Abstract
All’interno di una società sempre più
frenetica, ogni istante viene vissuto
con sempre maggiore superficialità.
L’architettura di cui tutti noi faccia-
mo esperienza quotidianamente può
riportare l’attenzione al “qui ed ora”,
ai quei valori che sono essenza del
corporeo.
I lavori di Peter Zumthor si presen-
tano come luoghi del “silenzio”, si al-
lontanano da ciò che è di disturbo,
nascono dai ricordi e rievocano alla
mente le qualità di esperienze passa-
te scaturendo in noi una forte carica
emotiva. Obiettivo della tesi è quello
di indagare quali sono i dispositivi
architettonici messi in atto dall’archi-
tetto a tale scopo. Nella prima parte
del lavoro attraverso una breve ana-
lisi che guarda ad un’antropologia
dell’architettura, al carattere poetico
degli scritti di Peter Zumthor, con
occhio curioso alle teorie filosofiche
della percezione dello spazio e di al-
cuni architetti fenomenologici tra i
quali Juhani Pallasma e Steven Holl.
Nella seconda parte, per mezzo di
una selezione di quattro progetti si-
gnificativi dell’architetto e ricercando
all’interno di essi i concetti affrontati
nella prima parte del lavoro. In que-
sta sezione la stesura del testo sarà
accompagnata da rappresentazioni
interpretative redatte con lo scopo di
fare comprendere al meglio le tema-
tiche al lettore.
ABSTRACT
Within an increasingly frenetic society, every moment
is experienced with ever greater superficiality. The ar-
chitecture that we all experience on a daily basis can
bring attention back to the “here and now”, making us
focus on those values that are the essence of the body.
Peter Zumthor’s works are presented as places of “si-
lence”, they move away from what is disturbing, they
arise from memories and evoke the qualities of past
experiences in our minds, giving us a strong emotional
charge. The aim of the thesis is to investigate what are
the architectural devices put in place by the architect
for this purpose. In the first part of the work through a
brief analysis that looks at an anthropology of archi-
tecture, at the poetic character of the writings of Peter
Zumthor, with a curious eye on the philosophical the-
ories of the perception of space and of some pheno-
menological architects including Juhani Pallasma and
Steven Holl.
In the second part, by means of a selection of four
significant projects by the architect and researching
within them the concepts addressed in the first part
of the work. In this section, the drafting of the text will
be accompanied by schematic representations whose
purpose is to make the reader better understand the
issues.
7
staura con gli aspetti sensoriali, mo-
to-esperienziali e più emotivi del
nostro corpo.
Peter Zumthor fa senz’altro parte di
questa minoranza di architetti, una
figura di cui difficilmente si riesce a
reperire informazioni a parte nei po-
chi scritti da lui pubblicati e in qual-
che intervista rilasciata.
Nato in svizzera a Basilea nel 1943,
figlio di un ebanista, inizia la sua car-
riera nel mondo della falegname-
ria, dove scopre per la prima volta
la sua grande passione per la cura
del dettaglio e l’amore per la mate-
ria oltre che per le proprietà tattili
e sensoriali dei diversi materiali.¹ In
seguito, ha lavorato per dieci anni
al dipartimento per la conservazio-
ne dei monumenti del Cantone dei
Grigioni subito dopo avere concluso
gli studi in architettura d’interni alla
Schule für Gestaltung di Basilea e al
Pratt Institute di New York. Nel 1979
fonda ad Haldenstein il suo atelier
Architeckturbüro, è forse questo il
luogo più rappresentativo dell’archi-
tettura di Zumthor dal quale tutto ha
origine, dove l’architetto vive con la
sua famiglia e lavora con una stretta
cerchia di colleghi. Situato nel silen-
zio delle alpi Svizzere ed in stret-
to contatto con la natura, il tempo
qui sembra quasi sospeso. Nel suo
scritto “Costruire, Abitare, Pensare”
L’avvento della tecnologia ha avuto
come diretta conseguenza nel mon-
do e nelle nostre vite, un notevole
incremento della velocità del tempo.
Oggigiorno siamo costantemente
bombardati da immagini, rumori ed
informazioni che hanno lentamente
atrofizzato il nostro lato più emotivo
e da ritmi lavorativi e di vita quoti-
diana che sono accomunati da una
sciagurata frenesia. L’architettura
ha dovuto con il tempo adattarsi a
questo stile di vita, così negli anni è
diventata abitudine vedere sorgere
nelle più importanti città mondia-
li una moltitudine di edifici dall’a-
spetto asettico, il cui unico scopo è
quello di contenere i più importan-
ti organismi rappresentativi di una
società consumistica, senza tenere
conto minimamente degli aspetti
umani e sensoriali di coloro che do-
vranno vivere ed abitare tali spazi.
Esistono però d’altro canto architet-
ti moderni e contemporanei le cui
opere guardano all’essenza dell’ar-
chitettura, porgendo particolare at-
tenzione al rapporto che essa in-
INTRODUZIONE
Peter Zumthor:
Architettura del “silenzio”
Peter Zumthor / Verità corporee
8
1 Peter Zumthor, pagina dedicata all’architetto pubblicata su “domus” [online],
domusweb.it/it/progettisti/peter -zumthor.html
pietrificato, un’esperienza architet-
tonica è in grado di tacitare il ru-
more per sempre; essa concentra
l’attenzione sulla propria esistenza
e ci rende consapevoli della nostra
solitudine fondamentale” . ⁵
Ciò che caratterizza le opere dell’ar-
chitetto è la capacità di creare un
rapporto empatico con colui che fa
esperienza dello spazio dove sono
messe in atto e palpabili tutte quel-
le questioni che all’uomo sono più
vicine. Spazi del silenzio, dove è
possibile fermarsi, seguire il ritmo
naturale delle cose e riflettere sulle
sensazioni che l’esperienza autenti-
ca può offrire. ⁶
Quella di Zumthor è quindi una vi-
sione vera del mondo e dell’architet-
tura, che si relaziona con il corpo in
maniera emotiva del tutto nuova e
sincera, che ricerca nelle esperien-
ze e nei sensi la sua natura, che ha
“con la vita un rapporto soprattutto
corporeo, […] involucro e sfondo
della vita che scorre; un recipiente
sensibile per il ritmo dei passi sul
pavimento, per la concentrazione
del lavoro, per il silenzio del sonno” . ⁷
Martin Heiddeger osserva come il
pensiero, per quanto astratto possa
essere, sia strettamente connesso
alla nostra esperienza del luogo,²
non stupisce dunque ritrovare nelle
opere dell’architetto un certo lega-
me con la sua terra. Opere che han-
no come pensiero di fondo le espe-
rienze di vita che hanno formato
l’architetto, un’idea di casa che trova
quindi origine nel primo periodo in-
fantile e poi riscoperta come risulta-
to di massima espressione della sua
ricerca interiore nella sua casa-stu-
dio completata nel 2005.
Quando egli stesso rivela: “Non
sono un eremita, ma ho bisogno
di silenzio per pensare”³ sottolinea
come sia per lui importante la con-
centrazione e la passione che riesce
a trovare in questo luogo che non lo
isola dal mondo ma al contrario lo
mette in connessione con esso per
mezzo dei suoi lavori e del suo pen-
siero, “nel silenzio l’irresistibile effi-
cacia causale della natura preme su
di noi” . ⁴
Silenzio che caratterizza non solo
l’abitare di Peter Zumthor ma an-
che i suoi progetti, grazie al silenzio
è possibile percepire l’essenza delle
cose, la calma, eliminare tutto ciò
che è superfluo e concentrarsi sulle
cose importanti che ci circondano,
“l’architettura è l’arte del silenzio
Il silenzio
è il linguaggio
di tutte le forti passioni.
Giacomo Leopardi
9
Holl, S., Pallasmaa, J., Gomez, A.P. (2008), “Questions of Perception: Phenome-
nology of Architecture”, pg. 31
Pallasmaa, J. (2014), “La mano che pensa”, pg. 152
Zumthor, P. (2019), “Pensare Architettura”, pp. 9-11
5
6
7
Atelier Peter Zumthor & Partner AG, articolo pubblicato su “atlas of space”
[online], atlasofplaces.com/architecture/neues-atelier /
T raldi Laura, Emozionare vuol dire imporsi, articolo pubblicato su “designatlar -
ge” ( 08- 10-2017) [online], designatlarge.it/recluso-chi-intervista-peter -zumthor /
Whitehead 1929, citato da Griffero T onino (2010), “Atmosferologia: estetetica
degli spazi emozionali”
Introduzione / Peter Zumthor: Architettura del “silenzio”
2
3
4
provocare dei forti sentimenti. Que-
sto accade perché da piccoli ci si
affida maggiormente al nostro lato
sensoriale ed emotivo piuttosto
che a quello razionale ed in questo
modo si sviluppano degli schemi
percettivi che risultano necessari
per la comprensione nel futuro.
Infatti, ogni volta che ci si imbatte in
un nuovo spazio, il nostro corpo av-
via dei processi che ne coinvolgono
la nostra percezione, i nostri sensi
ed i nostri ricordi. La casa è il luo-
go che custodisce i nostri pensieri,
i sogni e i nostri ricordi, riuscire a
sviluppare le nuove architetture po-
nendo attenzione a ciò che riesce a
rievocare in noi quelle sensazioni, è
la chiave per la realizzazione di spa-
zi che ci facciano rivivere un luogo
in modo emotivo e profondo.⁹
Di particolare importanza per l’espe-
rienza e dunque anche per la per-
cezione è inoltre l’attraversamento
dello spazio in relazione al tempo,
anche esso concerne al tema della
centralità del corpo. Citando Steven
Holl: “il movimento del corpo è l’ele-
mento di connessione tra noi e l’ar-
chitettura” . ¹⁰
Il cambiamento di prospettiva su
un’oggetto ha un’elevata importan-
za sulla percezione di esso.
Il movimento del corpo, infatti, con
tribuisce alla variazione della per-
IL CORPO AL CENTRO
DI TUTTO
La vita di un essere umano è ca-
ratterizzata dal susseguirsi di espe-
rienze passate che interagiscono
con il presente definendone i carat-
teri soggettivi quali la percezione.
Quando viviamo una determinata
situazione, infatti, il nostro corpo
svolge un lavoro associativo sca-
vando nell’archivio degli elementi
conosciuti per comprendere quelli
nuovi che a loro volta diverranno
elementi di riferimento per le espe-
rienze future.⁸ L’architettura di Pe-
ter Zumthor è capace di sfruttare
questo meccanismo raccogliendo
tutti quegli elementi che stanno alla
base dell’esperienza umana e di svi-
lupparli in modo tale da ottenere
come risultato dei luoghi che ci toc-
cano nel profondo, metafore delle
nostre esperienze più radicate.
Le prime esperienze effettuate du-
rante il periodo dell’infanzia, così
come la prima casa nel quale si è
cresciuti, sono gli elementi che più
di tutti definiscono il nostro lato
sensibile e che, anche in età adulta,
se vengono riscoperte riescono a
Peter Zumthor / Verità corporee
12
Bachelard, G. (1975), “La poetica dello spazio”, pg. 34
Holl, S. (2004), “Parallax”, pg. 13
9
10
Merleau - Ponty, M. (2003), “Fenomenologia della percezione”, pg. 117 8
esso, permette di creare con il no-
stro corpo un dialogo.
Gli edifici possono comunicar-
ci quello che noi stessi riuscia-
mo ad esprimere per mezzo delle
loro qualità, delle loro atmosfere.¹³
Compito dell’architetto è porre le
condizioni per far si che questo av-
venga.
cezione di un ambiente, muoversi
all’interno di un’architettura si rivela
come una vera e propria esperienza.
E’ proprio nei momenti di passag-
gio tra i diversi spazi che si rendono
tangibili le differenti qualità. ¹¹
Per questo motivo una giusta at-
tenzione ai tempi architettonici
può contribuire all’aspetto emotivo
dell’opera. Un’ architettura che ra-
giona sul tempo, che invita al movi-
mento ma dà importanza alle pau-
se, permette di fare un’esperienza
che coinvolge tutto il corpo, dando
spazio alla concentrazione, alla per-
cezione e ai sensi.
L’architettura per avere una presen-
za che superi quella prettamente
materiale ha necessariamente bi-
sogno del nostro corpo in quanto la
percezione è una condizione uma-
na, che deriva appunto dalle espe-
rienze di ognuno di noi e dal tem-
po, come sostiene infatti Maurice
Merleau-Ponty: “Il corpo proprio è
nel mondo come il cuore nell’orga-
nismo: mantiene continuamente in
vita lo spettacolo visibile, lo anima e
lo alimenta internamente, forma con
esso un sistema” . ¹²
La corretta progettazione di uno
spazio, pensato per rapportarsi con
la nostra risonanza corporea e il
nostro lato sensitivo-esperienziale,
con il quale facciamo esperienza di
L’architettura
è esposta alla vita.
Se il suo corpo è
sufficientemente sensibile,
è in grado di sviluppare
una qualità
che sa rendersi garante
della realtà
della vita trascorsa.
Peter Zumthor
13
11
12
13
Griffero, T. (2010), “Atmosferologia: estetetica degli spazi emozionali”, pg. 44
Merleau - Ponty, M. (2003), “Fenomenologia della percezione”, pg. 277
Wolfflin 1886, citato da Griffero T onino (2010), “Atmosferologia: estetetica degli
spazi emozionali”, pg. 101
Il corpo al centro di tutto