periodo
interessato, preziosa testimonianza per comprendere l’approccio ad un fenomeno antico
come la storia stessa dell’uomo. In altri termini, si è ritenuto necessario scrutare
l’atteggiamento dell’uomo e della società verso la corruzione nel corso della storia, di
come tale malcostume abbia attraversato indenne i mutamenti sociali, politico-
istituzionali economici, culturali e religiosi delle varie epoche storiche.
Nella letteratura si sono incontrate innumerevoli definizioni di corruzione, tutte tese
ad indicare quel novero di condotte poste in essere dal pubblico funzionario infedele, il
quale accetta dal privato cittadino un’indebita remunerazione in cambio di trattamento di
favore inconciliabile con il dovere di imparzialità e legalità cui è tenuto il pubblico agente.
Calibrando la visuale sull’utilizzo distorto delle attribuzioni del pubblico ufficiale,
possiamo condividere la definizione di «uso da parte dei pubblici amministratori della
propria posizione e del proprio potere per ottenere benefici privati».
2
(R. Ackermann,
1978). Più recentemente, «il reato degli infedeli, cioè il tradimento da parte di coloro che
1
C.A. BRIOSCHI, Breve storia della corruzione. Dall’età antica ai giorni nostri, Milano, 2005.
2
S. ROSE-ACKERMANN, Corruption: A Study in Political Economy, New York, 1978.
2
dovrebbero curare il bene pubblico e che invece consentono un accesso a benefici pubblici
non dovuti, in cambio di denaro e di altre personali utilità»
3
.
Ciò che sorprende al culmine di questa prima analisi è senza dubbio un dato di fatto
incontrovertibile e difficilmente confutabile: non esiste alcuna civiltà, in qualsiasi epoca
storica e a qualsiasi latitudine si faccia riferimento, dalla nascita al suo tramonto che non
abbia conosciuto, contemplato e, in definitiva, accettato - prima ancora di punirlo - il
perenne morbo dello scambio di favori tra pubblico e privato, delle indebite elargizioni,
delle raccomandazioni e dei favoritismi, e, in definitiva, di quel novero dei comportamenti
umani utili a definire, latu sensu, il fenomeno della corruzione.
Tra le radiose civiltà del nostro passato spiccano certamente quelle mesopotamiche.
Le civiltà sorte tra il Tigri e l’Eufrate hanno lasciato ai nostri giorni straordinarie tracce
di progresso scientifico e culturale, tra i quali spicca una tra le più grandi raccolte
legislative della storia, noto come il codice Hammurabi all’interno del quale, tra le 282
sentenze contenute, figura la sanzione della corruzione giudiziaria, ovvero quel
comportamento del giudice volto a mutare la sentenza dopo la sua pronuncia, violando la
sacralità che all’epoca contraddistingueva ciascun provvedimento autoritativo
4
.
Il costume dell’approvazione diffusa della pratica corruttiva emerge chiaramente
anche dalla lettura delle Sacre Scritture, come si scorge dalla lettura dell’Antico
Testamento, allorché Giacobbe tenta addirittura un compromesso con Dio, confermando
che nel caso lo avesse aiutato, avrebbe restituito la decima dei doni ricevuti (Genesi,
28,20-22)
5
.
Agli albori dell’antica Grecia, si colloca uno dei primi casi di corruzione pubblica. Ci
si riferisce alla vicenda dell’oro di Arpalo, risalente al 324 a.C. di cui fu accusato il celebre
oratore delle invettive contro Filippo II di Macedonia, Demostene, che fu condannato e
3
F. MANGANARO, Corruzione e criminalità organizzata, in Antigone. L’area grigia della
‘ndrangheta, a cura di Claudio La Camera, Reggio Calabria, 2012, pp. 125-140.
4
Si trae spunto dalla ricostruzione di John T. NOONAN Jr., autore del fondamentale Bribes
(Macmillan Publishing Company, New York City, New York, U.S.A 1984. Tradotto dall’inglese da
S. FUSINA e A. CARRER.
5
C.A. BRIOSCHI, op.cit., p. 28.
3
costretto all’esilio
6
. Al di là delle vicende di Arpalo, la Grecia delle poleìs soffre la
corruzione in uno dei centri nevralgici della sua «democrazia», ovvero il Tribunale.
Una Grecia virtuosa, patria di filosofia e cultura, ma infestata dall’epidemia corruttiva
al pari di altre civiltà. Dove nelle agorà imperversano indisturbati i sicofanti, i quali più
che di vere notitiae criminis, sono voraci di tangenti per offrire la possibilità di
scongiurare eventuali processi e condanne in capo ai generosi offerenti. La democrazia
delle poleis offre spunti di riflessione attuali anche guardando all’inevitabile malaffare
che si annidava nei gangli dei propri meccanismi burocratici ed amministrativi.
Riflessioni di sorprendente attualità, se si guarda alla vicenda di Paflagone, il quale
rispondendo alle accuse di corruzione mosse, esclamò “Rubavo per il bene dello Stato!”
7
.
Sarebbe sin troppo facile attribuire, a distanza di oltre venticinque secoli, tale espressione
ad uno qualsiasi degli esponenti della Prima Repubblica coinvolti nello scandalo per
finanziamento illecito e corruzione emerso nell’inchiesta di Mani Pulite.
Ostacolo e minaccia alle mire espansionistiche di Roma nel mar Mediterraneo,
Cartagine fu la destinataria di uno degli strali rimasti impressi nella memoria di ciascuno
studioso di Roma: con solennità patriottica, l’austero guardiano del pubblico erario
Catone chiudeva ciascun discorso al Senato con la celeberrima “Delenda Carthago!”.
L’episodio meriterebbe tuttavia una rilettura alla luce degli interessi imprenditoriali del
censor, commerciante di olio, che vedeva i propri affari seriamente minacciati
dall’intraprendenza della stessa città africana e quindi pienamente coinvolto in un vero e
proprio conflitto d’interessi
8
.
«Corruptissima re publica plurimae leges»
9
. Già alla fine del I secolo d.C. il padre
della storiografia moderna negli Annales individuava uno dei sintomi più evidenti della
corruzione all’interno delle istituzioni statali. L’incremento smisurato di leggi, spesso
incomprensibili se non addirittura di dubbia utilità sono segnale evidente di corruzione
dei vertici politici o, da una diversa quanto condivisibile prospettiva, conseguenza
6
Per un’ampia trattazione sull’argomento, J.T. NOONAN JR., Ungere le ruote. Storia della
corruzione politica dal 3000 a.C. alla Rivoluzione francese, con prefazione di Giorgio Bocca,
traduzione di S. FUSINA e A. CARRER, 1987, Milano.
7
Paflagone è protagonista della Commedia I cavalieri di Aristofane
8
C.A. BRIOSCHI, op.cit., p. 39.
9
P. Cornelii Taciti, Annales, III, 27, dall’edizione a cura di E. PICCOLO, 2009, Napoli, p. 75.