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Freud e la femminilità
Se esaminiamo il corpus delle opere freudiane, ci troviamo davanti ad
un’impressionante produzione. Pur escludendo alcune opere giovanili,
irrilevanti rispetto alla Psicoanalisi, il lavoro importante di Freud (per
intendersi quello incluso nelle collana Opere di Sigmund Freud curata da
Cesare Musatti ed edita da Boringhieri) è infatti andato avanti
ininterrottamente per più di 50 anni: dal 1886, anno in cui insieme a Breur
pubblica gli Studi sull’isteria, fino all’epoca della sua morte, fino cioè al 1937-
1938 in cui scrive Mosé e il monoteismo ed il Compendio di psicoanalisi, rimasto
incompiuto per l’aggravarsi della malattia. Si tratta dunque di un totale di
molte migliaia di pagine, a cui sarebbe tra l’altro di estremo interesse, per
cogliere il formarsi delle idee freudiane e il nascere della Psicoanalisi stessa,
aggiungere gli epistolari
7
(Jervis 1996).
Questo tanto scrivere, è dovuto al fatto che nel corso del tempo il pensiero di
Freud evolve e si ramifica, seguendo l’evoluzione di una carriera che dalla
sperimentazione in laboratorio, strettamente neurologica, si addentra
nell’interesse clinico e nella ricerca sulla relazione terapeutica (ibidem).
Sarebbe quindi arduo, andare a rintracciare nell’opera di Freud tutte quelle
righe che compongono il filo delle sue idee intorno all’identità femminile,
perchè nella scoraggiante vastità del suo tanto scrivere, tanti sono anche gli
scritti in cui, direttamente o meno, parla di donne e di femminilità: Studi
sull’isteria (1995), L’interpretazione dei sogni (1899), Frammento di un’analisi di
isteria (1901), I tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Il caso clinico del piccolo Hans
(1908), Le teorie sessuali nei bambini (1908), Osservazioni sull’amore di traslazione
(1914), Al di là del principio di piacere (1920), L’organizzazione genitale infantile
7 In realtà alcune lettere, conservate negli Stati Uniti, non sono state ancora neppure rese
pubbliche dagli eredi, e basta ricordare quanto avvenuto in America agli inizi degli anni '80, il
cosiddetto scandalo Masson, che coinvolse i vertici dell'establishment psicoanalitico
internazionale per capire le difficoltà e le diatribe intorno a questo argomento.
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(1923), Alcune conseguenze psichiche della differenza anatomica fra i sessi (1925), Il
tramonto del complesso edipico (1924), Sessualità femminile (1931), La femminilità
(1933), Compendio di psicoanalisi (1938), sono solo i più importanti, ma non gli
unici (Richards 1994).
Per quello che riguarda questa ricerca, rimandiamo l’analisi di questi scritti
al momento in cui affronteremo il tema della critica femminista al padre della
Psicoanalisi.
Intanto, è importante cominciare col sottolineare due fatti: il primo, è che nel
1886, anno di inizio delle sue Opere, Freud, che è un medico trentenne che
vanta un’ottima formazione (probabilmente la migliore che si potesse avere
all’epoca) sulla diagnosi neurologica ed il trattamento dei disturbi nervosi,
che ha studiato con Charcot e tradotto il suo lavoro, quando comincia a
scrivere delle proprie ricerche lo fa partendo dalla propria indagine sul nesso
fra nevrosi e sistema genitale. Fin dalle prime pagine degli Studi sull’isteria,
egli parla di sessualità e di donne, e, ribadendo le intuizioni di Charcot,
confuta i diffusi pregiudizi sull’isteria asserendo che, al di là dell’etimologia
del termine, questa non è una patologia che riguarda esclusivamente le
donne: “Charcot [...] cominciò col ridurre alle giuste proporzioni la connessione della
nevrosi con il sistema genitale, dimostrando la frequenza, fino allora insospettata, di
casi di isteria nei maschi [...]” (Freud, 1886-1895, pag.10).
L’altro fatto che vale la pena sottolineare, è che anche le sue ultime riflessioni
(contenute nei paragrafi finali del Compendio di psicoanalisi che appare nel
1941 ormai postumo) riguardano la sessualità, ed in particolare la sessualità
femminile.
Quindi si può dire che Freud comincia e finisce la sua opera con l’enigma della
femminilità, che la Psicoanalisi nasce per curare e guarire l’isteria femminile,
ma forse anche che Freud fallì nel convincere le donne di averle capite, visto
che le sue teorie su di loro gli hanno fruttato non poche critiche da parte del
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Femminismo. D’altronde egli stesso ogni tanto ha confessato di brancolare
nel buio:
“[...] si può studiare assai meglio nell’uomo la cui vita amorosa soltanto
è divenuta accessibile alla ricerca, mentre quella della donna – da una
parte per l’atrofizzazione culturale, dall’altra a causa del silenzio e
dell’insincerità convenzionale
8
delle donne - è ancora avvolta da una
oscurità impenetrabile.” (Freud 1905, pag. 49)
“[...] la vita sessuale della donna è il continente oscuro della psicanalisi”
(Freud 1926, pag. 347).
“Il grande problema che non è mai stato risolto e che non sono ancora
riuscito a risolvere, malgrado i miei trent’anni di ricerche nell’animo
femminile, è: cosa vuole la donna?” (Jones 1962, pag. 485).
Comunque sia egli lavorò molto per loro, nel tentativo di risolvere le loro
sofferenze umane, visto che la maggior parte dei casi clinici da lui affrontati
hanno come protagoniste le donne, e avendo detto che il suo pensiero si è
evoluto nel corso del tempo, possiamo anche dedurre che lavorò con loro,
ovvero che abbia imparato molto dalle donne?
8 Interessante da notare questa affermazione che definisce l’insincerità come convenzionale nelle
donne: chissà se il termine tedesco da lui utilizzato potrebbe chiarire meglio cosa volesse
intendere.
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Le donne pazienti
Per indagare quanto gli scritti di Freud abbiano influito sulla costruzione
dell’identità femminile affermatasi dal suo tempo in poi nella nostra cultura,
sicuramente è interessante cercare di andare ad enuclearvi tutte le teorie
esposte in materia, e abbiamo detto che in parte affronteremo questa ricerca
nell’esaminare le critiche che vi opposero i vari movimenti femministi. Ma
forse, ai nostri fini, non è questa la sola cosa interessante nei suoi scritti:
sappiamo che le pazienti di Freud soffrivano per la maggior parte della
patologia più comunemente reperibile sulla scena viennese della seconda
metà del XIX secolo, e cioè l’isteria; ma al di là del fatto che fossero delle
malate, andando a guardare oltre le spiegazioni sul funzionamento psichico
della loro patologia, in che termini si parla delle pazienti come donne nei suoi
scritti? Per rispondere a questo quesito, conviene guardare da vicino cosa si
dice di loro.
Andando a vedere, la prima delle pazienti di cui si parla negli Studi sull’isteria
è Anna O., identificata, anche se non senza controversie (Ellenberger 1970),
come Bertha Pappenhaim
9
.
Di lei scrive Breuer, e fra i dati che annota ci sono vari rispettosi commenti
sulle sue doti intellettive ed umane, sulla sua sofisticata cultura, e sulla sua
padronanza di svariate lingue:
“[...] è di intelligenza notevole, dotata di intuizione acuta e di una
sorprendente capacità di afferrare le relazioni fra le cose. Questo
vigoroso intelletto [...] Il suo ricco talento poetico e fantastico era
9 A proposito di Femminismo, merita di essere ricordato il suo attivismo a favore delle donne:
fece dei viaggi per indagare sulla tratta delle bianche e la prostituzione, fondò la Lega delle donne
ebree ed un istituto pedagogico (Ellenberger 1970), tradusse in tedesco Vindication of Rights of
Woman di Mary Wollstonecraft, scoprì e fu la prima a pubblicare in Europa un diario scritto
da una donna, Glückel von Hamlen, e visse una vita dedicata in molti modi al Femminismo
(Richards 1994).
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controllato da uno spirito critico molto acuto [...] Fra i tratti essenziali
del suo carattere erano la bontà e la simpatia umana [...]” (Freud 1886-
1895, pag. 189).
Venne poi Anna von Liben, ovvero Cäcilie M., che Freud trattò dal 1887-1988
al 1893 (Richards 1994): così come da Bertha Pappenheim lui e Breuer
avevano appreso che il seguire pensieri e sentimenti connessi ad un
determinato sintomo poteva avere un ruolo importante nel risolverlo, da
Anna, Freud imparò che gli stessi pensieri e sentimenti che alimentavano un
sintomo potevano andare a nutrire anche un processo creativo (ibidem).
In una lettera al suo grande amico e confidente Wilhelm Fliess egli definisce
Anna la sua maestra : “Se tu conoscessi Cäcilie M., non dubiteresti neppure un
momento che solo questa donna possa essere stata la mia maestra” (Freud 1887-
1904, pag. 261). Sempre riferendosi a lei, all’amico aveva detto anche: “Al mio
cervello manca il consueto lavorio da quando...ho perduto la signora M.” (Freud
1887-1904, pag. 85).
Ma è negli Studi sull’isteria, che Freud dichiara esplicitamente di avere un
debito di riconoscenza nei suoi confronti:
“La signora Cäcilie, una signora intelligentissima, alla quale debbo
molto aiuto per la comprensione dei fenomeni isterici, mi fece notare lei
stessa che questi fatti potevano stare all’origine delle note superstizioni
della fattura e del malocchio.” (Freud 1886-1895, pag. 236 n.).
Da Fanny Moser, che negli Studi sull’isteria compare come Emmy von N.,
Freud imparò che parlare con le pazienti era meglio che ipnotizzarle o
sottoporle ad altri trattamenti invasivi (Vegetti Finzi 1993), e che ascoltarle
era forse meglio ancora: attraverso l’ascolto infatti era potuto venire a
conoscerne i segreti familiari per cui provava quella vergogna e senso di
colpa che andavano ad alimentare la sua insonnia, depressione, tic e
nevralgie (Richards 1994). Così si esprime Freud nei confronti di Fanny:
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“[...] nella signora Emmy von N. avevamo un esempio del fatto che
l’isteria non esclude neppure un perfetto sviluppo del carattere e un
modo di vivere assennato e consapevole. Quella di cui avevamo fatto
[io e Breuer] la conoscenza era una donna eccellente, che si imponeva
a entrambi per la serietà morale nella concezione dei propri doveri,
per intelligenza ed energia addirittura mascoline, per l’elevata cultura
e l’amore della verità, mentre la sua benevola cura per tutte le persone
da lei dipendenti, la sua intima modestie e la finezza dei suoi modi la
rendevano degna di stima anche come dama. [...] Nei periodi più gravi
della sua malattia essa era e rimaneva capace di svolgere la sua parte
nella direzione di una grande impresa industriale [...]” (Freud 1886-
1895, pag. 261).
Interessante da notare come con l’aggettivo mascoline con cui qualifica le
caratteristiche di energia ed intelligenza, pur riconosciute a Fanny, ne
sottintenda una elevata dose e quantità.
Dalla ragazza che chiamò Katharina imparò che la seduzione infantile era un
trauma in grado di causare sintomi nevrotici anche dopo molto tempo, ed è
importante nella psicoanalisi come primo caso di quella situazione che poi
Freud definirà come edipica (Richards 1994). Freud non ci da una vera e
propria descrizione o un giudizio su Katharina, ma a leggerne il caso, oltre a
farsi un’idea del suo generale interesse e rispetto per questa ragazza
diciottenne, si possono dedurre anche altre cose interessanti. Katharina, se
non è una cameriera è, nella migliore delle ipotesi, la figlia dell’ostessa, “una
ragazza robusta dall’aria afflitta” (Freud 1889-1895 pag. 280) che gli parla in
dialetto. È diversa quindi dalle signore che è abituato a curare, ma chiede il
suo aiuto, e lui glielo da
10
. Altra cosa insolita è il setting: manca il mitico
divano, e la fa sedere al suo tavolo nel rifugio di montagna dove ha appena
finito il pasto che lei gli ha servito. Infine il tempo della terapia: è un’analisi
10 Freud dichiara che gli “interessava il fatto che le nevrosi potessero prosperare così bene a più
di duemila metri” (ibidem).
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che si risolve in un’unica conversazione, niente ipnosi. Sembrerebbe il
prototipo eccellente delle terapie brevi e dell’analisi della domanda.
Merita uno spazio in questa sia pur rapidissima trattazione, Dora, alla quale
Freud dedica più pagine che ad ogni altra, e dalla quale apprende l’esistenza
del il più potente elemento terapeutico: il transfert (Richards 1994). Sul caso
di Dora sono stati scritti fiumi di parole, basti ricordare alcuni dei libri
pubblicati che riportano il suo nome già nel titolo Freud e Dora. Storia e
psicoanalisi di un testo freudiano di Mahony P. J.; Ritratto di Dora di Cixous H.;
In Dora’s Case di Bernheimer C. e Kahane C.; Father Knows Best: The Use and
Abuse of Power in Freud’s Case of Dora di Tolmach Lakoff R. e Coyne J.C.; Die
Urszene der Psychoanalyse: Adoleszenz und Geschlechterspannung im Fall Dora di
King V.; Freud Dora & Vienna Nineteen Hundred di Decker H. S., Riflessioni su
Dora: il caso dell’isteria di Kohon G. (www.amazon.com consultato il
12.02.2008).
Vale la pena comunque di ricordarne i fatti salienti, per poter poi esaminare
alcune considerazioni interessanti ai fini di questa trattazione.
Tutta la storia familiare di Dora, una specie di soap-opera che pare abbia
addirittura ispirato ad Arthur Schnitzler
11
La Signorina Else, è intrisa di
elementi persecutori e disperanti per una ragazza di diciotto anni, anche
considerata l’epoca.
Lei, che ha “doti e precocità intellettuale” (Freud 1901 pag. 159) ed è “una
florida ragazza dai lineamenti intelligenti ed attraenti” (ibidem pag. 162), ha una
madre “di poca cultura e soprattutto di poca testa” (ibidem), un fratello che “si
metteva dalla parte della madre” (ibidem pag. 160), ed un padre “di attività e
capacità poco comuni, grande industriale” (ibidem pag. 158), che però, pur di
continuare indisturbato la propria relazione adultera con la signora K., si
11 medico e scrittore viennese celebre per i drammi a forti tinte, si sarebbe ispirato, secondo
alcuni autori, proprio al Frammento di un’analisi d’isteria per questo suo celebre romanzo
(Mahony 1999).
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rifiuta di rompere l’amicizia con l’uomo che insidia Dora perchè è il marito
della propria amante, e quando la figlia insiste su questo argomento la porta
da Freud con la consegna “Veda lei, ora, di riportarla su una strada migliore”
(ibidem pag. 165).
Qui inizia l’avventura clinica di Dora, il cui comportamento di rifiuto totale
dei tentativi di seduzione del signor K. viene bollato da Freud come
“nettamente isterico” (ibidem pag. 167), in quanto, per sua stessa ammissione,
egli non esitava “a considerare isterici tutti coloro in cui un’occasione di
eccitamento sessuale provoca soprattutto o soltanto sentimenti spiacevoli” (ibidem)
sostenendo che tale “situazione era certamente atta a suscitare una sensazione
netta di eccitazione sessuale”, visto anche che il Signor K. era “un uomo ancora
piuttosto giovane e di aspetto attraente” (ibidem n.).
Al termine dell’analisi, Freud racconta a Dora quale sarebbe stata “l’unica
soluzione possibile per tutti” (ibidem pag.235): lei avrebbe dovuto cedere al
signor K., il quale avrebbe poi divorziato per sposarla, “liberando” così la
moglie per suo padre, che dopo aver a sua volta divorziato, l’avrebbe potuta
finalmente sposare. La mancata happy end era quindi da attribuirsi al
comportamento isterico di Dora, e quello che lei non voleva ricordare era
“che Lei si era immaginata che la corte del signor K. fosse una cosa seria e che egli
non avrebbe desistito finché lei non l’avesse sposato” (ibidem): non voleva
accettare la responsabilità che ella aveva avuto nel rovinare la propria vita
e quella degli altri protagonisti della vicenda (Richards 1994).
É opportuno aggiungere che è soprattutto ciò che immediatamente segue a
questo chiarimento a rendere tanto celebre e celebrato questo il caso clinico:
Dora infatti era stata garbatamente a sentire senza contraddirlo mentre lui
le illustrava “l’unica soluzione possibile”, e dopo sembrava perfino
commossa. Poi però “col tono più amabile, si congedò facendomi i più calorosi
auguri di buon anno e... non ritornò più” (ibidem).
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Venendo alle interessanti considerazioni interpretative del caso, annunciate
poco sopra, si può andare a vedere cosa ne pensa Patrick Mahony
12
.
Freud affermò che “Era stato indubbiamente un atto di vendetta
quell’interrompere così bruscamente la cura [...]” (ibidem), mentre Mahony
sostiene che Freud si era sentito castrato come terapeuta (Mahony 1999), e
mette in rilievo molti aspetti del interessanti del caso: l’oltraggio sessuale
che Freud fece alla ragazza traumatizzandola con le sue interpretazioni
tendenziose, esasperatamente maschiliste e spericolate dei sogni, o con le
dubbie delucidazioni eziologiche del trauma e dei sintomi, la sua totale
mancanza di empatia e comprensione del fatto che già avesse subito un
grave trauma, il suo personale, intimo, sconvolgimento per l’interruzione
della cura, che metteva in dubbio le sue capacità professionali, e peggio,
evidenziava la sua ignoranza del transfert e l’incapacità di gestirlo (ibidem).
Mahony riprende anche in considerazione la relazione con il suo grande
amico Fliess, intrisa di omosessualità latente, sottolineando come il discusso
troncamento di questa indigesta relazione fosse avvenuta parallelamente
all’interruzione dell’analisi di Dora (ibidem).
Comunque, malgrado ciò, dopo questo rapido sguardo, sembrerebbe tutto
sommato che il linguaggio con cui Freud riferisce delle sue pazienti donne
sia di tutto rispetto, e che la relazione terapeutica di cui riporta non sia certo
quella di un uomo autoritario con una donna sottomessa e remissiva, ma
piuttosto il contrario.
Del resto l’importanza per l’esito della terapia dell’instaurare una buona
alleanza terapeutica fra medico e paziente era sicuramente nota a Freud:
[...] la collaborazione dei pazienti diventa un sacrificio personale, che
deve essere compensato con un qualche surrogato dell’amore. La
12 Psicoanalista e didatta canadese, studioso appassionato della psicoanalisi, dell’opera e della
biografia di Freud e dei suoi pazienti, appartiene alla schiera dei cosiddetti revisionisti della
Psicoanalisi.
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premura del medico e la sua paziente cordialità devono essere
sufficienti come surrogato. Se però questo rapporto fra la paziente e il
medico viene turbato, viene anche meno la disponibilità della paziente.
[...] questo ostacolo si verifica [...] quando la paziente si crede trascurata,
poco stimata, insultata [...] (Freud 1886-1895 pag. 436)
e queste donne, le isteriche, avevano molto da insegnare a lui, che era ansioso
di imparare.
Per concludere questo rapidissimo escursus sul linguaggio di Freud a
proposito delle sue pazienti donne, vorrei riportare una frase tratta da una
lettera che scrisse a Sabina Spielrein
13
(che non era sua paziente, ma lo era
stata, al momento della lettera, del suo allievo Carl Gustav Jung) il 27 ottobre
1911, perché ci dice ancora qualcosa in più sul suo pensiero e sul modo di
rivolgersi alle donne: “Lei come donna ha il privilegio di osservare le cose con una
sensibilità più acuta e di percepire gli affetti più intensamente di altri.” (Freud 1911,
pag.3)
Freud e i diritti delle donne
Riprendendo le fila della ricerca, a questo punto si rende necessario porsi
un’altra domanda: quali sono i grandi temi circa l’identità femminile su cui
vale la pena indagare cosa pensasse Freud?
Parlando di Femminismo, forse conviene adottare come linee guida gli
obiettivi principali per i quali i vari movimenti femministi hanno combattuto
13 Sabina Spielrein fu una delle prime donne a esercitare la professione di psicanalista. Sofferente
di una grave forma di isteria, fu ricoverata 17 agosto 1904 al 1 giugno 1905, nell'ospedale
psichiatrico di Burghölzli, nei pressi di Zurigo, dove inizia una psicoterapia con Carl Gustav
Jung. Dopo otto mesi di terapia si iscrisse alla facoltà di medicina per diventare a sua volta
psichiatra. Con Jung instaurò un intenso legame affettivo, che durò fino al 1911, anno in cui
Sabina si laureò in Medicina, con una tesi su un caso di schizofrenia. Nello stesso anno venne
eletta membro della Società di Psicanalisi di Vienna. (Vegetti Finzi 1992)
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e combattono, e suddividerli in tre grandi aree tematiche: l’uguaglianza dei
diritti, il rispetto per le differenze sessuali ed il supporto nella maternità, nella
cura e nell’educazione dei figli (Richards 1999).
Uomo del suo tempo, Freud riteneva che il ruolo della donna fosse quello di
moglie e di madre e riteneva insostenibile la richiesta di parità di diritti
avanzata dai movimenti femministi: risulta che nel 1905, interpellato come
perito per la riforma della legge sul divorzio avesse affermato “L’uguaglianza
fra i sessi è impossibile a causa dei ruoli diversi che hanno nel processo riproduttivo”
(cit. in Appignanesi e Forrester 1992, pag. 37), e che nel 1906 avesse detto
“Una donna non può guadagnarsi da vivere e allo stesso tempo allevare dei figli. Le
donne, come categoria, non traggono alcun vantaggio dalle conquiste del movimento
femminista moderno; bene che vada, sono poche ad avvantaggiarsene” (ibidem) in un
dibattito alla Società Psicologica del mercoledì sul “Ruolo naturale delle donne”
(ibidem).
Dal punto di vista politico, inoltre, Freud non si può certo considerare un
uomo di sinistra: sappiamo che ha sempre votato per un partito liberale
austriaco di centro-destra
14
(Roudinesco 1994). Ma voto e pensiero non
impediscono di riflettere comunque su dati più concreti e misurabili, e per
farci un’idea di quale fosse nella realtà l’atteggiamento di Freud verso i diritti
delle donne vale la pena di andare cercare, e quindi considerare, alcuni fatti.
Uno di questi, ad esempio, potrebbe essere l’evoluzione nel tempo della
presenza femminile nell’Associazione Psicoanalitica Viennese. A guardare i dati
riportati nella seguente tabella, l’andamento numerico dei membri ammessi,
suddivisi per genere, fa pensare ad una crescente apertura alle donne nel
periodo che va dal 1902 al 1938 (Mühlleitner 2000):
14 Il pensiero di Freud ha influenzato certamente più pensatori di sinistra che di destra, per la
semplice ragione che la destra ha un nucleo fortemente cattolico ed il pensiero freudiano attacca
l'ideologia religiosa: basti pensare a L'avvenire di un' illusione, dove dice che la religione è una
nevrosi (Roudinesco 1994).