6
INTRODUZIONE
n passato la presenza di un’ideologia welfarista, secondo cui soltanto lo
tato avrebbe dovuto rispondere ai bisogni provenienti dall’intera comunità,
impediva al settore privato di farsi strada specialmente dal punto di vista
normativo. Infatti, il welfare italiano era caratterizzato da una regolamentazione
che affidava solo alle istituzioni pubbliche la gestione dei servizi sociali, le quali
per poter asserire a tale compito avrebbero dovuto essere in possesso di tutte le
risorse, economiche e umane, necessarie
1
.
a consistenza dei mutamenti sociali che l’ talia h a dovuto affrontare ha
condotto la totalità del settore non profit verso l’inizio di una nuova era: il erzo
settore incomincia ad essere l’ambito per eccellenza in grado di fornire risposte
efficaci ai bisogni sociali, affiancando e integrando pubblico e privato sociale in un
modello di welfare mix disposto a rendere il capitale sociale un elemento in grado
di valorizzare istanze solidaristiche e partecipative, a fronte di un calo della
partecipazione politica ed economica. «I tentativi di definire la distintività del Terzo
settore rispetto a stato e mercato sono molteplici»
2
; è proprio in tale circostanza
che la capacità di rivitalizzare e flessibilizzare il sistema dei servizi porterà pian
piano alla crescita dell’occupazione. n tale ottica, l’obiettivo del presente elaborato
è quello di ricostruire l’evoluzione che ha investito il erzo settore nella sua
totalità, la quale ha condotto a tante novità circa la gestione dei contesti e delle
dinamiche legate al divenire lavoratori nel mondo non profit.
Il primo capitolo presenta il suddetto settore da un punto di vista storico e
normativo ripercorrendo i numerosi tentativi di riforma intrapresi sin dai primi del
Novecento.
Nel secondo capitolo viene presentata la realtà delle cooperative sociali,
una particolare categoria di ente non profit impegnata nel perseguimento della
promozione umana e dell’integrazione sociale dei cittadini attraverso la gestione di
servizi operanti in numerosi ambiti, tra cui quello sanitario, educativo e formativo e
1
Borzaga C., (2021), A trent’anni dalla 381, in ‘’ mpresa ociale’’, editoriale, n. 4/2021, p. 5,
(https://www.rivistaimpresasociale.it/rivista/articolo/editoriale-trentennale-381, ultimo accesso 12
maggio 2022).
22
Fazzi L., (2002), L’incerto destino del settore «non profit» in Italia, in ‘’Politiche sociali e servizi’’,
nuova serie, 4, 1, pp. 35-54, https://politichesocialieservizi.vitaepensiero.it/, ultimo accesso 9
giugno 2022.
7
che negli anni hanno rappresentato una fonte inesauribile di nuovi posti di lavoro.
La natura complessa dei fattori che spronano le persone ad intraprendere la
propria carriera professionale in tale ambito ha portato le imprese non profit non
solo a riflettere sull’impo rtanza di studiare e conoscere a fondo il clima lavorativo
che si instaura all’interno di servizi educativi e formativi, ma anche a ripensare alle
politiche di gestione del personale in entrata; a tal proposito il capitolo terzo si è
occupato di descrivere alcune tematiche, come l’esperienza di tirocinio, il
momento dell’inserimento in un nuovo ambiente di lavoro e l’importanza della
supervisione, inerenti la condizione dei lavoratori operanti nel sociale.
a seconda parte dell’elaborato ha dedicato le prop rie righe alla
presentazione di una ricerca esplorativa volta a indagare la percezione che i
professionisti del settore hanno in merito ad alcune tematiche strettamente legate
al lavoro che svolgono ogni giorno. Il capitolo quarto ha delineato le diverse fasi
della ricerca condotta al fine di esplicitarne il tema, l’obiettivo, la metodologia e gli
strumenti utilizzati, mentre il quinto, e ultimo, capitolo si è occupato
dell’interpretazione e dell’analisi dei risultati ottenuti attraverso la somministrazione
di un questionario rivolto ai protagonisti dell’intero studio: educatori e coordinatori
operanti all’interno di servizi educativi.
Seguirà quindi un ampio discorso a sostegno del settore non profit e del
fatto che le politiche aziendali poco attente alla valorizzazione del personale
spesso risultano anche poco adeguate alle principali mission determinate dai vari
enti protagonisti del Terzo settore; dunque è indispensabile attuare un cambio di
rotta rispetto ai sistemi di gestione del personale, i quali solo attraverso regole e
strumenti ben definiti possono investire sulle e per le persone che lavorano
all’interno delle organizzazioni con finalità non lucrative.
8
CAPITOLO PRIMO
L’Italia del non profit: il valore del Terzo settore in una società in
continuo divenire
Il Terzo settore rappresenta un ‘’Prometeo incat enato’’
3
, a detta dello
storico americano David Landes. Non risulta né probabile né auspicabile che il
potenziale di sviluppo di questo mondo rimanga ancora inespresso come lo è
stato fino alla metà del ovecento. È necessario quindi ‘’slegare questo
Prometeo’’ per poterlo liberare da costrizioni di natura giuridica, organizzativa e
culturale
4
. Nel presente capitolo si parlerà della culla in cui il Terzo settore ha
potuto farsi strada, il non profit, insieme con tutte le sue sfaccettature. Saranno gli
anni Novanta ad aprire il varco e a permettere a tale settore di ampliarsi: si partirà
dai primi decreti riguardanti i vari enti del Terzo settore, poi si proseguirà con
l’inizio del nuovo secolo e grazie alla Legge quadro n.328/2000 si andrà incontro
ad una normativa ampia e condivisa. Tra il 2016 e il 2017, tale settore ha
finalmente raggiunto l’obiettivo di una riforma ( Legge 106/2016) e dell’istituzione di
un Codice del Terzo settore (Legge n. 117/2017), elementi che finalmente
porteranno le istituzioni a riporre fiducia nelle organizzazioni non profit e nella loro
autentica identità.
1.1. Italia e non profit: un settore dal valore inestimabile
Organizzazioni non profit, enti senza scopo di lucro, associazioni di
volontariato, enti del Terzo settore, e così via, sono davvero tante le
denominazioni che vengono utilizzate per identificare particolari realtà
organizzative nate con l’intento di soddisfare bisogni sociali senza ottene re un
guadagno tangibile. Rappresentano una realtà sociale, culturale ed economica
che si affianca alle attività dello stato e della pubblica amministrazione - primo
settore - e delle imprese - secondo settore - e che racchiude tutte quelle attività
che invece operano insieme per il bene comune.
3
La questione su Prometeo che rubò il fuoco agli dèi per darlo agli uomini, è assunta da David
Landes come simbolo della maggiore trasformazione che l'umanità abbia conosciuto, ovvero la
rivoluzione industriale. https://storiaestorie.altervista.org/blog/david-s-landes-prometeo-liberato/ .
4
Zamagni S., (2011), Libro Bianco Sul Terzo Settore, Bologna, Il Mulino, p. 13.
9
Le differenti denominazioni che i soggetti privati, senza scopo di lucro,
hanno assunto negli anni e negli svariati contesti di riferimento (società, cultura,
assistenza, educazione) ci portano a comprendere come ‘ ’ o profit’’ e ‘’ on profit’’
non siano termini equivalenti
5
: parlare di ‘’ on profit’’ (è la contrazione di not-for-
profit) significa sottolineare il principio dell’assenza di finalità di lucro da parte di
organizzazioni che non hanno come fine ultimo, della propria attività, il
perseguimento di un interesse economico, anche se ciò non esclude che queste
possano comunque generare profitto
6
. l ‘’ o profit’’ invece è un’espressione che
sottintende il completo divieto di generare un qualunque profitto
7
. «Tale
condizione va correttamente intesa: essa si rifà a una generale ‘’estraneità’’ delle
logiche operative e strategiche perseguite rispetto al profitto. Ciò operativamente
si realizza non come una preclusione alla realizzazione di un’efficiente gestione,
bensì come l’orientamento dell’attività aziendale non finalizzata all’assegnazione
dei risultati economici ai portatori di capitale»
8
.
Rispetto alle imprese che operano sul mercato, il cui valore di riferimento è
il risultato ottenuto dagli scambi economici realizzati in chiave utilitaristica, il valore
di riferimento delle aziende non profit è spesso legato ad una visione solidaristica;
quindi oltre al valore aggiunto economico, relativo all’aumento di ricchezza
materiale, economica e finanziaria prodotta tramite le attività specifiche svolte, le
aziende non profit creano valore aggiunto, sociale e culturale, che deve essere il
più coerente possibile con la propria mission. Proprio perché spesso gli scopi di
carattere sociale e le condizioni di efficienza devono convivere nella medesima
organizzazione, le aziende non profit possono contare sia su forme di
contribuzione volontaria da parte di persone ‘’sensibili’’ alle tematiche trattate, «sia
su sovvenzioni pubbliche o agevolazioni garantite in relazione agli scopi di ordine
5
Italia non profit, Non profit o No profit: qual è la giusta locuzione?,
(https://italianonprofit.it/risorse/definizioni/non-profit-vs-no-profit/, ultimo accesso 2
maggio 2022).
6
Barbetta G. P., Maggio F. (2008), Nonprofit. Il nuovo volto della società civile, Bologna, il Mulino.
7
Rossi P., (2020), L’organizzazione dei servizi socioassistenziali. Istituzioni, professionisti e assetti
di regolazione, Roma, Carocci Faber, p. 188.
8
Brusa L. (a cura di) (2013), Le aziende pubbliche e gli enti non profit, in Brusa L., Lezioni di
economia aziendale, Torino, Giappichelli, pp. 57-58.
10
sociale perseguiti […]»
9
. Essere un'organizzazione non profit significa quindi avere
come obiettivo la produzione di beni o servizi socialmente utili, impedendo così
qualsiasi interesse di tipo privato. Non avere scopo di lucro significa quindi
considerare l’economicità come un vincolo e non come un obiettivo: ciò non
impedisce l'ottenimento di un utile, ma richiede che esso venga totalmente
reinvestito al fine di ottimizzare la capacità di perseguire la mission aziendale
dell'organizzazione
10
. « ell’economia sociale, l’assenza di finalità di lucro
costituisce uno dei presupposti dell’azione organizzativa, ma non è l’unico tratto
distintivo. È importante sottolineare come questo principio si sia imposto come uno
dei fattori trainanti dello sviluppo delle organizzazioni non profit in Europa e ne
abbia plasmato e contraddistinto l’identità»
11
.
A proposito di identità, vediamo come le aziende non profit rientrano nel
cosiddetto ‘’ erzo settore’’, rappresentato da operat ori economici che utilizzano
forme giuridiche di carattere privatistico (come nel caso della cooperazione
sociale, del volontariato, dell’associazionismo e delle fondazioni che erogano
risorse alla collettività) per produrre beni o servizi destinati a soddisfare bisogni di
stampo sociale. I servizi che queste tipologie di aziende sono volte ad erogare
rientrano nell’area della soddisfazione dei bisogni umani, quindi parliamo di sanità,
assistenza sociale, educazione, cultura, promozione delle comunità locali, tutela
dei diritti, e così via; in alcuni casi queste aziende possono presentarsi anche
come organismi imprenditoriali, professionali, religiosi o sindacali
12
. Sono
organizzazioni «immerse nella società e nelle sue contraddizioni, antenne sensibili
delle trasformazioni che l'attraversano»
13
; la complessità che permea il Terzo
settore va quindi a riprodurre, la complessità dei nostri giorni, presentandosi come
un laboratorio del mutamento sociale. Pur operando in ambiti diversi, i soggetti del
9
Brusa L. (a cura di) (2013), Le aziende pubbliche e gli enti non profit, in Brusa L., Lezioni di
economia aziendale, Torino, Giappichelli, p. 58
10
Ambrosio G, Bandini F., (1998), La gestione del personale nelle aziende non profit, Milano, Etas
Libri, pp. 11-12.
11
Rossi P., (2020), L’organizzazione dei servizi socioassistenziali. Istituzioni, professionisti e
assetti di regolazione, Roma, Carocci Faber, p. 190.
12
Gli ambiti di attività richiamati sono stati definiti dal ICNPO – International Classification of Non-
Profit Organization, utilizzato negli studi di comparazione internazionale delle istituzioni non profit.
Informazioni tratte da Brusa L. (a cura di) (2013), Le aziende pubbliche e gli enti non profit, in
Brusa L., Lezioni di economia aziendale, Torino, Giappichelli, pp. 56-57.
13
Zamagni S., (2011), Libro Bianco Sul Terzo Settore, Bologna, Il Mulino, p. 80.
11
non profit sono tutti riuniti attorno ai problemi concreti delle comunità locali, e sono
pronti a promuovere l'azione collettiva delle persone in nome dell'interesse
generale e del bene comune
14
.
Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90, l’ talia ha avvertito
l’esigenza di sfruttale le potenzialità di un settore, come quello del non profit, per
rispondere ad alcuni dei problemi di un sistema che attraversava una fase di
profondo cambiamento. l ritardo dell’ talia nella scoperta di tale settore è scaturito
dall’idea che un s istema di welfare volto a perseguire il benessere collettivo
potesse provenire unicamente dall’azione di organizzazioni pubbliche, mettendo in
secondo piano i soggetti privati. In questo modo il non profit ha sempre operato in
ombra rispetto agli altri settori, meritandosi di conseguenza scarsa attenzione; è
sempre stato poco riconosciuto soprattutto «dal punto di vista legislativo a causa
di leggi che tendevano a identificarne e normarne singoli comparti, come ad
esempio il volontariato, senza tuttavia essere in grado di fornire una
regolamentazione unitaria»
15
. Sempre nello stesso periodo (fine anni ‘80/inizio
anni ‘90), svariati sono stati i fattori che hanno contribuito a porre attenzione sul
Terzo settore.
1.2. L’identità del Terzo settore tra storia, legislazione e innovazione
Per riuscire ad argomentare in maniera esaustiva le principali vicende
legate all’evoluzione del suddetto settore, è importante tener presente che esso si
lega strettamente ai cambiamenti che concernono il sistema dei servizi sociali; a
tal proposito, vediamo come i numerosi tentativi di progresso sono incominciati sin
dalla fine dell’’800, ma per comprendere al meglio quali sono le condizioni attuali
legate ai servizi sociali, e quindi al Terzo settore, ci si dedicherà al periodo che va
dagli anni ’90 del ‘900 sino ad arrivare ai nostri giorni. Fino agli anni ’80, l’idea di
beneficenza e di assistenza, volta a mantenere l’ordine sociale, affidava agli enti
solidaristici una mansione perlopiù riparativa e residuale. Tale funzione comincia a
14
Forum nazionale del Terzo settore, (2010), Le sfide dell’Italia che investe sul futuro. Libro verde
del Terzo settore, p. 16, https://www.forumterzosettore.it/2010/05/13/le-sfide-dellitalia-che-investe-
sul-futuro-libro-verde-del-terzo-settore-mag-2010/ .
15
Zamagni S., (2011), Libro Bianco Sul Terzo Settore, Bologna, Il Mulino, p. 211.
12
tramutarsi in un ruolo attivo nel raggiungimento delle pratiche di prevenzione
sociale con l’intento di rimuovere le cause legate ad una società poco equilibrata.
Tra i più importanti fattori di cambiamento ritroviamo il D.P.R del 24 luglio
1977
16
, che prevedeva il decentramento del potere dello Stato a vantaggio delle
Regioni e dei Comuni, la Legge 833/1978 che istituiva il Sistema Sanitario
nazionale e l’istituzione della Caritas
17
, che ha portato le Regioni a adottare
regolamenti e registri per tutte le organizzazioni solidaristiche. Nel periodo
precedente a quello appena citato, sia la definizione che le informazioni relative al
Terzo settore italiano e al settore non profit risultavano alquanto frammentate e
imprecise;
18
le diverse realtà organizzative, disciplinate da norme specifiche,
hanno determinato una ingente proliferazione dei registri e degli elenchi di
iscrizione degli enti interessati che a sua volta ha dato vita ad una misurazione
statistica intrisa di fonti eterogenee, modeste e spesso inadeguate. Al
superamento di tale situazione ha contribuito l’ stat , il quale ha dato avvio a
rilevazione periodiche sul non profit a partire dal 1996
19
.
« el 2000, […] con l’obiettivo di cogliere le caratteristiche e il ruolo del
settore non profit nei Paesi coinvolti, l’ stat svolge la Prima rilevazione censuaria
su istituzioni private e imprese non profit, in riferimento ai dati del 1999, che
fornisce una definizione e una rappresentazione statistica ufficiale, affidabile e
dettagliata del settore e delle sue dimensioni principali, confrontabile con i risultati
rilevati a livello internazionale»
20
. La presenza di rilevazioni statistiche attendibili,
16
Gazzetta Ufficiale, Decreto del presidente della repubblica 24 luglio 1977, n. 617, Serie Generale
n. 234 del 29/08/1977; il testo del decreto si trova al seguente link https://www.normattiva.it/uri-
res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.del.presidente.della.repubblica:1977-07-24;616!vig= (ultimo
accesso 2 maggio 2022).
17
Fondata nel 1971, seguendo il volere di Paolo , da iovanni ervio. ’organizzazione si
proponeva di svolgere funzioni pedagogiche promuovendo all’interno delle famiglie e delle
comunità lo spirito cristiano della solidarietà. Storia della Caritas Italiana (organismo pastorale della
CEI) al seguente link
https://www.caritas.it/home_page/chi_siamo/00003456_dal_1971_al_1999.html (ultimo accesso 2
maggio 2022).
18
Barbetta G. P., (1966), Il settore nonprofit in Italia: una definizione, in Barbetta G. P. (a cura di),
Senza scopo di lucro. Dimensioni economiche, legislazione e politiche del settore nonprofit in Italia,
Bologna, Il Mulino, pp. 35-74.
19
Venditti P. S., Il terzo settore in Italia, tesi di laurea, LUISS, 2018/2019, relatore E. De Blasio, p.
21.
20
ISTAT, (2022), Trent’anni di censimenti nel settore non profit, in Censimenti permanenti. ’ talia
giorno dopo giorno, informazioni tratte da https://www.istat.it/it/files//2022/03/STORIA-NON-
PROFIT.pdf (ultimo accesso 2 maggio 2022).
13
insieme con la determinazione di norme e regolamenti per tutti gli enti del Terzo
settore, aiuterebbe non poco interpreti, studiosi e operatori del diritto a
razionalizzare un ambito normativo particolarmente articolato. Quello del riordino e
della semplificazione di tutto ciò che concerne il Terzo settore, rappresenta un
altro passo verso la ricerca di un’identità più salda, che potrà poi rispondere «[…]
ad alcune tendenze ‘’centrifughe’’ volte ad enfatizzare le specificità delle sue
diverse componenti. Si avverte la necessità di individuare radici comuni da cui non
possano prescindere tutti i soggetti che trovano la propria identità nel Terzo
settore, pur consentendo a ciascuno di essi di mantenere le proprie peculiarità,
senza assimilazioni forzose e, potenzialmente, nocive»
21
.
1.2.1. Gli anni ’90: dal Welfare State al Welfare mix
Gli anni ’90, per la legislazione ita liana sul settore non profit, rappresentano
un periodo di svolta; le principali tipologie di leggi attorno alle quali si sono
concentrati gli anni ’90 del ‘900 e i primi anni del nuovo secolo sono tre: leggi che
definiscono e regolano l'attività di specifiche tipologie di enti, come ad esempio le
leggi sulle associazioni di volontariato (Legge 266/1991), sulle cooperative sociali
(Legge 381/1991), sulle Associazioni di promozione sociale (Legge 383/2000) o
sulle imprese sociali (Legge 118/2005 e D.lgs. 155/2006), leggi che concedono sia
sgravi fiscali alle donazioni effettuate nei confronti di organizzazioni non lucrative
(Legge Più dai e meno versi - 80/2005), sia una parte delle imposte versate dai
cittadini (Cinque per mille), leggi che forniscono un quadro normativo generale al
settore (come nel caso del D.lgs. 460/1997 sugli enti non commerciali e le
Onlus)
22
.
La prima grande stagione delle leggi speciali determina il possesso, da
parte delle realtà organizzative succitate, di requisiti specifici quali l’assenza di
finalità lucrative e la presenza di obiettivi solidali. Nel 1991 viene emanata la legge
quadro sul volontariato, L. n. 266/1991, la quale chiarisce, in maniera esauriente,
cosa rappresenta il volontariato e quali sono i valori che lo determinano: si pensi
alla solidarietà, alla reciprocità e al pluralismo. Nello stesso comincia a farsi spazio
21
Zamagni S., (2011), Libro Bianco Sul Terzo Settore, Bologna, Il Mulino, p.98.
22
Zamagni S., (2011), Libro Bianco Sul Terzo Settore, Bologna, Il Mulino, pp. 235-236.
14
anche il fenomeno della cooperazione di solidarietà sociale, che inizialmente
aveva come scopo principale l’integrazione sociale e lavorativa di persone
svantaggiate. Infatti, nel 1991, viene approvata la normativa n. 381 sulle
cooperative sociali, definendole organizzazioni che perseguono l’intere sse
generale della comunità
23
.
«Dalla seconda metà degli anni '90, dopo l’importante fase del
riconoscimento, si avvia quella dell'integrazione del Terzo settore nell'ambito delle
politiche pubbliche»
24
. Questa nuova fase è contraddistinta da un graduale
«aumento del livello di regolazione dei rapporti con gli enti pubblici e dalla
definitiva istituzionalizzazione del Terzo settore come soggetto corresponsabile
della gestione dei servizi sociali territoriali»
25
. A tal proposito è possibile notare
una forte tendenza che sposta la prevalenza dell’occupazione dai settori pubblici e
privati verso il Terzo settore. Ci si chiede a cosa si attribuibile tale spostamento e
quindi, se è vero che l’imponente diffusio ne delle attività sociali e degli impieghi
nel Terzo settore è legata al fenomeno di «preistorizzazione del lavoro
subordinato nella grande impresa»
26
, è importante affermare che tale fenomeno
va di pari passo con l’incapacità mostrata da parte dello tato nel sostenere
l’incremento della domanda proveniente dalla collettività. Data la rapida diffusione
di realtà con intenzioni solidaristiche, si necessita di una riforma e di un’equa
revisione del modello di stato sociale centralistico (Welfare State), il cui modello è
rappresentato dallo tato come unico erogatore dei servizi per l’intera comunità, a
favore di un sistema dualistico (Welfare mix) ma altrettanto collaborativo, nel quale
l’azione pubblica viene rafforzata dalla presenza di organizzazioni senza scopo di
lucro. A tal riguardo è necessario menzionare la nascita del Forum permanente
del Terzo settore (nato il 28 novembre 1995, ma costituito formalmente il 19
giugno 1997) che il 12 febbraio 1999 ha stipulato un preciso Protocollo d’intesa
23
Di Paolo P., (2016), L’evoluzione storica del Terzo settore: nascita e progressiva affermazione –
Terza parte, in ‘’ avoro@confronto’’, n. 17, p. 1 https://www.lavoro-confronto.it/archivio/numero-
17/levoluzione-storica-del-terzo-settore-nascita-e-progressiva-affermazione-terza-parte (ultimo
accesso 2 maggio 2022).
24
Ascoli U., Pavolini E., Ranci C., (2003), La nuova partnership: i mutamenti nel rapporto fra Stato
e organizzazioni di terzo settore in Italia, in Ascoli U., Ranci C., (a cura di), Il welfare mix in Europa,
Roma, Carocci, pp. 134-158.
25
Fazzi L., (2016), Il servizio sociale nel terzo settore, Santarcangelo di Romagna (RN), Maggioli
Editore, p. 28.
26
Lamberti M., (2005), Il lavoro nel terzo settore. Occupazione, mercato e solidarietà, Torino,
Giappichelli Editore, p.3.
15
con il Governo e ha raggruppato le principali associazioni di cittadini per conferire
maggiore continuità ai principi delle organizzazioni non profit e per promuovere
idee alternative ai vecchi modelli di welfare
27
.
Un ulteriore passaggio importante, che porta al distacco dal passato,
coincide con l’istituzione del Fondo nazionale per le politiche sociali ( . 449/1997),
il quale tenta di dare una svolta alle logiche assistenziali dispersive e frammentate;
tuttavia continuano a mancare condizioni politiche e culturali per la definizione di
un nuovo assetto organico dei servizi sociali e per l’approvazione di una legge
quadro condivisa. Lo Stato tende a concepire i servizi sociali una materia quasi
esclusivamente frammentaria e settoriale, come se si interessasse solo a gruppi
particolari; esso dunque interviene con normative sporadiche, lasciando ai Comuni
la gestione dei servizi sociali. Alcuni esempi a riguardo rimandano alla Legge n.
104/1992 – ‘’Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate’’ – e alla Legge n. 285/1997 ‘’Disposizioni per promozione
dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza’’.
In seguito, è stato introdotto un altro atto normativo molto importante per la
storia del Terzo settore, il D.lgs. n 460/1997 sulle Onlus, che offre una prima serie
di sostegni e agevolazioni di natura fiscale per chi gestisce servizi pubblici.
Attraverso tale strumento, soggetti che avevano come scopo principale della
propria attività il perseguimento di fini solidali, come fondazioni e società
cooperative, possono rientrare finalmente in una determinata categoria fiscale e
tributaria.
1.2.2. La svolta del nuovo secolo: gli anni 2000 e il progresso del Terzo
settore italiano
Di notevole importanza sono gli anni 2000, che permettono il
riconoscimento e la valorizzazione di tutte le realtà che animano il Terzo settore.
Basti pensare alla Legge n. 328/2000, alla riforma delle IPAB
28
, al decreto
27
Lamberti M., (2005), Il lavoro nel terzo settore. Occupazione, mercato e solidarietà, Torino,
Giappichelli Editore, pp. 3-6.
28
Le IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza) sono Enti pubblici sub regionali che
organizzano e fruiscono attività nell’ambito dell’assistenza e della beneficenza pubblica.