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Ai miei genitori,
pilastri della mia vita e
tessitori delle mie ali
A Vittorio,
sempre pronto a sorreggermi
quando rischio di cadere
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INDICE
Introduzione 4
Capitolo primo – La maternità nell’epoca liberale: definizioni,
credenze e stereotipi sul corpo femminile, concetto di donna e mamma
1. Aspettative femminili e ruoli di genere 7
2. Mamma o strega? “Mother blame” e controllo politico egemonico 10
3. Le pressioni dell’orologio biologico 13
4. Istinto materno o scelta ponderata? 15
5. Madri e nulla più 17
6. Il corpo politico della donna e il ruolo maschile 18
Capitolo secondo – Rivendicazioni femminili sulla libertà di scelta
riproduttiva tra ostacoli e sfide
1. Una riflessione sui dati italiani 22
2. L’influenza delle credenze religiose e delle motivazioni culturali in
Italia e nel mondo 24
3. L’obiezione di coscienza nella legge 194 e il discorso sui
contraccettivi d’emergenza 28
4. La sindrome post-abortiva: le conseguenze psicologiche di una
gravidanza e il rimpianto imposto 32
5. Alcune forme inaspettate di riappropriazione del corpo materno: la
sfida delle madri con disabilità e delle “gravidanze per altri” 36
Capitolo terzo – L’aborto oggi: ideologie, motivazioni e
rappresentazioni
1. Breve storia dell’aborto: da “questione delle donne” a “Io sono mia” 40
2. Pro-life e Pro-choice a confronto 44
3. Alcune motivazioni della scelta: carriera, famiglia e adolescenza 49
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4. Il ruolo delle contronarrazioni nelle rappresentazioni mediatiche 54
Conclusioni 58
Bibliografia 62
Sitografia 71
Ringraziamenti 74
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Introduzione
La maternità è un argomento complesso, soprattutto se inserito nel contesto della nostra
epoca individualista e patriarcale.
Ad oggi, si parla raramente della pressione culturale che le donne senza figli possono
sentire, quasi come a voler intendere che il destino di ognuna di esse sia quello di
diventare madre. Se questo non avviene, lo sguardo pubblico prova un senso di
straniamento, spesso pena e, talvolta, addirittura biasimo. È fondamentale uscire
dall’automatismo di tale percezione e riflettere in modo attivo, così da poter ottenere
una maggiore (auto)consapevolezza. In questo elaborato verranno analizzati i pensieri
delle donne che non vogliono avere figli, le donne che già ne hanno e decidono di
abortire, le madri disabili, quelle che ricercano una carriera soddisfacente e tante altre
che, per un motivo o per un altro, prendono una scelta. È proprio questo il fulcro del
presente lavoro: ribadire l’importanza e l’inconfutabile necessità della libertà di scelta.
Questa esigenza è particolarmente forte in un mondo in cui l’interruzione volontaria di
gravidanza non è sempre garantita e i diritti riproduttivi femminili in generale non sono
mai pienamente ribaditi e sicuri.
Nel giugno 2022, la Corte suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la famosa sentenza Roe
v Wade, lasciando la libertà di legiferare in materia di aborto ai singoli Stati federati e,
di conseguenza, rendendo questa possibilità non più un diritto costituzionale. Nel
gennaio 2023, in Italia sono ben quattro le proposte di legge antiabortiste presentate dai
membri della maggioranza di destra. Nonostante la corrente presidente del Consiglio,
Giorgia Meloni, non abbia ufficialmente messo in discussione il diritto all’aborto,
l’esperienza insegna che il rischio di perdere i diritti acquisiti è reale e concreto, anche
laddove non ce lo si aspetta. È anche per questo motivo che si andranno ad esaminare i
vari fattori in gioco nella creazione del discorso pubblico sulla maternità e di ricostruire
in modo emancipatorio le esperienze femminili. Per tale fine, si considereranno sia studi
scientifici che dimostrano in modo rigoroso le conseguenze di ogni scelta, sia testi
esperienziali e di esperti del tema, importanti per comprendere anche il lato quotidiano e
più “umano” della questione.
Il primo capitolo tratterà in modo generale la concezione della maternità ai giorni d’oggi
e in particolare le aspettative che la cultura ha imposto sulle donne, secondo un
binarismo che perpetua i ruoli di genere tradizionali. Esistono degli standard sul
costante ruolo di cura femminile, necessari al fine di crescere dei buoni cittadini, grazie
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allo sguardo dei saperi esperti. Inoltre, verrà affrontata la colpevolizzazione nei
confronti di quelle donne che non soddisfano gli obblighi imposti dal controllo
biopolitico. Alcune delle strategie messe in atto al fine di “addomesticare” il loro potere
riguardano il paradigma relativo all’orologio biologico, le pressioni sul sacrificio
materno necessario e la de-soggettivazione dell’esperienza di mamma. Quest’ultima è
sfidata dalle cosiddette donne childfree, le quali combattono in modo attivo ed
emancipante contro l’invenzione dell’istinto materno e riconoscono l’autonomia di
scelta come ideale di vita. L’ istinto materno è smentito e l’identità materna è indagata
anche in termini di trasformazione permanente. Infine, si menziona il corpo politico
femminile e la sua relativa strumentalizzazione, tenendo in considerazione l’influenza
degli uomini nella lotta all’autodeterminazione femminile. Il secondo capitolo si
concentra sulle rivendicazioni delle donne, partendo da una considerazione dei dati
attuali relativi a fecondità e abortività nel contesto italiano. In seguito, si rifletterà sul
ruolo di religione e cultura in termini di diritti riproduttivi, soffermandosi brevemente
sia sull’Italia che su altri paesi nel mondo, in via di sviluppo e non. Inoltre, verrà data
particolare attenzione alle politiche locali, nonché al testo della legge 194 della
Costituzione Italiana e alla questione relativa all’obiezione di coscienza. Quest’ultima è
tutt’oggi un grave ostacolo al diritto di scelta femminile e nonostante siano presenti
numerose ambiguità e possibili soluzioni, vedremo come in Italia vengono in gran parte
aggirate e negate. In aggiunta, è trattata anche la discussione riguardo al presunto effetto
abortivo dei contraccettivi di emergenza e alle sue conseguenze. Inoltre, è di
fondamentale importanza menzionare la sindrome post-abortiva, argomentando il
perché essa sia essenzialmente una strategia politica, più che un reale disturbo. In
contrapposizione ad essa, le conseguenze di una gravidanza indesiderata sono concrete
e il rimpianto imposto non fa altro che perpetuare il disagio percepito. Anche in questo
caso, è importante considerare il ruolo degli uomini e del loro dolore. In conclusione, si
esamineranno due tipi di donne che sfidano i discorsi patriarcali in modo inaspettato: le
madri con disabilità e le donne che scelgono di portare avanti una “gravidanza per altri”.
Il diritto di scelta e autonomia femminile, infatti, non riguarda solo la possibilità di
abortire, ma anche quella di portare avanti una gravidanza nonostante lo sguardo sociale
pensi che ciò non dovrebbe succedere. Il terzo ed ultimo capitolo esporrà la questione
dell’aborto nello specifico, cominciando con una breve esposizione degli avvenimenti
principali concernenti questo diritto, a partire dalla remota antichità fino ad arrivare alle
lotte femministe dei giorni nostri. In seguito, verranno illustrate le due ideologie che
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attualmente permeano questo tema. In particolare, il movimento Pro-life sostiene i diritti
del feto e quello Pro-choice si batte per il diritto di libera scelta femminile. Tra prove
scientifiche, metafore e riflessioni, si arriveranno a capire alcune infide strategie
dell’attivismo antiabortista, in modo da aumentare la consapevolezza. Verranno
esaminati anche i casi di stupro, le credenze correlate e le ripercussioni a breve e lungo
termine. La sezione successiva si occuperà di alcune delle motivazioni ad oggi in gioco
nella scelta di non proseguire una gravidanza, ribadendo costantemente che non
esistono ragioni più giuste di altre. Verrà analizzato il ruolo della carriera femminile, tra
divari di genere e questioni economiche. Saranno menzionate diverse tipologie di nuove
famiglie, oltre che la necessità di considerare il ruolo delle relazioni sentimentali nella
valutazione della libera scelta. Inoltre, si rifletterà sinteticamente sulla maternità in
adolescenza, con relative implicazioni sociali e seguiti sul benessere. Infine, è
fondamentale non dimenticare il ruolo odierno dei media nella vita quotidiana e, in
particolare, nelle rappresentazioni relative al mondo sessuale e riproduttivo femminile.
Essi, infatti, mediano le credenze soggettive e hanno un forte potere persuasivo.
Nonostante le rappresentazioni di aborti reali siano poche e spesso connesse a questioni
spiacevoli e non di libera scelta, una presentazione emancipante alternativa è essenziale
per fare attivismo. La condivisione di hashtag sui social network e di maggiori
informazioni sui siti Web si contrappongono alle presentazioni mainstream e falsate dei
fenomeni, consentendo di sfidare lo stigma e incoraggiando l’autodeterminazione.
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Capitolo primo
La maternità nell’epoca neoliberale: definizioni, credenze e stereotipi sul
corpo femminile, concetto di donna e mamma
Capitolo 1.1: Aspettative femminili e ruoli di genere
Nell’epoca contemporanea, il vissuto materno è circondato dal silenzio e allo stesso
tempo dal frastuono. La maternità trova spazio di discussione attraverso forme e
linguaggi oggettificanti del sapere medico-scientifico, in cui diventa una performance
idealizzata e stereotipata riproposta a livello populista e mediatico (Stolfi, 2022).
Ma nonostante le rivendicazioni postfemministe, la maternità ha contemporaneamente
quasi valore di “tabù”, assume il valore di una retorica sacra, da mantenere pura e
inviolata. Una donna senza figli ha un segno meno davanti (Ottaviano, 2015), come se
portasse con sé una mancanza, un’assenza, un qualcosa in meno che spesso deve
spiegare e non la fa percepire dalla società come pienamente donna.
Mentre l’infertilità è comprensibile e spesso compassionevole, la scelta di non avere
figli è “a-normale”, diversa, a volte egoistica altre “snaturata” (Chicco, 2019). Una
donna che si ribella e va controcorrente è una minaccia alla stabilità politica e culturale,
in quanto la maternità istituisce il confine tra norma e devianza. Ma la realtà è più
complicata di così: madri e non madri insieme, in quanto donne, sono tutte vittime di
regole - anche autoimposte -, stereotipi, convinzioni, pressioni e aspettative.
La gravidanza è un’esperienza femminile che richiama una relazione
interpersonale essenziale, principio della vita umana (Pezzini, 2019). Un corpo non è
mai solo fisico, ma in particolare, quello femminile ha sempre un significato politico e
assume potenzialità generativa per la società intera (ibidem). Tuttavia, la persona che
vive quel corpo ha una ricchezza e soggettività che vanno tutelate, sia nella sua
dimensione corporea che in quella spirituale di volontà e autodeterminazione. Una
donna è e dev’essere un soggetto autonomo, libero di scegliere le proprie priorità e i
propri progetti di vita in modo da raggiungere una maternità consapevole – se desiderata
– e/o un’identità ugualmente appagante (Cirant, 2012).
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L’eteronormatività delinea dei confini invisibili - ma non per questo meno
potenti – che dicono chi possiamo essere o non essere, cosa possiamo fare o non fare.
Chiarisce i nostri spazi, i nostri desideri, i nostri diritti e doveri. Tutte e tutti si devono
conformare a degli standard di mascolinità e femminilità, quasi a intendere che per
essere un “vero” uomo o una “vera” donna si debba accogliere interiormente una certa
struttura e assumere specifici comportamenti. Questi concetti non riguardano solo la
vita sessuale, ma determinano una sorta di gerarchia che concerne anche la divisione dei
diritti, del potere sociale, culturale e politico-economico. In relazione alla visione
egemonica del binarismo, l’eterosessualità si è imposta nel tempo come norma naturale,
prodotto dell’ordine patriarcale divenuto ormai invisibile e scontato (Abbatecola e
Stagi, 2015). È così che la cultura diventa natura, portandosi dietro tutti i ruoli rigidi di
gerarchia, subordinazione e potere che viviamo quotidianamente.
Secondo gli stereotipi dominanti, gli uomini lavorano nel mondo esterno, nella vita
pubblica mentre le donne stanno nei luoghi privati, dedite alla riproduzione fisica, alla
cura della casa e degli anziani. Un uomo poco forte, che sta a casa e non è autoritario
viene percepito come strano, sbagliato. Una donna senza figli, che non cucina e ha
lavori dirigenziali viene percepita come strana, sbagliata. Chi non si adegua ai ruoli di
genere è ritenuto deviante, incute timore e confusione.
Questa divisione del lavoro è legittimata dalle differenze biologiche tra i sessi (Parsons
e Bales, 1974), ma non tiene conto delle svariate e differenti caratteristiche e aspettative
delle persone, dando vita così ad un destino obbligatorio. In questo contesto, la
maternità non ha mai valore neutrale fine a sé stesso e non è solo conseguenza di un
progetto personale e di coppia, ma riflette l’immaginario collettivo della società.
Il concetto di cura intrinseco nel femminile è culturalmente motivato. Le donne
danno la vita e inizialmente si occupano dei piccoli per motivi biologici, ma tutto ciò
che viene dopo – desideri, aspettative, doveri e diritti – è frutto di costruzioni culturali
spesso trasformati in limiti e restrizioni. La specializzazione delle funzioni affettive
femminili e delle funzioni intellettuali maschili assume valore morale per la coesione e
stabilità della società (ibidem). In questo modo, il padre capofamiglia/breadwinner e la
donna “angelo del focolare” svolgeranno delle funzioni differenti nella famiglia e
faranno apprendere ai loro figli delle regole sociali o aspettative che spingeranno i
maschi verso ruoli più tecnici e dirigenziali e le femmine verso ruoli di sostegno e
integrazione (Parsons, 1964). In questo modo, la cultura interviene non tanto per
determinare i ruoli di genere, quanto piuttosto a limitare le variazioni così da rendere le
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Fig. 1: Frida Kahlo (1949), “L’amoroso abbraccio
dell’universo, la terra (Messico), io, Diego e il signor
Xólot” (Messico, 70x60, colore ad olio).
https://www.kahlo.org/it/l-amoroso-abbraccio-
dell-universo-la-terra-messico-io-diego-e-il-signor-
xolotl/
differenze definite biologicamente. La potente forza socializzatrice inizia dall’infanzia e
continua per tutta la vita. L’idea di nutrire, curare e prendersi cura è un’ideologia che fa
sentire le donne “appagate”. Nonostante nell’epoca contemporanea sarebbe assurdo dire
che il lavoro di cura sia un dovere femminile, queste aspettative di genere sono sempre
presenti, in forme più latenti e modi più complessi.
Ad oggi, si parla di una rivendicazione del proprio diritto di scelta, desiderio di
ribalta ed empowerment femminile. Questo si traduce in scelte e preferenze individuali,
come se la reale volontà femminile fosse quella di monitorare la salute della famiglia e
perseguire il benessere degli altri, fornendo ogni tipo di supporto e senza mostrare fatica
per questo (Benasso e Stagi, 2018). Un’auto-responsabilizzazione che va dal “sono io
che sono pignola” o “sono io che sono maniaca del controllo”, al “senza di me
mangerebbero solo cibo spazzatura” (ibidem). Le aspettative sul ruolo femminile e gli
ideali sociali del materno sono talmente interiorizzati e incorporati da sembrare volontà
femminile. Vi è un’auto-responsabilizzazione, un’adesione delle donne a standard
elevati di accudimento. Per essere una buona madre, una donna deve mettere al primo
posto i desideri e bisogni dei propri figli e gli sguardi vigilanti della società controllano
costantemente la loro condotta (Donath, 2017). Essere madre è considerato e dev’essere
virtù e sacrificio. Il “destino biologico” delle donne diventa così un eterno prendersi
cura di tutto, inclusi gli uomini, così che loro
possano dedicarsi ad altro e inventare il mito
dell’indipendenza maschile perché ci sarà
sempre qualcuno che baderà ai loro altri vari
bisogni. Un’immagine relativa a questo
concetto è contenuta nel quadro di Frida
Kahlo (1949), “L’amoroso abbraccio
dell’universo, la terra (Messico), io, Diego e il
signor Xólot”. Nell’opera, il tema della
maternità è centrale. La Frida raffigurata tiene
tra le braccia Diego Riviera, importante
pittore messicano e suo compagno di vita, qui
nudo e dalle sembianze fanciullesche. Questa
immagine è simbolicamente una
rappresentazione del rapporto amoroso tra