6
Pianificazione, creazione di valore, sostenibilità: aspetti gestionali ed
evidenze empiriche I casi del Gruppo Iccrea e di BCCPAY.
Premessa
La finalità di questo lavoro è quella di analizzare le interrelazioni che intercorrono tra
creazione di valore, sostenibilità e pianificazione attraverso la costruzione di un framework
che permetta di rappresentare le loro caratteristiche specifiche e integrative nell’ambito di
un sistema aperto e in costante evoluzione.
La definizione del framework è stata svolta in parte attraverso un’analisi della letteratura e
in parte con un un’indagine empirica, su quest’ultimo si concentrano il secondo e il terzo
capitolo, che ha riguardato uno tra i principali gruppi bancari ed uno tra i più importanti
operatori nell’industria dei sistemi di pagamento operanti in Italia. L’indagine empirica è
stata svolta attraverso uno stage su un arco temporale sufficientemente protratto, che è stato
arricchito con interviste ai soggetti direttamente impegnati sul campo e con l’esame dei
documenti di lavoro, riferirti alle norme, ai modelli, agli strumenti utilizzati in modo da
comprenderne le logiche di funzionamento e le utilità conseguenti.
Ciò opportunamente premesso, l’attività di pianificazione e controllo per molto tempo è stata
considerata una strumentale, accessoria, nella vita aziendale rispetto alle altre funzioni
operative. L’aumento della complessità e delle turbolenze dei mercati ne hanno accresciuto
gradualmente l’importanza. Parallelamente è aumentato l’interesse della letteratura
economica rispetto agli studi di management accounting e management control.
Allo stato attuale, l’ottica di “guardare al futuro” costituisce uno dei requisiti principali da
un lato per assicurare la continuità della vita dell’azienda e dall’altro lato un punto di
vantaggio rispetto ai concorrenti. Conseguentemente nella vita di ogni organizzazione
l’attività di pianificazione ha accresciuto il suo peso strategico. Essa somiglia in molti tratti
al progetto di un edificio, in quanto definisce gli interventi previsti nelle diverse fasi
temporali per costruire una casa solida e soddisfacente in tutte le sue articolazioni. Di più, il
piano strategico nella sua estensione temporale, per effetto di approfondimenti, valutazioni
7
e condivisioni coinvolge diversi attori lungo una catena decisionale che deve condurre
l’organizzazione a creare valore e a dare continuità in modo sostenibile alla vita aziendale.
Una guida quindi che ispira i comportamenti di strutture, risorse tecniche e finanziarie,
persone in modo integrato, in un dialogo continuo, in cui tutti partecipanti debbono remare
all’unisono nella direzione indicata. Chiaramente nel percorso si possono presentare
discontinuità o situazioni originariamente non previste che possono essere di origine esterna
e anche di origine interna. In tali circostanze, tutti o parte degli attori, a seconda che serva
un riorientamento generale delle strategie ovvero di singole porzioni del progetto debbono
considerare i nuovi elementi e riformulare il piano in modo da realizzare nuovi traguardi,
coerenti con le modificazioni delle condizioni esterne e/o interne. Come nelle navi anche la
conduzione del piano richiede professionalità specifiche che non possono essere
improvvisate considerate le complessità che la caratterizzano. Occorre anzitutto un
“comandante” che guidi le operazioni e assicuri con continuità il necessario commitment.
Non bisogna infatti illudersi che il successo di una strategia vincente sia indipendente dalla
posizione di chi protempore ha la guida e il governo dell’azienda. La volontà e l’impegno
nell’intraprendere e nel portare avanti nuove progettualità devono essere presenti nei vertici
aziendali. Nessun progetto riuscirà mai ad evolvere se l’alta direzione non ne diviene il primo
motore, conferendo credibilità al progetto stesso e ai suoi obiettivi. Soltanto nell’ipotesi in
cui il vertice sosterrà direttamente il piano e le sue progettualità, l’organizzazione nel suo
insieme avrà la consapevolezza della rilevanza delle nuove iniziative. La sponsorizzazione
poi per essere efficace, penetrante, credibile deve essere espressa ovvero manifestata in
modo coerente e sincero, deve ispirare facendo seguire alle parole i fatti. Chi sta al timone
della nave deve avvalersi della stretta collaborazione di chi scrive e documenta la rotta,
ovvero la struttura di pianificazione, che contribuisce con tale funzione ad una delle più
elevate espressioni alla vita dell’azienda. È infatti il responsabile della pianificazione che
ascolta, prende appunti, riporta le decisioni in specifici documenti, le sottopone agli organi
preposti alla loro approvazione e li pubblicizza a tutti gli attori in modo che ne prendano
consapevolezza e diano concreta attuazione alle iniziative di specifica competenza. Si assiste
quindi ad un vero gioco di squadra, in cui ogni pedina ha precisi compiti e responsabilità
verso il fine comune della continuità aziendale e della creazione di valore.
Questa introduzione di carattere generale e anche sotto certi profili scontata è necessaria per
introdurre e descrivere l’articolazione di questo lavoro che parte proprio dalla creazione di
8
valore. Questo è un concetto che ha radici recenti ma che ha assunto un’importanza crescente
nelle strategie delle organizzazioni, imprese e non. La massimizzazione del profitto ovvero
il perseguimento dell’interesse esclusivo degli azionisti non è irrimediabilmente l’unica
strada per garantire la continuità aziendale e va avanzando una cultura e un interesse delle
organizzazioni ad allargare il proprio sguardo e la propria attenzione ad un perimetro più
ampio della sfera societaria, che raggiunge chiunque abbia in diversa forma e misura una
connessione con l’organizzazione stessa. Tali soggetti, denominati portatori di interesse o
stakeholder, se considerati nella sfera di azione dell’azienda sono quelli che in una sorta di
connubio scambiano “interessi” con l’azienda stessa ricevendo e dando utilità seppure con
contenuti e modalità differenti. Nel lungo periodo, condividere relazioni con tutti gli
stakeholder se frutto di una strategia ben ideata, progettata, condivisa e realizzata
concretamente può condurre non solo a realizzare condizioni di continuità ma anche a
massimizzare il valore di lungo periodo dell’impresa stessa.
Nelle banche, che è il perimetro di intervento preferenziale di questo contributo, la Corporate
Social Responsability è diventata una componente fondamentale della loro articolazione
organizzativa. Stanno cambiando le strategie del Banking che stanno diventando
“sostenibili”, mutando perfino le leve del marketing e la stessa comunicazione con i clienti.
Tutto ciò deriva proprio dalla più elevata attenzione delle condizioni di sostenibilità. Le
banche da diversi anni si occupano del tema della finanza sostenibile, della finanza di
transizione e più in generale dell’integrazione delle dimensioni ESG nel business bancario
in funzione dell’evoluzione degli scenari e delle aspettative di mercato. Non si tratta di
allinearsi alle ormai numerose normative in tema di finanza ESG quanto piuttosto di trovare
un equilibrio e analizzare in modo adeguato rischi e opportunità. Ad esempio, con
riferimento ai rischi climatici e ambientali le banche devono considerare i rischi fisici e di
transizione e accompagnare la clientela con prodotti e servizi coerenti.
Le variabili ESG di norma sono poi percepite dai clienti in maniera un po' opaca tranne
quando si tratta di valori. La stessa comunicazione tende a riferirsi sempre molto meno ai
prodotti e sempre più ai valori che essa incarna, di fatto crea la fidelizzazione più elevata tra
banca e cliente. In tale contesto, si tratta di capire quanto i piani industriali che hanno fatto
della sostenibilità il loro punto di forza si stiano declinando nei modelli di servizio. Una cosa
interessante che sta emergendo al tradizionale mercato di clienti si sta affiancando un nuovo
9
stakeholder costituito dalle aziende del terzo settore che tradizionalmente, essendo non
profit, erano viste soltanto sotto alcuni aspetti specifici, quali ad esempio le sponsorizzazioni,
e che oggi invece vengono considerate come un soggetto operativo importante del sistema
economico sul quale costruire dei modelli di servizio specifici e dedicati. E ciò perché
attraverso l’interazione con questi soggetti l’impatto e la reputazione sociale della banca
aumenta ancor di più perché sono entità che sul territorio hanno un radicamento forte.
Trovare il modo di integrare l’abbondante ed eterogenea letteratura sulla pianificazione non
è certamente un compito agevole. E non è semplice produrre una dissertazione in modo
auspicabilmente apprezzabile, data la pletora di teorie di concetti e teorie che rientrano
nell’ambito più astratto e analitico del management. I contributi e le informazioni che mi
hanno fornito le persone delle “legal entity” con cui sono entrato in contatto mi hanno
tuttavia permesso di adattare questo lavoro verso lo scopo proprio: conciliare esperienze
teoriche complesse con dei casi pratici e trarre da questo connubio un significativo vantaggio
esperienziale e conoscitivo.
Sotto quest’ultimo profilo e dal punto di vista del format adottato nei diversi capitoli di
riferimento, il lavoro utilizza come soggetti specifici di riferimento il Gruppo bancario
Cooperativo Iccrea e BCCPAY per illustrare questioni di progettazione e di cambiamento
strutturale in modo da fornire gli elementi che scaturiscono da un’esperienza diretta sul
campo di gioco. I casi analizzati sono proposti come strumento di verifica
dell’apprendimento effettuato direttamente nelle due organizzazioni, che si è protratto per
diversi mesi, e l’idea di fondo che lega tutti i capitoli è che la pianificazione – strategica e
operativa – possa costituire, a certe condizioni una potente fonte di vantaggio e differenziale
competitivo e consentire in tal modo una rafforzata capacità di creare valore e nel rispetto di
condizioni di sostenibilità. Il “Piano” si propone infatti come leva competitiva prioritaria e
non come processo secondario o subalterno rispetto ad altri strumenti dell’impresa. In questo
senso la pianificazione si connette al più vasto e forre più generico campo del management,
che rappresenta quel perimetro di studio in grado di creare una differenza, ovvero quel
differenziale competitivo e, più in generale alla performance, applicato al mondo
dell’impresa. Peraltro, risulta difficile copiare un modello di “conduzione” efficace ed
efficiente, in quanto la cultura di successo è insita nel modo in cui i diversi soggetti di
10
un’organizzazione interagiscono e coordinano le loro azioni per condurre strategie e azioni
di successo.
In un ambiente globale in continuo cambiamento è richiesto di effettuare scelte e trovare le
soluzioni imprenditoriali e strutturali che diano risposte alle minacce e sfruttino appieno le
opportunità. Comprendere che l’ambiente si caratterizza sempre più per l’incertezza impone
di adattarsi e controllare le forze che promuovono il cambiamento. Ciò è possibile soltanto
attraverso la promozione di strategie appropriate che realizzino corrette interdipendenze
competitive come nel caso di studio dell’esperienza di BCCPAY , che costituisce l’ultimo
capitolo di questo lavoro, in cui Iccrea Banca e Fondo Strategico Italiano, attraverso
un‘operazione di conferimento, mettono in comune le risorse per creare una terza
organizzazione per migliorarne la posizione competitiva, consentendole di consolidare la
propria gamma di prodotti e servire meglio una clientela in rapida crescita.
Con questa alleanza strategica, attraverso la combinazione di competenze distintive, si tende
a ridurre le interdipendenze che creano incertezza nell’ambiente specifico e aumentare il
valore creato. La nuova organizzazione imprenditoriale è infatti libera di sviluppare
un’organizzazione che meglio risponde ai suoi bisogni e obiettivi, per cui i problemi delle
interdipendenze con le “case madri” si presentano fortemente attenuati.
Fatta questa introduzione, considerato lo stato di avanzamento della normativa di settore e
della letteratura economica, tenuto conto che siamo di fronte ad una sfida inevitabile che
implica di dare una risposta adeguata ed una chiara soluzione nel rapporto tra continuità nella
capacità di creazione di valore, bisogni di sostenibilità e capacità di farvi fronte da cui
dipende lo stesso futuro dell’impresa, il lavoro e la verifica empirica fatta sul campo di due
importanti intermediari finanziari hanno cercato di rispondere ai seguenti quesiti: a che punto
siamo? Perché per le organizzazioni può diventare critico un approccio alla sostenibilità?
Quali sono i presupposti di fondo di un approccio sostenibile? Quali sono le sfide della
sostenibilità? Qual’è lo stato della pianificazione? quali sono le implicazioni gestionali e
strategiche? come la pianificazione supporta il raggiungimento di un adeguato livello di
maturazione del management nel perseguimento dei valori di sostenibilità?
11
Capitolo 1 - Creazione di valore e strategie di impresa
1.1 La creazione di valore
La dottrina economica da molto tempo dibatte e si è posta il fine ultimo di sviluppare una
teoria del valore di definirne il concetto e di individuare i parametri che ne costituiscano
l’unità di misura.
La creazione di valore, in un’accezione estesa, è la capacità che le organizzazioni hanno di
generare ricchezza o utilità. Le imprese vivono per creare beni e servizi utili al pubblico. La
domanda che si pone rispetto a tale situazione è chi decide come ripartire il valore creato tra
i diversi gruppi di interesse
1
? Peraltro, i gruppi di interesse usano il loro potere e la loro
influenza per spostare a proprio favore il rapporto tra incentivi e contributi. Non di rado
esprimono interessi e obiettivi in contrasto o in competizione tra loro e allora si pone il
quesito quali siano gli obiettivi e le finalità più importanti da soddisfare? Nel tempo in cui il
problema dell’etica aziendale
2
e dell’avidità degli azionisti è sotto i riflettori dell’opinione
pubblica una tale domanda deve trovare una risposta puntuale e soddisfacente
3
.
Rispetto a tale quesito si sono formate sostanzialmente due scuole di pensiero contrapposte.
Da una parte quella capeggiata da Milton Friedman
4
che riteneva che le imprese abbiano
1
Per gruppi di interesse o stakeholder - interni o esterni - si intendono persone o gruppi di persone che hanno
un interesse, una pretesa, una partecipazione nell’organizzazione, in ciò che ha e nella qualità della sua
performance. In generale, gli stakeholder sono motivati a contribuire ad un’organizzazione quando si aspettano
incentivi superiori ai contributi che sono tenuti ad apportare. Gli incentivi possono essere ricondotti al ritorno
economico, al potere o allo status; mentre i contributi includono conoscenza, competenza expertise che le
organizzazioni richiedono ai loro membri nell’assolvimento delle diverse funzioni e ruoli.
2
Le leggi e le regole etiche in genere servono per limitare o contemperare l’interesse individuale rispetto a
quello collettivo della società. Esse servono a individuare i comportamenti da adottare da parte dei diversi
soggetti (effetto reputazionale) e conseguentemente a ridurre anche i cd.” costi di transazione” tra le persone,
ossia i costi di monitoraggio, negoziazione e applicazione degli accordi.
3
In Italia, la CSR è disciplinata dall’art. 41 della Costituzione che recita: “L’iniziativa economica privata è
libera [2082 ss. c.c.]. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute,
all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana [2087 c.c.]. La legge determina i programmi e i
controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali e ambientali.
4
Friedman, M. (2007), pp. 173-178).
12
essenzialmente l’obiettivo di produrre profitti, da distribuire sotto forma di dividendi agli
azionisti. “Negli affari, c’è solo una e una sola responsabilità sociale: usare le proprie risorse
e affrontare le attività economiche in modo da aumentare i profitti, restando dentro alle
regole del gioco, ossia operare in un mercato libero e aperto senza imbroglio o frode.”
5
Le
imprese non possono e non debbano avere una responsabilità sociale che spettano alle
persone (fisiche) e non alle entità giuridiche
6
.
A questa posizione si è opposta la visione di Robert Edward Freeman
7
che parte dall’assunto
che le imprese, seppure persone giuridiche, hanno diritti e anche doveri. E la sua teoria mette
al centro non più gli azionisti ma gli stakeholder, ossia tutti i soggetti che influenzano o sono
influenzati dalle imprese. Il profitto non è altro che lo strumento per soddisfare tutti portatori
di interesse, azionisti inclusi, che debbono operare secondo una logica win win, che
determina una serie di conseguenze.
Secondo una ricerca dell’Università di Harward
8
le imprese ad alta sostenibilità nel lungo
periodo “sovra-performano” con crescite di valore dell’azienda che si accompagnano ad una
raggiera di effetti benefici allargata a tutti i soggetti che esprimono un interesse. Tale
risultato, tuttavia, non ammette scorciatoie ovvero non può essere un obiettivo di breve
periodo e non può essere conseguito se non attraverso cambiamenti strutturali dell’”identità”
dell’impresa e sul modo in cui la pratica e la comunica.
Con il passare del tempo si è indebolito il convincimento della creazione di valore possa
essere misurata attraverso il reddito di esercizio
9
e, per contro, si è rafforzata la condivisione
che i valori, le norme e le regole che definiscono la posizione etica di un’organizzazione
5
In argomento vedi anche https://antonionicoletti96.wixsite.com/zibaldone-economico/single-
post/2015/09/22/freeman-vs-friedman-la-responsabilit%C3%A0-di-unimpresa-del-2015
6
Per un ulteriore riferimento a riguardo si rinvia, senza pretesa di esaustività, ai seguenti contributi: E.
Freeman, G. Rusconi, M. Dorigatti (2007); Jensen, M. (2002) pp. 235-256.
7
Phillips, R., Freeman, R. E., Wicks, A. C. (2003), pp. 479-502.
8
“Eccles, R. G., Ioannou, I., Serafeim, G. (2012).
9
Peraltro, nonostante si sia assistito ad una convergenza dei principi contabili internazionali, esistono diverse
configurazioni del reddito di esercizio e la redditività dell’azienda e delle sue componenti dovrebbero essere
corrette per il livello di rischio che esse contengono.
13
sono parte integrante della sua cultura. Tuttavia, né la struttura né la cultura di
un’organizzazione assicurano di per sé l’eticità dell’organizzazione stessa, che richiede un
impegno complessivo di tutti i soggetti che essa coinvolge.
L’interscambio tra l’impresa e l’ambiente è così diventato un aspetto che tende ad assumere
crescente rilevanza per lo sviluppo e per la sopravvivenza delle organizzazioni. Ne consegue
che il sistema impresa, che agisce in un contesto con elevata competitività, deve essere in
grado di rilevare i cambiamenti dell’ambiente di riferimento e effettuare scelte coerenti di
governo e di gestione, affinché l’organizzazione non sia esclusa dai cambiamenti menzionati
e sappia con resilienza adeguarsi ad essi, assicurando in tal modo la continuità aziendale.
L’impresa è condizionata da questioni ambientali e sociali alle quali deve tentare di dare
risposte concrete, ove possibile di anticiparle, così da acquisire un vantaggio competitivo,
coniugando economicità e socialità.
Nella situazione indicata la capacità di far proprie le attese dei diversi portatori di interesse
riveste conseguentemente un ruolo decisivo e da ciò consegue la dipendenza che si crea tra
impresa e ambiente (l’impresa trae dall’ambiente e non viceversa)
10
.
In un contesto globalizzato e ad elevata tensione competitiva, le imprese per essere
profittevoli nel lungo periodo, si devono assicurare un ampio consenso ed utilizzare in modo
responsabile le risorse provenienti dall’ambiente circostante
11
. Sostenibilità e responsabilità
sono aspetti tra loro integrati e interconnessi che non possono essere trascurati da parte di
chi ha la responsabilità di guida e di governo, privilegiando scelte funzionali orientate ad
assicurare contemporaneamente stabilità all’impresa e equa distribuzione della ricchezza
generata tra la comunità presente nel contesto in cui essa opera.
12
10
Cipolloni, G. (2016).
11
Con elevata semplificazione il valore di un bene offerto da un’azienda è frutto della scelta consapevole dei
consumatori che acquistano quel bene a scapito di altri, in quanto la preferenza che viene accordata è
espressione del maggior valore che ad esso viene attribuito. Questo vale essenzialmente nel lungo periodo e il
venir meno della preferenza può compromettere la continuità dell’azienda stessa.
12
Nel 2011 Michael Porter in “Il vantaggio competitivo” introduce il concetto “shared value” o valore
condiviso che rileva che la possibilità di creare valore economico passa attraverso la produzione di benefici
per la società e per l’ambiente. In buona sostanza, prospetta l’esistenza di un collegamento diretto e funzionale
tra benessere sociale e sviluppo dell’impresa.