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Introduzione
Il mio lavoro di tesi si basa su una delle scoperte più sorprendenti degli ultimi anni che si
basa sull’ipotesi che il Sistema Nervoso Enterico situato nell’intestino che viene definito dal
dottor Michael D. Gershon “Lo sgradevole intestino è più intellettuale del cuore e potrebbe
avere una capacità emozionale superiore.”
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, sia in grado di influenzare i processi di
apprendimento, considerando il fatto che l’intestino produce il 95% della serotonina e quindi
influisce sul nostro umore e perciò viene definito il neurotrasmettitore del piacere. Altre
scoperte vedono nei microbioti come dei fattori importanti nelle insorgenze di malattie
neurodegenerative e della depressione. Detto ciò nella prima parte del mio lavoro farò un
breve excursus delle varie parti del nostro corpo che sono toccate dal sistema dopaminergico
e dal sistema enterico e del loro relativo funzionamento e come esso ci rende più vulnerabili,
per poi passare alla parte pedagogica vera e propria, dove cercherò di mettere in luce i modi
in cui questi sistemi riescono a influire sul nostro comportamento e se capendo questi
meccanismi sia possibile per noi operatori del settore pedagogico di rendere più efficienti i
processi di apprendimento, ma soprattutto che queste nuove conoscenze possano dare un
aiuto a tutti gli studenti con difficoltà nell’apprendimento. Cercherò di evidenziare come
anche le nuove tecnologie influiscono sul sistema dopaminergico, sia i social network ma
anche le aziende tramite le strategie di neuromarketing. Le fasce che sembrano essere più
colpite dalle nuove tecnologie sono i cosiddetti “nativi digitali”
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. Questo sistema secondo
“Studi sull’uomo, utilizzando la PET, hanno confermato che la dominanza è strettamente
associata con il sistema dopaminergico della ricompensa”
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. Sta di fatto che le nuove
tecnologie sono un grande aiuto per la pedagogia ed alla psicologia, perché grazie alle nuove
tecnologie di neuroimaging si è riusciti a capire ed a studiare più affondo come lavora e
funziona il nostro cervello che però ad ogni scoperta ci porta sempre più domande sulle reali
potenzialità del nostro cervello. Una parte degli studiosi nel campo del linguaggio e del
cervello propongono una visione del cervello come un computer che risponde a un certo
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M. D. Gershon. Il secondo cervello. Gli straordinari poteri dell’intestino, Utet, Torino, 2020.
2
Termine coniato da Mark Prensky, che sta a rappresentare tutti quei ragazzi che sono nati circondati dalla
tecnologia.
3
F. Cetta, Perché comandano i folli e noi li facciamo comandare un approccio fisiopatologico, Pagine, Roma,
2021, p. 183.
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input con un determinato output; invece, la teoria che trovo molto più elaborata e interessante
è “Il cervello utilizza “modelli umanizzati”, che sfuggono alla logica matematica e non sono
spiegabili con il ricorso all’astrazione o al riduzionismo, o in base alle logiche o alle
previsioni di tipo matematico-analitico. Perché impiegano, per alcune funzioni, azioni o
comportamenti, meccanismi diversi da quelli prevalenti nelle aree corticali analitiche o
associative, e che sono talvolta più rappresentati nelle regioni sottocorticali come ipotalamo
ed amigdala, o nei nuclei della base, i quali da una parte sono legati alle speciali sonde
sensoriali degli organi di superfice, ma anche ai visceri ed ai tessuti periferici, e dall’altra,
ad aree corticali come l’ippocampo e, più in generale, all’insula e alla corteccia cingolata,
che influenzano in maniera significativa il cervello emotivo.”
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Inoltre il professore Cetta
sottolinea come spesso coloro che lavorano nel campo delle scienze umane non riescono a
cogliere con la dovuta solerzia i cambiamenti e le scoperte che vanno si a rivoluzionare le
conoscenze relative al cervello dal punto di vista medico, ma le conseguenze di una tale
scoperta si rifletta anche sulla concezione della mente e dello sviluppo umano e delle teorie
psicologiche e pedagogiche. Forse solo i neuroni a specchio vennero visti come la cura a
tutti i mali, anzi Gregory Hickok disse in relazione all’autismo e ai neuroni a specchio “Una
parte del fascino della teoria dello specchio rotto è dovuta al fatto che spiega deficit sociali
di alto livello in funzione di un meccanismo neurale elementare che copre un grande
territorio cognitivo. I neuroni a specchio sono alla base del linguaggio, dell’imitazione, della
teoria della mente, dell’empatia, della comprensione delle intenzioni e degli obiettivi e delle
capacità di interpretare le emozioni degli altri. negli individui autistici tutte queste funzioni
sono compromesse, pertanto l’autismo può essere ricondotto a un deficit dei neuroni a
specchio. E ovvio che, se i neuroni a specchio non sono alla base di nessuna di queste
funzioni, come ho cercato di dimostrare in queste pagine, la catena di deduzioni che porta
all’ipotesi dello specchio roto si spezza.”
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Anche seguendo la teoria dei neuroni a specchio
si è cercato di rendere l’uomo ad un semplice software che basa tutte le sue capacità cognitive
usando l’imitazione, creando l’Homo imitans, anche se poi numerose ricerche hanno
dimostrato come anche diversi individui con lesioni a delle aree del cervello come l’area di
Broca (possibile sede dei neuroni a specchio) non perdono tutte le capacità collegate a esse.
Nel secondo capitolo andrò ad approfondire i cambiamenti e le sfide che la scuola ed i
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Ivi., p. 47.
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G. Hickok, Il mito dei neuroni a specchio. Comunicazione e facoltà cognitive. La nuova frontiera, Bollati
Boringhieri, Torino, 2015, p. 223.
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pedagogisti dovranno affrontare alla luce degli stravolgimenti che stanno mettendo in
subbuglio il mondo, dal problema della scuola interculturale ma che sappia tenere salde le
nostre radici cattoliche ed occidentali fino ai problemi legati all’intelligenza artificiale. Oltre
i grandi vantaggi portati dalle scoperte tecnologiche le insidie sono molte, da quelle etiche
come la sperimentazione sugli animali degli impianti neurali e quelle sul potenziamento
genico. Si delimita all’orizzonte, per alcuni ancora lontano per altri invece molto più vicino,
di uno scontro vero è proprio tra intelligenze, tra quella umana e quella artificiale. Le persone
con un Q.I. elevato sono in poche e perciò partiamo in notevole svantaggio nei confronti di
una possibile intelligenza artificiale che potrebbe in futuro sviluppare dei tratti umani conditi
da un’intelligenza al di sopra ogni possibile valutazione. Essa può fare ciò innanzitutto grazie
alle risorse che noi diamo nelle mani delle varie intelligenze artificiali che si vanno creando,
e i big data ne sono la prova lampante. Per alcuni studiosi come Nick Bostrom vari scenari
pericolosi si aprono di fronte a noi, per altri come Jarry Kaplan la tecnologia è ancora molto
lontana dalla soglia del rischio e che se fosse arrivata a tale punto ce ne saremo già resi conto.
Tutto ciò può sembrare lontano dalla pedagogia, ai più potrebbe sembrare un compito da
affidare ai tecnici, ma come fa notare Laurent Alexandre la maggior parte dei lavori sarà
sostituito dalle macchine, compreso il nostro, e dunque solo un popolo altamente preparato
può affrontare un passaggio epocale del genere e in tutto questo rientra la scuola, insieme
alla biologia. Infine, nell’ultima parte del mio del mio lavoro di tesi cercherò gli intrecci che
passano tra il nostro corpo, il nostro cervello, la nostra educazione e le sfide trattate nei primi
due capitoli. Riusciremo mai a capire il nostro secolo partendo dal nostro corpo che ci trae
spesso in inganno? Sin dagli albori della filosofia antica i sapienti si sono interrogati se la
percezione degli eventi e i nostri sensi siano capaci di guidarci e indicarci la via verso la
verità e verso la comprensione delle cose che ci circondano. Se nel passato il mondo era
molto più “piccolo” e non interconnesso le risposta restava per molti negativa, la Doxa,
ovvero le opzioni e i sensi non ci davano il giusto punto di vista, ma anzi ci mandavano
sicuramente fuori strada. Per Platone bisognava guardare nel mondo delle idee per capire
come sono fatte davvero le cose, per Parmenide c’è una sola via verso la verità, tutte le altre
sono fallaci, ma per altri tutto è al contempo vero e falso senza troppe distinzioni. Se un
mondo molto più semplice mostrava una grande vivacità intellettuale capace di mostrare
tutto e il contrario di tutto oggi ciò non succede più. Gli intellettuali si sono appiattiti sulle
posizioni più forti invece di scaturire nella popolazione voglia di cambiamento. Ciò si può
ricondurre al distacco della popolazione dalla politica, ma anche alla guida unipolare del
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mondo in cui sono mancate valide alternative ma anche alla mancanza da tempo di una vera
cultura che sapesse partorire degli intellettuali di valori. Tutto ciò si collega al futuro della
società e della nazione visto l’importanza della scuola nel tessuto sociale e produttivo, quindi
siamo chiamati tutti come docenti, educatori, pedagogisti ad essere intellettuali capaci di
dare la possibilità a tutti di costruirsi una visione del mondo. E questo passa anche dal nostro
cervello e dal nostro intestino, che tramite il piacere e il dolore sono facilmente manovrabili
per scopi non di certo gloriosi.